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Vite spezzate (eLit): eLit
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E-book324 pagine4 ore

Vite spezzate (eLit): eLit

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Info su questo ebook

Mordecai young 2
Elizabeth Marcum è scampata per miracolo a un proiettile durante un raid per sventare la setta dei Giovani Credenti. Sono passati diciotto anni, e molte cose sono cambiate. A partire dal suo nome. Ora è conosciuta come Beth Slocum, anche se a dire il vero sono pochi a conoscerla. Si rifugia, infatti, in una cittadina del Vermont, dopo che ha rinunciato al suo bene più prezioso, la figlia, e a tutto il resto. Ed è qui, a Blackberry, che la scova Joshua Kendall per ordine del governo: per starle vicino, senza però rivelarsi. Infatti si ritiene che la minaccia che l'ha costretta a nascondersi per tutti questi anni possa diventare concreta. Ma per Josh è uno shock incontrare Beth, perché nemmeno lui è chi dice di essere. E ha molto più da nascondere di colei che deve proteggere.
LinguaItaliano
Data di uscita2 set 2019
ISBN9788830503588
Vite spezzate (eLit): eLit
Autore

Maggie Shayne

RITA Award winning, New York Times bestselling author Maggie Shayne has published over 50 novels, including mini-series Wings in the Night (vampires), Secrets of Shadow Falls (suspense) and The Portal (witchcraft). A Wiccan High Priestess, tarot reader, advice columnist and former soap opera writer, Maggie lives in Cortland County, NY, with soulmate Lance and their furry family.

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    Anteprima del libro

    Vite spezzate (eLit) - Maggie Shayne

    successivo.

    Prologo

    Arthur Stanton si fermò in mezzo alla strada, sotto la pioggia scrosciante. In lontananza si udivano i latrati dei cani e i gemiti delle sirene.

    A brevi intervalli il fascio luminoso del riflettore di un elicottero spazzava il terreno. Ma era tutto molto lontano. Al momento c'erano solo loro due: lui e l'uomo nella grigia tenuta carceraria che era emerso dal bosco per fermarsi di botto, dieci metri più in là.

    L'evaso fissava la pistola che Arthur gli puntava contro. Non si mosse. Trattenne il fiato, aspettando.

    David Quentin Gray, galeotto ed ex legale di un folle, non era il criminale che Arthur aveva giurato a se stesso di catturare, ma rappresentava il filo che avrebbe potuto condurlo alla meta... se fosse stato libero.

    Chiuso in prigione non sarebbe servito a niente. Si trovava di fronte a una decisione maledettamente difficile da prendere.

    Abbassò l'arma.

    L'altro ebbe un fremito, come se stesse per spiccare la corsa, ma si immobilizzò di nuovo.

    Pensa che gli sparerei alle spalle se cercasse di fuggire. E dovrei.

    Arthur si voltò per tornare all'auto ferma sul ciglio fangoso della strada, ma dopo soli tre passi si fermò. Non posso. È un criminale. Sono quarant'anni che mi batto contro quelli come lui.

    Si girò di nuovo. David Quentin Gray era sparito. La decisione era presa. Non c'era modo di tornare indietro.

    I fari di una macchina lo investirono. Uno stridio di freni, l'aprirsi di una portiera e una voce nota.

    «Allora? Che cos'hai visto, Stanton?»

    «Soltanto un cervo.»

    Martin Phillips, vice direttore del carcere, tirò un sospiro. «Mi spiace, so quanto ci tieni.»

    «Lo prenderemo. Non può andare molto lontano, non credi?»

    «Già. Adesso dovrai trasferirla altrove, eh? Però, in fondo, solo quattro o cinque persone sanno che è ancora viva e dove è nascosta.»

    «Neanche tu dovresti saperlo.»

    «E infatti non lo saprei... se il compagno di cella di Gray non fosse stato così voglioso di mettersi in buona luce, nella prospettiva di avere presto la libertà vigilata» rispose Phillips. «Ma venendo da me a vuotare il sacco ci ha costretti a tenerlo dentro per impedirgli di raccontare in giro quel che sa di Elizabeth Marcum.»

    «Per quel che riguarda il mondo è morta e sepolta. Non farne mai più il nome.»

    «D'accordo, d'accordo. Ma mica è colpa mia se a Gray è capitato per le mani un giornale con la foto scattata alla festa di Blackberry e l'ha riconosciuta tra la folla. A ogni modo non è detto che si precipiti subito da Mordecai Young.»

    È proprio quel che spero, invece, pensò Arthur. Non voleva un'altra vittima sulla coscienza e avrebbe impedito a Mordecai Young di uccidere Elizabeth Marcum, che ora si chiamava Beth Slocum, e non facendole cambiare residenza, ma tenendosi pronto a qualsiasi mossa di quel pazzo.

    L'avrebbe finalmente catturato, riscattandosi. Non gli rimaneva molto tempo: aveva passato i sessanta da un pezzo e presto si sarebbe dovuto ritirare in pensione.

    Era sbagliato servirsi di quella donna come esca, ma avrebbe fatto in modo che fosse protetta nel modo migliore, a qualsiasi costo.

    E c'era un solo uomo in grado di svolgere quel compito.

    Un uomo che come tutti, o quasi, la credeva morta e che era convinto di essere stato lui a ucciderla, diciotto anni prima.

    Mordecai Young, a bordo dell'auto, aspettava. Era certo, lo sapeva da fonte sicura, che il suo vecchio amico e consulente legale l'avrebbe raggiunto sano e salvo.

    Bello rivederlo, dopo tanto tempo.

    Aveva scelto il posto ideale per l'incontro: nelle vicinanze di un passaggio a livello dove non transitavano più treni.

    Strade secondarie, nessuno in giro.

    Raddrizzò la schiena intravedendo la figura curva e infreddolita emersa dal folto degli alberi. Accese i fari e lampeggiò, continuando a fissare incredulo l'amico. David non sembrava più lui. Gli abiti italiani e la figura sempre impeccabile erano scomparsi: aveva l'aspetto di un gatto randagio appena scampato a un tentato affogamento.

    Quando Gray si avvicinò, Mordecai si allungò ad aprire la portiera del passeggero.

    David si chinò a guardarlo con un sorriso tirato che non si comunicava agli occhi.

    «Mordecai. Accidenti, che piacere rivederti.» Accennò a salire.

    «Un momento.» Mordecai si allungò indietro a prendere un plaid, che stese sul sedile del passeggero. «Sei un disastro, David. Che hai fatto? Sei passato attraverso le fognature del carcere?»

    David si sedette e si avvolse attorno il plaid. «Sono congelato.»

    «Lo immagino. Sei pelle e ossa. Di sicuro non ti vedo in gran forma.»

    «Posso ringraziare la galera, per questo. Tu invece stai bene. Sempre lo stesso.»

    Era vero. Mordecai non era cambiato. La testa era ancora rasata, gli occhi sempre vivissimi. Ma, non appena scoperto dov'era nascosta Lizzie, avrebbe dovuto trasformarsi: non poteva certo farsi riconoscere a un primo sguardo.

    «Mi ha fatto piacere la tua lettera. Non me l'aspettavo.» Avviò il motore per mettere in funzione il riscaldamento.

    «Già.» David si stava asciugando la faccia con un lembo del plaid. «Mi tenevano sotto stretto controllo... quello che dicevo, telefonate, posta. Colpa mia che ho parlato troppo con il mio compagno di cella. Quel bastardo è andato a fare la spia.»

    «È sempre un errore parlare troppo. Me l'hai insegnato tu.»

    David aggrottò la fronte, ma non chiese spiegazioni.

    «Ho potuto mandarti la lettera affidandola a un detenuto in semi libertà.»

    «Intendevo dire che non mi aspettavo che il tuo sostegno resistesse così a lungo.» Figuriamoci. Voleva solo che tu lo cavassi di prigione. Non fidarti. Chiedigli dove si trova lei, non sprecare tempo.

    Mordecai batté lentamente le palpebre. Le voci si erano moltiplicate. Un tempo erano solo una o due, adesso non riusciva più a contarle. Forse erano dodici. Sarebbe stato significativo. Dodici.

    E forse una poteva essere quella di Giuda.

    Difficile capire quali doveva ascoltare e quali no. Ma le voci provenivano dallo Spirito. E lo Spirito non poteva sbagliare.

    Le sue guide gli avevano insegnato molto nel corso degli anni. L'importanza della fede senza riserve. Le complessità dei veleni e degli esplosivi. La vera sostanza della sua duplice missione: imporre la resa a Liz e trovare il suo legittimo erede.

    «Come hai fatto a farmi uscire?» domandò David, curioso.

    «Non è stato difficile. Le mie guide mi hanno indicato i secondini che si sarebbero lasciati prezzolare senza problemi.»

    «Ancora le voci, eh? E come conti di sottrarti ai blocchi stradali? Ti hanno spiegato anche questo, le tue guide?»

    «Lo faranno, al momento opportuno. Adesso mantieni la promessa, David. Dimmi dove si trova Lizzie.»

    Gray diede un'occhiata alle tenebre al di là del finestrino rigato di pioggia. Poi scosse il capo. «Non qui. Prima portami al sicuro.»

    Se ne approfitta. Bella gratitudine.

    Nascondilo nel portabagagli!

    Mordecai annuì, passandosi una mano sulla fronte. «D'accordo, ma dovrai stare nel baule. Nel caso in cui ci fermino.»

    «Nel baule?» David era inorridito.

    Quest'uomo è fradicio, gelato fino al midollo. Abbi un po' di misericordia.

    Terribile, quando le voci erano in disaccordo.

    Un tempo era tuo amico.

    Questo era vero. Un tempo.

    «Passa dietro. Stenditi sul fondo e resta fermo sotto la coperta. Va bene?»

    David annuì accennando un sorriso. «Grazie, Mordecai» disse, scendendo.

    Mordecai mise in moto seguendo le indicazioni delle voci pur senza capirne il significato. Ma la fede è al di là della comprensione. Fede significa ubbidire allo Spirito, senza fare domande. Dopo una ventina di minuti fermò l'auto e si voltò.

    «È fatta. Tutto a posto.»

    David scostò la coperta. «Gesù, non ti hanno nemmeno fermato... Ma sei sicuro?»

    «Sicurissimo. Non è che la polizia brilli sempre per efficienza.»

    David sorrise e accennò a rialzarsi.

    «Sta' fermo» ordinò Mordecai. «Senti, ho avuto molta pazienza con te, ma adesso si sta esaurendo. Dimmi quello che sai di Lizzie.»

    David, ora seduto sul fondo della macchina, annuì.

    «Mi è capitato di vederla sul giornale, in una foto scattata a una sagra. Era tra la gente che assisteva alla sfilata. Una coincidenza incredibile.»

    «No, è stato l'intervento dello Spirito. Dovevi vedere quella fotografia affinché io potessi ritrovare Lizzie.»

    David si passò la lingua sulle labbra, un po' innervosito. «Si trattava di una cittadina rurale, nel Vermont. Blackberry.»

    Mordecai assentì. Gli pareva di rivederla com'era anni prima. Smarrita, sola, bisognosa di aiuto. E lui era stato il suo eroe, il suo salvatore. «Avrà assunto un altro nome.»

    «Non lo so. Penso di sì. Probabilmente le hanno costruito tutta una nuova identità dopo... dopo quello che è accaduto l'anno scorso.» David scrollò il capo. «Non mi capacito che ti abbia sparato. Non fosse stato per quel giubbotto...»

    «Non toccare questo argomento... Non sai altro? Mi hai detto tutto?»

    «Sì, tutto. Non so se abita in quella città o se era solo di passaggio. Ma era lei, sono sicuro che fosse lei.» Si frugò in tasca. «Ti ho portato il ritaglio» aggiunse porgendogli un pezzo di carta ripiegato.

    Mordecai lo prese. Era logoro e umido. Lo aprì con delicatezza. Festa della Vendemmia nel Vermont.

    La foto era su tre colonne e a colori. La banda delle scuole superiori, carri allegorici e spettatori plaudenti su uno sfondo di foglie autunnali rosse e oro. Mordecai la individuò subito: era tra la folla ma un po' isolata. In jeans e giacca scamosciata. I capelli biondi raccolti a coda di cavallo.

    «Hai ragione. È lei. È Lizzie.»

    «L'articolo non accenna a lei, ma la fotografia è già qualcosa. Di certo più di quanto avessi in mano prima.»

    Mordecai annuì. «Sì. Non ho più bisogno di te. Scendi.»

    «Dovrei... arrangiarmi per conto mio, adesso? Vuoi piantarmi qui come un cane? Ma io ho bisogno di un alloggio, di vestiti asciutti... e di qualche dollaro per sopravvivere. Dopo quello che ho fatto per te credevo...»

    «Hai ragione, non devo dimenticare il mio debito. Mi occuperò di te così come tu ti sei occupato di me. Avanti, tirati su.» Scese dall'auto, aprì la portiera posteriore e aiutò David prendendolo per un braccio. «Sì, mi hai aiutato, ma solo perché era nel tuo stesso interesse.»

    «No...»

    «Sì, invece. Volevi che ti cavassi di galera. Sapevi che quest'informazione mi avrebbe indotto a muovermi. Potevi semplicemente accludere questo ritaglio alla lettera, ti pare?»

    L'altro si guardò attorno, sempre più nervoso.

    «Non volevo rischiare che andasse perso.»

    «E che mi dici dell'anno scorso, quando mi sono ripreso mia figlia e tu sei andato a raccontare dov'ero? Anche quello l'hai fatto per il mio bene?»

    «Io non ho mai...»

    «David, David, non mentirmi. Certo che sei stato tu. Eri l'unico, a parte Lizzie e me, a sapere della villa in Virginia. E in più le mie guide hanno rivelato chi è stato il Giuda del mio Cristo.»

    «Oddio, daccapo con le tue guide. Mordecai, non puoi credere sempre alle voci che hai nella testa. Non sono...»

    «Non sono cosa? Reali? E come ho fatto a salvarmi, allora? Sarei potuto morire in quell'incursione alla mia comunità, diciotto anni fa. Avrei potuto perdere la vita in Virginia, quando la donna che dichiarava di amarmi mi ha sparato. O dopo, quando mi è calata addosso la polizia. E anche mia figlia poteva essere uccisa da quei bastardi venuti a portarmela via. Strapparla a suo padre! Dicendo che l'avevo rapita. Te l'immagini?» Scrollò il capo. «Ma ne sono uscito vivo, come sempre. Le guide mi proteggono. E mi dicono ciò che devo sapere. Ammettilo, David: tu mi hai tradito.»

    L'altro batté le palpebre. Tremava, ma non di freddo. «Hai ragione, ho detto della casa in Virginia, ma non alla polizia. A un altro detenuto. Ci sono stato costretto. Tu non sai cos'è la vita in carcere. Mi avrebbero ammazzato se non avessi parlato.»

    «Già. Egoismo e slealtà sono insiti nell'uomo.»

    David si guardò di nuovo attorno, con allarme. «Ma questo mi sembra lo stesso posto dove ci siamo trovati. Non è da qui che siamo partiti?»

    «Da dove tu sei partito. Io sono già a chilometri di distanza. Addio, David.»

    Mordecai sollevò la rivoltella, così come ormai da alcuni minuti gli ingiungevano le voci. Adesso sapeva perché i blocchi stradali non avrebbero costituito un ostacolo: David non sarebbe stato nascosto sotto il plaid quando gli avessero perquisito la macchina. Puntò l'arma verso la testa del vecchio amico e con calma premette il grilletto.

    David si afflosciò.

    «Mi ero impegnato a liberarti dalla tua prigione, David. È quello che ho fatto.»

    Non toccò il plaid ravvolto attorno al corpo contorto di David, ora bagnato, infangato, chiazzato di sangue. Risalì a bordo, infilò l'arma nella fondina assicurata sotto il sedile di guida e mise in moto.

    Adesso doveva raggiungere Lizzie. Mettere riparo agli errori. Mondare i peccati da lei commessi verso di lui e la loro figlia.

    Verso Dio.

    1

    Giovedì

    Elizabeth Marcum correva lungo il ciglio della strada fiancheggiata dagli aceri che formavano un vivido baldacchino di foglie scarlatte, viola e arancio. Come le piacevano quei posti... ma subito allontanò il pensiero. Esistevano centinaia di altre cittadine con strade secondarie altrettanto piacevoli dove poteva trovarsi altrettanto bene.

    Blackberry era solo una delle tante.

    Superò la curva e le apparve la vecchia casa vittoriana dei Bickham, un tempo maestosa. Ora la tinteggiatura bianca andava sfaldandosi, alcune persiane erano sbilenche, altre mancavano.

    Dalla sua sedia a dondolo sul portico, Maude agitò un braccio per salutarla. Elizabeth si mise al passo e infilò il sentiero lastricato invaso dalle erbacce: lo preferiva all'accesso delle auto.

    Arrivata davanti ai gradini del portico si piegò appoggiando le mani alle ginocchia e tirò qualche respiro profondo.

    «Gli anni passano, dovresti limitarti a camminare» osservò Maude.

    Beth sorrise. Ogni mattina veniva accolta da quelle parole. Da quando era arrivata lì un anno prima - buon Dio, già un anno? - iniziava la giornata con quella camminata che era diventata poi una corsa.

    «Correre mi piace. E poi sviluppa i muscoli.»

    «Cosa se ne fa dei muscoli una donna di trentacinque anni?»

    Lei risalì i gradini. «Quasi trentasei. Mi servono per tenere a bada tutti i miei spasimanti.»

    Maude ridacchiò, alzandosi. «La tisana è ancora bollente. Devi avere battuto un record, oggi.» Si chinò sul tavolino per riempire le due tazze da tè di porcellana decorate con boccioli di rose, su un vassoio d'argento.

    Lì vicino c'era una siringa.

    «Maude, perché non ti prendi una pompetta per insulina e smetti di bucherellarti come un puntaspilli?» chiese Beth sedendosi.

    «Sapessi il prezzo di quegli aggeggi...»

    «C'è l'assicurazione.»

    «Non mi fido delle macchine... Biscotti?»

    «Al cioccolato?» Beth si allungò a sollevare il coperchio ossidato del vassoio.

    «Come fai a saperlo?»

    «Ne ho sentito il profumo in sogno, stanotte.»

    Maude fece una risatina e subito tornò seria. «Una ragazza dovrebbe avere di meglio da sognare, non ti pare?»

    «Non saprei cosa» osservò Beth addentando un biscotto.

    «Dico sul serio. Sei qui ormai da un anno e quasi non hai fatto amicizie.»

    Beth si protese a darle un colpetto a una mano. «Un'amica ce l'ho. Un'ottima amica. Sono davvero felice che tu quel giorno abbia attaccato discorso.»

    «Ti vedevo passare tutti i giorni, prima camminavi semplicemente, in seguito hai cominciato a correre. Chiaro che eri sola. E poi ero curiosa di sapere da cosa scappavi.» Maude prese un sorso. «Non che sia riuscita ad avere una risposta.»

    «Una donna senza segreti ha alle spalle una vita maledettamente noiosa» replicò Beth restituendole una delle sue numerose massime.

    «Un punto per te» sospirò Maude tornando a sedersi. «Ma c'è della gente simpatica a Blackberry. Perdi parecchio a startene così isolata.»

    Ci siamo, pensò Beth.

    «Jeffrey Manheim, per esempio. Il proprietario della tavola calda sulla Main Street. Uno scapolo d'oro...»

    Si interruppe osservando il furgone bianco che aveva imboccato il vialetto d'accesso delle auto. Beth, subito sul chi vive, si riparò gli occhi dal sole per vedere chi c'era a bordo.

    Non aveva mai incontrato l'uomo e il ragazzo adolescente che scesero dal veicolo.

    Gente nuova. Da starci attenti.

    Maude si alzò facendo un passo avanti e barcollò un poco.

    Beth scattò in piedi a sostenerla.

    «Joshua?»

    L'uomo sorrise. «Proprio io, nonna. Un sacco di tempo che non ci si vede.» Stava già risalendo i gradini e abbracciò con forza Maude che, dopo un breve attimo di esitazione, ricambiò. Poi l'uomo si scostò per guardarla meglio. «Ti trovo benissimo. Sempre stupenda.»

    Lei fece un sorriso quasi imbarazzato. «Ma... se lo dici tu...»

    «Bryan, vieni a salutare.»

    Il ragazzo li raggiunse. Era chiaramente figlio di quel Joshua: gli stessi capelli castani e la linea decisa della mascella. Ma aveva un'espressione chiusa, non si teneva ben eretto, non guardava direttamente il padre e neppure Maude: non sembrava contento di trovarsi lì.

    E, di sottecchi, sbirciava Beth.

    Meglio che me ne vada, pensò lei, mentre il ragazzo abbracciava Maude con scarso entusiasmo. «Ciao, nonna.»

    «Santo cielo... che magnifico giovanotto ti sei fatto!»

    «Puoi dirlo» annuì Joshua. «Non ci presenti questa tua amica?»

    «Ma certo, che sbadata! Beth... mio nipote Joshua e suo figlio Bryan. Ragazzi, vi presento Beth Slocum, un'amica carissima.»

    Joshua si voltò per stringerle la mano, incontrò gli occhi di lei e il suo volto cambiò. Il sorriso si era raggelato. La fissava intensamente, come sbalordito, incredulo.

    «Molto... molto lieta» mormorò Beth deglutendo a fatica. Cercò di ritirare la mano, ma lui non gliela lasciava. Dovette tentare di nuovo.

    «Oh, mi scusi. È che lei... mi ricorda qualcuno.»

    «Davvero? Chi?»

    Gli occhi di Joshua ancora le percorrevano il volto, quasi lucidi.

    Ma che diamine gli piglia?, si chiese lei.

    «Oh, non ha nessuna importanza.» L'uomo spostò lo sguardo verso il figlio in modo significativo. «Bryan?»

    Il ragazzo le lanciò un'occhiata. «Salve» disse brevemente, poi si rivolse al padre. «Vado a prendere il mio lettore MP3.» E discese i gradini tornando al furgone per tirarne giù alcune sacche e valigie.

    «Non sembra contento di essere qui» mormorò Beth.

    «Ha avuto un anno difficile» spiegò il padre. «Sua madre e il patrigno sono deceduti in un incidente aereo, quest'estate. E io ho dovuto sradicarlo dalla costa occidentale per farlo venire a Manhattan. Non l'ha presa bene.»

    Beth provò una stretta al cuore. «Si è visto strappare via tutta la sua esistenza... Impossibile prendere bene una cosa del genere.»

    Joshua la scrutò. «Sembra che parli per esperienza.»

    Lei si strinse nelle spalle e abbassò gli occhi. Quelli di lui erano troppo intensi, troppo carichi di qualcosa che non riusciva a identificare, troppo penetranti. Meglio cambiare argomento.

    «Maude, ero convinta che tu e Sam non aveste avuto figli.»

    «Come mai ti è venuta una simile idea?» L'amica stava dandosi qualche tiratina a una manica della camicetta.

    «Be'... non ne hai mai fatto parola. Non ho visto foto in giro.»

    «Già, dovrei proprio tirarne fuori qualcuna» rispose Maude, come se questo spiegasse tutto.

    Josh osservava entrambe, un po' innervosito da quella conversazione.

    «Non mi hai mai detto niente di questa disgrazia...» continuò Beth.

    «Be', sai, non eravamo in contatto. Neanche sapevo quello che era successo alla madre di Bryan fino alla telefonata di Josh, una settimana fa.»

    «Kathy, dopo il divorzio, ha voluto tagliare i ponti» intervenne Joshua.

    Beth annuì, come se ora fosse tutto chiaro. Anche se non lo era affatto.

    «Cose passate» dichiarò Maude. «Quello che conta è che questi due sono venuti fin qui da Manhattan per stare un po' con me.»

    «Sì, è una bella cosa.» Beth osservò il ragazzo sul vialetto e ne avvertì la sofferenza. Anche lei si era vista strappare tutto ciò che rappresentava la sua vita. «È alle superiori?»

    «Sì, ultimo anno.» Il tono di Joshua era rammaricato, quasi colpevole. «Ma non è stato facile convincerlo a frequentare. Odia Manhattan nella sua totalità e in particolare la scuola.»

    «E cosa conta di fare?»

    Lui si strinse nelle spalle. «Non ne ho la minima idea. Così come non ho la minima esperienza, come padre.»

    «Beth potrebbe darti una mano visto che fa l'insegnante» osservò Maude. «Be', voi restate pure qui a chiacchierare, mentre io vado a prendere altri biscotti.»

    «Lei insegna?» chiese Josh accomodandosi su una poltroncina di bambù.

    «No, al momento no.» Beth lanciò un'occhiata in direzione di Bryan e lo vide appoggiato al furgone, con le cuffie del lettore nelle orecchie.

    «Come mai ha smesso?»

    Un po' troppo curioso? O semplice cortesia? «Avevo bisogno di una pausa. Ma do lezioni private.»

    «Davvero?»

    Lei annuì. «Per quanto tempo contate di trattenervi?» Ormai era diventata molto abile nel sottrarsi alle domande facendone a sua volta.

    «Non lo so, per la verità. Dipende da molte cose.»

    Anche lui conosceva bene la tattica del rispondere senza scoprirsi minimamente.

    «Strano che Maude non abbia mai accennato a voi...»

    «Sa, c'è stata una frattura. Cose di famiglia.»

    «Mi scusi.»

    «Ma no, si figuri.» Mosse il capo per guardare il figlio. «Vorrei proprio sapere come gestirlo.»

    «Se vuole... posso parlargli io.»

    «Lei ha figli?» Pareva sorpreso.

    Gesù. Quella domanda innocente le mozzò il fiato. Per fortuna proprio in quel momento Maude chiamò Joshua chiedendogli di darle una mano.

    «Vada pure, e dica a Maude che ci vediamo domani mattina.»

    Beth discese i gradini, ma non prese il sentiero lastricato. Si diresse al vialetto d'accesso fermandosi nelle vicinanze del furgone per annodare meglio le stringhe di una scarpa. E riprendersi.

    Non era colpa di Joshua. Lui non poteva sapere che la possibilità di allevare sua figlia le era stata sottratta da un tizio con il grilletto facile, ben diciotto anni prima.

    Quando si rialzò vide che Bryan la stava osservando. Diede un'occhiata al portico: adesso era deserto.

    «Non ci badi, mio padre fa un effetto del genere a parecchia gente.»

    Lei sorrise. Quindi il ragazzo aveva notato la sua reazione alla domanda di Joshua, anche se probabilmente non aveva sentito le parole.

    «Tutto normale, allora? Buono a sapersi.» Notò

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