Virus. Rinascere dopo la minaccia che sconvolse il mondo quei giorni del 2020
Di Antonio Mare
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Anteprima del libro
Virus. Rinascere dopo la minaccia che sconvolse il mondo quei giorni del 2020 - Antonio Mare
Roma marzo 2020 il soffio di vento
Ahhh, ma che succede… a quest’ora…
Il telefono squilla, con insistenza.
È ancora buio. La telefonata mi mette apprensione…
Alzandomi bruscamente dal letto, appoggio i piedi per terra preoccupato…mi aspetto una brutta notizia vista l’ora...
Mezzo assonnato cerco a tastoni il telefono e rispondo.
Buongiorno Antonio come stai?
…È il caporedattore della rivista fotografica con il quale collaboro. Ascolto con sollievo la sua voce che ha un ritorno di eco metallico.
"Scusami per l’orario, qui a New York è quasi mezzanotte, ho ricevuto le notizie dal direttore amministrativo soltanto da pochi minuti.
Sto contattando i componenti degli staff tecnici e tutte le persone che collaborano con noi, tra i quali ci sei anche tu, che nelle prossime ore avrebbero dovuto prendere un aereo per dirigersi in varie destinazioni nel mondo.
Tutti i viaggi per realizzare i servizi fotografici e i documentari, vengono annullati per precauzione fino a nuova data, a causa dell’emergenza provocata dalla pandemia Covid-19. Non possiamo permetterci di mandare la gente allo sbaraglio. Non sai quanto mi dispiace…
Ti contatterò io quando la situazione si sarà normalizzata.
A presto."
…Grazie Bertrand, a presto.
…L’improvvisa notizia mi provoca un senso di delusione.
Mi vengono in mente le escursioni che avrei fatto nello stato del Maranhão a nord del Brasile, tra la foresta amazzonica e l’Oceano Atlantico.
Sarei partito da Jericoacoara a bordo di una delle Camionetas
fuoristrada da otto posti, con le ruote e le sospensioni più grandi e resistenti, adatte ad avventurarsi sulle ondulate e infinite dune di sabbia, dalla bellezza mozzafiato, che mi attendevano nello sconfinato parco nazionale dei Lençois Maranhenses, dove mi sarei recato, per realizzare il fotoreportage.
Pazienza… penso, il viaggio è solo rinviato.
L’occasione è sfumata. Se ne ripresenterà un’altra.
E ritorno a dormire.
Non è un mattino particolarmente luminoso, il cielo è coperto da nubi grigiastre che non invogliano a uscire.
Penso a come organizzare le lunghe giornate e un senso di angoscia mi pervade.
È una realtà nuova, alla quale non sono abituato… dovrò adattarmi, cambiare le azioni quotidiane, il comportamento, creando un nuovo modello di vita temporanea.
Come trascorrerò il tempo dentro un appartamento di 65 mq. al terzo piano di un condominio, in un quartiere residenziale, tranquillo e riservato di Roma, dove non conosco quasi nessuno tra quelli che vi abitano, spostandomi tra la cucina, il soggiorno, la camera da letto il bagno e il balcone?
Qui attorno ci sono palazzi residenziali eleganti, con aree dedicate al verde degli alberi di alto fusto, come pini mediterranei, cipressi, rigogliose magnolie e giardini ben curati.
Nello spazio tra di essi, si intravede la valle dell’inferno
, una splendida vallata ricoperta di boscaglia, talmente fitta che qualcuno nel raccontarmi di essersi addentrato tra i suoi sentieri, l’ha definita la selva.
La pista copre la galleria della linea ferroviaria, ed è suddivisa in due settori, uno per le biciclette e l’altro per i runner.
Di che cosa mi occuperò, come potrò trascorrere il tempo in questa quarantena forzata e collettiva, imposta dall’autorità per salvaguardare la salute di tutti?
Pensandoci bene, è stato chiesto di stare a casa, non di stare fermo e immobile a casa!
Non mi perderò d’animo e tantomeno mi piangerò addosso.
Farò come da bambino, quando cadendo dalla bicicletta o giocando, mi sbucciavo un ginocchio rialzandomi subito dopo, incurante del sangue che usciva copiosamente dalla ferita.
Dopo pochi istanti prendevo coscienza di quello che
era accaduto e nonostante il dolore che sentivo, mi rimettevo a giocare come se nulla fosse.
Mi faceva più paura il fatto di doverlo raccontare a mia madre che mi aspettava a casa.
Sicuramente mi avrebbe lanciato appresso qualche ciabatta.
La moka sulla fiamma distoglie per un momento i tanti pensieri che mi balenano in testa.
Chiudo la manopola del gas.
Mmm… un buon profumo di caffè riempie la cucina.
È pronto!
Lo verso nella tazzina di porcellana e mescolo lentamente lo zucchero col cucchiaino che suona un tintinnio familiare, di gesti quotidiani, ripetuti.
…Un improvviso soffio di vento più intenso degli altri sposta la tenda bianca dalla finestra, facendomi scorgere in lontananza la pista ciclabile deserta e surreale…
Di solito è affollata da coloro che portano a spasso il cane, fanno jogging o vanno in bicicletta.
Quello che appariva familiare ogni mattina è mutato improvvisamente…
Realizzo un’idea...
Lascerò che la mente si adatti facendo ciò che è possibile, in maniera naturale accettando quello che mi si è abbattuto addosso, senza evitarlo. Non è rassegnazione.
Vado dritto al cuore del problema affrontandolo.
Ci sono i social, il telefono, la possibilità di scaricare sul tablet un buon ebook da leggere o curiosare in rete per scoprire le meraviglie del mondo.
Trascorrendo il tempo fuori per lavoro o impegnato in altre attività, le giornate trascorrono veloci fra telefonate, appuntamenti, servizi, ma così... in questa nuova realtà...mi appaiono innaturali… quasi insopportabili.
Disfo svogliatamente la valigia pronta con tutto il necessario per il viaggio nel paese tropicale. Osservando la fedele macchina fotografica penso che non passerà molto tempo per utilizzarla di nuovo e la ripongo accuratamente assieme al resto dell’attrezzatura, dentro un armadietto…
È dura dover rinunciare…
Compongo uno degli ultimi numeri chiamati di recente.
Cara Margherita, ciao stai bene? Come ti sei organizzata?
"Ehi, Antonio ciao…ti stavo pensando... Bene e tu?
Hai uno strano tono di voce, è successo qualcosa?"
Si… purtroppo non partirò più per realizzare quel servizio di cui ti avevo parlato. Ci hanno fermati tutti!
"Oh nooo che peccato, eri così entusiasta.
Questa non ci voleva!"
"Eh, sì…ehm…inutile piangersi addosso… ormai è andata così, c’era da aspettarselo.
Che fai?"
"Sto lavorando in smart working per ultimare i grafici pubblicitari di una catena di nuovi negozi.
Sarà destinata ai mezzi di trasporto che gireranno per la città.
Ancora qualche ritocco, perfezionare piccoli dettagli e avrò finito.
Ieri sera mi sei venuto in mente…ho ripensato a quel giorno che ci siamo visti per la prima volta, dentro al bar in Piazza della Signoria…
Ti ho notato mentre facevo colazione…eri seduto al tavolo, intento a leggere qualcosa sull’agenda in pelle che tenevi in mano…
Avevi un aspetto elegante. Indossavi un abito blu scuro, la cravatta azzurra col nodo allentato sul collo di una camicia bianca ben stirata e i mocassini neri.
Hai alzato lo sguardo e i nostri occhi si sono incrociati per un istante, mi hai fatto un sorriso…e io ho ricambiato…
Sono andata via e ci siamo rivisti nello stesso posto, la mattina dopo tre giorni, come se ci fossimo dati appuntamento.
Quella volta ti sei alzato tu per primo, mentre uscivi mi sei passato davanti e hai notato i disegni che stavo ritoccando.
Ricordi? Li hai osservati e mi hai detto con un sorriso, complimenti!
Ti ho risposto grazie, guardandoti negli occhi e ti ho chiesto se sei a Firenze di passaggio o per turismo.
Tu sorpreso hai detto subito, no sono un reporter, sono qui per realizzare un documentario sulla Galleria degli Uffizi.
Che coincidenza! Ho detto, ho appena scritto una recensione per una rivista di pittura internazionale che riguarda proprio gli Uffizi!
A quel punto hai dimostrato interesse e mi hai chiesto se potessi darti il mio numero di telefono per ottenere alcune informazioni sul lavoro che stavi completando.
All’inizio non volevo dartelo, poi… non lo so… mi hai ispirato fiducia!
Hai telefonato nel pomeriggio dicendomi che all’indomani saresti dovuto rientrare a Roma e mi hai chiesto un appuntamento per prendere l’aperitivo in un locale che