La Creatura
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Io, Scienziato Frederik, scienziato secondo natura, sono testimone che la scienza ha fallito: ho visto con i miei occhi la trasformazione di una creatura in uomo, cibandosi delle erbe che sono il frutto delle mie sperimentazioni”
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Anteprima del libro
La Creatura - Chiara Taioli
Storia di Chiara Taioli
La Creatura
(Parte prima)
Copyright © 2020 Chiara Taioli
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INDICE
Capitolo 1. - Il taccuino Pag. 3
Capitolo 2. - Il prodigio della natura Pag. 6
Capitolo 3. - Filippa contatta la giornalista Pag. 20
Capitolo 4. - A casa dello scienziato Pag. 30
Capitolo 5. - Ritorno in città Pag. 44
Capitolo 6. – Dentro la catacomba Pag. 49
La creatura
(Parte prima)
Storia di Chiara Taioli
Capitolo 1. Il taccuino
Filippa era in coda alla cassa del supermercato. Stava aspettando il conto quando avvertì nell’aria un odore che la avvolse, era un odore acre e pungente. Si affrettò a mettere dentro la sportina il sacchetto di insalata, il barattolo di legumi e la confezione di mandorle, poi prese il portamonete. La madre la attendeva fuori. Aveva dodici anni.
L’odore si fece più intenso, penetrante. Si annusò addosso senza darlo a vedere alla cassiera di fronte a lei, che pareva non averlo sentito, probabilmente era abituata agli odori dei cibi che le passavano sul nastro. Filippa era una ragazzina garbata, faceva parte della sua indole. Voltò di poco il viso a destra e poi a sinistra con discrezione. Non lo sentì addosso ma lo sentiva forte e fastidioso vicino a lei. Dischiuse la busta della spesa per controllare se venisse da lì: l’insalata non aveva foglie marce; il barattolo di legumi era integro e pure il sacchetto di mandorle era sigillato. Non osò dire nulla alla cassiera, poiché era molto timida.
L’odore divenne insopportabile. Provò a respirare con la bocca perché fu travolta da una ulteriore zaffata. Rimase comunque composta e contenuta; non fece smorfie, strinse gli occhi per non starnutire, con la mano sinistra si stuzzicò il naso per resistere fino a che la cassiera terminò il conto.
Sentì un respiro affannoso avvicinarsi, dalla sua sinistra, al banco della cassa. Pensò ad un animale, un cane che emanasse il forte odore, invece era un uomo.
Il signore che vide appena si voltò era nervoso e tremante; quando si accorse di essere guardato, si sforzò di far uscire la voce, come a giustificarsi di qualcosa di cui non nemmeno lui sapeva ma sentiva che lo rendeva nauseante, che faceva paura e ribrezzo. Filippa non capì se avesse bisogno di aiuto oppure se non volesse essere considerato né guardato. Le trasmise un senso di angoscia: era basso, le arrivava alle spalle. La corporatura era tozza e massiccia, le spalle robuste erano ricurve in avanti; la testa, grande e massiccia, si allargava dalla fronte alla mascella possente, che occupava gran parte del viso, la pelle era scura con chiazze chiare. Un particolare la colpì più di tutto il resto: le orecchie erano diverse tra loro, una piccola e attaccata alla nuca, l’altra più grande, quasi il doppio. La nuca era ricoperta da una peluria bruna e vellutata, come i ciuffi di muschio sulle cortecce degli alberi. La pelle era molto scura. A Filippa pareva che i lineamenti del volto fossero in cambiamento. Quando si accorse che pur spingendo, la voce non usciva, prese a muovere le braccia confusamente, come tentacoli di polipi, e fu attraversato da un tremore rapido, convulso. Negli occhi era spaurito, indifeso e terrorizzato. La turbò profondamente da non volerlo guardare ma non riusciva a staccargli gli occhi di dosso.
Filippa si mosse di lato per fargli spazio, sino alla fine del banco della cassa, e allontanarsi da lui, perché la sua presenza lo impauriva. Eppure era lei a dover avere paura di lui. Lui, agitato ed ansimante, avanzò di fronte alla cassiera, e svuotò la sacca grigia, consunta e sporca, che teneva in mano: una dozzina di scatolette di cibo cadde sul banco nero provocando un rumore metallico. Filippa spostò lo sguardo da lui alle