Le magiche pietre e altre storie
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“Le magiche pietre” è anche uno spettacolo teatrale scritto e interpretato da Pierpaolo Piludu, con la regia di Mauro Mou e la straordinaria partecipazione dei magici semi di pietra di Pinuccio Sciola.
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Anteprima del libro
Le magiche pietre e altre storie - Pierpaolo Piludu
Pierpaolo Piludu
Le magiche pietre
e altri racconti
illustrazioni di Gianluigi Piludu
ISBN 978-88-7356-863-6
Condaghes
Indice
Presentazione
Storie dell'altro millennio
La storia della lucertola (Su contu de sa tziligherta)
Le magiche pietre (Sas pedras màgicas)
Premessa all'ultimo racconto
Su zigante
Dal maestro delle pietre
L'Autore e l'Illustratore
La collana Il Trenino verde
Colophon
Presentazione
Ho avuto la fortuna di vedere e ascoltare Le magiche pietre
di Pierpaolo Piludu. Il meraviglioso racconto ha suscitato in me sentimenti e fantasie legati alle pietre.
Nur
è forse la parola più antica della lingua sarda e significa sia cavità sia un mucchio di pietra. Percorrendo le zone dell’isola ci si imbatte in statue: l’erosione del vento e dell’acqua ha creato un pantheon di forme: piramidi di calcare, elefanti di granito, guglie smerigliate, castelli di rocce e massi cavi.
Certamente la civiltà della pietra è la prima nella storia dell’umanità. Si può dire che quella sarda sia una civiltà della pietra. I sardi, prima di convertirsi al cristianesimo adoravano le pietre. Le domus de gianas sono tombe scavate nella pietra. I nuraghi sono grandiose costruzioni di enormi massi collocati con arte. Tombe di giganti, menhir parlano del culto degli antenati. Betili femminili dispensatori di nutrimento e di fecondità; betili maschili carichi di forza vitale e protettori dalla morte.
Esistono i fiumi di pietre, sono chiamati codule
: una cascata bianca di ciottoli discende dalle rupi di un altopiano fino al fondo della valle, sembra un fiume d’acqua cristallizzata.
I tuoni in lingua sarda sono chiamati anche pedras de chelu, perché sembrano rotolare con rimbombi paurosi.
Nel paesaggio sardo la pietra tende a prendere forma umana. Esiste nella cultura sarda il mito della pietrificazione: chi ha commesso una colpa grave rischia di essere tramutato in pietra. In un altopiano ci sono due grandi pietre che hanno forma umana, sembrano un frate e una monaca. Raccontano che un uomo e una donna, consacrati da una promessa a Dio, abbandonassero il convento e fuggissero verso un sogno d’amore proibito. Ma giunti alle rupi dell’altopiano all’improvviso sono tramutati in pietra.
I più grandi artisti sardi hanno creato opere d’arte lavorando la pietra. Pinuccio Sciola, l’artista amico delle pietre, fa delle incisioni e subito le pietre diventano parlanti, vibrano di una musica indecifrabile: così sono nate sas pedras sonadoras.
Bachisio Bandinu
Storie dell’altro millennio
Tanti, tantissimi anni fa, quando i nonni e le nonne dei vostri genitori avevano più o meno la vostra età, la vita era completamente diversa da oggi. Non per modo di dire, ma tutto ciò che voi oggi fate nel corso della giornata, i bambini e i ragazzi di allora lo facevano in modo differente: partiamo dall’inizio.
Voi ogni mattina vi svegliate, vi cambiate, andate in bagno aprite il rubinetto… acqua fredda… acqua calda… No, ahia! Così è troppo calda!… ecco, sì, così… temperatura giusta! Poi vi lavate, fate pipì, azionate lo sciacquone… loro no.
Sì, anche loro si lavavano, facevano tutto il resto… ma in un altro modo. Ad esempio, nelle case il lavandino e l’acqua corrente non c’erano, e non c’era neanche il water.
Ogni giorno genitori e figli, in gruppo, andavano nella campagna vicina al paese, i più fortunati con in mano uno o due fogli di un vecchio giornale; era divertente quando due famiglie, una che andava verso la campagna, e una che tornava in paese, si incontravano. Si salutavano continuando a camminare, in fila indiana: – E assora, benende seis? Siete di ritorno?
– E voi?... Andate, andate che c’è posto per tutti!
Dopo che si andava a letto, invece, in caso di necessità, la pipì si faceva nel vaso da notte, s’orinale, che poi l’indomani veniva svuotato fuori.
Non dalla finestra Giovanni!!! Te l’ho detto mille volte che così fai la doccia a chi sta passando sotto! Lascia stare. Ci pensa dopo mamma a svuotare il vaso!
E quando ci si lavava, si versava l’acqua da una brocca dentro un catino e si stava ben attenti a non sprecarla, perché ogni giorno bisognava andare a prenderla alla fonte. Di solito erano le ragazze che facevano la spola, avanti e indietro, dalla propria casa alla fontana: si sistemavano sul capo il cércine, un piccolo panno a forma di cerchio, e sopra vi appoggiavano la brocca.
Spesso per le strade del paese si vedevano tante ragazzine, tutte in fila, che camminavano con queste brocche di terracotta sulla testa, senza neanche aiutarsi con le mani! Sembravano altissime. Erano davvero brave; non facevano cadere a terra neanche una goccia d’acqua! Riuscivano a camminare dritte, drittissime. Sembravano delle sculture. E mantenevano quel bel portamento anche quando non dovevano trasportare l’acqua... Per questo, molte nostre nonne e bisnonne non erano soltanto belle, ma persino più eleganti di tante indossatrici dei nostri giorni!
Dove eravamo arrivati? Ah sì, dopo che ci si lavava si faceva la colazione. Beh! La colazione era la stessa, direte voi: anche allora era sufficiente mettere a scaldare il latte nelle cucine a gas o nel forno a microonde… Fermi