Galleria eccitante (eLit): eLit
Di Julie Cohen
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Julie Cohen
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Galleria eccitante (eLit) - Julie Cohen
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1
Joanna aprì gli occhi. Il sole filtrava dalle persiane semiaperte e riscaldava la camera da letto, dipingendo le pareti di un colore dorato, caldo, brillante. Una brezza lieve faceva ondeggiare le tende e portava all'interno, oltre al rumore del traffico londinese, il cinguettio degli uccelli.
«Maledizione» disse Joanna tra i denti.
Sollevò le lenzuola e, posando i piedi sul pavimento, colpì in pieno lo spigolo della valigia.
«Maledizione!»
Si mise in piedi e, zoppicando leggermente, andò dritta in bagno e si infilò sotto la doccia.
L'acqua bollente non servì a sollevarle il morale. Si lavò i capelli e rimase a occhi chiusi ad ascoltare lo scroscio che la avvolgeva in una nuvola calda. Restò così finché l'acqua non diventò fredda. Dopo tutto, non aveva nessuna fretta. Non più.
Quando uscì dalla doccia si infilò gli occhiali e, dopo avere pulito lo specchio appannato, si mise a fissare la propria immagine.
Sembrava il fantasma di un ratto morto annegato.
«Buone vacanze estive» borbottò prima di uscire dal bagno, senza nemmeno essersi pettinata.
Il vestito era sullo schienale della poltrona, dove lo aveva lasciato il pomeriggio precedente. Era un tubino verde e blu in tessuto stretch e piuttosto corto; l'ideale per salire e scendere dall'aereo che avrebbe dovuto portarla in Grecia per due settimane. Jo se lo infilò sui capelli bagnati e sollevò la cerniera lungo la schiena. Quindi aprì il cassetto del comò per prendere un paio di slip, ma solo quando lo vide vuoto ricordò che aveva messo tutta la biancheria pulita in valigia.
La valigia nuova di zecca, rosa shocking, che stava posata accanto al letto e che sembrava fissarla con un sorriso maligno.
«Al diavolo! Non ho nessuna intenzione di riaprirti, dopo tutta la fatica che ho fatto a chiuderti» borbottò scuotendo la testa. Non fino a che non avesse preso una decisione riguardo le vacanze.
Quello che ci voleva era un po' di cioccolato. Jo frugò nella borsa e trovò subito la barretta che teneva sempre pronta, in caso di emergenza. Estrasse anche il cellulare e, dopo averlo acceso, mentre controllava se c'erano messaggi, uscì in giardino e andò a sedersi su una poltroncina di vimini.
Il sole caldo e la brezza lieve le accarezzavano i capelli bagnati e le spalle nude. In segreteria c'erano tre messaggi vocali di Spiros e quattro SMS, sempre suoi. Jo li cancellò senza nemmeno ascoltarli né aprirli. Poi digitò il numero di Elisabeth.
«Ma non dovresti essere su un aereo diretto in Grecia?» le chiese la sua migliore amica.
«Mi ha fatto la proposta.»
Silenzio. Dal ricevitore arrivò il suono di una voce infantile in lontananza, subito seguita da quella di un uomo, e rumori di tipo casalingo.
«Ti ha chiesto di sposarlo?» domandò infine Elisabeth, sorpresa.
Jo sospirò. «Se proprio voleva essere romantico, avrebbe potuto farmi la proposta davanti al tramonto di Santorini, piuttosto che in un pub di fronte alla stazione di Paddington.»
«Fammi capire. L'unico problema sta nel dove ti ha fatto la proposta di matrimonio?» chiese l'amica con cautela.
«In effetti mi ha dato fastidio anche il quando. Se me lo avesse chiesto a crociera terminata, sarei stata più contenta.»
«Gli hai detto di no, immagino.»
Jo staccò un quadratino di cioccolato con un gesto stizzito. «Certo che ho detto di no. Non ho nessuna intenzione di sposare Spiros. Né di sposare nessun altro.»
«A ben vedere, forse Spiros non era il massimo, per te. Era così...»
«Serio» la interruppe Jo. «Non capiva mai le mie barzellette.»
«Veramente volevo dire sottomesso. Ti lasciava fare tutto quello che volevi. Tu avresti bisogno di un uomo più stimolante. Uno che ti faccia vedere le cose sotto una luce diversa.»
«Io non ho bisogno di nessuno» la corresse lei, sicura. «Tutto quello che voglio è trovare qualcuno che mi faccia divertire per un po'. Qualcuno che mi porti in crociera senza sentirsi in obbligo di chiedere la mia mano.»
«Il matrimonio non è brutto come te lo immagini. Tutt'altro» le assicurò Elisabeth.
«Sarà bello per te. Tu hai sempre desiderato mettere su famiglia. Ma per me è diverso. Tutta quella sicurezza, quella routine...» Jo si sentì rabbrividire. «Dio mio, non riuscirei mai a concepire di andare a letto con lo stesso uomo per il resto della vita.»
«Correzione» rispose Elisabeth in tono didascalico, «quello con cui vado a letto tutte le sere non è un uomo, ma Angus MacAllister.»
Al tono sognante dell'amica, Jo non riuscì a trattenere una risata. Certo, il suo entusiasmo era comprensibile. Aveva sposato quello che tutti i giornali inglesi additavano come il migliore chef del Paese.
«Vedrai» continuò Elisabeth in tono persuasivo, «quando troverai l'uomo giusto desidererai andarci a letto per il resto della vita. Sai, a volte penso come sarà fare l'amore con Angus quando avremo entrambi settant'anni. E devo ammettere che la trovo un'idea molto eccitante.»
«Liz, su questa terra ci sono sei miliardi di persone e la metà sono maschi. Onestamente, la monogamia mi sembra un inutile spreco di risorse naturali.»
Elisabeth fece un verso di disapprovazione. «Spiros come l'ha presa?»
«Lo sapeva fin dall'inizio che non avevo intenzione di iniziare una relazione permanente. Non capisco proprio perché se ne sia uscito con una stupidaggine simile.»
«Non hai risposto alla mia domanda. Come l'ha presa?»
A volte Jo avrebbe preferito che la sua migliore amica non fosse anche un'insegnante. I professori non si lasciano sfuggire mai nulla. Lo sapeva molto bene, visto che anche lei apparteneva alla categoria.
«Non molto bene» ammise. Poi si morse il labbro e aggiunse frettolosamente: «Ha pianto».
«Oh.»
Quell'unica sillaba era così piena di compassione che Jo si sentì un verme. Spiros era un ragazzo greco grande e grosso. E piuttosto emotivo. Aveva un cuore d'oro e lei sapeva di averglielo spezzato proprio la sera prima.
«Non volevo fargli male» disse. «Ho fatto di tutto perché non si attaccasse troppo a me. In fondo siamo usciti insieme solo per qualche mese. Come potevo pensare che si fosse innamorato di me?»
Non aveva ancora terminato la frase che si rese conto di quanto stupide potessero suonare quelle parole. Certo che avrebbe dovuto rendersene conto. Avrebbe dovuto essere in grado di interpretare gli sguardi languidi di Spiros fin da subito. E avrebbe dovuto troncare quella storia sul nascere.
Ma non lo aveva fatto. Non lo aveva fatto perché era distratta da un milione di altre cose e perché Spiros le piaceva; con lui si divertiva e poi non era così facile trovare qualcuno che ti invitasse in crociera sull'Egeo per sedici giorni.
Ecco. Quella era la realtà. In poche parole, aveva spezzato il cuore di un uomo perché voleva andare in vacanza.
«Sono una persona cattiva» mugugnò, prima di mettersi in bocca l'ultimo pezzetto di cioccolato.
«Non dire stupidaggini» ripose Elisabeth. «Sei una delle persone più buone che conosca. Sei un'ottima insegnante e non puoi esserlo se non hai a cuore gli altri. Spiros non era l'uomo adatto per te. Tra di voi non ha funzionato solo per questo motivo.»
Elisabeth non era solo dotata di un grande tatto e di una fede incrollabile nel matrimonio. Tra le sue qualità c'era anche un invincibile idealismo che la portava a vedere sempre il lato migliore delle cose. Probabilmente lo aveva ereditato alla nascita dai genitori, un'inguaribile coppia di figli dei fiori.
Quanto a Joanna, i suoi le avevano tramandato un'attitudine totalmente diversa.
«Spero che tu non ti stia preoccupando per Vince Johnson» disse Elisabeth, interpretando chiaramente il suo silenzio.
«Stai scherzando? Sono appena iniziate le vacanze estive. Perché mai dovrei pensare a un ex studente?» La veemenza con cui pronunciò la seconda parte della frase sembrò quasi cancellare la prima.
Jo si alzò e prese a camminare nervosamente per il giardino.
«Non è stata colpa tua se lo hanno espulso» continuò l'amica. «Hai fatto tutto il possibile. Vince se la caverà, vedrai.»
No, non se la sarebbe cavata. Jo sentì l'improvviso desiderio di mangiare dell'altro cioccolato.
«Ascolta, Liz, l'unica cosa che mi preoccupa, ora, è che non so che cosa fare per le vacanze estive. Fino a ieri sera ero convinta di dovere partire per una meravigliosa crociera in Grecia. Ho una valigia piena di vestiti ma non so dove andare.»
«Perché non vieni in Italia? Noi partiamo tra meno di un'ora. Puoi prendere un volo economico e raggiungerci là. Nella fattoria ci sono un mucchio di camere libere e Angus cucina sempre per un reggimento, si diverte un mondo.»
Per un attimo Jo fu tentata di accettare. Ottimo cibo, magnifica compagnia, bellissimi paesaggi... L'esatto contrario di quello che la aspettava se fosse rimasta a Londra.
Ma sapeva che se avesse seguito Elisabeth, Angus e la loro bambina in Italia, si sarebbe sentita fuori posto per tutta la vacanza. Non aveva nessuna intenzione di rovinare quell'idillio familiare.
«Grazie, tesoro, ma probabilmente quello che è successo è un segno. Ne approfitterò per fare tutto ciò che durante l'anno scolastico rimando sistematicamente. Andare al museo, a teatro, leggere qualcosa, rilassarmi...»
Non era una cattiva idea. Era da un po' di tempo che voleva dedicare qualche cura al suo cervello. Magari quella permanenza forzata in città l'avrebbe aiutata a fare il punto della sua vita fino a quel momento. L'avrebbe aiutata a capire meglio chi era veramente e che persona avrebbe potuto essere. E magari avrebbe anche capito perché non era riuscita ad aiutare Vince come avrebbe voluto.
No.
Quello era e doveva rimanere un capitolo chiuso.
«L'Italia è piena di uomini italiani» insistette Elisabeth, suadente.
«Penso che per un po' lascerò perdere l'argomento. Questa sarà l'estate più seria e impegnata della mia vita. Da oggi non penserò più solo al corpo, ma anche e soprattutto alla mente.»
«D'accordo, ma...» Dall'altra parte del ricevitore arrivò un rumore di vetri infranti, subito seguito dalle urla di un bambino. «Ewan! Accidenti... Senti Jo, adesso devo andare. Il piccolo ha appena mandato in frantumi la bottiglia del latte. Se cambi idea, vieni senza farti problemi. E non preoccuparti per Vince. Hai fatto del tuo meglio. Un bacio! Ci sentiamo presto.»
E così Jo rimase da sola nel suo giardino. Niente cioccolato, niente crociera, niente progetti. Da un paio di mesi, avendo già prenotato il viaggio in Grecia, non faceva altro che declinare inviti di amici per le vacanze.
«Potrei chiamare Spiros, scusarmi per come mi sono comportata e raggiungerlo in Grecia. E poi, dopo la crociera, lasciarlo in modo meno traumatico» disse tra sé e sé. Ma sapeva che - fortunatamente - non ne sarebbe mai stata capace.
Forse Spiros aveva organizzato quel viaggio proprio per presentarla alla famiglia. Possibile che fosse così sicuro che lei avrebbe accettato la proposta di matrimonio?
Che sciocca era stata a non pensarci prima.
Rientrò nell'appartamento. Vi regnava una calma irreale, così prese il telecomando e accese il televisore, giusto per sentire un po' di rumore. Sullo schermo apparve una donna asiatica che affermava di avere perso più di trenta chili grazie a un trattamento estetico miracoloso.
Jo scosse la testa e spense il televisore. Cosa stava facendo? Erano appena iniziate le vacanze estive e non aveva nessuna intenzione di trascorrerle in casa guardando donne asiatiche che perdevano peso in modo soprannaturale.
No. Ne avrebbe approfittato per fare delle cose intelligenti, tipo usufruire dell'offerta culturale della città e stare alla larga dagli uomini. E, già che c'era, avrebbe anche fatto un po' di ginnastica e dato una raddrizzata alle sue abitudini alimentari.
Da quel giorno iniziava una nuova vita. Una vita piena di cultura, esercizi fisici e cibo salutare. E completamente priva di uomini.
Infilò le prime scarpe che le capitarono sottomano, si mise le lenti a contatto e uscì di casa alla ricerca di un po' di cultura e di un'indispensabile barretta di cioccolato.
Dopo ore passate alla National Gallery i piedi di Jo, imprigionati in un paio di sandali di corda, imploravano pietà.
Si lasciò cadere su un divano di pelle nera sistemato davanti a un grande quadro di Botticelli e, al contatto con la superficie fredda e rigida del cuscino, emise un gemito di piacere.
Quando si fu ripresa quel tanto da capire che cosa le succedeva intorno, osservò il quadro con maggiore attenzione. Vi erano raffigurati Marte e Venere. Lui era sdraiato, coperto solo da un lenzuolino che nascondeva le parti intime; dormiva con dipinta sul viso l'espressione beata di chi ha appena fatto l'amore. Lei era completamente sveglia, vestita e decisamente meno soddisfatta.
Jo sorrise. Quante volte, dopo essere stata a letto con un uomo, aveva avuto quella stessa espressione? Con un sospiro di sollievo si tolse i sandali, si raggomitolò sul divano e si guardò intorno. C'era molta gente, ma stranamente regnava un grande silenzio. Jo si rilassò e lasciò vagare lo sguardo, senza concentrarsi su niente in particolare.
Finché un movimento all'estremità del suo campo visivo non mise in azione il suo personalissimo allarme da uomo attraente. Anche senza guardarlo direttamente Jo poteva sentire la presenza di un uomo alto, dalla figura ben modellata, i capelli neri e l'andatura sicura. Un'altra opera d'arte su cui valeva la pena di soffermarsi per un