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La voce degli dei
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E-book187 pagine2 ore

La voce degli dei

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Info su questo ebook

Si avvicina la fine di un'era, e mentre gli dei minacciano orrori senza fine e i re tramano per impadronirsi del potere, una donna custodisce il segreto di un'eredità perduta...

A diciannove anni, Ada di Caria vuole sottrarre il trono alla sorella maggiore e per farlo chiede aiuto a Elena, la voce degli dei, il primo vero oracolo a camminare sulla terra da più di trecento anni. La giovane orfana, però, detesta quel dono con tutta se stessa e farebbe qualunque cosa per sbarazzarsene, persino mentire alla sua migliore amica, Myrtale, la Principessa dell'Epiro destinata a sposare Filippo II di Macedonia anche se ama un altro. E poi c'è uno straniero dagli occhi verdi, uno sconosciuto misterioso e bellissimo che ha molto da guadagnare... e forse ancora di più da perdere. Tra gelosie e pene d'amore, torride relazioni e incontri segreti, l'unica certezza è il responso degli dei: o Elena o Myrtale porteranno in grembo il destino della nuova era.

Un prequel intenso e avvincente che traccia l'intricata rete di amori e tradimenti che condurrà alla nascita del più intrepido condottiero del mondo: Alessandro il Grande.

"L'eredità dei re", primo romanzo della serie "Sangue di Dei e di Re", ti aspetta in libreria e in tutti gli store online dal 14 Luglio.

"Più avvincente di Dan Brown."
- The Washinghton Post

"Una saga epica tra mito e storia, fantasy ed avventure. C'è tutto quello che serve per considerarla il nuovo 'Trono di Spade'."
- Hypable
LinguaItaliano
Data di uscita14 giu 2016
ISBN9788858956779
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    Anteprima del libro

    La voce degli dei - Eleanor Herman

    vita.

    PARTE PRIMA

    1

    Estate 362 a.C.

    I lampi illuminano la strada fangosa davanti a lei di un bagliore innaturale, oro blu. Intravede un rapido sfolgorio di colline verdi e qualche ulivo contorto, poi l'oscurità cala di nuovo così fitta che è come se qualcuno le avesse gettato un drappo pesante sulla testa. Il tuono rimbomba proprio mentre Elena sente la terra tremare. Non si arrende, si costringe a infilare uno stivale scivoloso dietro l'altro. Ha il mantello zuppo, batte i denti. Ma non può fermarsi. Non ancora.

    Non ha avuto altra scelta se non quella di partire al tramonto e durante un temporale, proprio mentre le guardie sbarravano la città per la notte. Il cuore le si era quasi fermato vedendo che avevano già cominciato a spingere le porte massicce. Se si fossero chiuse del tutto, sarebbe rimasta intrappolata all'interno delle mura, dove senza dubbio l'avrebbero trovata. Era sgusciata fuori appena in tempo e aveva sentito la pesante sbarra di ferro che scivolava in sede alle sue spalle. Adesso sono loro a essere chiusi dentro, gli uomini che vogliono farle del male.

    L'urgenza la sprona ad avanzare. Non appena sorgerà il mattino, capiranno che è scomparsa. Passeranno al setaccio la città e si precipiteranno fuori dalle porte, di nuovo spalancate. Entro allora, deve essere in un posto sicuro. Ma dove? Sa che questa strada si snoda per tre parasanghe fino alla capitale della Caria, Alicarnasso, sul mare, anche se non c'è mai stata di persona. Non le hanno mai permesso di lasciare Theangela.

    Gli uomini con gli elmi cornuti le danno la caccia con pessime intenzioni. Addirittura peggiori di quelle che Koinos aveva in piano per lei. Si trovava nella stanza sul retro della bottega dei tessuti, a tingere la lana in una tinozza di robbia bollente, quando li aveva visti entrare in cerca di Koinos. Due guerrieri alti e vigorosi con elmi dalle lunghe corna. Uno aveva la barba striata di grigio, quello più giovane la pelle marrone scuro.

    Il fumo le era salito al naso e aveva avvertito un formicolio nelle ossa. Guardati dalle spade dei Cavalieri con gli elmi cornuti, cercheranno di legarti con ruvide corde, l’avevano ammonita le voci nella sua testa, mentre le si rizzava ogni pelo del corpo. Il tuono aveva rombato come un leone che ruggisce un avvertimento. Allora aveva agguantato il mantello ed era fuggita dal retro, diretta alle porte della città, lasciandosi alle spalle l'unica vita che avesse mai conosciuto.

    Dodici anni prima, Koinos l'aveva trovata fuori da quelle stesse porte, sulla collina Pigreana, dove nelle notti di luna piena è usanza lasciare i bambini indesiderati affinché le coppie che hanno perso un figlio o non riescono ad averne possano andare con le lanterne a scegliersene uno. Quelli rimasti vengono divorati dagli animali selvatici. Koinos prende da lì tutte le sue bambine, le cresce e, quando arrivano ai quattro anni, insegna loro a tessere e a ricamare. «Le dita minute creano i tessuti migliori» ripete sempre. A quattordici anni, le ragazze vengono spedite a lavorare nella Casa di Afrodite adiacente alla bottega, a intrattenere gli uomini. Elena le ha viste andare, sa che non mancava molto a quando sarebbe toccato a lei.

    È un'eccellente tessitrice, ma negli ultimi mesi le voci profetiche che controllano il suo corpo e le si riversano fuori dalla bocca hanno infastidito le altre ragazze. Le voci sono sempre lì, ascoltano in silenzio ai margini della sua mente anche quando non stanno parlando. Deve inspirare del fumo perché prendano vita, un refolo da una lampada a olio o da un braciere, una torcia o una pentola che bolle. Di recente ha cercato di evitarlo il più possibile, il che ha significato anche evitare la luce e il tepore. Eppure, anche così, è sufficiente una bava di vento per fargliene finire uno sbuffo nel naso o nella bocca, e da lì nella testa, e subito le voci ricominciano. Le invadono perfino i sogni, trasformandoli in incubi che la fanno urlare a pieni polmoni svegliando tutta la casa.

    Koinos aveva intenzione di venderla a quegli strani uomini. Uomini che cercano la magia.

    Voleva venderla proprio per via delle voci.

    Non ha avuto altra scelta che scappare.

    L'acqua scende a dirotto dalle colline, trasforma la strada sterrata in un pantano risucchiante. La ragazza riesce a stento a tirare fuori i piedi dal fango. Per quanti stadi ha camminato? Come farà a proseguire? Davanti a lei, sulla sinistra, c'è un albero frondoso e dai rami ampi. Forse potrebbe sedersi là sotto per un po', per togliersi dalla pioggia battente. E poi lo sente. Lo strano, fresco profumo che precede appena la caduta del lampo.

    Prima che possa muoversi, una scia di luce abbagliante zigzaga nel cielo e colpisce l'albero. Per un istante la saetta rimane sospesa come una fulgida e gigantesca matassa di lana, con un'estremità che tocca la chioma verde e l'altra protesa verso l'alto dei cieli. Poi l'albero esplode, scagliando con violenza i rami come fossero lance di guerrieri. Elena si getta a terra e si copre la testa. Quando torna a guardare, i resti della pianta sono avvolti in una palla di fuoco, sfrigolante nel diluvio. Tutt'intorno a lei, i rami sono impalati nel terreno. Il fumo le raggiunge le narici e la vista le si annebbia.

    Cerca il palazzo nei marosi agitati,

    il dio Poseidone si abbraccia le ginocchia,

    accarezzandoti con vivaci spume

    ti guiderà a casa.

    Le voci le mormorano nella testa, vibrano nelle braccia e nelle gambe, le frusciano dentro come il fumo. Deve cercare la salvezza presso il mare.

    Alicarnasso.

    La mattina che segue è diversa da tutte le altre: si avverte giusto una lieve diminuzione di oscurità. La pioggia scende ancora a secchi. Le brontola lo stomaco. Elena si trascina in avanti, con le gambe di piombo, e finalmente scorge le mura imponenti, le torri quadrate e l'ingresso ad arco della capitale. Le porte sono aperte. Il sollievo la fa tremare.

    Supera abitazioni agiate e botteghe ben fornite, bagni pubblici, piazze e fontane, ma vede pochissime persone, tutte avvolte in mantelli o coperte e alla ricerca di un riparo negli usci dei portoni. Nessun mercante ha esposto la propria mercanzia. I tavoli davanti alle taverne sono vuoti, le persiane delle abitazioni chiuse. Si avvia verso il porto, e l'aria si impregna di salsedine, pietra umida e fumo di legna che sale dai tetti. Si copre il naso e la bocca con la mano, cerca di non inalare. In questo momento, sola e alla luce del giorno, è più importante che mai evitare un episodio. Quegli uomini potrebbero arrivare al galoppo da un momento all'altro, sulle sue tracce.

    Sulla riva, si ferma nella pioggia quasi orizzontale e vede decine di imbarcazioni, grandi e piccole, che sbattono tra di loro ancorate a lunghi moli. Il porto è grosso modo circolare, con due frangiflutti di pietra che si curvano verso l'interno su ciascun lato dell'imboccatura e si innalzano per circa due stadi. Sono fortificati con chiuse e parapetti e adornati di colonne che a Elena ricordano tante gambe. Poseidone si abbraccia le ginocchia. Il frangiflutti di sinistra collega la terraferma a un'isola-palazzo cinta di torrioni, merli e torrette. Dev'essere la reggia del re Mausolo e della sua famiglia. Sì, è proprio quella la sua meta. Ma le porte sono chiuse.

    Per vederla meglio si inoltra barcollando lungo un pontile, contro vento, tra le barche su entrambi i lati che collidono e cozzano e gemono, le gomene che cigolano. In fondo al molo deve piegarsi per impedire al vento di trascinarla via. L'acqua è un mälström ansante, ribollente. Se anche sapesse nuotare, dubita che riuscirebbe ad attraversare correnti tanto burrascose.

    Un'onda le schiaffeggia i piedi, un'altra le ginocchia. Elena stringe i denti, cerca di raddrizzarsi mentre il flutto successivo torreggia su di lei, la scaglia a terra con la forza di un predatore che si avventa sulla preda e poi la trascina in mare, inerme, come se volesse portarla nella sua tana per divorarla. Chiude gli occhi, il fiato intrappolato nei polmoni che anela a uno sfogo. L'acqua la percuote, la scrolla, la sballotta. È quasi pronta a cedere, a lasciarsi affondare in quell'oscurità violenta, torbida. La mente comincia a scivolare via.

    E d'un tratto è di nuovo a galla. Boccheggia. Si dimena. Inspira con tutte le sue forze, frenetica.

    Un oggetto indistinto ondeggia nella sua visuale. Una piccola canoa, con la gomena a strascico. Deve essersi sciolta dal molo durante il fortunale. Elena agguanta la fune e si trascina verso la piccola imbarcazione. Non ha idea di come farà a issarsi a bordo, ma proprio in quel momento un cavallone la ghermisce e la rovescia dentro. La violenza del colpo le rimbomba lungo la spina dorsale. Ha conati di vomito, tossisce rigettando acqua di mare, si abbandona con la schiena sul fondo della canoa. L'onda successiva scaglia la barchetta verso l'isola, l'alta cresta si abbatte su di lei come la mano di un gigante che la schiaffeggia. Elena si raggomitola con i palmi sul viso, con l'acqua che sciaborda tutt'intorno mentre altra acqua ancora le si riversa addosso. Ode un piagnucolio fioco, come quello di un bambino, e si rende vagamente conto che proviene da lei. L'imbarcazione si impenna alta sui marosi e ricade giù verso il letto del mare mentre il vento mugghia e ulula.

    Finalmente, la canoa si schianta a terra tra gli scricchiolii.

    Per un lungo momento, non saprebbe dire quanto, Elena si limita a restare lì, incapace di aprire gli occhi, incapace di muoversi. Alla fine, però, i brividi hanno la meglio.

    Striscia fuori dal suo piccolo guscio e si alza malferma. C'è un sentiero. Vi si dirige barcollando e lo segue fino a un giardino, tra foglie che le vorticano intorno e rami che precipitano con forti schiocchi. È a metà strada per il palazzo quando crolla a terra, stremata.

    Dopo un po', il vento cala ed Elena sente il suono familiare del legno che sbatte contro altro legno. Imposte che si spalancano. E la voce di una fanciulla. «Guardie! C'è una ragazza nel giardino. Portatela dentro!»

    2

    Tre anni dopo, autunno 359 a.C.

    Ada aspetta su una delle cinque sedie disposte a cerchio nel giardino, un passero sulla spalla, un altro appollaiato sulla tiara di bronzo. Davanti a lei, nel porto, le imbarcazioni sobbalzano su e giù, le vele garriscono al vento. Sente lo svolazzamento gorgheggiante di una colomba che si posa e si gira a guardarla. L'uccello stiracchia le penne grigio rosa e incede verso di lei tutto impettito con un ramoscello nel becco, sporgendo la piccola testa in avanti a ogni passo.

    «Mia signora.» È Elena, seduta alle sue spalle. «Le rose le preferite rosa o rosse?»

    Sono mesi che lavorano a un arazzo da parete, un'intricata composizione di uccelli, animali, pesci e fiori. Una volta terminato, sarà il pezzo forte della sala del trono. Ada ha fatto portare fuori il telaio affinché Elena si possa godere la mite giornata autunnale. Presto gli spietati venti del Nord caleranno a imprigionare per mesi la piccola isola portuale nella loro morsa gelida. L'intero palazzo si accalcherà intorno a bracieri fumosi all'interno delle mura spesse e umide. Prima di allora, la principessa spera di riuscire a trascorrere all'aperto almeno qualche ora tutti i giorni.

    «Rosse.»

    Quando torna a guardare la colomba, al posto del volatile c'è suo fratello Idrieo, sorridente con il ramoscello in bocca. Gli occhi scuri si increspano in due mezzelune, e sulla guancia sinistra fa capolino una fossetta. Ogni volta che vede il suo viso, tanto bello ma anche affettuoso e allegro, Ada si sente attraversare da un brivido di felicità al pensiero che in famiglia almeno una persona sia sana di mente e le voglia bene.

    «Molto divertente.» Ciò che intende è molto talentuoso. Di tutti e cinque i fratelli Ecatomnidi di Caria, lei è l'unica a non sapere usare il potente Sangue di Serpente per trasformarsi in un animale. Non ancora. A volte una parte di lei riesce a scivolare nei falconi che volteggiano sul porto, a sentire il sole che riscalda le piume mentre si libra sulle correnti ascensionali. Ma sta solo condividendo le esperienze degli uccelli. Il suo corpo non è andato da nessuna parte. Durante la trance è sempre consapevole della sua ingombrante forma umana, che respira, si muove, borbotta. I suoi fratelli riuscivano a trasformarsi già a quindici o sedici anni. Lei ne ha diciannove, e comincia a chiedersi se ce la farà, un giorno. Alcuni Sangue di Serpente non ci riescono mai.

    I Sangue di Serpente, gli individui con la magia della mente, e i Sangue di Terra, quelli con la magia del mondo fisico, stanno diventando sempre più rari, i loro poteri sempre più deboli, i loro sortilegi, ammesso che siano capaci di praticarli, via via meno efficaci. La sua famiglia ormai è l'unica al mondo – quello noto, perlomeno – con un sangue tanto potente. Forse lei sarà sempre debole e incapace in confronto ai fratelli e alla sorella.

    Idrieo sputa il ramoscello e si passa una mano tra i lunghi boccoli neri. «Sono in ritardo» commenta, sbirciando i tre troni vuoti.

    «Come sempre.»

    «Mi domando cosa stiano facendo.»

    «Non farlo» replica lei prima ancora che le parole gli abbiano lasciato la bocca. I due fratelli più grandi, Mausolo e Artemisia, sono sempre stati un po' troppo legati tra loro. Da bambini si alleavano contro i tre minori, combinando guai e scaricando la colpa su di loro, escogitando ogni sorta di tortura e tiro mancino. Sono sempre stati loro due contro gli altri, e crescendo quell'attaccamento si è trasformato in qualcosa di innaturale: lussuria. Alla morte dei genitori, quattro anni prima, il neoasceso re Mausolo ha annunciato il fidanzamento con la sorella Artemisia, e l'intera satrapia è stata costretta a celebrare gli sponsali in una festa durata tre giorni. Ada non si è ancora abituata a vedere il fratello e la sorella seduti fianco a fianco nella sala del trono come re e regina, marito e moglie.

    Idrieo si avvicina al telaio ed esamina il lavoro di Elena. Lei alza lo sguardo, e il rosso le tinge le guance pallide. «Sei la tessitrice con più senso artistico che abbia mai conosciuto» dice lui, e adesso il rosso le arriva alla fronte. La ragazza si curva ancor più sul lavoro.

    Ada sorride della sua

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