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Jane (eLit): eLit
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E-book166 pagine2 ore

Jane (eLit): eLit

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Info su questo ebook

Fortune's children 7
Jane Fortune è incredula di fronte a Zachariah Bolton, bello, fiero, intelligente. Un uomo d'altri tempi, che potrebbe riaccenderle il cuore. Tuttavia in lei cresce anche il timore che lui possa cambiare completamente il corso della sua vita, e di quella del suo bambino. Fidarsi o non fidarsi di Zach diventa quindi una domanda a cui dare al più presto una risposta...
LinguaItaliano
Data di uscita2 set 2019
ISBN9788830503441
Jane (eLit): eLit
Autore

Maggie Shayne

RITA Award winning, New York Times bestselling author Maggie Shayne has published over 50 novels, including mini-series Wings in the Night (vampires), Secrets of Shadow Falls (suspense) and The Portal (witchcraft). A Wiccan High Priestess, tarot reader, advice columnist and former soap opera writer, Maggie lives in Cortland County, NY, with soulmate Lance and their furry family.

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    Anteprima del libro

    Jane (eLit) - Maggie Shayne

    successivo.

    1

    4 agosto 1897.

    Benjamin Bolton appoggiò la testolina sui guanciali e fissò lo sguardo fuori della finestra. A sei anni, era già molto malato, e poiché non poteva alzarsi spesso dal letto, il papà glielo aveva sistemato in maniera tale da consentirgli di guardare il cielo.

    E quella sera, mentre alzava lo sguardo, il firmamento venne illuminato da una stella cadente, e poi da un'altra, e da un'altra ancora. Benjamin chiuse gli occhi e, per quanto quel comportamento non fosse molto scientifico, espresse tre desideri.

    «Vorrei guarire» mormorò con fervore, mordendosi le labbra alla ricerca delle parole più adatte con cui esprimersi. «Vorrei guarire per potere correre fuori a giocare, e montare in groppa al mio pony, e non morire come pensano tutti quelli che mi stanno intorno, anche se non hanno il coraggio di dirlo.»

    La spossatezza gli fece abbassare le palpebre. Da quando si era ammalato era sempre stanco, ma quella sera si sforzò di restare sveglio per esprimere gli altri due desideri. Era importante, per lui. Era questione di vita o di morte.

    «Vorrei tanto una madre. Una mamma vera, che mi voglia bene e mi legga le favole. E che non abbia paura dei ranocchi come la signora Haversham.»

    Adesso era il momento del terzo desiderio, il più importante.

    «E vorrei tanto un fratello maggiore. Non litigherei mai con lui, e non lo prenderei in giro. Vorrei che fosse intelligente, forte, coraggioso, proprio come il mio papà. Sarei pronto a dividere perfino il mio pony, con lui.»

    Finalmente Ben aprì gli occhi per guardare fuori. Non c'era più traccia delle stelle cadenti, su in cielo, ma lui era sicuro di averle viste.

    E mentre lasciava ricadere stanco la testa sui guanciali e si preparava a dormire, sentì una gran pace scendergli sul cuore. Perché adesso sapeva, per la prima volta in vita sua, che tutto si sarebbe risolto nel modo migliore.

    4 settembre 1997.

    Cody Fortune sollevò gli occhi dal computer portatile che la mamma gli aveva regalato per il suo decimo compleanno, e proprio in quel momento vide attraverso il parabrezza tre stelle cadenti che solcavano il cielo, una dietro l'altra, come razzi che illumina-vano la deserta strada costiera del Maine che stava percorrendo insieme alla madre, alla volta della loro nuova casa.

    «Caspita!» esclamò eccitato. Tre stelle cadenti in una volta sola. Era fenomenale. «Hai visto, mamma?»

    «Cosa?»

    «Quelle tre stelle cadenti, in cielo.»

    La madre sorrise, staccando soltanto un istante gli occhi dalla strada. «Allora, hai espresso un desiderio, oppure sei troppo scettico per farlo?»

    Cody era troppo intelligente per credere a simili stupidaggini, ma sapeva che alla madre dispiaceva che prendesse la vita tanto sul serio. Così chiuse gli occhi e sussurrò le cose a cui aveva pensato più spesso negli ultimi tempi.

    «Vorrei avere un padre» cominciò piano. «E un fratellino più piccolo, perché è noiosissimo stare da soli. E poi...» Un groppo alla gola gli impedì di proseguire, ma con coraggio si affrettò a soggiungere. «E poi vorrei che la mia mamma fosse felice, per davvero. Perché so che adesso non lo è, e non ricordo che lo sia mai stata.»

    Commossa da quelle parole, Jane gli accarezzò la testa. «Ma certo che sono felice, Cody. Ho te, e una nuova casa in una città non troppo grande, come ho sempre desiderato. Di che cos'altro potrei mai avere bisogno?»

    «Mamma! Lo sai che ho espresso alcuni desideri su tre pezzi di roccia, vero?»

    «Sicuro, però sei stato generoso a consumarne uno solo per me.»

    Cody scrollò le spalle e girò la testa dall'altra parte. Non gli dispiaceva di essersi comportato come gli altri bambini della sua età, anche se tutti sostenevano che possedesse l'intelligenza di un fisico nucleare.

    «Allora, mamma» mormorò per cambiare discorso. «Hai pensato a quello che ti ho detto?»

    «A proposito di cosa, Cody?»

    «Ti ricordi, la settimana scorsa, quando sono stato dai nonni? Ho sentito il nonno che parlava con quella serpe di Monica e...»

    «Cody, non sta bene parlare in questi termini di Monica.»

    «Però è vero che è una serpe» protestò il bambino. «Stava minacciando zia Tracey, te l'ho detto, e ripeteva che se zia Tracey non se ne fosse andata, lei avrebbe rivelato segreti orribili sulla nostra famiglia.»

    Jane alzò le spalle. «Non credo che ci sia niente di cui preoccuparsi, Cody. Monica ha sempre voluto mettere le mani sulla società, e probabilmente considera zia Tracey un ulteriore ostacolo al raggiungimento dei suoi obiettivi.»

    «Già, ma la zia Tracey ha appena scoperto di essere una Fortune.»

    «Se lo è per davvero, avrà i mezzi per parare le minacce di Monica Malone» lo tranquillizzò Jane. «E questo è un altro motivo per cui non ho mai voluto partecipare agli affari di famiglia. Tutti questi intrighi non fanno per me» spiegò guardando il figlio. «Quaggiù andrà tutto molto meglio, ne sono certa.»

    Cody represse un sospiro. In dieci anni di vita aveva imparato che era inutile tentare di suscitare l'interesse della madre per gli affari. «Quanto manca ancora?» domandò.

    «Penso... penso che sia qui... Oh, mio Dio! Cody! È questa, la casa. Guarda che meraviglia!»

    Cody sollevò lo sguardo verso la casa che proprio in quel momento veniva illuminata dai fari della macchina. «Sembra appena uscita dalle pagine di un romanzo dell'orrore» sussurrò.

    «E allora? Pensavo che i romanzi dell'orrore ti piacessero.»

    «Sicuro, ma non vorrei diventarne il protagonista.» Nel dire questo, Cody spostò lo sguardo verso la casa, e rabbrividì. Con la coda dell'occhio aveva visto una specie di chiarore a una delle finestre del primo piano, e quando capì che la madre già si accingeva a spalancare la portiera, le appoggiò una mano sul braccio nel tentativo di fermarla. «Mamma» mormorò. «Ho l'impressione che ci sia qualcuno, là dentro.»

    Jane seguì con lo sguardo la direzione che lui le indicava. «Io non vedo niente» rispose.

    «Sarà stato un riflesso» assentì allora Cody, ma non ne era affatto convinto. E proprio per questo non riuscì a reprimere il sospiro di sollievo che gli salì alle labbra quando una seconda auto imboccò il viale di accesso della casa.

    Era una macchina della polizia, e qualche istante più tardi ne scese un uomo in uniforme che si diresse verso di loro per salutarli.

    «Sono Quigly O'Donnell» si presentò. «Lei deve essere la signora Fortune, vero?»

    Lei gli strinse la mano con cordialità. «Jane Fortune. E questo è mio figlio Cody.»

    Il bambino fece un cenno del capo, ma non gli strinse la mano. Era troppo preso a fissare la casa. «Mi è parso di vedere qualcosa lassù, sceriffo» dichiarò indicando la finestra incriminata.

    «Ah! Io non me ne preoccuperei troppo, al posto tuo. Sarà senza dubbio il fantasma.»

    «Il fantasma

    «Già. In giro si dice che il fantasma di Zachariah Bolton, il primo proprietario, si aggiri ancora per la casa. Ma sono soltanto fantasticherie, figliolo. Storielle inventate dai vecchi per avere qualcosa di cui chiacchierare durante le loro interminabili partite di scacchi.»

    Ridendo sotto i baffi, Jane decise di porre fine a quella conversazione. «Se ha portato le chiavi, sceriffo O'Donnell, forse potremmo entrare» propose.

    «Sì, signora. Le ho qui. Se vuole, posso darle una mano a trasportare i bagagli» si offrì volenteroso lo sceriffo. «Ho già provveduto a fare riallacciare la corrente: dentro dovrebbe essere tutto a posto.»

    «È stato gentile a occuparsene, sceriffo. Grazie.»

    «Ci mancherebbe, signora. È il minimo che potessi fare per sua nonna Kate. Era una donna in gamba, se mi consente, e quando mi chiese di tenere d'occhio questa casa, fui onorato di esserle utile. È un vero peccato che se ne sia andata» concluse togliendosi il cappello. «È stata una grossa perdita per tutti noi.»

    «Anch'io sento la sua mancanza» convenne Jane. Poi cinse con un braccio le spalle del figlio. «E la sente molto anche Cody.»

    Lo sceriffo si schiarì la voce con un colpetto di tosse. «Sarà il caso di entrare, adesso» tagliò corto. «Le faccio strada. E visto che ci siamo, le racconterò anche del personaggio più famoso della nostra città, nonché fantasma residente. Era Zachariah Bolton, il primo proprietario di questa casa.»

    Mentre lo sceriffo chiacchierava a ruota libera, Jane e Cody lo seguirono verso il porticato e la porta di ingresso, che era altissima, massiccia e - agli occhi di Cody - faceva anche un po' paura.

    Poi O'Donnell la spalancò, e il bambino capì di essersi sbagliato. Altro che poco! Quel posto faceva non tanta, ma tantissima paura!

    Quigly O'Donnell accese la luce e Jane si guardò intorno sbigottita.

    Quella casa era fantastica, possedeva tutto ciò che lei aveva sempre desiderato. Certo, il resto della sua famiglia l'avrebbe considerata antiquata, ma dopo tutto ritenevano alla stessa stregua anche lei.

    La verità era che Jane mal si adattava alla società moderna e ai valori - o meglio, alla mancanza di questi - che dieci anni prima l'avevano fatta ritrovare sola, senza marito e con un figlio a cui provvedere.

    Nessuno pensava che ce l'avrebbe fatta da sola e senza il denaro dei Fortune, eppure lei ci era riuscita.

    E adesso, insieme al figlio, avrebbe ricominciato tutto daccapo in quella casa meravigliosa che rievocava i bei tempi andati.

    «Non avrei mai sospettato che nonna Kate mi conoscesse tanto bene» mugugnò tra sé e sé mentre si aggirava tra le stanze. «E invece mi conosceva meglio delle sue tasche, altrimenti non mi avrebbe lasciato questa casa in eredità. Dio, non riesco ancora a crederci! E quella dépendance per gli ospiti, in giardino, sarà l'ideale per il mio negozio di antiquariato.»

    Lo sceriffo le faceva strada sorridendo. «La casa è molto bella» convenne, «ma la sua storia è ancora più interessante. Avrà sentito parlare della febbre Quinaria, immagino.»

    «Vuole scherzare?» Con uno sguardo furtivo, Jane si assicurò che Cody non fosse più a portata di orecchio. «Ci è mancato poco che si portasse via mio figlio.»

    «Perbacco, che coincidenza!» Lo sceriffo si grattò impensierito la testa. «È stato proprio Zachariah Bolton a scoprire la cura per questa malattia. Si chiama triptonina, ed è la stessa sostanza che si usa anche oggi.»

    «Si sbaglia, sceriffo.» Cody, che li aveva raggiunti in quel momento in cucina, tornando da una breve esplorazione del pianterreno, si fermò sulla soglia scuotendo la testa. «La cura per la Quinaria è stata scoperta da Bausch e Waterson nel milleottocentonovantotto.»

    Lo sceriffo spalancò gli occhi per lo stupore. «Caspita, che ragazzino in gamba!» esclamò rivolto a Jane. «Però, Cody, la storia non è tutta qui. Wilhelm Bausch ed Eli Waterson erano entrambi grandi ricercatori, ma trascorsero gran parte della loro vita in competizione, accecati dall'ambizione. Fu il loro amico, Zachariah Bolton, che infine riuscì a farli lavorare insieme, e soltanto così i due scienziati trovarono la cura per quella terribile malattia. Vieni» soggiunse appoggiando un braccio sulle spalle di Cody per spingerlo verso la porta. «Voglio mostrarti una cosa.»

    Obbediente, Cody gli andò dietro per le scale, ma giunto di fronte alla porta della prima stanza sul ballatoio, un brivido gli attraversò la schiena.

    «Cosa c'è, caro?» si informò la madre, che li aveva seguiti lassù. «Va tutto bene?»

    «Sì, certo. Arrivo.» Il bambino si affrettò a seguire lo sceriffo, che nel frattempo aveva acceso la luce in un'altra camera da letto.

    Non appena entrata, Jane trattenne il fiato sbigottita. «Mio Dio!» esclamò infine incredula, indicando il ritratto appeso a una parete. «Sembra un autentico Rockwell! Ma non può essere» aggiunse avvicinandosi. «Questo avrà almeno cento anni. Ha idea chi sia l'autore, sceriffo?»

    O'Donnell scosse la testa. «Purtroppo no» rispose. «Ma le appartiene di diritto, come tutto quello che è contenuto in questa casa, compresa la vecchia cassaforte che è in solaio. Pensi, non l'ha mai aperta nessuno. E magari dentro potrebbero esserci addirittura i vecchi documenti di Zachariah Bolton.»

    Jane non riusciva a staccare lo sguardo dal ritratto appeso alla parete. Rappresentava un uomo bruno, con i capelli scomposti e gli occhi scuri appassionati e intensi, nascosti dietro un paio di occhialini

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