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Professione viaggiatore Vol.1: A cura di Nadia Finotto e Linda Lercari
Professione viaggiatore Vol.1: A cura di Nadia Finotto e Linda Lercari
Professione viaggiatore Vol.1: A cura di Nadia Finotto e Linda Lercari
E-book343 pagine4 ore

Professione viaggiatore Vol.1: A cura di Nadia Finotto e Linda Lercari

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Info su questo ebook

Uno zaino, un paio di scarpe comode e un biglietto. Che tipo di biglietto? Treno, aereo, nave, non importa.
Basta partire, viaggiare, scoprire nuovi posti o ritrovare vecchi amori, antichi luoghi sospesi fra il ricordo e il presente.
Un percorso che può essere tanto fisico quanto onirico, un’avventura intima per trovare la propria isola interiore o un lungo cammino fra strade accidentate, impervie salite e meravigliose vette incontaminate. Fra le pagine profumate di sorpresa e aspettativa si trovano mondi incantati lussureggianti o disadorni, esotici o quotidiani, ma narrati con il cuore di chi ha fatto dell’esplorazione il proprio credo.
LinguaItaliano
Data di uscita20 lug 2020
ISBN9788835866725
Professione viaggiatore Vol.1: A cura di Nadia Finotto e Linda Lercari

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    Anteprima del libro

    Professione viaggiatore Vol.1 - AA.VV.

    AA.VV.

    Professione viaggiatore Vol.1

    A cura di Nadia Finotto e Linda Lercari

    Professione viaggiatore Vol.1

    AA.VV.

    © Idrovolante Edizioni

    All rights reserved

    Director: Roberto Alfatti Appetiti

    Editor-in-chief: Daniele Dell’Orco

    1A edizione – luglio 2020

    www.idrovolanteedizioni.it

    idrovolante.edizioni@gmail.com

    prefazione

    Uno zaino, un paio di scarpe comode e un biglietto. Che tipo di biglietto? Treno, aereo, nave, non importa. Basta partire, viaggiare, scoprire nuovi posti o ritrovare vecchi amori, antichi luoghi sospesi fra il ricordo e il presente. Un percorso che può essere fisico quanto onirico, un’avventura intima per trovare la propria isola interiore o un lungo cammino fra strade accidentate, impervie salite e meravigliose vette incontaminate. Fra le pagine profumate di sorpresa e aspettativa si trovano mondi incantati lussureggianti o disadorni, esotici o quotidiani, ma narrati con il cuore di chi ha fatto dell’esplorazione il proprio credo.

    Un’antologia che è uno scrigno ricco di piccoli e grandi tesori, dove ogni racconto è una tappa nuova e inaspettata. Mille personaggi bizzarri e mille situazioni fra la fantasia e l’esperienza vissuta, fra ciò che si è provato e ciò che si vorrebbe vivere perché l’essere umano è esploratore per natura, è creatura curiosa e vigile. Sensazioni che ben conosco, figlia di un maresciallo della Marina Militare e di una Lercari di Genova ho sempre vissuto con la valigia al fianco. Ringrazio la Idrovolante Edizioni per avermi fatto conscere tanti nuovi compagni di viaggio coi quali condividere il grande sogno senza meta, perché importante è il percorso, non la destinazione. Nello stesso vagone abbiamo piacevolmente viaggiato io e Nadia che, come me, ama scrivere e visitare posti nuovi.

    Ci siamo divertite, commosse, stupite, ogni racconto era un luogo nuovo ed esaltante.

    Invito i lettori a salire con entusiasmo su questo treno che li porterà verso nuove frontiere perché quella del viaggiatore è di sicuro una meravigliosa professione.

    Linda Lercari

    i viaggi al tempo della quarantena

    di Carla Abenante

    Durante la quarantena per il virus Covid-19 ho iniziato a viaggiare con la fantasia organizzando i miei tour da operator.

    Primo viaggio al tempo del coronavirus, un viaggio per gli amanti della gastronomia.

    La giornata si articola così:

    Si parte alle 7,30 si va dal letto alla cucina dove vi attende una colazione 5 stelle che preparerete con il vostro chef di fiducia guardando food network.

    Dalle 8,30 alle 12,00 passerete la mattinata nel raffinato angolo della biblioteca dove troverete libri di cucina da sfogliare con cura, nell’angolo troverete una poltrona, un tavolino e la macchina per il caffè per un break.

    Dalle 12,00 alle 13,00 sarete rapiti dalla voglia di cucinare un pranzo di quelli degustati sui libri o in tv.

    Dalle 13,30 pranzo fino alle 14,30 pranzo a piacimento.

    Dalle 15,00 alle 19,00 tempo libero per seguire Masterchef, l’ho fatto in casa per voi, i menù di Benedetta.

    Dalle 19,00 una vera delizia sarà prepararsi la cena con la cura gastronomica necessaria e acquisita durante il viaggio.

    Alle 20,00 cena a piacimento.

    Dalle 21,00 il tempo sarà deciso liberamente, suggeriamo una passeggiata con la cyclette vista pc con la quale visiterete i luoghi famosi dalla gastronomia italiana sui migliori siti internet.

    Il viaggio si concluderà con la consegna dell’attestato di viaggiatore gastronomico ai tempi del Virus di grande valore scientifico e medico neurologico.

    Seconda ipotesi di viaggio al tempo del coronavirus

    Caccia al tesoro nascosto.

    Questo viaggio è all’insegna dell’avventura.

    Si parte alle ore 7 appuntamento in cucina.

    Dalle ore 7,10 alle ore 12

    Prima tappa la cucina: trovare nel frigorifero in un 1 secondo il latte nascosto da quintali di formaggio, carne, burro, lievito fresco, pesce, e quanto altro abbiate comprato come scorta, per il non si sa mai!

    Seconda tappa: Trovare nei mobiletti i biscotti sommersi da pancarrè, marmellate, pasta, quintali di farina, scorte del non si sa mai!

    Se non li riuscirete a trovare rimarrete senza colazione.

    Terza tappa: trovare la passata di pomodoro nella credenza sommersa da bottiglie di acqua, ma anche di spritz, crodino perché non può mancare l’aperitivo.

    Quarta Tappa: trovare la voglia di preparare il pranzo nella cucina sommersa da cibarie varie tirate fuori alla ricerca del latte e biscotti delle prime tappe e da rimettere in ordine.

    Quinta tappa: pranzo se siete riusciti a trovare gli ingredienti per cucinare.

    Dalle 14 alle 15 ritorno nella camera da letto, un tuffo sul letto vi farà fare il giusto movimento e trovare l’equilibrio mentale dopo pranzo.

    Dalle 15 alle 18 si apre la nuova caccia.

    Camera da letto prima tappa: trovare il compagno del calzino spaiato avete un’ora di tempo.

    Seconda tappa: trovare tutti i reggiseni e le mutande con gli elastici allentati e buttarli, avete un’ora di tempo.

    Terza tappa; rimettere in ordine tutto l’abbigliamento preso dagli armadi e dai cassetti e buttato ovunque.

    Dalle 18 alle 20 tempo libero per cercare quello che volete.

    Dalle 20 alle 21 cena offerta dalla casa di mamma

    Dalle 21 a seguire nuova caccia.

    Stanza del cuore: trovare le persone a cui volete più bene.

    Vincerà la caccia al tesoro chi riuscirà a superare tutte le prove.

    Per il vincitore ci sarà un premio consistente negli abbracci a un metro di distanza dal suo tesoro, per tutti un attestato con la nomina di Cacciatore sfigato dell’anno.

    Vi offriamo un abbraccio virtuale gratis come anticipo di premio.

    Avventurosi vi aspettiamo!

    Terza ipotesi di Viaggio al tempo del Coronavirus

    Viaggio nell’arte pittorica e scultorea di illuminazione culturale.

    Sarà così articolato:

    Partenza alle ore 7,30 puntuali!

    Dalle 7,30 alle 8 visita allo specchio del bagno dove ammirerete il più bel volto mai visto da occhi che non siano i vostri, l’opera è intitolata Non c’è trucco non c’è inganno.

    Alle 8 colazione, nella sala vi troverete accanto le famose pose plastiche, opere di alto spessore culturale ed espressivo, se sarete fortunati vi troverete seduti accanto alla più famosa opera Faccia da sonno.

    Dalle 9 alle 10 farete una capatina alla sala cabina armadio, munita di specchi per riflettere la bellezza delle opere.

    Qui ammirerete i nudi di donna intitolati Come ti ha fatto mammà, vedrete la somiglianza alle donne di Botero.

    Dalle 10 alle 13 tour lungo la sala del corridoio dove osserverete le famose porte a vista ingresso.

    Riflessa nello specchio all’ingresso sala contemplerete la famosa donna della scapigliata dai riflessi marmorei bianchi e neri, di alto valore artistico.

    Alle 13 pranzo, nella sala gusterete i famosi piatti dello chef dipinti con maestria tali da sembrare vere e proprie pietanze.

    Dalle 14,30 alle 16,30 sala relax dove testerete l’opera artistica scultorea Divano fronte tv, un’opera che vi distenderà in tutti i sensi.

    Dalle 16,30 alle 19,00 ci sarà un’escursione sul balcone mouche, dove osserverete la massima espressività culturale, dalla diversità di opere contenute, i numerosi volti dalle molteplici espressioni del movimento artistico Io resto a casa. Le opere più famose s’intitolano "Devo uscire il cane e Sono un runner".

    Alle 19,30 rientro a casa dopo aver ritirato l’attestato di Viaggiatore illuminato vi omaggeremo di un’opera d’arte intitolata Ricetta bianca da sfruttare come passaporto nei tour culturali a piedi per casa.

    Beh io mi sono divertita a trovare il modo per non impazzire.

    Viaggi fase due Covid-19

    Primo viaggio al tempo del coronavirus fase due

    Viaggio nel mondo della moda.

    Partenza comoda alle ore 8 dopo aver fatto colazione.

    Dalle 8 alle 13 sala anta armadio numero 1.

    Assisterete a una sfilata di moda pret à porter fai da te dei grandi magazzini dei famosi stilisti Ascot e altri minori.

    L’indossatrice vi porterà nel mondo dell’impossibile. rientrare nelle taglie ante Covid. Gonne, pantaloni saranno munite di bandierina bianca da alzare all’occorrenza, nel caso in cui starete per infliggergli una ferita dal taglio netto.

    Dalle 13 alle 14 pranzo offerto dalla casa.

    Mangerete pietanze dietetiche fatte in casa da voi, per ritrovare la taglia giusta.

    Dalle 14 alle 16 tempo libero per visitare i famosi scatoloni del Cambio stagione, beh dopo due mesi è entrata la primavera.

    Ammirerete i capi riposti da parte di Battista il vostro amico immaginario che vi rivelerà la sua parola d’ordine magica metti in ordine.

    Dalle 16 alle 18 sala anta armadio numero 2

    Assisterete alla seconda sfilata, capi cambio stagione messi in ordine.

    Troverete interessante ammirare i capi dello stilista Sconosciuto maggiore esponente dell’alta moda.

    L’indossatrice vi farà entrare nel mondo dei capi, allargati su misura per voi, della linea Post Covid.

    Dalle 18 alle 20

    Sala anta armadio numero 3

    Assisterete all’ultima sfilata, la più importante e intima.

    Sarete affascinate da coppe, pizzi, merletti, seta. Parteciperete a un pigiama party dove finalmente vi troverete nelle misure giuste essendo moda comoda e extra large.

    Dalle 20 alle 20,30

    Sala angolo armadio numero 0

    Assisterete alla sfilata angolo uomo.

    I capi di manifattura moderna, stropicciata e ammassata del grande magazzino Manca lo spazio. In questo angolo approfondirete la nuova corrente stilistica del famoso stilista cinese Ce vo n’ato Armadio¹.

    Alle 20,30 vi sarà consegnato il nostro benemerito attestato Uomo e Donna XXL e la mascherina omaggio con su scritto il nostro consiglio di moda per la fase due del Coronavirus #iorestoancoraacasanonentropiùneivestiti.

    Seconda ipotesi di viaggio al tempo de coronavirus fase due

    Viaggio all’insegna del ritrovamento della forma fisica.

    Il nostro è un viaggio salutare e divertente. Abbigliamento comodo.

    Il viaggio si articola come segue:

    Partenza alle ore 8 dopo aver fatto colazione con caffè, cereali e yogurt, oppure latte, caffè e due fette biscottate, thè a volontà senza zucchero, oppure potete anche desistere dal farla vi sentirete più leggeri.

    Dalle 8,30 alle 13,00

    Farete un giro nelle stanze di youtube alla ricerca dei video più tosti di aerobica, ginnastica, hip hop, ballo. Noi vi consigliamo di aggirarvi per le stanze americane, sono le più efficaci, c’è Lesley che vi offre dei programmi intensi di aerobica. Appena trovati scaricate i video sulla pen drive.

    Dalle 13,00 alle 14,00

    Pranzo a base di finocchi e sedano, e per chi vuole osare carciofi bolliti e carote.

    Dalle 14,00 alle 15,00

    Quattro salti sul divano a suon di battito di ciglia da sonnolenza post prandiale.

    Dalle 15,00 alle 18,00

    Andrete nella stanza degli specchi dell’armadio, metterete la pen drive nella TV e

    Inizierete a esplorare il mondo del fitness.

    La voce guida di Lesley vi guiderà a muovervi in modo armonico e sinuoso, 10, 9, 8, 7, 6, 5, 4, 3, 2, 1 walk, together, walk, hop hop, su,su, braccia su, giù, salta, gira, forza 5, 4,3,2,1 push, push, avanti, indietro.

    Suderete, tanto suderete ma alla fine avrete recuperato in energia fisica, anche se al momento vi sentirete alquanto sfiancati.

    Dalle 18,00 alle 19,00

    Doccia con i profumi d’oriente, per mandare via il profumo essenza di sudore che vi ha fatto compagnia per tutto il tempo dell’esplorazione.

    Al di fuori del mondo fitness non è consigliato usare questo tipo di profumazione e di essenza.

    Dalle 19 alle 20.00

    Vi offriremo una sedia relax massaggiante per lenire i dolori muscolari che avvertirete in tutto il corpo, vuol dire che siete sulla strada giusta per il famoso ritrovamento che dovete fare. L’acido lattico è uno degli ingredienti che vi servirà per la forma fisica.

    Alle 20,00 rientro a casa.

    Vi rilasceremo l’ attestato con la menzione di merito Sportivo da Covid.

    Se non sarete soddisfatti della forma fisica ritrovata vi diciamo da adesso che non siamo attrezzati per i miracoli.

    Io questi viaggi li ho vissuti in prima persona e devo dire che l’ultimo è stato salutare.

    Abbiamo fortificato il sistema nervoso che ha superato la prova clausura.


    1 Ci vuole un altro armadio.

    dito

    di Francesca Aliperta

    Guardando il mondo dalla finestra, mentre la periferia abbrutisce sotto il peso dell’incuria e della malattia, non posso che pensare a John.

    Mi chiedo cosa stia facendo in questo momento, mentre qui il sole batte sull’asfalto sporco delle strade romane. Non sarà mai cocente e vivo come la terra rossa della strada che porta da Diani, nella contea di Kwale, a Tsavo Est.

    Qui, ferma tra le mura di casa, nell’immobilità imprevista di una città altrimenti caotica, posso sentire ancora il ballonzolare della jeep sul percorso sassoso. Socchiudendo gli occhi, le poche figure nervose che vedo sul marciapiede, pigramente schiacciate dal carico delle buste della spesa, sfumano in un riverbero canicolare dell’aria; si dissolvono, lasciando il posto al ricordo di quei ragazzini dinoccolati che correvano dietro la nostra auto. Agitavano le mani in segno di saluto, lasciandosi andare a grandi sorrisi che rivelavano file di denti bianchi splendenti su un telo di pelle d’ebano.

    John fu la nostra guida durante il safari a Tsavo Est. Dal suo viso disteso non avrei saputo dedurne l’età, tanto che spalancai un po’ la bocca quando mi disse d’avere quasi sessant’anni. Neppure una ruga sulla sua faccia, neppure un piccolo segno del tempo trascorso ad attraversare il paese a piedi, senza scarpe, solamente coperto da un drappo di tessuto appigliato a mo’ di tunica. L’unica traccia rivelatrice del suo percorso erano due mezzelune impresse a fuoco sugli zigomi: il simbolo indelebile dell’appartenenza ai Masai.

    John era un guerriero, di quelli che a sedici anni avevano ucciso un leone come rito d’iniziazione. Ce lo confessò con un pizzico di vergogna, riconoscendo la brutalità del gesto, ormai abbandonato in favore della tutela della biodiversità. I Masai erano passati dall’essere cacciatori all’essere guardiani: i giovani guerrieri diventavano ranger, col compito di proteggere la natura africana, florida, aggressiva, intransigente, meravigliosa.

    Quella notte, dopo un’intera giornata trascorsa a sobbalzare tra una pozza di fango e l’altra, dormimmo nel campo tendato del parco.

    Ero troppo elettrizzata per mettermi a letto: nonostante l’alzataccia all’alba, il mio cervello macinava a mille all’ora. Il telefono scottava nella tasca, pieno di foto di elefanti, giraffe, antilopi, leonesse, zebre, babbuini e buceri dal becco rosso. Gironzolai un po’ nel campo, alla ricerca di John per fare due chiacchiere.

    Lo vidi in cima a una piccola struttura di legno, una specie di vedetta che dava sul parco. Se ne stava lì, appoggiato alla balaustra, circondato da tante piccole lucciole che gli mulinavano attorno alla testa. Salii speditamente la scaletta di legno, ma mi bloccai poi sull’ultimo gradino: illuminai i piedi col cellulare, per scoprire che stavo poggiando le ciabatte in mezzo a un mucchio di strani insetti ronzanti. Mio malgrado, da tipica ragazza di città, sobbalzai con un singulto di spavento.

    John scoppiò a ridere e si voltò.

    Non ti fanno niente, mi rassicurò, con malcelato divertimento.

    La fai facile tu, a Roma non abbiamo mica questi... questi... elicotteri, risposi, indicando con un gesto nervoso delle mani la gran quantità di corpicini alati che mi circondava.

    Elicotteri, mi fece eco, prendendosi ancora un po’ gioco di me. Gli sorrisi, divertita dalla mia stessa inadeguatezza. Eravamo così lontani da quel tipo di realtà, da quella natura, da aver dimenticato come starci in mezzo. Abilità che un tempo, ne sono certa, faceva parte di ciascuno di noi.

    Dovete smetterla di avere paura, mormorò lui, improvvisamente più serio. Nel vostro Occidente ci sono cose ben più spaventose di un coleottero.

    Ben più spaventose.

    Le parole di John furono un balsamo per i miei nervi perché, in fondo, aveva ragione. In un angolo della mia mente sentii uno sferragliare meccanico, un’eco di clacson e suonerie. Rabbrividii, avvicinandomi a lui. Puntellai i gomiti sul legno, percependo chiaramente le formiche risalirmi sul braccio. Mi sforzai di non scostarmi.

    Io... sai, non potrei vivere come voi, mi confessò. Molti qui credono che in Europa li attenda una vita di successi, di soldi, di soddisfazione. Sai quanti tornano, poi, e baciano questa terra?. Diede un colpetto col piede alle assi del pavimento. Poi sollevò un dito.

    Ascolta, sussurrò.

    La savana si stagliava davanti ai nostri occhi, sotto un cielo puntellato di stelle. La linea dritta dell’orizzonte era inframmezzata dalle fronde scure, agitate dal passaggio veloce dei suoi abitanti notturni. In lontananza si sentiva il richiamo di un animale che non riconoscevo. A volte, rapide come saette, sbucavano qua e là un paio di orecchie.

    Il vociare degli altri ospiti del campo si fece improvvisamente lontano, quasi inesistente. Mi sporsi più avanti: della calura del giorno restava poco. Una brezza leggera sembrava alzarsi dal terreno, come se la natura respirasse tranquilla, non più fiaccata dal sole bollente.

    Meraviglioso, dissi in un soffio, affidando i miei pensieri al vento. Speravo arrivassero in ogni remoto angolo del Kenya, depositandosi e lasciando lì una piccola parte di me.

    Un improvviso fruscio, vicino ai nostri piedi, mi fece nuovamente sussultare.

    Questo era una serpente, esclamai. Non ero spaventata, in realtà. Solo sorpresa, forse stordita da un’altra idea di vita. John, questo era un serpente, vero?

    Lui si limitò ad annuire, gettandosi un’occhiata veloce e quasi disinteressata alla fonte del rumore.

    Uno... magari due o tre, sghignazzò.

    Divertente, lo canzonai, dandogli una piccola gomitata.

    Sono innocui, comunque, ci tenne a specificare, forse volendomi evitare un infarto prematuro. In questa zona non c’è il Mamba Nero.

    Mamba che?, domandai, supponendo c’entrasse poco con il per me più noto Mambo N. 5.

    Solo uno dei rettili più velenosi del mondo.

    Le mie labbra si piegarono subito in una o di stupore.

    E tu lo hai mai visto?, domandai.

    Lui mi gettò un’occhiata: le sclere incredibilmente bianche degli occhi risaltavano sul suo volto scuro e nel buio della notte.

    Oh... oh certo che l’ho visto..., confermò, con un tono che lasciava intendere molto altro.

    Mi sembra ci sia una storia dietro..., lo incalzai. Con John c’era sempre una storia, d’altro canto: talloni induriti da chilometri di camminata, braccia affaticate da arrampicate sugli alberi, mani che impastano chapati, strane bevande a base di latte e sangue di mucca, notti passate a dormire nell’incavo di un albero ad appena otto anni, sentendo a un palmo dal viso l’alito di animali ferini.

    Dietro la sua faccia buona e piena si celava un mondo, anzi, un universo quasi mitologico rispetto a quello in cui ero cresciuta.

    Non è una bella storia, però!, mi mise in guardia. Mi portai subito una mano al petto: stavo forse toccando un tasto dolente? Ma quando le sue spalle tremarono al ritmo di un’altra risatina, mi tranquillizzai... anche se nella storia c’era poco di divertente.

    Be’, avevo tredici anni..., cominciò. Con quel suo tono e il naso rivolto al cielo, aveva un’aria saggia. Mi faceva scioccamente pensare a Rafiki. Io e il mio amico Dito eravamo a casa da soli...

    Dito?

    Sì, Dito... ora capirai.

    Mi misi già in allarme.

    Be’, dicevo... io e Dito eravamo da soli. Capita spesso qui. Da bambino devi spicciarti a diventare indipendente. A scuola si va da soli fin da subito, magari con i fratelli più grandi... si fanno almeno un paio di chilometri a piedi ogni giorno, sul ciglio della strada. Bisogna essere svelti e attenti già da piccoli, mormorò, abbassando lievemente quella sua voce altrimenti stentorea.

    D’istinto ripensai all’Alfa Romeo 2000 color panna, con il grande volante tartarugato: l’auto con con cui mio nonno mi accompagnava a scuola.

    Insomma, tornando a noi, Dito se ne stava lì che scorrazzava da una parte all’altra del giardino di casa, se così vogliamo chiamarlo... era più un fazzoletto di terra secca... comunque, ricordo che io stavo giocando con un bastone poco lontano da lui. Poi, all’improvviso, un urlo. Fece una pausa strategica per amor di suspense. Corsi subito da lui e vidi che si stringeva disperatamente la mano. L’afferrai subito, me l’avvicinai alla faccia e vidi due buchetti insanguinati sulla punta dell’anulare.... Mi gettò un’occhiata eloquente.

    Il Mamba Nero?, domandai.

    Il Mamba Nero.

    Oh, Dio... John, ma Dito..., feci per chiedere.

    Non è morto - mi tranquillizzò, salvo aggiungere subito dopo - Perché gli ho mozzato la mano.

    Sgranai gli occhi, facendolo ridere di gusto.

    John, ma che stai dicendo?

    Signorina mia... o la mano o la vita. Appena capito l’accaduto, sono entrato in casa, ho afferrato il macete di mio padre, sono uscito in giardino e... zac!

    Mi portai le mani agli occhi, rabbrividendo. John mi poggiò una mano sulla spalla, senza smettere di trovare il tutto esilarante.

    Andiamo, signorina, che cosa avrei dovuto fare? Il veleno si espande in pochissimo tempo. Se avessi aspetto avrebbe perso tutto il braccio... o sarebbe morto.

    Lo studiai attentamente, in un misto di ammirazione e sconcerto.

    Avevi solo tredici anni..., bofonchiai, per spiegare la mia reazione. Lui scrollò le spalle.

    Oh, ma qui non importa l’età. L’Africa è natura e la natura, signorina, ha le sue leggi.

    John si illuminò in un enorme sorriso.

    La sua faccia perde lentamente nitidezza nella mia mente.

    La notte dei ricordi lascia il passo a questa giornata tersa, al presente della mia stanza. E oggi, lasciando cadere la tenda davanti alla finestra, mi domando, come quella sera, cosa succederà a noi e a questo lato del mondo.

    Quello che le leggi della natura le ha dimenticate così tanto tempo fa.

    pensieri in movimento

    di Alessandro Amalfitano

    Una volta un saggio ha detto che testa e gambe sono fatti per viaggiare. La testa ti porta lì dove le gambe non riescono ad arrivare.

    Era un saggio o era mio padre? Forse una cosa non esclude l’altra. Lui odiava viaggiare, visitava posti diversi solo con la mente.

    Dieci anni fa ha deciso che dovevo proseguire il mio cammino da solo e quattro anni fa mia madre lo ha seguito. Adesso mi ritrovo qui e viaggio anche per lui, anche per loro. Quando mi trovo su di un aereo che aumenta i giri in procinto di decollare immagino di essere su di un razzo in partenza per la Luna. Quando mi trovo su di un treno che imbocca rumorosamente una galleria, immagino che questo razzo stia per uscire fuori dall’atmosfera e quando viaggio su di un pullman che prende in pieno una buca facendoci sobbalzare tutti all’unisono come birilli colpiti da una palla da bowling, allora immagino che si stia per atterrare sulla Luna.

    Concludendo: oggi si va sulla Luna?

    No, qualcosa di più semplice.

    Oggi sono in compagnia di un gruppo fidato di amici, siamo davanti alla stazione dei treni, ma si viaggia a piedi da Napoli a Pompei, in pellegrinaggio, ventisei chilometri da percorrere in quasi sei ore.

    Un lasso di tempo particolarmente lungo che ti dà la possibilità di riflettere, di pensare a tutto ciò che ti circonda, ciò che ti capita quotidianamente, al presente e al futuro e ti offre soprattutto la possibilità di parlare con gli altri, di condividere esperienze ed emozioni, di conoscerli più profondamente e penetrare nei loro animi così come loro cercano di scandagliare il tuo alla ricerca di elementi comuni, spunti di argomenti che possano alleviare la fatica che fanno le gambe.

    Appunto le gambe, iniziano a macinare chilometri, ma è la mente quella che viaggia che ti permette di andare lontano che ti fa superare la fatica che ti dà emozioni e anche quella scarica di adrenalina che ti fa pompare forte il cuore, che spinge in avanti il passo successivo. La testa pensa, le gambe rullano, il cuore batte. Si va.

    Le strade si susseguono, il sole inizia a battere forte: ho sete, ma non mi fermo. Ripensi al motivo per cui lo fai, per loro, ma anche per te stesso. Sei rimasto da solo è vero, ma ora sei con degli amici che condividono la tua stessa fatica. Arrivi alla conclusione che comunque un motivo per essere felici in fondo al cuore lo hanno tutti ed è proprio quello che accende la voglia di camminare, di condividere, scherzare, soffrire, sudare.

    Proseguiamo, andiamo avanti, viaggiamo, arriveremo. A volte guidi il gruppo e detti il ritmo, a volte resti dietro e guardi le schiene dei tuoi amici. Dal modo in cui una persona cammina e fatica si capisce molto del suo carattere. Ricerchi la compagnia della persona con cui hai maggiori affinità, a volte però ti capita accanto quello che proprio non sopporti, ma anche lui condivide con te le proprie emozioni, le proprie gioie e anche i propri dolori. Lo ascolti e lo conforti. Ti accorgi che la sua fatica è anche la tua e che anche lui sta combattendo le proprie battaglie come tu combatti le tue. Avanzate insieme. Non è poi tanto antipatico come pensavo questo qui.

    Altri chilometri, piano, più veloce, sole cocente e zone di ombra refrigerante, l’importante è non fermarsi mai. Si ride e si scherza, a volte ci si raccoglie. Ormai siamo vicini, quanto manca? Camminate e non spezzate il ritmo. Ecco la cupola del Santuario, sembra vicina ma è in linea d’aria, bisogna ancora macinare metri con i piedi che vanno a fuoco ormai. Non mollare adesso, tieni il passo. Abbiamo raggiunto la piazza: Evviva!! Non ce la faccio più, sono stremato.

    Le ultime battute scambiate con il vicino di marcia. Le ultime emozioni condivise con gli altri, anche con quello che fino a

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