Voce
Di Paola Boni
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Fantasy - racconto lungo (48 pagine) - Qual è la verità dietro la voce che Nathan sente nella mente, apparentemente dotata di una personalità propria?
Bibi. È così che si fa chiamare la voce che da anni Nathan sente nella sua testa, una voce con una personalità e una volontà propria della quale ormai non è più in grado di liberarsi.
È stata lei a salvarlo la notte in cui degli estranei si sono introdotti in casa sua, massacrando i suoi genitori nel tentativo di rapirlo.
Da quella notte, vive nella paura che quegli uomini possano ritrovarlo, ignaro che il motivo per cui gli davano la caccia era legato alla sua capacità di vedere delle misteriose creature apparentemente invisibili agli occhi degli altri.
Sarà l’incontro con la giovane Lara a fargli scoprire la realtà legata agli assassini della sua famiglia e a quelle strane creature che lui temeva fossero solo frutto della propria mente.
Una realtà legata a doppio filo a Bibi, quella voce nella sua testa la cui natura è ben più misteriosa di quanto lo stesso Nathan avrebbe mai potuto immaginare.
Nata a Roma la vigilia di Natale del 1986, Paola Boni ha coltivato fin da piccola una grande passione per la letteratura fantasy e horror. Nel 2006 ha pubblicato il suo primo romanzo Black Angel (0111 Edizioni). Nello stesso periodo ha frequentato il corso di scrittura creativa alla Scuola Internazionale di Comics di Roma, grazie al quale è entrata in contatto con la Casini Editore con la quale ha pubblicato, dal 2010, la trilogia de La Saga di Amon e realizzato la sceneggiatura del fumetto Amon Prophecy.
Dopo un breve periodo a Padova, si è trasferita a Torino. Lì ha gestito la libreria il Lupo Rosso e scritto diversi racconti per le antologie Doomsday e I Vampiri non esistono (Domino Edizioni), Sine Tempore (Edizioni La Mela Avvelenata) e Stirpe Angelica (Edizioni della Sera). Attualmente, vive a Pandino e passa il suo tempo divisa tra la scrittura e le avventure con la sua cagnolina Urania.
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Anteprima del libro
Voce - Paola Boni
1
La creatura volteggiava sull’albero a un lato del marciapiede. Afferrava i rami più sottili con le dita affusolate e allungava la piccola spirotromba per assaggiare il polline dei fiorellini bianchi.
Nathan si fermò, affascinato dalle minuscole ali membranose e dall’esile corpo ricoperto di scaglie perlacee che brillavano alla luce del sole
Per quanto tempo hai intenzione di restartene lì impalato?
Il ragazzo sbuffò, alzando gli occhi al cielo.
– Si può sapere che vuoi?
Che ti dai una mossa! Siamo in ritardo.
– Io sono in ritardo – ribatté lui, seccato. – Tu sei solo una voce nella mia testa.
Un furgone sfrecciò lungo la strada; la creatura, spaventata, si allontanò con uno strillo.
Già e non trovi ironico che sia anche l’unica ad avere un po’ di buonsenso?
Nathan la ignorò, come faceva tutte le volte che lei cercava di provocarlo, e riprese a camminare.
Lei, la voce nella sua testa o Bibi
, come le piaceva farsi chiamare.
Una presenza che faceva parte della sua vita da che aveva memoria e della quale, sapeva, non si sarebbe mai potuto liberare.
Aveva raggiunto il parcheggio del supermercato in cui lavorava, quando sentì un brivido freddo lungo la schiena.
Alzò lo sguardo e vide l’Ombra a poca distante da lui, nera e vibrante, simile all’effetto ottico che si crea sull’asfalto in una giornata molto afosa.
Non guardarlo, Nat. Ignoralo.
Il ragazzo si passò una mano davanti agli occhi per scacciare la spiacevole sensazione che quell’essere gli trasmetteva.
Si affrettò a entrare nel negozio, andò agli spogliatoi e indossò rapido la divisa.
Quando uscì, davanti alla porta c’era Nadia, la store manager, una donna alta con lunghi capelli neri raccolti in una coda di cavallo e gli occhi pesantemente truccati, che lo aspettava con le braccia incrociate sul petto e l’aria accigliata.
– Sei in ritardo.
Non era vero e lo sapevano entrambi. Nathan era riuscito ad arrivare in orario, ma quella donna odiosa pretendeva che tutti si presentassero con almeno venti minuti di anticipo per indossare la divise e ricevere le istruzioni sul lavoro da svolgere. Venti minuti extra che ovviamente non venivano conteggiati nelle ore di lavoro.
Fu tentato di dire qualcosa, ma si limitò ad abbassare la testa e chiedere scusa per poi dirigersi verso il retro del negozio.
Avresti dovuto risponderle come meritava.
– No, invece – disse lui cercando di tenere la voce più bassa possibile. – Profilo basso, ricordi?
Un conto è mantenere un profilo basso, un altro è farsi mettere i piedi in testa da una stronza che non ha altre soddisfazioni nella vita che questo schifo di posto.
Invece di ribattere, Nathan prese un transpallet e lo accostò al bancale più vicino. Lo caricò e lo portò fuori dal magazzino.
Bibi lo sapeva, sentiva quanto la situazione lo mandasse su tutte le furie e si divertiva a provocarlo per farlo reagire.
Ma quando hai una voce con una sua personalità nella testa e vedi strane creature che nessun altro è in grado di vedere, non puoi farti notare.
La tua vita deve essere la più anonima e banale possibile o rischi di finire legato e imbottito di medicinali in un reparto psichiatrico.
Per questo aveva scelto un lavoro dove nessuno lo avrebbe degnato di attenzione e aveva rinunciato ad avere anche un minimo di vita sociale.
Non poteva esporsi troppo.
Si mise a lavorare, togliendo gli scatoloni dal bancale per poi aprirli e riporre la merce negli scaffali, facendo bene attenzione a mettere in fondo i prodotti con la data di scadenza più lontana.
Per un attimo, ripensò a quando aveva visto per la prima volta una di quelle strane creature.
In effetti era uno dei suoi primi ricordi: aveva quattro anni e si trovava a casa della nonna, nelle campagne cremasche. All’improvviso aveva scorto una creatura con i capelli simili a sterpaglie e il corpo ricoperto da una ruvida corteccia. L’aveva vista avvicinarsi di soppiatto a un albero di pesco, in parte devastato da un fungo infestante. L’essere aveva poi poggiato una mano sulla pianta le cui foglie erano guarite in maniera quasi istantanea. Da allora aveva visto decine e decine di quelle creature, tutte in qualche modo diverse tra loro. Poi, erano arrivate le Ombre. Aveva diciotto anni e si trovava ai margini del cantiere di un palazzo in costruzione. Appena si era accorto di quelle strane presenze era rimasto a fissarle a lungo, in preda a una paura che non riusciva a spiegare.
– Chiedo scusa…
Una voce lo fece sussultare, strappandolo ai suoi ricordi.
Poco distante dal bancale, una ragazza con un fisico minuto e una zazzera di capelli corti da maschiaccio lo fissava un sorriso entusiasta.
– Dimmi pure – fece lui cercando di abbozzare un sorriso per nascondere il disagio.
Lei si schiarì la voce, passandosi una mano tra i capelli con aria piuttosto nervosa. – Io volevo chiederti se…
Ma che vuole questa? disse Bibi piuttosto infastidita.
La ragazza sgranò gli occhi per un attimo poi si schiarì di nuovo