Un cavaliere per Jennifer: Harmony Collezione
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Info su questo ebook
Fin dall'inizio, la relazione tra Jennifer Dysart e Joe Tregenna non è delle più tranquille: il loro primo incontro avviene quando Joe salva Jennifer dall'aggressione di due malintenzionati, il secondo quando cerca di difenderla dall'ira di suo cugino Adam. L'amore divampa improvviso e travolgente, prima che entrambi si accorgano di avere accanto una persona impegnata a nascondere la propria vera identità. Appena emerge la verità, Jenny non riesce a crederci.
Catherine George
Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.
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Anteprima del libro
Un cavaliere per Jennifer - Catherine George
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
Tangled Emotions
Harlequin Mills & Boon Modern Romance
© 2003 Catherine George
Traduzione di Paola Ingenito
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved.
© 2004 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-5894-135-5
www.harlequinmondadori.it
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1
Qualcuno la stava seguendo. La strada era deserta e il lampione ancora fulminato. Decisa a non guardarsi intorno, allungò il passo rimpiangendo di non aver atteso un taxi. La notte senza stelle era calda e umida, ma per la prima volta in vita sua avvertì un brivido freddo di paura. Si sforzò di scacciarlo, pensando che, raggiunta la casa, chiunque si trovasse dietro di lei l’avrebbe oltrepassata.
Scoprì che si sbagliava quando due sagome, pelle e ossa, con le facce nascoste da maschere apparvero al suo fianco.
«Dacci i soldi e non ti faremo del male» sibilò una di esse afferrandola per il braccio.
«Neanche per idea!» Spinta dalla rabbia e dall’incredulità, conficcò un gomito nello stomaco del giovane assalitore e si preparò a dare battaglia.
Dopo due ore di tragitto in autostrada i cartelli stavano conducendo Joe Tregenna a spasso per tutta la città, e quando i suoi fari illuminarono un gruppetto di ragazzi coinvolti in una zuffa non era dell’umore di intromettersi. Poi, però, si accorse che uno di loro era una ragazza. Imprecò, premette sul freno e saltò giù dalla macchina mentre un giovane cadeva a terra e l’altro fuggiva nel buio.
«Sta bene?» chiese alla ragazza. «È ferita?»
Lei scosse la testa. «No» ansimò. «È lui che non sta bene.» Indicò la sagoma che si dimenava a terra. «Chiamo la polizia.»
Al suono di quella parola il giovane si alzò di scatto, ma Joe lo afferrò per il colletto. «Eh, no.»
«Non le stavamo facendo del male!»
«Camuffati? Non credo.» Con la mano libera Joe prese il cellulare e si voltò verso la ragazza. «Chiami la polizia da qui.»
«No!» Il delinquente in erba scoppiò in lacrime. «Per favore, signorina. Abbiamo preso le maschere in garage e quando l’abbiamo vista uscire dal pub l’abbiamo seguita per farle uno scherzo» singhiozzò. «Mia madre mi ucciderà.»
La ragazza l’osservò in silenzio. «Lo lasci andare» disse infine all’altro adulto.
Joe la guardò sbigottito. «Non deve passarla liscia!»
«Ascoltami» disse lei avvicinandosi all’assalitore. «Facciamo un patto. Io non chiamo la polizia se tu giuri che non lo farai mai più.»
Il giovane si affrettò ad annuire. «Mai più. E neppure Dean.»
«Dean è il tuo amico?»
«Mio fratello. Non voleva venire, aveva paura.»
«Come ti chiami?»
«Robbie.»
«Bene, Robbie. Niente più scemenze simili.» Si chinò a raccogliere la maschera caduta. «Batman lo tengo io. E ricorda che qui sopra c’è il tuo DNA. Tua madre è a casa?»
«È infermiera all’ospedale... questa settimana fa il turno di notte.»
«Ti lascia da solo la sera?» intervenne Joe.
«No, mai! Il nostro patrigno è a letto. Siamo usciti dalla finestra appena si è addormentato.»
«È una vostra abitudine?»
«No, davvero. Non lo avevamo mai fatto.»
«E fareste bene a non farlo più, come ha detto la signora. Sono certo che ti hanno avvisato di non accettare passaggi dagli sconosciuti, quindi ti accompagneremo a piedi e ti affideremo al tuo patrigno» concluse Joe gettando ancora il ragazzo nello sconforto.
«Ma lo racconterà alla mamma!» E implorò di permettergli di arrampicarsi di nuovo per la finestra invece di svegliare il marito della madre.
Joe sollevò lo sguardo sulla figura slanciata della ragazza. «Lei è d’accordo? Dopodiché, la scorterò io a casa sua.»
«Va bene. Andiamo.»
Arrivato all’indirizzo che aveva loro fornito, Robbie sospirò di sollievo nel vedere una faccia che sbirciava attraverso una tenda. «Dean è tornato! È venuto dritto a casa come gli avevo detto.»
«Un tipo saggio» commentò Joe. «E ricorda, giovanotto, che ora so dove abiti» aggiunse, volutamente minaccioso.
Robbie annuì, corse sul prato, si inerpicò su una grondaia di scolo agile come una scimmia e svanì nella finestra aperta.
Joe attese che il ragazzo fosse al sicuro, poi, incamminandosi, lanciò un’occhiata obliqua alla donna. «Salve. Il mio nome è Joe Tregenna.»
«Jennifer Dysart. Grazie per il suo aiuto.»
«Quando ho notato la zuffa stavo per tirare dritto» le disse con franchezza. «Ma quando mi sono accorto che si trattava di due maschi contro una femmina ho deciso di intervenire. Benché fosse superfluo... si era liberata di loro prima ancora che scendessi dalla macchina.»
«Non è complicato con un paio di ragazzini, sono più alta di tutti e due. Mi sono scagliata d’istinto.»
«Poteva essere pericoloso, se si fosse imbattuta in una coppia di autentici criminali. È stata fortunata che si trattasse di due mocciosi.»
«È il motivo per cui l’ho fatto. Quanti anni pensa che abbia Robbie?»
«Difficile da stabilire. Abbastanza da doversi comportare in modo più responsabile, questo è certo. Posso darle un passaggio?»
«Non è necessario. Abito in fondo alla strada della mia disavventura, in Farthing Street. Basterà raggiungere la sua macchina.»
Ma Joe volle seguirla fino alla porta dell’angusta villetta a schiera, e quando seppe che viveva sola insistette per condurla all’interno.
Sul punto di obiettare, Jenny cambiò idea. Un po’ di compagnia, in quel momento in cui si sentiva piuttosto scossa, non guastava. Andò sul retro, aprì una porta e accese la luce della cucina piccola e spoglia.
Joe Tregenna superava di vari centimetri la sua già non trascurabile altezza, aveva i fianchi snelli e le spalle robuste. I capelli erano abbastanza lunghi da arricciarsi sul collo e gli occhi abbastanza blu da sembrare neri. Come la bocca, mostravano un umorismo che strideva con il taglio deciso del naso e del mento. Indossava una camicia bianca e formale con la cravatta allentata sul colletto, e dei pantaloni di lino che parevano far parte di un completo.
«Ho bisogno di un caffè» gli disse lei, consapevole che la stava fissando. «Ne vuole?»
«Grazie. Mi serve proprio, dopo l’incontro con la malavita giovanile di Pennington.»
«Si accomodi. Non ci metterò molto.» Jenny posò lo zaino, si sfilò il giubbotto di jeans e lo attaccò allo schienale di una sedia. Prese le tazze dalla credenza e il latte dal frigo, conscia che gli occhi di Joe Tregenna seguivano ogni sua mossa.
Preparò il caffè, posò le tazze sul tavolo e si sedette di fronte al suo ospite, che scoppiò a ridere.
«Che c’è di divertente?»
«So dove abiti
! Non posso credere di averlo detto a quella piccola canaglia. Anche se lei non è stata da meno, con quella storia del DNA...»
«L’intenzione era di spaventarlo col linguaggio dei polizieschi che piacciono ai ragazzi, perciò speriamo di aver distolto il nostro Robbie da una vita da criminale. Non avrei mai potuto consegnarlo alla polizia.»
Joe la guardò pensieroso mentre sorseggiava il caffè. «Torna spesso a casa a piedi da sola, a notte fonda?»
«In cerca di guai, vuole dire? No. Ho la macchina in officina. E come una scema non ho pensato di chiamare un taxi finché non ho finito di lavorare. A quel punto i miei clienti li avevano prenotati tutti, e l’attesa era di quaranta minuti.»
«Clienti?»
«Servo al bancone del Mitre.»
«Sono nuovo in città. Non lo conosco.»
«È un grosso locale vicino a dove abbiamo lasciato Robbie. Va molto di moda ed è sempre pieno. Ecco perché ho ottenuto il posto. Avevano bisogno di personale.»
«Da quanto tempo lavora lì?»
Lei fece una smorfia. «A sufficienza da sapere che camminare fino a casa è molto doloroso, dopo un doppio turno in piedi. In futuro, guiderò o prenderò un taxi.»
«Sono contento.» Joe finì il caffè e si alzò in piedi. «Non è una buona idea per una donna vagare da sola di notte. E per una con il suo aspetto è follia» aggiunse.
«Non è una mia abitudine, signor Tregenna.»
«Possiamo abbandonare le formalità?»
«Giusto. Grazie, Joe.» Gli sorrise e gli porse la mano.
Che lui tenne stretta per un secondo. «Sono molto lieto di esserti stato di aiuto...» Si interruppe quando il cellulare prese a vibrare. «Scusami.»
Jenny si tenne occupata sciacquando le tazze e cercando di non ascoltare quella che non doveva essere la più felice delle conversazioni.
«Per l’ultima volta, Melissa» lo sentì dire. «Sono stato trattenuto e non sono ancora a casa. Ti chiamo domani. Buonanotte.» Guardò Jenny. «Mi dispiace.» Ripose il cellulare. «Ho dimenticato di telefonare alla signora con cui ho cenato.»
«Dille che è colpa mia.»
Joe scosse la testa. «Farei più danno che altro.»
«Se è un complimento, ti ringrazio.» Jenny esitò un attimo, poi cedette alla curiosità e gli chiese cosa lo avesse portato a Pennington.
«Vendo assicurazioni.»
«Davvero?» domandò, sorpresa che non fosse qualcosa di più autorevole. «Grazie di nuovo per essere venuto in mio soccorso.»
«Piacere mio. Assicurati di chiudere la porta alle mie spalle. E buonanotte.»
Fu solo quando Jenny si stava lavando i capelli sotto il rubinetto della vasca che la tensione ebbe sfogo. Rabbrividendo, saltò fuori e si avvolse nell’accappatoio. Accese il phon al massimo, e quando ebbe finito si infilò il pigiama e si rintanò sotto le lenzuola. Ma le occorse parecchio per addormentarsi, e quando lo fece i sogni la destarono di soprassalto, sudata. Accese la luce e imprecò contro Robbie, responsabile di quegli incubi.
«Hai l’aria provata» commentò il proprietario del Mitre il mattino dopo.
Lei spiegò a Tim Mathias della quasi
aggressione della sera prima, e fu sgridata per non aver chiesto un passaggio a qualcuno.
«Ci ho pensato quando è stato troppo tardi. Comunque, ritirerò la macchina oggi pomeriggio; quindi, niente più problemi di trasporto.»
Dopo pranzo Jenny andò a prendere l’auto e tornò al Mitre, dove trovò Tim che usava tutto il suo fascino con alcune dipendenti. Una di loro puntò un dito verso di lei.
«Jenny è l’ideale, Tim» disse Jilly. «Può farlo.»
«Fare cosa?» domandò Jenny sospettosa.
Tim osservò la nuova recluta del suo staff. «Lo sai che questa è la serata della musica dal vivo al piano bar?»
«Sì. Ma se Martin è malato è inutile chiedermi di sostituirlo. Non so suonare.»
«Martin sta bene. Il problema è Diane, la nostra cantante sexy. Ha perso la voce. I suoi fan verranno, e quando scopriranno che non c’è se ne andranno.