Quando il Rock divenne musica colta: storia del prog. Seconda edizione
Di Fabio Rossi
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Quando il Rock divenne musica colta - Fabio Rossi
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ISBN: 979-12-80133-32-8
Progetto grafico copertina: Marco Porsia
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Fabio Rossi
Quando il rock divenne musica colta:
Storia del Prog
.
La musica è l’essenziale dell’uomo, il suo sguardo sul mondo
Arthur Schopenhauer
Introduzione alla seconda edizione
Quando nel mese di settembre 2015 la casa editrice Chinaski Edizioni pubblicò per la prima volta Quando il Rock divenne musica colta: Storia del Prog, non avrei mai ipotizzato l’uscita di una seconda edizione. A dire il vero non avevo neppure previsto le sei ristampe, i numerosi commenti su Amazon Italia, il primo posto nella classifica di vendita in formato E-book – categoria musica per ragazzi – sempre su Amazon Italia, e persino una presentazione ufficiale avvenuta a Roma il 27 febbraio 2017 presso la magnifica cornice della Sala Medaglioni del Conservatorio di Santa Cecilia.
Ero convinto, in sostanza, che il libro sarebbe finito nel dimenticatoio nel giro di poco tempo come, purtroppo, avviene sovente nel campo della saggistica in generale. La mia prima opera letteraria, volente o nolente, ha invece fatto decisamente parlare di sé probabilmente perché il sottoscritto ha persistito nel voler sintetizzare la storia del prog in poco più di cento pagine… sacrilegio, come ha osato!
Forse è stata proprio l’audacia nel condensare la notevole mole di materiale che, unitamente alla scorrevolezza nella lettura, ha contribuito a farne un longseller
; non è un caso che sia stato acquistato da molti giovani desiderosi di una guida che li conducesse negli intricati sentieri del rock progressivo.
La presente edizione, riveduta e ampliata, si propone in una veste più dettagliata sebbene conservi immutate le caratteristiche originarie che riflettono, peraltro, il modo di esprimere la mia passione per la musica attraverso l’arte della scrittura.
Ringrazio tutti i lettori che hanno amato questo libro.
Fabio Rossi
Prefazione alla Prima Edizione
di Athos Enrile (saggista musicale)
Introdurre un saggio che tratta in maniera approfondita i temi che hanno alimentato le mie più intense passioni musicali è certamente gratificante per la fiducia che l’autore dimostra nei miei confronti e per quella traccia di soddisfazione supplementare che accompagna sempre un compito di responsabilità.
Ogni volta che mi trovo a commentare l’argomento prog, disegnato da altri, faccio estrema fatica nel censurare il racconto personale che potrebbe spostare il focus lontano da dove lo scrittore dell’opera ha deciso di metterlo, ma in questo caso un minimo di personalizzazione mi è richiesta.
Fabio Rossi ha un grosso pregio, quello di aver abbinato l’oggettività dell’argomento alla passione di una vita, unendo alla perfezione due condizioni che spesso vivono in antitesi.
Lo sforzo mi pare enorme e il percorso evolutivo una strada infinita. Immagino l’accumulo di esperienze, ascolti, concerti, riti… tutto messo da parte in attesa di poterlo rivelare. Ma non basta, ci vuole documentazione, contestualizzazione, parte didattica.
Con quale scopo? Si scrive in primis per se stessi, e poi si scopre che è piacevole fare opera di sharing. Ma col tempo si arriva ad un’altra conclusione, quella che la nostra vita è maledettamente corta e le tracce della nostra storia, se rese tangibili, potranno essere utili e interessanti per chi arriverà dopo di noi.
La Musica (con la M maiuscola) Progressiva (con la P maiuscola) ha avuto, tutto sommato, vita breve e in questo caso il termine vita
serve a mettere in relazione le composizioni realizzate e la visibilità ottenuta; forse il tutto si può sintetizzare in un lustro, perché il prog a seguire, compreso quello attuale, è stato ed è appannaggio di uno sparuto gruppo di persone, di ogni età, certo, ma pur sempre una nicchia. Il modello prog non si vende in TV e in radio e non è adatto agli standard richiesti dai padroni del mercato. Nondimeno la Musica Progressiva è diventata immortale, alla stregua di quella Classica, e a questo punto della mia storia non trovo più importante sviscerare dettagli tecnici e motivazioni. Cosa significa realmente prog? Quali gli schemi che differenziano quella proposta dalle altre? Perché la sua vita è stata così breve? Quali i punti di riferimento, i migliori album, le migliori band?
Sono fermamente convinto che alcuni dischi della mia adolescenza, ancora freschi e attuali, siano veri capolavori da ogni punto di vista: la musica, gli arrangiamenti, le melodie, le nuove strumentazioni, i virtuosismi, le liriche, le immagini, i disegni, la rottura degli schemi: musica, letteratura, storia, arti visive… non è cultura vera questa?
Quando un LP (mi piace ancora chiamarlo così!) diventa caso di studio e viene sviscerato, sezionato, collocato nel periodo storico, analizzato in ogni singolo particolare, confrontato con i precedenti o con le produzioni concorrenti
, il risultato può diventare utile per la promulgazione del genere e per l’insegnamento, ma ciò che deve colpire è, a mio giudizio, l’ascolto, ed è stato per me frequente nel passato – così ancora oggi – l’innamoramento immediato, anche per quelle lunghe suite quasi innaturali, che dovrebbero richiedere elevato impegno e concentrazione, e che invece mi stordiscono al primo colpo, almeno alcune.
Questa è per me la Musica Prog di qualità, intontimento e fascino, molto più dei tempi dispari, del mellotron e del moog, dell’estrema abilità tecnica e delle incredibili performance vocali, elementi indispensabili, ma solo se una volta fusi insieme sono in grado di provocarmi la pelle d’oca, dimostrandomi, come sempre accade, che il tutto deve essere maggiore della somma delle parti.
Ho avuto la fortuna di vedere dal vivo quasi tutti i grandi
citati da Rossi, molti dei quali nel loro massimo splendore, ma a distanza di anni la mia sensibilità verso certe trame musicale si è ancora acuita, e quando ho voglia di sentire i brividi scorrere lungo la schiena – sensazione di estremo benessere – so esattamente come fare: da solo, in una stanza, ho ampia scelta… And You And I, Man Erg, Firth Or Fifth, Trilogy, Easy Money, Funny Ways, The Great Gig In The Sky, My God, tanto per citare piccoli
esempi significativi.
Mi soffermo su My God – i Jethro Tull sono stati la colonna sonora della mia vita – perché vorrei sottolineare un aspetto importante: i magnifici otto, segnalati dall’autore come i simboli del prog d’oltremanica targato anni ’70, hanno prodotto otto differenti tipologie musicali, ben riconoscibili alla prima nota (il tocco di Steve Howe, la mano di Keith Emerson, il soffio di Ian Anderson, la steel guitar di David Gilmour eccetera), e ancor oggi il primo commento legato ad un nuovo ascolto è quello che conduce al paragone con questi – e altri – eroi musicali dal passato, capaci con le loro band – ed è questo per me strabiliante – di creare ciò che prima non esisteva, il tutto nello stesso momento storico: incredibile!
Il primo atto discografico prog – ma allora si parlava di pop e rock – riporta ai King Crimson, a cui si dà il merito di aver concretamente dato l’avvio al movimento. Io ho invece provato più volte a disegnare la seguente scena (e ritorno a My God):
Agosto ’70, il Festival di Wight è alla sua terza edizione, ma solo ora appare maturo, dopo l’exploit di Woodstock. In The Court Of The Crimson King è nato da una decina di mesi, ma quelli che di lì a poco diventeranno i
grandi gruppi inglesi, in patria fanno molta fatica ad emergere. Le 600.000 persone presenti a Wight hanno abitudini musicali ben precise, tra rock, blues e folk. Dal nulla esce fuori una band anomala, con un vocalist diverso, uno strumento decisamente lontano dai palchi
rumorosi– il flauto – e ne esce fuori qualcosa di impensabile, che accomuna rock e folk… My God: che shock per i presenti! Ma che sound è mai questo!?
1.
Mi piace immaginare una svolta del genere, anche se forse non è andata proprio così, ma il pensare oltre è caratteristica di quelli che hanno avuto la possibilità e la fortuna di vivere in prima persona ciò che per altri è solo il frutto di letture e racconti proposti da uomini antichi
... come me e Fabio.
Fabio Rossi risulta esaustivo nella sua esposizione, chiaro e colto nello scrivere, pronto a coniugare cuore a didattica, realizzando ciò che, scevro da pomposità, può considerarsi una guida per neofiti e curiosi; e per chi neofita non è – ma curioso sì – questa Storia del Prog
risulterà utile per ricordare, riflettere, confrontare e confrontarsi, sicuri di aver vissuto un periodo musicalmente fortunato, che, grazie a Dio, rimarrà per sempre nella nostra vita.
1 Questa è la setlist di quella mitica esibizione avvenuta il 30 agosto 1970: My Sunday Feeling/My God/With You There to Help Me/By Kind Permission Of/To Cry You a Song/Bourée/Dharma for One/Nothing Is Easy/We Used to Know/For a Thousand Mothers.
Prefazione alla seconda edizione
di Nicola F. Leonzio (saggista musicale)
È accaduto, se non ricordo male, nel 1968. Un venditore di libri, molto giovane, si presentò a casa dei miei. Mia madre lo fece accomodare in salotto e andò a preparargli un caffè. Rimasi a fargli compagnia. Lui notò, su una poltrona, la chitarra acustica Eko con la quale andavo a lezione dal mio maestro, Stefko Zachar, un illustre sconosciuto che fu, però, fondamentale per lo sviluppo in me della passione per il rock, nata qualche anno prima grazie ai Beatles, ai Rolling Stones e ai Beach Boys di Pet Sounds.
Il venditore mi disse di essere un musicista, di avere un fratello musicista pure lui, di vivere in quel di Marino, un paese dei Castelli Romani, e di aver messo su un gruppo rock. Mi sembrò un ragazzo piuttosto serio e schivo, costretto dalla necessità a vendere libri, mentre i suoi reali interessi erano altrove. Quel ragazzo mi disse di chiamarsi Vittorio Nocenzi.
Quattro anni dopo uscì Banco del Mutuo Soccorso, il primo album della sua band. Misi il vinile sul piatto e la mia prima reazione fu di meravigliato sconcerto ma, al contempo, di grande curiosità che, dopo svariati ascolti, si trasformò in piacere: per la novità del linguaggio sonoro, per lo spazio concesso all’espressione strumentale, per la voce di Francesco Di Giacomo. Ebbi anche la fortuna di conoscere personalmente, parecchi anni più tardi, Rodolfo Maltese, indimenticato polistrumentista, durante la sua collaborazione con gli Indaco dell’amico Mario Pio Mancini. Il mio interesse per il prog, nato già dall’acquisto, tempo prima, di In the Court of the Crimson King, si rafforzò così e, a tutt’oggi, non mi ha mai abbandonato.
Di rock, soprattutto prog, mi sono occupato nella mia collaborazione a Punto Radio, costola romana di quella fondata da Vasco Rossi e Massimo Riva, appena tredicenne, a Zocca (MO). Quasi quindici anni più tardi scrissi recensioni discografiche su Rockstar, famosa rivista mensile nata dalle ceneri di Popster. Il maggior frutto di tutte le esperienze nel settore musicale – ho citato solo le più significative in relazione ai contenuti di questo libro – è costituito dalla pubblicazione di King Crimson, il pensiero del cuore, edito da Arcana nel 2014.
Il prog è stato