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Seduzione ad arte (eLit): eLit
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Seduzione ad arte (eLit): eLit
E-book166 pagine3 ore

Seduzione ad arte (eLit): eLit

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Info su questo ebook

Didi aspetta da tempo l'occasione di sfondare come artista e, quando Cameron Black gliela offre, lei non può rifiutare. Anche se Cameron è lo spregevole farabutto che l'ha lasciata senza casa e senza lavoro. Quando poi la proposta si arricchisce di una nota piccante, Didi si sorprende ad accettare. E, nonostante la passione li divori entrambi, lei sa di non essere all'altezza di un uomo come Cameron Black. Ma lo sa davvero o forse solo lo teme?
LinguaItaliano
Data di uscita29 feb 2016
ISBN9788858950258
Seduzione ad arte (eLit): eLit
Autore

Anne Oliver

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Anteprima del libro

    Seduzione ad arte (eLit) - Anne Oliver

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    Memoirs of a Millionaire’s Mistress

    Harlequin Mills & Boon Modern Heat

    © 2009 Anne Oliver

    Traduzione di Giulia Bancheri

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    © 2010 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5895-025-8

    www.harlequinmondadori.it

    Questo ebook contiene materiale protetto da copyright e non può essere copiato, riprodotto, trasferito, distribuito, noleggiato, licenziato o trasmesso in pubblico, o utilizzato in alcun altro modo ad eccezione di quanto è stato specificamente autorizzato dall’editore, ai termini e alle condizioni alle quali è stato acquistato o da quanto esplicitamente previsto dalla legge applicabile. Qualsiasi distribuzione o fruizione non autorizzata di questo testo così come l’alterazione delle informazioni elettroniche sul regime dei diritti costituisce una violazione dei diritti dell’editore e dell’autore e sarà sanzionata civilmente e penalmente secondo quanto previsto dalla Legge 633/1941 e successive modifiche.

    Questo ebook non potrà in alcun modo essere oggetto di scambio, commercio, prestito, rivendita, acquisto rateale o altrimenti diffuso senza il preventivo consenso scritto dell’editore. In caso di consenso, tale ebook non potrà avere alcuna forma diversa da quella in cui l’opera è stata pubblicata e le condizioni incluse alla presente dovranno essere imposte anche al fruitore successivo.

    1

    «Non uscire con quest’uomo.»

    Didi O’Flanagan prestò scarsa attenzione all’avvertimento della collega, alzando appena lo sguardo mentre rovistava nella borsetta in cerca del lucidalabbra. «Qualsiasi cosa abbia combinato, Roz, probabilmente non merita di ritrovarsi la sua foto appiccicata sullo specchio di una toilette pubblica.» A quelle parole seguì un verso di approvazione, il lucidalabbra momentaneamente dimenticato.

    «Solo la donna che ce l’ha messa lo sa.» Roz si avvicinò per guardare meglio. «Devi averla proprio fatta incavolare, Cameron Black. Comunque sei un gran fico.»

    «Già.» Didi non poté che essere d’accordo. Capelli scuri, mascella squadrata, labbra perfette da baciare. Chissà com’è il resto, si chiese. «Potremmo cercarlo in uno di quei siti per donne offese.»

    «Vendetta, sicuro. Un piatto servito su Internet» osservò Roz. «Comunque adesso sarà meglio andare a servire quei pesci grossi scalpitanti, se vogliamo tenerci caro il lavoro» le ricordò Roz, avviandosi alla porta.

    «Arrivo.»

    Cameron Black. Perché il nome le suonava familiare? Didi accantonò momentaneamente quel pensiero, svitò lo stick e si applicò il rosso corallo sulle labbra. Scosse qualche ciuffo biondo, raddrizzò il piccolo cravattino dell’uniforme e armeggiò con la targhetta del nome, che per quanto si sforzasse di sistemare, pendeva sempre di lato.

    Non poté resistere e lo sguardo scivolò di nuovo verso la stampa sullo specchio. Sotto la fotografia campeggiavano le parole Non è l’uomo che credi. D’impulso allungò la mano e la staccò. Non le importava cosa avesse fatto, non era giusto. Ogni storia aveva sempre due versioni. Non che fosse esperta di relazioni personali, visto che nei suoi ventitré anni di vita aveva avuto solo una relazione seria e che gli errori avevano chiaramente sbiadito i colori della sua percezione.

    Mentre usciva non se la sentì di accartocciare il foglio e buttarlo nel cestino dei rifiuti. Era un sacrilegio rovinare quel viso perfetto. Lo piegò in quattro prima di infilarselo nella tasca dei pantaloni neri.

    Qualche minuto più tardi, Didi girava per la sala affollata con un vassoio di stuzzichini. I completi scuri dei dirigenti, perlopiù uomini, creavano una massa informe punteggiata da macchie di colore e da qualche occasionale zaffata di profumo femminile.

    Didi dispensava sorrisi cordiali a tutti e in cambio veniva allegramente ignorata. Cafoni, cafoni, cafoni. Il sorriso rimase, ma dentro di sé strinse i denti. Detestava quel lavoro servile e ingrato, però in quel momento non aveva alternative, a meno di non volere tornare a casa a Sydney e ammettere di aver commesso un errore...

    «Grazie, Didi.»

    L’inattesa voce profonda e baritonale la costrinse a guardare in su, molto in su, verso l’uomo che aveva appena preso l’ultima crocchetta di granchio mostrandole la cortesia di chiamarla per nome. «Si figuri. Spero che sia di... suo... gradimento.» La voce si affievolì mentre lo sguardo incontrava un paio di occhi azzurri scintillanti.

    Non poteva essere Cameron Black, vero?

    Invece lo era eccome. Quindi la donna che aveva attaccato la sua foto nella toilette delle signore sapeva che sarebbe venuto, e forse era anche presente e desiderosa di assistere in prima persona alla sua umiliazione.

    La fotocopia sbiadita non gli rendeva certo giustizia: era un vero schianto. Aveva gli occhi blu scuro, quasi neri, e una pelle perfettamente sbarbata, abbronzata e liscia. Le dita le prudevano dalla voglia di sentire quanto fosse liscia. La cravatta nera e porpora dava risalto alla camicia bianco candido, e attirò la sua attenzione sul pomo d’Adamo e sul collo robusto. I capelli erano più lunghi di come apparivano nella foto e la luce della stanza catturò alcune ciocche color ebano tra quelle castane. Indossava un completo gessato nerofumo e lei sapeva per esperienza che la stoffa era italiana e costosa. Invitava a lasciarsi toccare e teneva caldo, a giudicare dalla temperatura che emanava il corpo. Lo stomaco di Didi ondeggiò lentamente e le dita si serrarono sul vassoio.

    Lo osservò portarsi la crocchetta alle labbra prima di infilarsela in bocca e, senza sapere come, si ritrovò a dire: «Si è dimenticato di intingerla». A voce alta, troppo alta. Lo sguardo dell’uomo tornò a posarsi su di lei. «Ed era l’ultima...» Si interruppe, persa per un istante nei suoi occhi.

    Le labbra tese in un sorriso continuarono a masticare e lei ebbe il malsano pensiero di immergere le dita nella salsa e passargliele sulla bocca. Il polso accelerò.

    «Peccato» rispose lui, la voce più bassa di un paio di toni e gli occhi un filo più scuri, quasi avesse avuto la stessa fantasia. «Comunque era deliziosa.»

    «Provi anche queste olive ripiene.» Gli offrì il vassoio come una sorta di supplica. «Hanno una consistenza diversa, ma se le piacciono le olive...» Si prese la lingua imbizzarrita fra le labbra per arrestare l’incontinenza verbale.

    «Mi piacciono le olive.» Ne scelse una, lo sguardo di nuovo fisso su di lei che la riscaldava dentro e fuori.

    «Quando ha finito.» Un uomo dai folti capelli bianchi le lanciò un’occhiataccia da sopra l’orlo di un paio di occhiali mostruosi. «Come dicevo, Cam...»

    Cam sostenne lo sguardo di Didi per un altro secondo prima rivolgerle un’occhiata cospiratoria e tornare agli affari.

    Cam... Cameron Black. Didi si ripeté mentalmente quel nome mentre guardava il suo lungo dito affusolato sfiorare il modellino del progetto di sviluppo da lui proposto. Come sarebbe stato sentire quel dito che la toccava?

    Non essere ridicola, si rimproverò. Quell’uomo lavorava nel settore immobiliare e dell’integrazione fra grandi imprese, non aveva tempo per chiacchiere futi

    li. Probabilmente per lui erano più importanti i soldi dei rapporti interpersonali, e la foto lo confermava.

    Quando indietreggiò, Didi non poté evitare di notare che la facciata del modellino assomigliava al suo palazzo.

    Senza occhiali, strizzò gli occhi per vedere meglio. Era il suo palazzo. Mesi prima avevano presentato un avviso di sfratto a tutti gli inquilini, ma lei non avevano ancora trovato un nuovo appartamento alla portata delle sue tasche.

    La rabbia e il risentimento la invasero. Ecco perché le suonava familiare il nome. La Cameron Black Property Developers di lì a tre settimane avrebbe sbattuto fuori lei e molte altre famiglie. Aveva visto i cartelli sul terreno libero adiacente, dove un banco dei pegni e uno squallido negozietto di tatuaggi erano appena stati demoliti per lasciare il posto a un nuovo complesso edilizio.

    Un genere diverso di calore le scorse come fuoco nelle vene al pensiero della noncuranza di Cameron dinanzi all’impossibilità dei residenti di potersi permettere una sistemazione nei quartieri più esclusivi della città. Non era mai stata il tipo che riusciva a tenere la bocca chiusa. «Mi scusi.»

    Sei teste si voltarono e sei paia di occhi la perforarono, ma lei si concentrò su Cameron Black. «Ha pensato agli inquilini che sta cacciando al numero 203?»

    La mascella gli si serrò e il calore negli occhi svanì. «Prego?»

    Didi sventolò una mano sul modellino. «Non so come la gente della sua risma riesca a dormire la notte.»

    «Attenta a coma parla, signorina» la ammonì Mr. Canuto.

    Lei lo ignorò. «Ha idea di quanto sia difficile trovare una casa a un prezzo ragionevole, signor Black? Le importa qualcosa delle persone che cercano di campare con lo stretto necessario e abitano, anzi abitavano, in quel palazzo?»

    «Non sono a conoscenza di alcun problema.»

    «Certo che no.» E probabilmente aveva snocciolato la medesima tiritera a chi aveva appiccicato la fotografia che teneva in tasca. «Forse è per questo che è diventato il ragazzo copertina nel bagno delle signore.»

    Un silenzio tombale cadde nella stanza mentre le guance di Cameron Black avvampavano e la bocca si apriva per parlare. Ma Didi si voltò di corsa, appoggiò il vassoio su un tavolo lì accanto e andò a rifugiarsi nella toilette.

    Questa volta correva il serio rischio di perdere il posto per la sua linguaccia. Come se potesse permetterselo, accidenti. Si avvicinò al lavandino, aprì il rubinetto e si bagnò il collo con l’acqua fredda.

    Qualche istante dopo la porta si spalancò con un sibilo, spinta da una mano molto abbronzata, molto decisa e molto virile. Didi si preparò ad affrontare la truce immagine riflessa di Cameron Black. Ma invece di un senso di minaccia, uno strano senso di... attesa si diffuse in tutto il corpo, facendole diventare le gambe di gelatina e inturgidire i capezzoli. Accidenti a lui. Si voltò per un faccia a faccia ad armi pari, ancorando le dita a entrambi i lati della superficie del lavabo in cerca di appoggio.

    «Mi sa che ha toppato da qualche parte.»

    «Non io. Lei.» Il suo sguardo si oscurò e la voce divenne insinuante e melliflua. «Non dovrebbe sparlare di chi contribuisce a pagarla a fine giornata.»

    Possibile che nonostante gli occhi fissi su quelli di lei Cameron riuscisse a riscaldarla come se le avesse passato una mano in tutti i punti compresi tra la caviglia e la clavicola? Scosse la testa. «Io dico solo la verità, signor Black.»

    Finalmente le staccò gli occhi di dosso e si guardò attorno. «Come fa a sapere il mio nome?»

    «A quest’ora lo sanno tutte le donne presenti all’evento.»

    Gli occhi si serrarono e la porta si richiuse alle sue spalle, muovendo l’aria e lasciandoli soli. Il profumo del suo dopobarba le arrivò alle narici trascinato dalla corrente che aveva creato. Senza pensarci Didi inspirò a fondo quella fragranza di fiocchi di neve misti a legno di cedro. In pochi istanti le fu abbastanza vicino da trasmetterle il calore del proprio corpo, piazzò le mani sulla superficie del lavabo a un soffio dalle sue e la imprigionò. «A che gioco sta giocando...» Anche se era certa che si ricordasse come si chiamava, lo sguardo scivolò sul rigonfiamento del seno sinistro nel punto in cui la targhetta con il nome pendeva formando il solito angolo di quarantacinque gradi. «Didi?»

    Lei infilò una mano tremante nella tasca dei pantaloni, le dita che toccavano appena le sue innescando fuochi d’artificio lungo il braccio, tirò fuori il pezzo di carta ripiegato e glielo piantò sul petto. «Non ho iniziato io.»

    Cameron si raddrizzò e analizzò il contenuto, la mascella che si contraeva e le nocche che sbiancavano sulla carta. Nel silenzio che seguì, Didi poté quasi udire il suono stridente e rabbioso del suo respiro che accelerava.

    «L’ho trovata sullo specchio.»

    Sussultò di nuovo quando lui chiuse il pugno sulla foto e la accartocciò con un crepitio impaziente, ficcandosela in tasca.

    «Grazie. Ho avuto qualche problemino con la mia ex.»

    «Sul

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