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Inganno e seduzione: Harmony Collezione
Inganno e seduzione: Harmony Collezione
Inganno e seduzione: Harmony Collezione
E-book171 pagine3 ore

Inganno e seduzione: Harmony Collezione

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Info su questo ebook

Arrampicatrice sociale, oppure giovane innocente senza alcun secondo fine?



Quando Raul, malfamato rampollo della ricca famiglia Carducci, scopre che un bimbo di pochi mesi rischia di mettere in serio pericolo la sua eredità, capisce che deve fare di tutto per evitare che il suo patrimonio finisca nelle mani di una sconosciuta e del suo figlio illegittimo.



Per proteggere il piccolo Gino, Libby Maynard è stata costretta a fingere di essere sua madre, ma non poteva sapere che per riuscire nel suo intento avrebbe dovuto convincere anche lo spietato Raul. E quando lui, con la sua voce incredibilmente sexy, le chiede di sposarlo, lei non riesce a dirgli di no. Anche se stare fra le sue forti braccia non potrà che rivelargli la verità che tiene segreta.
LinguaItaliano
Data di uscita10 nov 2017
ISBN9788858974933
Inganno e seduzione: Harmony Collezione
Autore

Chantelle Shaw

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Anteprima del libro

    Inganno e seduzione - Chantelle Shaw

    1

    Secondo l’investigatore privato che aveva assunto, avrebbe trovato l’amante di suo padre proprio in quel luogo. Raul Carducci scese dalla sua limousine e diede un’occhiata alla banchina nel villaggio di pescatori in Cornovaglia.

    Nature’s Way, un negozio di cibi biologici e rimedi naturali, si trovava tra una gelateria e una bottega di articoli da regalo. Entrambi erano chiusi e, considerando l’aspetto abbandonato, probabilmente non avrebbero riaperto fino all’inizio della stagione estiva.

    Una pioggerella monotona cadeva incessantemente dal cielo plumbeo, e Raul fece una smorfia mentre sollevava il bavero della giacca. Prima poteva tornare in Italia, dove il sole primaverile stava già scaldando le acque brillanti del lago di Bracciano, meglio era, pensò accigliato.

    Era arrivato a Pennmar per eseguire le volontà lasciate nel testamento di Pietro Carducci e, senza indugiare oltre, si incamminò verso l’unico negozio aperto.

    Libby era talmente impegnata a studiare il rendiconto finanziario di fine anno della Nature’s Way, che le ci vollero parecchi secondi per realizzare che il campanello sopra la porta d’ingresso stava suonando. Quel tintinnio non si sentiva di frequente durante l’inverno, notò mesta mentre alzava gli occhi dalla colonna di cifre in rosso nel libro della contabilità. I clienti erano stati pochi, dopo che i vacanzieri di Pennmar erano tornati a casa alla fine dell’estate precedente, e ora gli affari erano sul punto di fallire.

    Aprire un negozio di generi alimentari biologici in un paesino sperduto della Cornovaglia era stata un’altra idea malsana della madre, pensò Libby con tristezza. La piccola eredità lasciata da sua nonna era stata sprecata per arredare il negozio ma la madre, con il suo solito ottimismo cieco, era convinta che l’attività sarebbe stata un successo.

    Pensare a Liz provocò a Libby il consueto mal di stomaco, ma un cliente stava aspettando di essere servito, così scostò di fretta la tenda di perline che separava l’ufficio sul retro dal negozio.

    L’uomo le dava la schiena, e lei si trovò di fronte due spalle incredibilmente larghe, fasciate da una giacca di pelle scamosciata chiara. Si aggirava nervosamente fra gli scaffali, ed era talmente alto che la testa sfiorava le travi del soffitto. Libby fantasticò sulla forza di quel corpo così grande e potente.

    «Posso aiutarla?» chiese radiosa, ma il suo sorriso si affievolì nel momento in cui lo sconosciuto si girò, fulminandola con un’occhiata penetrante e scura. Realizzò subito che non si trattava di un normale turista, anzi non c’era assolutamente niente di ordinario in quell’uomo. I capelli neri erano pettinati all’indietro, lontani dalla fronte. I tratti cesellati, gli zigomi affilati come rasoi e un mento quadrato erano addolciti dalla curva sensuale della bocca, e la pelle olivastra brillava come seta sotto la luce dei faretti. Era, senza dubbio, l’uomo più affascinante che Libby avesse mai visto.

    Non riusciva a distogliere lo sguardo, e arrossì quando gli occhi di lui si socchiusero guardandola con espressione inquisitoria.

    Raul spostò lo sguardo sulla gonna a fantasia viola della commessa e sul top verde acido, e rabbrividì. Lo stile bohemien chic era di gran moda, come si era visto nelle passerelle di Parigi, ma lui preferiva di gran lunga donne che vestivano eleganti abiti di sartoria. Il look hippy dai tessuti stinti non faceva per lui.

    Ma la ragazza era sorprendentemente carina, concesse mentre studiava il suo viso ovale dagli zigomi alti. Una folta criniera di riccioli rossi ricadeva disordinata fino a metà schiena; quel colore acceso contrastava con la pelle di alabastro e, anche da qualche metro di distanza, si potevano notare le lentiggini dorate che le coprivano il naso e le guance. Occhi verde-blu che ricordavano il mare in un giorno di temporale lo scrutavano protetti da lunghe ciglia dorate, e da qualche parte lo sfiorò l’idea che quelle soffici labbra rosa fossero pronte per essere baciate.

    Si accigliò, preoccupato da quel flusso di pensieri, e abbassò gli occhi per un istante. Trasalì nel vedere le calze verde acido e gli stivali viola, e riportò subito lo sguardo sul viso di lei. La bocca era leggermente troppo larga, ma quel particolare contribuiva a esaltarne il fascino. Vestita con un abito da sera di sartoria invece che con quel completo così sgargiante, sarebbe stata di una bellezza eccezionale, riconobbe Raul, irritandosi per l’inatteso interesse sessuale.

    La mascella si irrigidì. Si trovava in quel luogo per l’amante di suo padre, non per quella ragazza, si disse mentre cercava di cancellare il desiderio inopportuno di coprire quella bocca sensuale con le sue labbra.

    «Sto cercando Elizabeth Maynard» disse brusco.

    La voce dell’uomo era profonda, ricca e sensuale come cioccolato fuso, e il suo accento marcato era incredibilmente sexy.

    Italiano, tirò a indovinare Libby, mentre osservava la pelle olivastra e gli occhi neri. Non succedeva tutti i giorni che un uomo così attraente entrasse in negozio, anzi era stata l’unica persona che ci aveva messo piede in tutta la mattina, pensò cupa. La buona educazione le suggeriva di rispondergli, ma aveva avuto un’infanzia al di fuori del normale, in cui la prassi era nascondersi dagli esattori o parlare agli ufficiali giudiziari attraverso la fessura delle lettere nella porta, mentre sua madre scappava dalla finestra del bagno, così era portata per istinto a diffidare degli sconosciuti.

    Un altro pensiero le sfiorò la mente, e lo stomaco le si contrasse in un nodo.

    Era vero, l’uomo non aveva l’aspetto di un assistente sociale, e ne aveva incontrati a decine quando era bambina, ma se fosse venuto per Gino?

    «Chi è lei?» chiese bruscamente.

    Raul corrugò la fronte. Aveva passato gran parte della sua vita circondato da domestici il cui lavoro era servire ed esaudire ogni sua richiesta. Non vedeva il motivo di doversi giustificare con una commessa, e gli occhi gli si ridussero a due fessure mentre cercava di mantenere la calma.

    «Mi chiamo Raul Carducci.»

    La ragazza respirò profondamente, gli occhi enormi che sembravano sovrastarle il viso. «Il figlio di Pietro Carducci?» chiese.

    Raul si irrigidì per l’indignazione. L’amante di suo padre aveva parlato della famiglia Carducci con i suoi impiegati?, si chiese furioso. Si era vantata della sua relazione con un aristocratico italiano con tutto quel maledetto paese?

    Guardò la tenda, cercando di capire se la proprietaria del negozio si stesse nascondendo, ma la visuale era oscurata da fili di appariscenti perline di plastica. Spazientito, diede una scrollata di spalle.

    «Sì, Pietro Carducci era mio padre. Ma sono venuto per vedere la signora Maynard, quindi potrebbe informarla che sono qui?» Non riuscì più a contenere la rabbia che lo aveva consumato come un veleno dal momento in cui aveva appreso il volere di suo padre nel testamento. «Senza dubbio sarà contenta quando saprà che aver dato alla luce il figlio illegittimo di mio padre le ha assicurato una rendita a vita. Non avrà più bisogno di guadagnarsi da vivere con questa specie di negozio» aggiunse con ferocia, lanciando un’occhiata denigratoria all’assortimento di cibo biologico e unguenti, alle pile di candele decorative e ai bastoncini che propagavano profumi particolari quando venivano accesi. «Temo, signorina, che presto si dovrà cercare un altro lavoro.»

    Libby fissò Raul Carducci esterrefatta, in silenzio. Sua madre aveva accennato al fatto che Pietro avesse un figlio, ma la relazione di Liz con l’amante italiano non era stata niente più che un’infatuazione estiva, durante la quale aveva appreso solo qualche dettaglio sulla famiglia di lui. La madre non aveva nemmeno realizzato che Pietro fosse a capo della famosa Carducci Cosmetics fino a quando non aveva letto un articolo su una rivista nella sala d’aspetto del ginecologo, in attesa di una visita prenatale, pensò Libby con amarezza.

    Liz era stata in dubbio se dire all’amante di essere incinta, ma quando finalmente si era decisa a scrivergli che aveva dato alla luce suo figlio, Pietro non si era nemmeno degnato di rispondere.

    Anche se Pietro Carducci non aveva riconosciuto il bambino, doveva aver informato il figlio a proposito di Gino, realizzò Libby tremando. Le parole di Raul il figlio illegittimo di mio padre l’avevano messa a disagio. Non sembrava affatto felice di avere un fratellastro.

    Libby non sapeva cosa dire e, mentre esitava, il silenzio fu rotto dal suono del campanello della porta d’ingresso.

    Raul si girò e vide una donna spingere un passeggino dentro il negozio.

    «Eccoci qui, Gino, finalmente al calduccio» disse allegramente la donna, la voce coperta dalle vibrazioni del campanello. Sollevò la plastica antipioggia che copriva il passeggino, e apparve il viso arrossato di un bambino che urlava disperato. «Va bene piccolino, ti tiro subito fuori.»

    Gli occhi di Raul furono attirati dal passeggino, e strane emozioni indecifrabili lo assalirono mentre si concentrava su quella pelle olivastra e quei riccioli neri. La donna lo aveva chiamato Gino e, nonostante non avesse nemmeno un anno, era chiara la somiglianza con suo padre. Oddio!, pensò Raul. Era determinato a richiedere il test del DNA per dimostrare la paternità del bambino, ma non ce n’era alcun bisogno: senza ombra di dubbio quello era figlio di Pietro Carducci.

    Guardò con attenzione la donna, notando le guance colorite, i folti capelli castani e la figura rotonda avvolta in un impermeabile beige. Sembrava assurdo che Pietro, il cui amore per la bellezza classica lo aveva portato a raccogliere una collezione d’arte dal valore inestimabile, avesse scelto quella donna così sciatta come sua amante, ed era alquanto improbabile immaginarsi che quella donna avesse lavorato in un club di lap-dance!

    La bocca di Raul si ridusse a una striscia sottile mentre ripensava alla conversazione avuta ormai otto mesi prima con l’avvocato a cui suo padre aveva affidato il testamento.

    «Queste sono le ultime volontà e il testamento di Pietro Gregorio Carducci» aveva letto a voce alta il signor Orsini. «È mio volere che il controllo della mia società, la Carducci Cosmetics, venga divisa equamente tra mio figlio adottivo Raul Carducci e il mio unico erede naturale Gino Maynard.»

    Dopo aver notato che Raul era rimasto senza parole alla notizia che Pietro avesse un figlio segreto, l’avvocato aveva proseguito nella lettura. «Lascio ai miei due figli, Raul e Gino, metà ciascuno di Villa Giulietta. Desidero che Gino cresca nella residenza di famiglia. La sua parte dell’azienda e della villa rimarranno in affido a un tutore fino al raggiungimento dei diciotto anni e fino ad allora è mio volere che sua madre, Elizabeth Maynard, viva nella villa con lui, esercitando pieno controllo della sua parte della Carducci Cosmetics.»

    A quel punto Raul aveva imprecato furioso, troppo scioccato dalla notizia che non avrebbe ottenuto la gestione dell’azienda per cui era stato preparato praticamente tutta la vita. Aveva trovato l’espressione erede naturale estremamente offensiva. Aveva sette anni quando Pietro ed Eleonora Carducci l’avevano adottato da un orfanotrofio di Napoli, e l’avevano portato ad abitare con loro a Villa Giulietta. Pietro aveva sempre ribadito che il bambino era suo erede di fatto, e che un giorno avrebbe ereditato la Carducci Cosmetics. Padre e figlio erano stati molto uniti, e il loro legame si era ulteriormente rafforzato dopo la morte di Eleonora dieci anni prima.

    Per quel motivo era impossibile abituarsi all’idea che Pietro avesse avuto una vita segreta, pensò Raul amaramente. L’uomo che aveva chiamato papà, per cui aveva pianto al funerale, era diventato all’improvviso uno sconosciuto, che aveva deliberatamente celato il fatto di avere un’amante e un figlio appena nato.

    «C’è una clausola nel testamento di suo padre che immagino troverà interessante» aveva mormorato l’avvocato Orsini. «Pietro ha dichiarato che se la signora Maynard si dovesse sposare prima del diciottesimo compleanno di Gino, il controllo della Carducci Cosmetics passerebbe interamente a lei fino a quando il fratellastro non raggiunga la maggiore età. Immagino che Pietro abbia preso questa decisione per proteggere la società in caso la signora Maynard dovesse fare un matrimonio non decoroso» aveva aggiunto l’avvocato.

    «La Carducci Cosmetics avrà bisogno di tutto l’aiuto possibile, se sarò costretto a mandarla avanti insieme a una ballerina di lap-dance» aveva ruggito Raul. «Mio padre doveva aver perso la ragione.»

    Bernardo Orsini aveva scosso il capo in segno di diniego. «Nonostante avessero diagnosticato a Pietro un tumore al cervello, sono assolutamente certo che avesse piena capacità di intendere e di volere quando ha redatto le sue ultime volontà. Era particolarmente preoccupato per suo figlio.»

    Raul riportò i propri pensieri al presente, e fissò la donna che era appena entrata nel negozio. Secondo l’avvocato, Elizabeth Maynard aveva lavorato come spogliarellista in un locale chiamato Purple Pussy Cat, ma sei mesi prima era scomparsa dal suo appartamento nel sud di Londra, lasciandosi alle spalle diverse migliaia di sterline in arretrati di affitto. Raul si era immaginato che l’amante del padre fosse una sgualdrina tinta di biondo platino e, anche se la donna scialba che teneva in braccio il neonato non aveva niente a che fare con quell’immagine, continuava a trovare assurda l’idea che si trasferisse a Villa Giulietta. In fondo, la prospettiva di dirigere la Carducci Cosmetics con lei poteva perfino essere divertente, se non fosse stato così furioso e carico di risentimenti verso il padre.

    «Ero sicura che avrebbe smesso di piangere appena avesse visto la sua mamma» disse la donna allegramente, passando il bambino alla giovane commessa.

    Raul rimase di stucco. Osservò, prima con stupore, poi con un senso di rabbia sempre più forte, mentre la ragazza dai capelli color del fuoco asciugava le lacrime del bambino con le labbra e lo prendeva in

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