Il magnate di San Francisco (eLit): eLit
Di Susan Crosby
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Susan Crosby
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Anteprima del libro
Il magnate di San Francisco (eLit) - Susan Crosby
figli.
1
«C'è Qualcosa Di Incredibilmente Viscerale Nel Suo Sti
Le, Non Trovi?» Cristina Chandler Si Portò Il Bicchiere alle labbra e cercò di capire perché quel dipinto avesse suscitato in lei una reazione così intensa. La Galeria Secreto era affollata, ma le voci erano sussurrate e le risate basse, come se il tono dell'occasione fosse dettato dalle opere che erano venuti a vedere: gli ultimi quadri di De La Hoya.
E che magnifici quadri erano. Grandi tele, pennellate decise, colori vivi, temi audaci. Cristina non ricordava d'aver mai visto un nudo tanto sensuale, eppure allo stesso tempo abbastanza casto da poter essere appeso in un salotto.
«Viene istintivo chiedersi se il pittore se la sia portata a letto» bisbigliò Jen Wilding. «Insomma, Cris, guardala in faccia. Non ho mai visto una donna dall'aria più appagata.»
Cristina si accarezzò le labbra con l'orlo del bicchiere. «Non sono convinta che sia appagata. Non ancora, almeno... A me sembra piuttosto anticipare l'amplesso.»
«E tuo padre ha commissionato il tuo ritratto a questo De La Hoya? Ma ha mai visto i suoi quadri? Si rende conto che dovrai passare un sacco di tempo sola con lui?» Jen sospirò. «Santo cielo, Cris. Cosa non darei per essere al tuo posto.»
Cristina sorrise all'amica, mentre cercava di immaginare come potesse essere il misterioso De La Hoya. Bruno, certamente. Latino. Con occhi intensi capaci di leggere nell'anima. Un uomo davanti al quale una donna poteva spogliarsi senza sentirsi minimamente intimidita. O imbarazzata.
«E se il mitico De La Hoya avesse ottant'anni e un bitorzolo sul naso?»
«Chiuderei gli occhi, mia cara! Qualunque uomo capace di suscitare l'espressione estasiata di quella modella merita il mio rispetto. Certo, non mi dispiacerebbe se questo fosse il suo autoritratto...» Jen indicò il quadro successivo.
Cristina lanciò un'occhiata al programma, cercando il titolo del ritratto che Jen stava divorando con gli occhi. Sebastian. Un nome stranamente antiquato per un uomo così moderno. Eppure, gli si addiceva. Lunghi capelli neri incorniciavano un viso dai lineamenti marcati. Il viso di un nobile d'altri tempi... Che indossava jeans, una camicia a scacchi e scarponi. Decisamente un abbigliamento da ventesimo secolo.
Jen sospirò sognante e Cristina rise. Era contenta di essere venuta, dopotutto. Era stata sul punto di ignorare l'inaspettato invito a quel vernissage, ma Jen non glielo aveva permesso.
«Allora, come mai tuo padre ha deciso di farti fare il ritratto proprio da De La Hoya? So che è uno dei pittori più in voga del momento, ma non è terribilmente costoso?»
«Non solo terribilmente costoso, ma anche avvolto da un'aura di mistero. Nessuno lo ha mai visto.»
«Com'è possibile?»
«Si dice che lavori dietro una specie di tenda, o uno specchio segreto. Non conosco bene i dettagli. E comunque, non mi importano. Anche se De La Hoya accettasse, rifiuterei io. Non credo che papà possa permettersi di spendere tanti soldi per completare la galleria di famiglia. E poi, farsi fare il ritratto è una cosa tanto snob.»
«È questo lo scopo, no?» intervenne un uomo alle loro spalle, la voce sussurrata e seducente come imponeva l'ambiente.
Cristina e Jen si voltarono. Ovviamente, l'uomo aveva ascoltato la loro conversazione.
«Lo scopo?» chiese Cristina. La prima cosa che notò in lui furono gli occhi. Neri, magnetici. Sensuali.
«Non crede che compriamo arte non solo per le sensazioni che ci dà, ma per come reagiranno i nostri amici?»
«No» ribatté lei decisa. Le labbra di lui erano lisce e ben disegnate. Avrebbe voluto toccarle. «L'arte è un fatto molto personale per me.»
Lui tese la mano. «Gabriel Marquez» si presentò.
«Cristina Chandler.»
«E io sono Jen, la donna invisibile. Ci sono anch'io, ma non sembrate accorgervene.» Jen ammiccò scherzosamente. «Vado a prendere da mangiare al buffet, Cris. Vuoi qualcosa?»
Cristina scosse la testa, facendo un discreto passo indietro. Quell'uomo le stava troppo vicino, e lei si sentiva soffocare. «Devo dedurre che lei ha una collezione d'arte acquistata semplicemente per stupire gli amici?» chiese, poi bevve un piccolo sorso di vino bianco, concedendosi il lusso di guardarlo. Scese con lo sguardo dai capelli scuri, al viso maschio, al corpo asciutto dalle spalle ampie. Indossava lo smoking con molta disinvoltura, come se ci fosse avvezzo.
«Anche per me l'arte è un fatto personale, signorina Chandler. Ma, certamente, alcuni pezzi hanno scioccato i miei amici.» Gabriel Marquez si spostò davanti al dipinto successivo. «Pezzi come questo, per esempio. Cosa ne pensa?»
A differenza degli altri ritratti, quello aveva uno stile quasi fotografico nella nitidezza del disegno e nella ricchezza di particolari. Un abito da sposa giaceva in un mucchio ai piedi della donna ritratta. Una nuvola di tulle bianco le nascondeva le caviglie, ma per il resto era nuda, le braccia allungate sul corpo nella posa classica di chi tenta di nascondere la femminilità. Il bouquet risaltava contro il suo ventre pallido. Gli occhi erano abbassati. Una lacrima le scendeva lungo una guancia.
Quel ritratto senza titolo turbava Cristina in un modo che non sapeva spiegarsi. «Penso che una sposa dovrebbe avere l'espressione della modella del primo ritratto. Questa donna non è innamorata.»
«Lo credo anch'io. È l'ultimo lavoro di De La Hoya, mi dicono.»
«Mi chiedo perché non gli abbia dato un titolo. A me pare ovvio... Sacrificio.»
Lui piegò la testa di lato, scrutandola. «Perché dice così?»
«In questo quadro vedo una donna di un altro secolo, una donna che non ha scelto il suo sposo, ma è stata scelta.»
«Una donna obbediente.»
«Fino a un certo punto.» Cristina indicò il quadro. «È qui, nell'angolazione della sua testa... Una nota di sfida. Forse non ha scelta, ma ha pur sempre libertà di pensiero.»
«E a cosa le giova?»
L'intensità della voce di lui la fece esitare. Qualcosa in quell'uomo la ipnotizzava. La attraeva. La spaventava.
«Che strana conversazione!» esclamò, forzando un sorriso. «Com'è iniziata?»
«La stavo osservando» disse lui lentamente. «Ha un occhio critico. La sua amica, per esempio, ha delle reazioni emotive ai quadri.»
«Anch'io.»
«Sì, ma lei analizza il motivo di tali reazioni. Ha un cuore da artista.»
Non era un semplice complimento. Cristina non sapeva perché, ma ne era certa. Eppure, non capiva perché lui le stesse dedicando tante attenzioni. Non era abituata all'interesse maschile. E da uomini come quello!
«Guarda chi ho trovato!»
L'annuncio squillante di Jen parve disdicevole nella rarefatta atmosfera della Galeria Secreto. Ma la cosa peggiore era che si stava trascinando dietro Jason Grimes. Jason, che ultimamente era l'ombra di Cristina. Jason, che tutto a un tratto era diventato l'argomento di conversazione preferito da suo padre. Lei ne sospettava il motivo, ma era intenzionata a ignorarlo il più a lungo possibile.
«Se mi avessi detto che saresti venuta qui questa sera, Cris, ti avrei accompagnata» esordì Jason.
Se avessi voluto essere accompagnata, te lo avrei detto, pensò Cristina. «Non credevo che ti interessasse» si limitò a dire, prima di presentare i due uomini.
«Se volete scusarmi.» Qualche istante dopo Gabriel Marquez chinò il capo e si allontanò.
Cristina cercò di non seguirlo con gli occhi. Ma l'attrazione era magnetica e lei non riusciva a controllarla.
Gabe la osservò con Jason Grimes, vagamente infastidito dalla familiarità con cui l'uomo si comportava, chino su di lei mentre discutevano di un quadro.
Era molto diversa da come se l'era aspettata. Evidentemente la foto non era recente. Prima di tutto, aveva preso peso. E non solo qualche chilo. Appariva più morbida, più avvicinabile, meno superba. E le sue nuove forme voluttuose gli facevano venire in mente delle lenzuola stropicciate e il sole del mattino... Un fatto che rendeva il suo compito non solo più semplice, ma anche più gradevole.
Le curve generose di lei erano fasciate in un abito blu zaffiro che era allo stesso tempo semplice ed elegante. I suoi capelli scintillavano come fuoco. Erano di una tonalità tra l'oro e il rosso, e appena mossi sulle spalle. Gli occhi erano azzurri, come lui aveva previsto, ma screziati di pagliuzze d'oro... E di innocenza.
Avrebbe chiesto al direttore della galleria, Raymond, di fotografarla in modo discreto, quella sera. Da varie angolazioni.
Si portò il bicchiere alle labbra e si fermò, colpito dall'ironia della situazione. Cristina Chandler sarebbe stata perfetta per Sebastian.
Gabe fece un brindisi all'aria. Spiacente, vecchio mio. E scolò il suo scotch e soda.
2
Due Giorni Dopo, Da Una Finestra Della Galeria Secre
To, Gabe Guardò Cristina Attraversare La Strada. In quella giornata d'autunno insolitamente calda, lei indossava un abito senza maniche di una bella tonalità di viola, ravvivato da una collana di perle di vetro.
Un campanellino annunciò il suo ingresso.
Gabe osava appena respirare per il timore di tradire la propria presenza.
Non aveva le risposte a tutti gli interrogativi irrisolti che ancora aveva su di lei, e forse non avrebbe dovuto procedere prima di essersi fatto un quadro chiaro della situazione, ma il tempo stringeva.
Le risposte gli sarebbero venute dalla fonte, invece che dall'abilità di Doc con i computer.
«Signorina Chandler» esclamò Raymond, affrettandosi ad andarle incontro. «Grazie di essere venuta.»
«Ha detto che era importante.»
«Sì. La prego, si accomodi.» Si sedette anche lui, sul lato opposto della scrivania. «Mi spiace doverle comunicare che il signor De La Hoya ha deciso di non accettare l'incarico del signor Chandler.»
«La ringrazio di avermi informata, ma non avrebbe fatto meglio a parlarne con mio padre? È lui che ha commissionato il quadro.»
«La colpa è mia» intervenne Gabe, avvicinandosi. «Ho chiesto io a Raymond di organizzare questo incontro.»
Cristina si voltò di scatto, chiedendosi da quanto tempo Gabriel Marquez fosse in ascolto. Aveva spiato il suo arrivo? Probabilmente. Si muoveva come una pantera che ha avvistato la preda. Avrebbe dovuto sentirsi irritata. Ma l'eccitazione era più forte. Vederlo le aveva riempito lo stomaco di farfalle.
Raymond lasciò discretamente l'ufficio.
«Signorina Chandler» iniziò Gabe, guardandola negli occhi.
«Signor Marquez.»
«Le chiedo perdono per essere ricorso a questo sotterfugio. Non