Insegnare l’urbanistica come scienza: Conoscenze e tecnologie appropriate per la sostenibilità e la resilienza nell’urbanistica
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Hanno partecipato: Funda Atun, Maria Pia Boni, Annapaola Canevari, Massimo Compagnoni, Luca P. Marescotti, Maria Mascione, Ouejdane Mejri, Scira Menoni, Pier Luigi Paolillo, Mauro Salvemini.
Le tecnologie di processo e le tecnologie di prodotto nelle trasformazioni territoriali sono discusse in relazione agli impatti ambientali e ai cambiamenti globali che interessano l’ambiente. La teoria e la prassi dell’urbanistica devono essere messe a confronto con questioni generali e con aspetti specifici. Come il rapporto città-ambiente coinvolge tutto il territorio, così occorre che la conoscenza si formi in un rapporto aperto tra le discipline: questo significa condividere non solo l’apparato definitorio dell’ecologia e della sostenibilità con le conseguenti analisi (capacità di carico, metabolismo urbano, impronta ecologica, qualità dell’ambiente costruito), ma coinvolgere pienamente altri fronti sia per la prevenzione di rischi derivanti da caratteristiche geomorfologiche, idrogeologiche e sismiche dei siti, sia nella gestione di informazioni georeferenziate. Le osservazioni sui alcuni terremoti (L’Aquila 2009, Emilia Romagna e Lombardia 2011-2012) serviranno a mostrare l’interazione con la geologia in situazioni dei grandi fenomeni naturali (i terremoti), mentre in altri casi studio si illustreranno le questioni legati alla stabilità dei versanti e più in generale al concetto di vulnerabilità fisica e sistemica nella valutazione dei rischi naturali a supporto di scelte urbanistiche finalizzate alla prevenzione. Si indagano le potenzialità dell’urbanistica nella protezione ambientale e nella sostenibilità delle trasformazioni territoriali, evidenziando come il territorio e l’ambiente costituiscano sistemi con specifiche proprietà emergenti: da questo contesto scaturiscono ruoli e responsabilità della ricerca, della politica e dell’amministrazione.
Alla fine del libro sono raccolte brevi note biografiche degli autori e sono indicati le chiavi di ricerca del materiale didattico predisposto per le lezioni e pubblicato in SlideShare.
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Anteprima del libro
Insegnare l’urbanistica come scienza - Luca P. Marescotti
Prefazione
Insegnare l’urbanistica come scienza raccoglie alcuni saggi introduttivi alle lezioni preparato per il workshop Conoscenze e tecnologie appropriate per la sostenibilità e la resilienza nell’urbanistica - Knowledge and Appropriate Technologies for Sustainability and Resilience in Planning
che si svolse al Politecnico di Milano dal 29 febbraio al 4 marzo 2016. La proposta del workshop rientra nell’offerta didattica opzionale per le lauree magistrali in Pianificazione Urbana e Politiche Territoriali e in Scienza dell’Architettura (quinta edizione).
Le tecnologie di processo e le tecnologie di prodotto, ovvero le strategie non-strutturali e le strategie strutturali, impiegate nelle trasformazioni territoriali sono discusse in relazione agli impatti ambientali e ai cambiamenti globali che interessano l’ambiente. La teoria e la prassi dell’urbanistica devono essere messe a confronto con questioni generali e con aspetti specifici. Come il rapporto città-ambiente coinvolge tutto il territorio, così occorre che la conoscenza si formi in un rapporto aperto tra le discipline: questo significa condividere non solo l’apparato definitorio dell’ecologia e della sostenibilità con le conseguenti analisi (capacità di carico, metabolismo urbano, impronta ecologica, qualità dell’ambiente costruito), ma coinvolgere pienamente altri fronti sia per la prevenzione di rischi derivanti da caratteristiche geomorfologiche, idrogeologiche e sismiche dei siti, sia nella gestione di informazioni georeferenziate. Le osservazioni su alcuni terremoti (L’Aquila 2009, Emilia Romagna e Lombardia 2011-2012) serviranno a mostrare l’interazione con la geologia in situazioni dei grandi fenomeni naturali (i terremoti), mentre in altri casi studio si illustreranno le questioni legati alla stabilità dei versanti e più in generale al concetto di vulnerabilità fisica e sistemica nella valutazione dei rischi naturali a supporto di scelte urbanistiche finalizzate alla prevenzione. Si indagano le potenzialità dell’urbanistica nella protezione ambientale e nella sostenibilità delle trasformazioni territoriali, evidenziando come il territorio e l’ambiente costituiscano sistemi con specifiche proprietà emergenti: da questo contesto scaturiscono ruoli e responsabilità della ricerca, della politica e dell’amministrazione.
Brevi note biografiche assieme alle chiavi di ricerca del materiale didattico predisposto per le lezioni che sono pubblicato in SlideShare concludono il libro.
Hanno partecipato alla definizione del programma e alle lezioni: Funda Atun, Maria Pia Boni, Annapaola Canevari, Massimo Compagnoni, Luca P. Marescotti, Maria Mascione, Ouejdane Mejri, Scira Menoni, Pier Luigi Paolillo, Mauro Salvemini.
Un grazie a tutti.
Luca P. Marescotti
Redavalle, 15 gennaio 2017
In memoria di Pier Luigi Paolillo (1951-2016).
f_03-04-05.jpg1. Un territorio pericoloso
Non sappiamo dove come e quando, ma sappiamo il rischio con cui dobbiamo convivere per operare con cautela e precauzione. La mappa di pericolosità sismica del territorio nazionale dovrebbe tener sempre desta la nostra attenzione. La mappa è riferita a suoli rigidi e rappresenta l’accelerazione massima del suolo con probabilità di eccedenza del 10% in 50 anni (Vs > 800 m/s; cat.A, punto 3.2.1 del 30 D.M. 14.09.2005). Note: (1) Riferimento: Ordinanza PCM del 28 aprile 2006 n.3519, All.1b); (2) Le sigle individuano isole per le quali è necessaria una valutazione specifica. (3) Elaborazione: aprile 2004.
2. Sottoterra: le faglie nascoste
La complessità geologica dell’Italia è evidente nell’immagine delle faglie sotterranee.
3. L’evidenza superficiale: la faglia del Monte Vettore
Deformazioni istantanee e permanenti della superficie terrestre con abbassamenti e innalzamenti del terreno, rotture di pendio, scarpate di faglia (rotture cosismiche).
[Fonte: Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia]
Manifesto
4. Una mappa mentale tra coerenze e aperture interdisciplinari
Aver cura della terra dovrebbe essere il comune sentire che affratella tutti: nazioni, imprese e cittadini. La questione non è tanto nel rivendicare vincoli stretti per proteggere la natura o nell’imporre ripristini impossibili di paesaggi del passato, perchè entrambi sono irrealizzabili. Se la politica fosse effettivamente in grado di governare l’ambiente per renderlo abitabile, non dovrebbe perdere le conoscenze offerte dalle diverse discipline della Terra, né dimenticare le complesse interazioni tra organismi viventi e mondo fisico, perché proprio queste hanno reso la biosfera dolce e protettiva per la vita in cui siamo immersi. La politica è saper gestire il rapporto tra le società in pace, davvero senza guerre, perchè questo è l’unico modo che l’umanità ha per conseguire la sostenibilità: questo è esattamente il significato di sinergia tra tutte le autorità coinvolte nell’organizzazione delle attività umane sulla Terra: dalla più piccola autorità locale alle grandi organizzazioni sovranazionali, governative e non governative, ognuno deve contribuire a delineare gli obiettivi globali e tutti devono poter monitorare i risultati e cambiamenti.
[Fonte: LPM]
f_06.jpgAbstract
The unbelievable acceleration of technology in recent decades requires an adjustment in the polytechnics, not only in Milan, with the construction of a true culture of technology, capable of operating on two levels:
the first level is that of awareness of the importance of scientific knowledge in the abstract and theoretical field, working on planning (urbanistica, as we say in Italian) with nature observation and impact monitoring;
the second level is the ability to hold nature observation firmly connected with the transformations that mankind induces in nature, headed by another consciousness, that now mankind is really the driver who leads to global changes.
In response to the increasingly accelerated dynamics of socio-ecological systems, higher education must upgrade the operational dimension of the ‘know-how’ through a new cultural dimension useful for understanding both of the reasons for doing, both the impacts produced by that act of doing. In this sense, it is necessary learn how recognize cumulative effects and systemic effects of impacts, throughout an education where the widest space will be given not only to interdisciplinarity, but also to transdisciplinarity, providing opportunities for exchange and interweaving paths of training.
There are many indicators that give us for the first time the scientific evidence of the existence of tipping points in this socio-ecological system that is the biosphere. Investigations coordinated by Johan Rockström director of SRC Stockholm Resilience Center focused scientific attention in these thresholds and tipping points (the so called Planetary Boundaries or PB) and to the setting a global policies for sustainability able to cope with global changes. A great resonance was given to these PB through scientific journals, conferences, online courses (sdsn.edu) and newspapers.
The factors, or drivers, of global change originated in land use, in hoarding resources in privileged points of the planet, in the reduction of forest and natural systems, all aspects that were already present in the distant past, just think of the practice of fires to get land for agriculture in place for thousands of years. After the Second World War our access to increasingly powerful technologies and demographic growth have multiplied human impacts with unheard acceleration. We have now scientific evidence: the process triggered by these accelerated drivers produces unpredictable, nonlinear and unexpected situations.
These pressures cause environmental change that are local and global with impacts on living that includes the whole of humanity, increasing global climate changes, that can be catastrophic
, à la René Thom. While in Earth history the effects of the dynamics of the earth’s crust and the biosphere were relatively slow albeit with huge variations, during the Holocene yearly mean changes in global temperature were contained in the range of one degree Celsius. The Anthropocene is the new period dominated by mankind, the impact of which could lead to large variations up to 6 degrees according to current estimates, increasing the risk of a hostile environment for human life.
The human pressure amending biosphere affects macroscopically the socio-ecological system: social inequality, climate change, ecosystem degradation and, consequently, environmental services reduction. However, today more than ever, we have the scientific knowledge for interpreting changes and steer transformations, but we have also the power to give to human pressure a positive or a negative influence in global changes. We can choose and this is a possibility that mankind never had before.
The quest within the planning science must cope with the changes, but planners can not solve the environmental question without first assume a real responsibility recognizing planning as a major human tool that can drive the global changes, not only working in urban sustainability, because artificial lands are affecting only the 0.6% of land, but in the human uses of land, that are affecting 40% of dry land. The urban issue has become a global environmental issue, interweaving social imbalances, inequalities in resource consumption, new environmental technologies.
The city is a complex socio-ecological systems that guides the agricultural and wooded land uses. If once cities (that is to say: the citizens) were predators of resources, now they must become stewards of the biosphere, promoting research and training to preserve the optimum conditions of the Holocene.
For a land use planner act safely without exceeding the thresholds of concern and danger in relation with risks of global changes and disasters
means get out of reductionism to take an overview of global land use and to promote international agreements on land property so as to enhance the assessments of environmental impacts of plans and projects. Land use planning must recognize the areas in which so far has been confined to: an area closed by the fact -the discretionary choice of land use, in most cases without rules and laws- and reductionism -planning as a mere administrative tool of politics, not a science from which drops techniques, ie without cognitive processes useful to interpret the impact and the consequences of choices and to make and transmit knowledge.
To remain within a safe operating space means to face planning in terms of science, located in the context of ecology, so to derive appropriate technologies; it is to adapt the law to the biosphere laws; it is to ensure social equity, satisfaction of basic needs and equal access to social services , through a governable process of choices and implementations. It means adopting strategies shared in technological processes and technological products in the production of the territory, but it also means to offer of higher levels of education and widespread forms of participation, so to being able to work in synergy with governments.
The set of definitions about sustainability influences either theory and practice of planning both in the definition of protocols for surveys (carrying capacity, sustainability, urban metabolism, ecological footprint, environmental quality, life quality, affluence) and opens to the earth science disciplines and connecting them to social science disciplines (international cross-disciplinary view) to adopt the principles of precaution and prevention for disaster risk reduction from flooding, earthquakes or floods.
Observations on real cases will serve to understand interactions with geology, as for instance in situations of great natural phenomena (earthquakes) with slope stability; more generally by opening our mind to concepts of physical vulnerability and systemic vulnerability in natural risk assessment just to support land use decisions aimed at prevention.
The aim, starting from the responsibilities and competencies in the territorial government, investigates the potential of urban and regional environmental protection and sustainability of land use changes, noting that the territory and the environment constitute a system with specific systemic properties: only starting from here it is possible define roles of research, policy and administration in governing the effects. Hence the importance of instrumental quantitative knowledge, of spatial data infrastructure, of survey standard protocols and certification of data needed to understand the impact of changes in land use.
One of the key messages of the Stockholm Resilience Centre is a warning: notwithstanding our increased knowledge, because there is no doubt we have a scientific knowledge as we never had before, global changes will manifest themselves in exceedances of tipping points with sudden instability by which the biosphere will move to new and unpredictable conditions of stability. There will be no linearity but continuous opening of surprises
with a very high risk of pushing ourselves very rapidly outside of the Holocene stability
. This is one, but another key message we have to memorize: it is that of Yann Artus-Bertrand in his documentary Home: It’s too late to be a pessimist
. We need to properly plan the land use, we need to properly implement these plans. Now.
The topics covered require the construction of a training program capable of making sense and scientific dignity to planning. It aims to strengthen autonomy, so to integrate planning with the earth sciences and overtake the narrow scope of a service within public administrations activities. The aim is to sensitize students to the current size of the environmental and urban issues as well as to the tools of planning, giving awareness of the responsibilities of governing and politics in the face of global changes, discarding approximations and a priori judgments, recognizing the importance of quantitative knowledge, statistical modeling and Information Technology.
In a biosphere inhabited by complex socio-ecological systems and dominated by human action, we need increasingly sophisticated space analysis with statistical techniques and cross-scale links. Global and local levels have never been so intertwined as now. Land use planning should increase the resilience of cities and regions in the face of extreme risks due to exceptional events, in the knowledge that the world population growth is affected by a higher rate of migration and often aggravates the dangerous conditions in the weakest areas from the political point of view , social and productive, and in the most exposed to natural hazards. The consequences are compounded by systemic and unpredictable effects that even more so require caution in planning, in its implementation and in management of the built environment.
The land use planning in seismic areas has to deal with interactions both with the geophysical aspects of the sites and building characteristics, learning from the analysis of case studies and preparing adequate regulations for microzoning and integrated planning. The basis of planning is the knowledge of the risk, the vulnerability of buildings, not forgetting what concerns cultural and architectural heritage, the true backbone of any social identity. In this sense, the vulnerability is not just about building vulnerability, but about public works and socio-territorial systems, because it is no longer possible