Il bacio del deserto: eLit
Di Maisey Yates
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Info su questo ebook
La magia del deserto, per fortuna, viene in suo soccorso, sconvolgendo i suoi piani, e non solo quelli.
Isabella era sicura di tre cose:
1. Non aveva alcuna intenzione di sposare lo sceicco a cui era stata promessa.
2. Nello straniero bello e tenebroso che aveva il compito di riportarla nel deserto c'era qualcosa in più di quanto trasparisse dal suo sguardo fiero ma impenetrabile.
3. Dopo aver baciato le sue labbra, non sarebbe stata più la stessa...
Poi però la magia del deserto giunge in suo soccorso, sconvolgendo i suoi piani... e non solo quelli!
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Anteprima del libro
Il bacio del deserto - Maisey Yates
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
The Inherited Bride
Harlequin Mills & Boon Modern Romance
© 2011 Maisey Yates
Traduzione di Edy Tassi
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
© 2013 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-5893-384-8
www.harlequinmondadori.it
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1
Era poco ma sicuro, quello non era l’addetto al servizio in camera. Isabella Rossi, principessa del Turan, sollevò lo sguardo sull’uomo alto e dall’aria torva che se ne stava sulla soglia della sua stanza d’albergo. La perfezione di quella figura muscolosa era messa in risalto dall’abito nero confezionato su misura.
Con l’abito, però, finiva ogni parvenza di civiltà.
La sua espressione era imperscrutabile, i suoi occhi vuoti, le labbra serrate in una linea sottile. La mascella contratta. Tutto in lui esprimeva tensione.
La sua pelle dorata era segnata da cicatrici.
Isabella deglutì. «A meno che non abbia la mia cena nascosta da qualche parte, mi dispiace, ma non posso farla entrare.»
Lui allungò le braccia in avanti, i palmi delle mani rivolti verso l’alto come a mostrare che erano vuoti. «Spiacente.»
«Aspettavo il servizio in camera.»
Lui tamburellò sullo stipite della porta. «È sempre meglio controllare, prima di aprire. Gli spioncini servono a questo.»
«Grazie, me ne ricorderò.» Isabella fece per chiudere la porta, ma il battente non si mosse. Lui lo teneva aperto con una spalla. Cercò di chiudere ancora, questa volta esercitando una forza maggiore. Di nuovo, la porta non si mosse. E il tizio nemmeno.
«Lei ha causato non pochi problemi a parecchie persone. Inclusa la sua scorta, che adesso si ritrova senza lavoro.»
Il cuore le sprofondò nello stomaco. Quell’uomo conosceva la sua identità e lei non sapeva se esserne sollevata o irritata. Poteva dirsi sollevata che non fosse lì per farle del male, ma... la irritava che potesse riportarla indietro. Nell’Umarah. O nel Turan. E lei non voleva andarci. Non adesso. Non quando le mancava così poco per realizzare ciò che aveva sempre desiderato. «Lavora per mio padre?»
«No.»
«Per Hassan, allora?» A giudicare dal lieve accento che tingeva la sua voce profonda, Isabella avrebbe dovuto capire subito che la lingua madre dell’uomo era l’arabo. Avrebbe dovuto capire che era in combutta con il suo fidanzato.
«Lei sta violando un accordo, amira. E sapeva che lo sceicco non glielo avrebbe permesso.»
«Sapevo che non avrebbe fatto i salti di gioia, ma...»
«Ha fatto una cosa molto sciocca, Isabella. I suoi genitori temevano che fosse stata rapita.»
Il senso di colpa che aveva tenuto a bada nelle ultime ventiquattro ore le fece aggrovigliare lo stomaco. Ma allo stesso tempo Isabella avvertì uno strano palpito, che sembrava farsi più intenso ogni volta che fissava quegli occhi scuri e impenetrabili.
Abbassò lo sguardo. «Non volevo spaventare nessuno.»
«E cosa pensava sarebbe successo, quando è scomparsa? Che tutti avrebbero continuato a vivere come se nulla fosse? Non ha immaginato che i suoi genitori sarebbero impazziti dalla preoccupazione?»
Lei scosse la testa, ammutolita. In realtà i suoi avrebbero dato fuori di matto per la rabbia, non certo per la preoccupazione nei suoi confronti. Avrebbero temuto che lo sceicco annullasse l’accordo appena siglato, se lei fosse rimasta nell’orribile mondo esterno abbastanza a lungo da diventare merce avariata, o qualcosa di simile. «Io... no, non immaginavo che si sarebbero preoccupati.»
L’uomo spostò l’attenzione sul corridoio, dove una giovane coppia si stava baciando appassionatamente contro la parete un paio di porte più in là. «Non ho intenzione di continuare questa conversazione qui.»
Lei lanciò una rapida occhiata ai due e il suo viso cominciò ad ardere per l’imbarazzo. «Be’, non posso farla entrare!»
Lui la oltrepassò con lo sguardo per osservare l’interno della stanza. «Entrerò qui dentro, con o senza il suo permesso, principessa. Una cosa che imparerà in fretta di me è che non prendo ordini.»
«Mancano due mesi e dieci giorni al matrimonio» obiettò lei, disperata. «Ho bisogno... ho bisogno di questo tempo.»
«Avrebbe dovuto pensarci prima di scappare.»
«Così mi fa sembrare una bambina ribelle. Io non sono scappata!»
«E allora lei come si definirebbe?» L’uomo guardò di nuovo il corridoio, dove l’attività della giovane coppia si era surriscaldata, e poi tornò a concentrarsi su Isabella. «Sto aspettando che mi faccia entrare.»
Un suono che poteva solo definirsi estatico giunse dalla coppia nel corridoio e lei sobbalzò impercettibilmente, lasciando la presa sulla maniglia della porta.
«Saggia decisione.» Lui la superò ed entrò nella piccola stanza. Poi rimase immobile, rigido, l’espressione neutra.
Era attraente. Estremamente attraente. Isabella se ne accorse solo in quel momento. Era rimasta così colpita della sua forza, dall’energia che emanava, da non aver avuto occasione di osservarlo davvero. Ma adesso si stava prendendo tutto il tempo per farlo.
Adesso che la sua bocca era rilassata, lei notò che aveva le labbra piene e ben disegnate, nonostante la piccola cicatrice che ne deturpava un angolo. Aveva gli occhi più scuri che avesse mai visto, quasi neri e così intensi da darle l’impressione che potesse vedere attraverso le cose e le persone. Era il genere d’uomo capace di suscitare reazioni viscerali impossibili da combattere e da ignorare.
Il genere d’uomo che lei non comprendeva e con il quale non voleva aver nulla a che fare.
«Non la stavo lasciando entrare, ero solo sorpresa» gli disse, sperando che il proprio tono di voce gli comunicasse una certa imperiosità. Era una principessa, dopotutto.
«E io le ho detto che sarei entrato, con o senza il suo permesso.»
Isabella si schiarì la voce e si concentrò su un punto lontano. Quando lo guardava, le sembrava che tutto rallentasse. Perfino l’aria sembrava farsi più densa, rendendo il suo respiro più affannoso. «Sì, be’, ormai è entrato.»
«Esatto. E adesso noi due ce ne andiamo.»
Lei arretrò di un passo. «Non andrò da nessuna parte con lei.»
Un sopracciglio scuro scattò verso l’alto. «Ah, no?»
«Ha intenzione di trascinarmi fuori di peso?»
Lui scrollò le spalle. «Se sarà necessario.»
Isabella arretrò ancora, cercando di mettere un po’ di distanza fra loro. «Non credo che lo farebbe davvero.»
«Non dubiti, principessa, lo farò eccome. Lei ha firmato un contratto con il Grande Sceicco dell’Umarah e io ho il compito di riportarla da lui. Il che significa che verrà con me. Anche se dovessi trascinarla per le vie di Parigi.»
Lei si irrigidì, cercando di apparire composta e di nascondere il nervosismo che le faceva tremare le mani. «Non credo che farebbe nemmeno questo.»
Lui la fissò. «Continui a sfidarmi e lo vedrà di persona cosa sono disposto a fare.»
La scrutò lentamente, lo sguardo che indugiava sulle curve di Isabella. Qualcosa nel modo in cui la guardava, nel modo in cui i suoi occhi scintillavano alla luce tenue, la fece sentire esposta, nuda.
Il cuore prese a galopparle nel petto. Qualcosa di sconosciuto e bollente le scorse nelle vene, facendole accelerare il battito. Il martellio era così forte che probabilmente doveva sentirlo anche lui. Isabella inspirò a fondo per calmarsi e rallentare la corsa del cuore.
Distolse lo sguardo, ma i suoi occhi si posarono sul grande letto in un angolo della stanza. Ripensò agli amanti in corridoio. Il sangue le salì al volto, facendole martellare le tempie, le guance così calde da bruciare.
Concentrati!
Doveva radunare i pensieri, trovare il modo di liberarsi di quell’uomo e tornare a vivere la propria vita prima di sacrificarla nel nome del dovere. Il grosso diamante che portava al dito, arrivato per corriere sei mesi prima, rappresentava un costante promemoria del fatto che la sua libertà aveva i minuti contati.
Isabella desiderava avere una vita propria, anche se soltanto per due mesi. Non chiedeva molto, eppure tutti sembravano determinati a negarle quell’opportunità. Quando aveva chiesto a suo padre un po’ di tempo, lui l’aveva guardata con disprezzo e le aveva fatto capire chiaro e tondo che poteva scordarselo. Così lei aveva deciso di arrangiarsi. Ecco perché non poteva andare con quell’uomo. Non adesso.
Doveva pur esserci un modo per tirarlo dalla sua parte, per volgere la sorte a proprio vantaggio. Ma lei non ne sapeva niente di uomini. L’unico che conosceva era suo fratello maggiore, Max, e lei aveva visto come si comportava sua cognata con lui, come riusciva ad approfittare dei suoi lati deboli.
Anche se Isabella dubitava che il tizio nella sua camera avesse un lato debole. Ma ci avrebbe provato comunque.
Prese fiato, avanzò e gli sfiorò il braccio con una mano. I loro occhi si incontrarono e una sensazione potente le saettò nello stomaco, costringendola ad arretrare di scatto, i polpastrelli che formicolavano. «Non sono pronta per tornare. Mancano due mesi al matrimonio e voglio davvero prendermi questo tempo per... per me.»
Adham al bin Sudar combatté contro il lampo di rabbia che gli si era acceso dentro. Quella piccola bisbetica stava cercando di sedurlo pur di averla vinta. Il suo tocco sul braccio non era stato un gesto innocente, ma uno stratagemma calcolato per fargli ribollire il sangue nelle vene e farlo scorrere più velocemente.
Be’, quando la donna in questione era la principessa Isabella Rossi, come poteva essere altrimenti?
Suo fratello era stato davvero fortunato a essersela accalappiata come futura sposa. Fosse stato al suo posto, però, Adham si sarebbe accontentato di averla come amante.
Era bella, il corpo reso sinuoso da curve seducenti, il viso perfetto. La sua bellezza non era soggettiva ma universale. I suo zigomi alti, il nasino all’insù e le labbra voluttuose sembravano essere stati pensati per far voltare la gente ovunque andasse.
Non era snella come una top model, ma lui aveva sempre preferito le donne vere. E Isabella Rossi di certo aveva le forme di una donna.
Adham si concesse di indugiare con lo sguardo su di lei per apprezzare la pienezza del suo seno. Un seno che avrebbe condotto alla perdizione qualsiasi uomo.
Si sentì riempire di disgusto per la direzione che avevano preso i suoi pensieri e cercò di bloccare il desiderio che gli faceva indurire il corpo e galoppare il cuore. Quella donna era off limits. Accidenti, era la fidanzata di suo fratello!
Hassan gli aveva chiesto di riportare a casa la sua futura sposa prima che il suo onore venisse compromesso. Ecco qual era il compito di Adham, anche se lui cominciava a nutrire qualche dubbio su Isabella e sul ruolo di principessa che le spettava. Una ragazzina egoista e viziata, senza il minimo senso del dovere, non sarebbe stata la regina giusta per il suo paese. Ma Isabella Rossi aveva alle spalle la fedeltà di un’intera nazione, un accordo commerciale e militare che nessun’altra sposa poteva garantire. Il che la rendeva essenziale e insostituibile.
«Andarsene è stato un gesto estremamente sciocco» sbottò lui, facendo ricorso a tutta la forza di