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Il sussurro di un fiordaliso
Il sussurro di un fiordaliso
Il sussurro di un fiordaliso
E-book358 pagine5 ore

Il sussurro di un fiordaliso

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Info su questo ebook

«Dovevi essere il mio rifugio, dottor Taylor, e invece hai demolito ogni mio riparo».
Lucan è impassibile, inflessibile e imperscrutabile. Silenzioso come la tomba nella quale presto mi seppellirà. Distaccato come se non ci fossimo mai conosciuti. La sua bellezza ha perso il proprio calore, diventando algida e ostile. Lucan è un campo di fiordalisi che si è seccato per via della calura estiva. Non è più il mio Lucan. È l’uomo che appartiene a sua moglie.
«Dovevi essere la mia corazza e invece hai fatto a pezzi la mia armatura. Dovevi essere il mio porto sicuro, ma hai affondato tutte le navi della mia flotta, impedendomi di raggiungerlo. Dovevi essere il ramo a cui aggrapparmi quando mi sentivo mancare la terra sotto i piedi, e invece hai raso al suolo ogni albero sul mio cammino. Dovevi essere la riva verso cui nuotare quando la mia vita si trasformava in un mare in tempesta, e invece mi hai spinto così al largo che la mia unica possibilità è annegare. Mi hai promesso tutto questo, eppure me l’hai portato via ancor prima che diventasse veramente mio. Dimmi, dottore. Sei contento adesso? Sei soddisfatto del tuo risultato?».
«Certo che sono contento, Jaelle. Non completo mai un lavoro se non mi soddisfa pienamente. Il fatto che oggi abbia deciso di completare questo – mi squadra dalla testa ai piedi, freddo e calcolatore – significa che sono soddisfatto del risultato».

Il sussurro di un fiordaliso è il secondo volume di una dilogia e conclude la storia di Jaelle e Lucan. L’amore trionferà sull’odio, oppure soccomberà definitivamente a esso?
LinguaItaliano
EditoreAmélie
Data di uscita3 nov 2020
ISBN9791220215565
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    Anteprima del libro

    Il sussurro di un fiordaliso - Amélie

    Shakespeare

    Sinossi

    «Dovevi essere il mio rifugio, dottor Taylor, e invece hai demolito ogni mio riparo».

    Lucan è impassibile, inflessibile e imperscrutabile. Silenzioso come la tomba nella quale presto mi seppellirà. Distaccato come se non ci fossimo mai conosciuti. La sua bellezza ha perso il proprio calore, diventando algida e ostile. Lucan è un campo di fiordalisi che si è seccato per via della calura estiva. Non è più il mio Lucan. È l’uomo che appartiene a sua moglie.

    «Dovevi essere la mia corazza e invece hai fatto a pezzi la mia armatura. Dovevi essere il mio porto sicuro, ma hai affondato tutte le navi della mia flotta, impedendomi di raggiungerlo. Dovevi essere il ramo a cui aggrapparmi quando mi sentivo mancare la terra sotto i piedi, e invece hai raso al suolo ogni albero sul mio cammino. Dovevi essere la riva verso cui nuotare quando la mia vita si trasformava in un mare in tempesta, e invece mi hai spinto così al largo che la mia unica possibilità è annegare. Mi hai promesso tutto questo, eppure me l’hai portato via ancor prima che diventasse veramente mio. Dimmi, dottore. Sei contento adesso? Sei soddisfatto del tuo risultato?».

    «Certo che sono contento, Jaelle. Non completo mai un lavoro se non mi soddisfa pienamente. Il fatto che oggi abbia deciso di completare questo – mi squadra dalla testa ai piedi, freddo e calcolatore – significa che sono soddisfatto del risultato».

    Il sussurro di un fiordaliso è il secondo volume di una dilogia e conclude la storia di Jaelle e Lucan. L’amore trionferà sull’odio, oppure soccomberà definitivamente a esso?

    Capitolo 1

    Jaelle

    Così, con un bacio, io muoio.

    Queste furono le ultime parole pronunciate da Romeo prima che spirasse.

    Queste sono le ultime parole che le mie labbra bisbigliano in attesa che la morte le sigilli per sempre. Sono il mio unico testamento, una magra eredità che lascio a un mondo crudele e senza scrupoli. Quanta pena mi ha inflitto questo mondo. Quanti solchi ha scavato nel mio petto, spargendovi il seme velenoso della disperazione. Quanti muri a protezione del mio cuore ha abbattuto, permettendo al dolore di dilagare, di sommergere la gioia e la speranza. La consapevolezza che questo è l’ultimo male che ricevo dal mondo sarebbe un vero sollievo… se solo la mano che impugna la falce assassina appartenesse a qualcun altro. Se solo Lucan non fosse il Tristo Mietitore venuto a reclamare la mia povera anima. Morire col suo sapore sulle labbra, il suo profumo nelle narici e la sua voce nelle orecchie, è un supplizio che trasforma la morte nella più dolce delle benedizioni. Dire addio alla vita in mezzo a questo campo di fiordalisi è una punizione tale che le fiamme dell’inferno – ormai prossimo ad accogliermi – sono come acqua fresca che promette refrigerio e ristoro. Tutto è più allettante rispetto a questo. Tutto è preferibile a Lucan che mi tradisce nel peggiore dei modi. Quando Jason è morto, si è portato via metà del mio cuore. È stato terribile. Straziante. Ma sono sopravvissuta. Poi è arrivato Lucan, che stringeva tra le mani un bouquet di promesse meravigliose. Lui era disposto a darmelo, ma solo in cambio della mia totale fiducia. Mi sembrava un baratto equo, ma la brama di quel bouquet mi ha ottenebrato la vista, impedendomi di vedere il marcio nascosto tra le righe di quell’accordo non scritto. Credevo che il dottor Taylor volesse ricostruire il mio cuore, ma in realtà voleva soltanto distruggere la metà ferita e sanguinante che batteva ancora nel mio petto. C’è riuscito. Adesso, quel pezzo di cuore è un sottilissimo foglio di carta scarlatto che le sue dita eleganti stanno strappando con lentezza esasperante, prolungando a dismisura il rumore dello strappo e la sensazione di dolore.

    Ho chiuso gli occhi per impedirgli di rubare la mia vista nel momento del trapasso, ma ora una strana forza che sfugge alla mia volontà sta schiudendo le mie palpebre, riportandomi nella segreta color fiordaliso del suo sguardo. Forse desidero affrontarlo a testa alta mentre mi uccide, senza nascondermi, senza mostrare timore. Oppure… spero di trovare un barlume di pentimento in fondo a quelle iridi mozzafiato, che non hanno ancora smesso di incantarmi. Ma non c’è pentimento in lui. Né dispiacere. Né dolore. Né… amore. Non c’è nulla, a parte una ferrea determinazione a uccidermi. Come ho potuto essere così ingenua? Come ho potuto donargli il meglio che avevo da offrire, senza tenere nulla per me? Lui ha tutto, mentre io non ho più niente. Possiedo soltanto questa vita che ha i minuti contati. Sono nuda, vuota e incompleta.

    No, non è vero. Hai il tuo dolore e il tuo odio. Non senti come si stanno appropriando di ogni tua cellula? Come si stanno intrecciando con ogni fibra del tuo essere, decisi a dominarti?

    Il mio sguardo si indurisce mentre sostiene il suo. E quando apro bocca, è già una lastra di ghiaccio.

    «Dovevi essere il mio rifugio, dottor Taylor, e invece hai demolito ogni mio riparo».

    Mi agito appena e le braccia di Ian si serrano con maggior forza intorno alla mia vita. Lucan è impassibile, inflessibile e imperscrutabile. Silenzioso come la tomba nella quale presto mi seppellirà. Distaccato come se non ci fossimo mai conosciuti. La sua bellezza ha perso il proprio calore, diventando algida e ostile. Lucan è un campo di fiordalisi che si è seccato per via della calura estiva. Non è più il mio Lucan. È l’uomo che appartiene a sua moglie.

    «Dovevi essere la mia corazza e invece hai fatto a pezzi la mia armatura».

    «Jaelle, smettila. Ti sei già umiliata abbastanza» ringhia Ian al mio orecchio, ma io lo ignoro, come ho sempre fatto sin da quando eravamo bambini.

    «Dovevi essere il mio porto sicuro, ma hai affondato tutte le navi della mia flotta, impedendomi di raggiungerlo».

    «Jaelle, basta» insiste Ian, stringendomi così forte che le mie ossa iniziano a scricchiolare, ma non mi fermo.

    «No, lasciala parlare. A un condannato a morte si concedono sempre le ultime parole. È un atto di carità al quale non possiamo sottrarci» ribatte Lucan, rivolgendomi un sorriso sarcastico che richiama prepotentemente le mie lacrime.

    Gli ho dato tutto, ma non vedrà scorrere neanche una lacrima sul mio viso.

    «Prego, cara, continua. Ian non ti interromperà più».

    E io continuo, non perché me l’abbia detto lui, ma perché ne ho bisogno.

    «Dovevi essere il ramo a cui aggrapparmi quando mi sentivo mancare la terra sotto i piedi, e invece hai raso al suolo ogni albero sul mio cammino».

    Non so cosa darei per tenere il dolore fuori dal mio cuore. Non so cosa darei per proteggere la mia anima dalla delusione. Non so cosa darei per poter tornare indietro e impedire all’amore di bussare alla mia porta. Perché è inutile negarlo ancora. Una piccola parte di me ha amato quest’uomo, altrimenti non starei soffrendo così. Se Lucan avesse tradito soltanto la mia fiducia, avrei potuto tenere a bada in qualche modo i miei sentimenti. Ma lui ha tradito anche il mio piccolo e fragile amore ed è per questo che mi manca il respiro.

    «Dovevi essere la riva verso cui nuotare quando la mia vita si trasformava in un mare in tempesta, e invece mi hai spinto così al largo che la mia unica possibilità è annegare. Mi hai promesso tutto questo, eppure me l’hai portato via ancor prima che diventasse veramente mio. Dimmi, dottore. Sei contento adesso? Sei soddisfatto del tuo risultato?».

    Sorride di nuovo, stavolta in modo bonario, come se stesse trattando con una stupida ragazzina, la più insignificante delle sue pazienti. Mi sta umiliando, facendo schizzare alle stelle la gioia di quella strega che è sua moglie. Il mio campo visivo si tinge di rosso, soffocando il blu dei fiordalisi e dei suoi occhi.

    «Certo che sono contento, Jaelle. Non completo mai un lavoro se non mi soddisfa pienamente. Il fatto che oggi abbia deciso di completare questo – mi squadra dalla testa ai piedi, freddo e calcolatore – significa che sono soddisfatto del risultato».

    «Quindi adesso sei pronto a uccidermi» affermo, lasciando che ogni mia parola trasmetta il disgusto che nutro nei suoi confronti.

    «Oh, no, Jaelle» si affretta a dire, come se il solo pensiero di togliermi la vita gli facesse ribrezzo. «Il mio lavoro è finito. Io non sono un assassino. Le mie mani linde e immacolate non si sporcheranno di sangue. Lascerò quest’onere al tuo angelo custode». Guarda Ian, divertito. «O meglio, a colui che era il tuo angelo custode».

    Il mio corpo inizia a tremare, non per la paura, bensì per l’irrefrenabile risata che irrompe dalla mia gola, spalancandomi la bocca e riecheggiando per il campo in modo sinistro.

    «Pensi davvero che le tue mani rimarranno pulite soltanto perché non impugneranno il coltello? Che non diventerai un assassino solo perché sarà Ian ad affondare la lama nella mia carne? Sei un povero illuso. Hai costruito tu la trappola e anche se sarà un altro a farla scattare, la colpa ricadrà su tutti e due. Sarete entrambi degli assassini».

    «Sei tu la povera illusa, Jaelle. Credi davvero che le tue parole mi faranno tentennare? Desidero troppo la tua fine per lasciarmi divorare dai dubbi».

    Scuoto la testa, ancora incredula. Lucan è un mostro, il degno patrigno di Damian e il compagno perfetto per quella pazza di Monica.

    «Allora, poiché non sortiscono alcun effetto su di te, ascolta le mie ultime parole. Poi, tacerò per sempre». Inspiro ed espiro profondamente, radunando i miei pensieri. «Quando sarò all’inferno, pregherò giorno e notte affinché ti capiti tutto ciò che è successo a me per causa tua. Ti auguro di non trovare mai un rifugio, né una corazza né un porto sicuro quando ne avrai bisogno. Spero che i rami ai quali ti aggrapperai si secchino e si spezzino sotto le tue dita, facendoti precipitare nel baratro. Ti auguro di non trovare scogli, né rive, quando il cielo partorirà tempeste e il mare si ingrosserà, intrappolandoti fra i suoi possenti flutti. Non avrai mai pace, dottor Taylor, perché io non te la concederò. Quando mi implorerai per un briciolo di requie, il mio orecchio non ti ascolterà. Questa è la mia maledizione per te».

    La mia sentenza. Forse è infantile e anche inutile augurare il male a chi è maestro del male, ma non potevo abbandonare questo mondo in silenzio. Dovevo lasciare la mia impronta su questa terra maledetta. L’unica reazione di Lucan alle mie parole funeste è la sua indifferenza. Me la aspettavo, ma fa male lo stesso.

    «Ora basta, amore mio! Sono stanca di sentirla rivolgere a te in questo modo! È un intollerabile spreco di aria che lei respiri ancora. Ogni battito del suo cuore è un insulto a tutti noi e alla memoria del mio bambino. La voglio morta».

    Per la prima volta da quando è apparsa sulla scena, guardo Monica. La guardo davvero e mi rendo conto che non la odio neanche un po’. A dire la verità, mi fa quasi tenerezza.

    «Ho pietà di te, Monica, perché sei una persona debole. La perdita di tuo figlio ha instillato la follia nella tua mente, costringendo tuo marito a rinchiuderti in un ospedale psichiatrico. Io, invece, non ho permesso al dolore per la morte di Jason di farmi impazzire. È vero, ho avuto bisogno di aiuto, ma non quanto quello che è servito a te. E poi… non hai neanche avuto il coraggio di vendicare tuo figlio personalmente. Avresti dovuto affrontarmi faccia a faccia, anziché restartene nascosta nell’ombra, lasciando che fossero altri a fare il gioco sporco. Io ho lottato contro Damian da sola. L’ho ammazzato con le mie stesse mani, perché era giusto così. Perché, uccidendo Jason, lui aveva ferito me. Non avrei mai permesso a nessun altro di vendicarsi al posto mio. Tu sei soltanto una codarda, signora Taylor. Oppure non amavi tuo figlio abbastanza da esporti al pericolo per rendergli giustizia».

    Come avevo previsto, Monica perde il controllo e fa per scagliarsi contro di me, forse con l’intenzione di strozzarmi, ma Lucan la afferra per il braccio appena in tempo, riportandola al proprio fianco. Collera e agonia si dibattono negli occhi neri di lei – gli stessi maledetti occhi di Damian –, mentre rimprovero e biasimo gareggiano in quelli di lui.

    «Amore, non lasciarti provocare da Jaelle. È un cadavere che cammina, ma spera ancora di farci del male».

    Monica cerca consolazione fra le braccia di Lucan, affondando il viso rigato di lacrime nel suo petto. L’ho fatto anch’io in passato e ricordo bene quanto fossero meravigliosi il calore del suo corpo e il conforto delle sue parole.

    «Ti prego, amore mio, falla tacere. Ti supplico…».

    Lo sguardo gelido di Lucan si sposta da me a Ian.

    «Vai».

    È una parola piccolissima e insignificante ma sufficiente a far cigolare le porte dell’inferno, che stanno iniziando ad aprirsi per me. Sussulto fra le braccia di Ian e lo faccio ancora quando lui, senza lasciarmi andare, si sposta davanti a me, nascondendo Lucan alla mia vista. La bellezza quasi disarmante dell’ispettore Stevenson stride con l’orribile desolazione che alberga nei suoi occhi color acquamarina. Non so se in passato abbia voluto nascondermela, oppure se la verità l’abbia resa palese al mio sguardo, ma adesso la vedo in tutta la sua crudezza e per la prima volta, sono in balìa del rimorso. Ho permesso all’amore per Jason di accecarmi fino al punto da diventare egoista con chi non lo meritava.

    «Ti sei pentita, non è vero, aşkim?» sussurra, avvicinando il viso al mio.

    Quest’uomo ha trasformato la mia vita in un incubo disseminato di foglie d’acero e messaggi inquietanti, mi ha anche stuprato e adesso si accinge addirittura a uccidermi, eppure non lo disprezzo, né lo colpevolizzo in alcun modo. Mi ha protetto tante volte, come neanche Jason aveva saputo fare, e adesso è venuto a chiedermi il conto, perché io non gli ho mai dato nulla in cambio del suo amore incondizionato. Da me, ha avuto soltanto indifferenza.

    «Sì, İnan. Mi dispiace di averti fatto soffrire».

    Appoggia la fronte sulla mia, respirando sulla mia bocca, lacrimando sul mio viso.

    «Ti credo, mio tenero giglio, perché ti conosco. Tuttavia…».

    «Questo non mi salverà».

    «Esatto. Tu morirai qui».

    Con un braccio mi circonda ancora la vita. Con la mano libera estrae il coltello dal fodero e lo punta al mio fianco, esattamente dove io ho pugnalato Damian. E dove Damian ha pugnalato Jason.

    «Adesso» bisbiglia, pungendomi la carne con la punta aguzza della lama.

    Il mio cuore storpio si riscuote dal suo torpore e accelera rapidamente i battiti, rincorso da un terrore crescente che occlude la mia gola, annebbia la mia vista e ossessiona la mia mente.

    «Per mano mia».

    «İnan…» ansimo. «Se mi ucciderai, a cosa saranno valsi i tuoi sacrifici per me?».

    «A niente, ma se non ti uccido ora, questo tormento non mi darà mai requie. Non ce la faccio più».

    «İnan…».

    Le sue labbra coprono le mie, in un bacio disperato, maligno, folle… come lo è lui. Come lo sono tutti loro.

    «Ti amerò per sempre, mio tenero giglio».

    Sgrano gli occhi. È finita davvero. Approfittando del fatto che Lucan non possa vedermi, libero le lacrime a lungo trattenute e lascio che scivolino sul mio viso insieme a quelle di İnan.

    Addio, mio splendido e crudele fiordaliso.

    «Io, se fossi in te, mi fermerei».

    Una voce, argentina e dal tono vagamente canzonatorio, irrompe all’improvviso, bloccando la mano di İnan. Il mio cuore perde un battito, cedendo a un barlume di speranza. Il mio carnefice si scosta da me, sollevando il viso per guardare colui che ha osato interromperlo proprio sul più bello. Non sono libera di girarmi, perché mi tiene ancora stretta, ma posso vedere ciò che succede nello specchio dei suoi occhi chiarissimi. È confuso, sconcertato e arrabbiato, il che mi fa capire che non conosce quell’uomo.

    «Chi diavolo sei?» ringhia, confermando la mia ipotesi.

    «Di certo non sono qui per rispondere alle tue futili domande. È con il dottor Taylor che mi interessa conversare».

    Con Lucan? Azzardo un’occhiata verso di lui da sopra la spalla di İnan e la paura che si annida nel suo sguardo mi paralizza. Sembra quasi che abbia visto un fantasma e la mia curiosità nei confronti di quell’estraneo cresce a dismisura. Tuttavia, non ci provo neanche a voltarmi, perché il coltello è ancora troppo vicino al mio fianco.

    «Lascialo andare» ordina Lucan, e sono certa che nessuno, a parte me, riesca a percepire quell’impercettibile tremolio nella sua voce.

    Lasciar andare chi?

    «Certo, ma soltanto dopo che avrai lasciato andare Jaelle».

    Il mio cuore si arresta e smetto persino di respirare. Lui… conosce il mio nome. È venuto a salvarmi. Per quale motivo? Che cosa sono io per quest’uomo? E come faceva a sapere dov’ero e che avevo un disperato bisogno di aiuto? Fin dove si spinge la sua cognizione dei fatti? Al momento il mio cervello stanco e stressato non riesce ad affrontare nessuna di queste domande.

    «Lasciarla andare? Questo è fuori discussione!» strilla Monica, furiosa.

    «Sta zitta!».

    «No… Non dirmi che ci stai davvero pensando!».

    «Certo che sì!».

    «Non puoi mandare tutto all’aria per lui!».

    Uno schiocco violento mi fa trasalire. Il silenzio che segue, però, è ancor più raccapricciante.

    «Non… riesco a crederci. Tu… mi hai… colpito».

    Lucan ha mollato un ceffone a Monica. Assurdo.

    Se ti fidassi di me come dici, sapresti che non potrei colpirti neanche con un fiore, figuriamoci con uno schiaffo.

    L’eco tormentosa delle sue parole emerge dai miei ricordi.

    Falso. Dicevi di odiare le bugie, ma in realtà sei il padre della menzogna. Oltre a spargere fiori, le tue mani sanno anche colpire con forza.

    Il mio odio per lui si impenna, insieme alla pietà per lei.

    «Non una parola in più, Monica».

    «Smettetela con questo teatrino osceno! Dì al tuo cagnolino turco di liberare la ragazza e lui avrà salva la vita».

    Silenzio da parte di Lucan.

    «Hai cinque secondi di tempo per decidere. Cinque…».

    Ancora silenzio.

    È così insopportabile per te che io sopravviva?

    «Quattro…».

    Mi odi a tal punto dottor Taylor?

    «Tre…».

    Perché non parli? La mia morte vale forse più della vita che quell’uomo sta minacciando?

    «Due…».

    Sono io che ti odio con ogni cellula del mio corpo.

    «Uno…».

    Sono io che non voglio più udire la tua maledetta voce.

    «Zero. Tempo scaduto, dottore».

    «İnan! Lasciala andare» afferma Lucan, e il sollievo è così intenso che le mie gambe diventano di burro.

    «Non ne ho alcuna intenzione. Che lo uccida pure. A me di lui non interessa nulla».

    «İnan, obbedisci».

    «Forse non ti è chiaro, ma non hai alcun potere su di me. Non sono uno dei tuoi pazienti che puoi comandare a bacchetta».

    «Se non fai come ti dico, te ne farò pentire per il resto della tua inutile vita».

    «Tu provaci».

    Il rumore assordante di uno sparo li mette a tacere, ma strappa a me un urlo di terrore.

    «Vediamo se riesco a spiegarmi bene. Allontanati da Jaelle, altrimenti pianterò prima una pallottola nel suo cranio e poi una nel tuo, mio caro ispettore. E se dopo mi gireranno ancora, toglierò di mezzo anche il dottorino e la sua moglie isterica. Se hai un minimo di furbizia, molla l’osso e raggiungi i tuoi amichetti dal lato dei perdenti».

    Il corpo di İnan si irrigidisce contro il mio, diventando di granito. L’adrenalina, l’attesa e l’ansia sfibrano i miei nervi e annientano il mio cuore, spingendolo sull’orlo del collasso. I miei pensieri diventano un groviglio inestricabile, un gomitolo di fili variopinti. Non vedo l’ora che questo tormento finisca, nel bene o nel male. Basta che cessi quanto prima. Tuttavia, non si muove nulla per un’eternità. Tutto tace e si congela – i corpi, il prato, il tempo –, lasciandomi in una paurosa incertezza. Poi, quando mi convinco di non avere più speranza, il braccio di İnan inizia ad allentare la presa e in pochi secondi riacquisto la libertà. Solo che adesso… non so che fare. Devo rimanere ferma? Posso spostarmi? Cosa vuole il mio salvatore?

    «Jaelle, guardami» dice lo sconosciuto, venendo in mio soccorso.

    Lentamente, mi volto, scontrandomi con una verità sconcertante. L’uomo, sui trentacinque anni, alto, bruno e dal fascino rude, tiene un braccio muscoloso intorno al collo di un ragazzo biondo, puntandogli una pistola alla tempia con la mano libera. Quel ragazzo ha un occhio nero e sanguina dal naso e dal labbro spaccato. Lo sconosciuto l’ha massacrato di botte e io mi premo una mano sulla bocca.

    Quel ragazzo… io lo conosco.

    «Oh, mio Dio… Kellan…».

    Guardo Lucan, che osserva la mia ex guardia del corpo con malcelata preoccupazione, trattenendosi dal dire o fare alcunché per non peggiorare la situazione. Se è stato disposto persino a lasciarmi andare pur di proteggerlo, Kellan deve significare molto per lui.

    «Jaelle, cara, avvicinati» mi esorta lo sconosciuto, con una dolcezza che stona con i suoi modi poco ortodossi e mi turba nel profondo.

    Eseguo, meravigliandomi della stabilità delle mie gambe.

    «Ora lascerò andare Kellan. Appena sarà libero, prenderai la sua mano e insieme raggiungerete l’auto parcheggiata fuori dal bosco. Mi aspetterete lì, ok?».

    Non mi sento minacciata in alcun modo da lui, eppure gli chiedo: «Perché dovrei fidarmi di te?».

    Mi sorride, ma i suoi occhi scuri sono duri come l’acciaio.

    «Perché non hai altra scelta». Molla la presa su Kellan, dandogli una leggera spinta. «Andate».

    Afferro la mano di Kellan – è gelata – e il fatto che lui provi a sorridermi, seppur malinconicamente, mi rincuora.

    «Andiamo».

    «Jaelle?».

    La voce di Lucan è potente come un tuono e incenerisce come la folgore. È spaventosa, eppure mi volto a guardarlo senza esitazione, mostrandomi coraggiosa e forte. I suoi occhi cerulei sono la promessa di sofferenze ben più grandi. Lo detesto. Non lo perdonerò mai per ciò che mi ha fatto e che minaccia di farmi ancora.

    «Ricordati che non è finita tra noi, bocciolo di rosa, per cui non cullarti durante la mia assenza. Stai in allerta, perché non sai quando le mie mani torneranno a posarsi su di te».

    Un brivido mi scivola lungo la schiena, ma voglio inciderne uno identico sulla sua, così che mi senta sempre, sia di giorno che di notte.

    «Ti do lo stesso consiglio, mio bellissimo fiordaliso. Stai in guardia, perché non sai in quale ora verrò a reclamare la mia vendetta. Se grazie a te avevo scelto la luce, adesso a causa tua abbraccio di nuovo le tenebre. Dalle ceneri del tuo tradimento è nato un mostro. Nella tua mano crudele ha preso vita un demone. Sono una tua creatura, Lucan, e dalla tua stessa prole subirai la punizione che meriti. Non osare sottovalutarmi. Non hai idea di quanto sia pericolosa una donna tradita e umiliata».

    Stringendo forte la mano di Kellan, supero lo sconosciuto e mi inoltro nel fitto del bosco. Lucan ormai è alle mie spalle, ma io lo vedo ancora davanti a me, stupendo e infido, affascinante e letale. La sua immagine non scomparirà mai. Mi accompagnerà sino all’ultimo dei miei giorni.

    «Kellan, stai bene?».

    «No. E tu?».

    «Per niente. Sono stanca…».

    E mentre lo dico, le gambe iniziano a tremare per lo sforzo di reggere il mio peso.

    «Allora sbrighiamoci e raggiungiamo quella maledetta macchina. Non vedo l’ora di arrivare».

    «Anch’io».

    Una lacrima scorre sulla mia guancia, ma la asciugo in fretta con il dorso della mano.

    «Non piangere, Jaelle».

    «Non sto piangendo» affermo, ma un’altra lacrima mi smentisce.

    «Io sono con te».

    «Grazie, Kellan. Tuttavia, mi devi delle spiegazioni».

    «E le avrai. Fidati di me».

    «Non posso. Dopo Lucan, non mi fiderò più di nessuno».

    Neanche di me stessa.

    Capitolo 2

    Jaelle

    Kellan e io siamo esausti quando scivoliamo sul sedile posteriore di una lussuosissima Mercedes nera. Non è stato facile trascinarmi sin qui, perché il mio cuore ha raggiunto le dimensioni di un macigno e tutto il mio corpo ha dovuto lottare strenuamente per reggerne il peso durante la fuga. Crollare in mezzo al bosco, tuttavia, era fuori discussione. Anche Kellan se la sta passando male, ma le sue ferite sono esterne e guariranno presto. Le mie, invece, non guariranno mai. Sono invisibili e silenziose, ma lacerano la mia anima, riducendola a un mucchio di minuscoli coriandoli che voleranno via al primo soffio di vento. E allora come farò a recuperarli? Quegli stralci di Jaelle saranno perduti per sempre e io non tornerò più come prima. Mi sento già diversa e come potrebbe essere altrimenti dopo quello che è successo oggi?

    Da quando Jason se n’è andato, quante metamorfosi ho subìto? Quante maschere ho indossato? Ho scordato il mio vero volto, diventando estranea persino a me stessa. Damian, Lucan e Ian mi hanno cambiato, plasmandomi con le loro azioni e le loro parole, ma adesso sono stanca di essere una bambola nelle mani di un uomo. Da questo momento in poi, non permetterò più a nessuno di trasformarmi in qualcuno che non sono. Jaelle Wilkins si riappropria della sua vita, indossando gli abiti smessi e tirando dritto per la sua strada, impavida e orgogliosa.

    Il mio sguardo cade sulle chiavi inserite nel quadro e all’improvviso, un’idea mi balena in testa. Scendo dall’auto e risalgo sul sedile del guidatore, mettendo in moto.

    «Jaelle, che diamine stai facendo?».

    «Sto salvando entrambi».

    Kellan si sporge in avanti, facendosi spazio tra i due sedili anteriori, e gira di nuovo la chiave, spegnendo il motore. Lo guardo malissimo, trattenendo un insulto.

    «No. Hai sentito cosa ha detto quel tizio?».

    «Di aspettarlo qui, ma io non ho alcuna intenzione di dargli retta. Non posso fidarmi di un estraneo».

    «Ti ha salvato la vita, Jaelle».

    «Il che significa che adesso ho un debito con lui. Chissà cosa vorrà in cambio del suo aiuto provvidenziale!». Rabbrividisco al solo pensiero. «Devo andarmene alla svelta e nascondermi in un posto sicuro».

    «Non è conveniente pestare i piedi a uno come lui. Guardami: io ne sono la prova. Ho cercato di contrastarlo e questo è stato il risultato. Se avesse voluto uccidermi, ci sarebbe riuscito senza problemi».

    «Se hai paura di lui, puoi scendere dall’auto. Io fuggirò da sola».

    «Jaelle, dammi ascolto, dannazione!».

    La portiera dal mio lato si spalanca e in una frazione di secondo mi ritrovo con una pistola puntata contro. Sollevo lo sguardo, lentissimamente, trattenendo il respiro e ingabbiando la paura, ed è sconcertante vedere il buonumore che aleggia sulle sue labbra piene e balugina nei suoi occhi scuri.

    «Questo posto è mio, testa rossa. Ora scendi e va’ a sederti dietro insieme al tuo amichetto, che a quanto pare è più assennato di te».

    Gli rivolgo un’occhiata in tralice.

    «O più stupido» ribatto. «Io non ti conosco. Non so neppure il tuo nome. Perché dovrei seguirti?».

    Sostengo con decisione il suo sguardo, fingendo che non mi stia ancora minacciando con una pistola.

    «Mi chiamo Red e, hai ragione, tu non mi conosci. Ma io conosco te, Jaelle. Abbastanza da salvarti

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