Non l'ho mai chiamato Big Bang
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Anteprima del libro
Non l'ho mai chiamato Big Bang - Alessandro Bottino
1
Primi indizi su George Gamow
Andando in campagna, vi è mai capitato di osservare in quale modo le mucche muovono le mandibole mentre ruminano? Probabilmente ci avete fatto caso. Ma c’è addirittura chi, oltre ad osservare, è voluto andare a fondo della questione e si è posto una domanda fondamentale: il ruminante muove le mandibole solo orizzontalmente, oppure anche su e giù, in modo che ne risulti un movimento rotatorio? E ancora. Se il movimento dovesse effettivamente essere rotatorio, segue il verso delle lancette dell’orologio o è magari antiorario?
C’è da scommettere che una domanda così solo dei fisici un po’ stravaganti possono essersela posta; ma la stravaganza forse non è quella di porsi la domanda, quanto piuttosto scriverci su una comunicazione scientifica, e di spedirla a Nature, rivista scientifica di grande prestigio.
Qui entra in gioco George Gamow, il fisico di cui ci occupiamo in questo libro. Doveva essersi imbattuto nel lavoro alquanto originale di due giovani fisici, Pascual Jordan e Ralph de Laer Kronig, che nel 1927 pubblicarono proprio su Nature un breve articolo dal titolo Movements of the Lower Jaw of Cattle during Mastication [JdL]¹. Dal momento che i due fisici in questione lavoravano niente meno che all’Istituto di Fisica Teorica dell’Università di Copenhagen, diretto da Niels Bohr, una grande celebrità della meccanica quantistica, probabilmente questi due giovani autori facevano proprio sul serio.
George Gamow, da quel tipo estroso che era, non esitò a costruirvi sopra una storiella divertente. Raccontò a suoi amici² di aver fatto lui stesso delle interessanti osservazioni sui ruminanti in occasione di un suo soggiorno in Danimarca, riscontrando che la rotazione avveniva prevalentemente in senso orario. Ma di aver poi ripetuto le stesse osservazioni durante un viaggio in Brasile; e qui il verso di rotazione era risultato essere opposto. Gamow disse di aver concluso che doveva trattarsi di un effetto dovuto alla forza di Coriolis (quella forza che, in un ciclone, fa muovere le masse d’aria in verso orario o antiorario, a seconda dell’emisfero)! La boutade di Gamow si concludeva con l’affermazione di aver mandato sull’argomento una lettera a Nature – e che però la rivista l’aveva respinta.
Ma chi era veramente George Gamow e perché raccontare la sua storia?
Nato a Odessa (Ucraina) nel 1904 e morto a Boulder (Colorado, USA) nel 1968, Gamow visse a cavallo di un periodo storico caratterizzato da conflitti (la Prima Guerra Mondiale, la Rivoluzione Russa, la Seconda Guerra Mondiale) e da eventi complessi (l’ascesa del regime di Stalin in Unione Sovietica, la Grande Depressione, l’ascesa del nazismo in Europa, poi la Guerra Fredda). Da alcuni di questi eventi fu fortemente condizionato – e questo è il caso del periodo giovanile passato in buona parte in Russia. Di altri evitò i danni maggiori, facendo la scelta di lasciare definitivamente l’Europa per gli Stati Uniti d’America nel 1934.
Gamow fu il fisico teorico al quale la fisica moderna deve molte delle più importanti scoperte del secolo scorso, in quel periodo di rapidissimo sviluppo che va dalla fine degli anni ‘20 agli anni ‘60.
Nel primo quarto di secolo erano nate nuove fondamentali teorie: la meccanica quantistica, la teoria della relatività ristretta e quella della relatività generale, quest’ultima con le sue dirette conseguenze per la cosmologia. Alla fine degli anni venti, il nuovo quadro teorico - assieme alle scoperte sperimentali, tra cui le emissioni da parte delle sostanze radioattive - apriva vastissimi nuovi campi di indagine.
George Gamow fu uno dei maggiori protagonisti di quell’epoca. Inesauribile nell’aprire nuove e fondamentali vie nella fisica, Gamow fu il primo ad applicare, nel 1928, l’allora nuova teoria della meccanica quantistica alla fisica nucleare, e a fornire ai colleghi sperimentali l’idea ispiratrice per il primo acceleratore di particelle in grado di scandagliare il nucleo atomico. Sempre in fisica nucleare, si deve a Gamow la formulazione di un modello del nucleo atomico (detto a goccia
) nel quale il nucleo atomico viene assimilato ad una goccia di liquido – modello che permette una semplicissima visualizzazione delle trasformazioni nucleari di fissione e di fusione.
Questo fu solo il suo brillante inizio negli anni giovanili. Gamow intraprese poi cammini di ricerca in ambiti diversi, occupandosi di astrofisica, dove contribuì in modo determinante alla descrizione dei meccanismi di produzione di energia nelle stelle, in un susseguirsi di nuove intuizioni che lo portarono progressivamente, quale naturale erede di Alexander Friedmann e Georges Lemaître (i padri della formulazione dell’universo in espansione), a porre le basi del modello cosmologico del Big Bang. Si avventurò persino in campi estranei alle sue più dirette competenze, cercando di decifrare il codice che permette il trasferimento dell’informazione contenuta nel DNA al processo di produzione delle proteine.
Gamow era fermamente convinto che condizione imprescindibile per il progresso scientifico fosse lo scambio, la condivisione di informazioni e risultati, e per questo fu un grande innovatore, facendosi promotore negli Stati Uniti dell’organizzazione di cicli di conferenze e di occasioni d’incontro, ispirandosi a quanto avveniva solo in alcune rare istituzioni in Europa. Innovativo fu anche il suo approccio di ricerca inteso ad avvalersi di forme di interdisciplinarità tra diversi settori della fisica. Esempio tipico fu l’applicazione delle nascenti proprietà della fisica nucleare nell’ambito astrofisico, creando, ante-litteram, quel settore di ricerca che in tempi recenti venne ad assumere la denominazione di fisica astroparticellare.
Ma tutto questo suo estro scientifico Gamow lo svolgeva in uno stile assolutamente sui generis. Gamow visse tutte le sue straordinarie intuizioni scientifiche con una particolare propensione per lo scherzo, la burla, le battute di spirito. Fare fisica era per lui – innanzi tutto – divertirsi. E far divertire. Una certa spavalderia non doveva fargli difetto. Di talento ne aveva a iosa, e sicuramente ne era consapevole. Quindi poteva permettersi di mescolare, anche nella sua attività professionale, serio e faceto, con grande disinvoltura.
Anche solo a incontrarlo per la prima volta, si doveva rimanere impressionati dalla sua persona. Così lo descrive un suo collega dell’Università George Washington di Washington D.C., dove Gamow insegnò e fece ricerca dal 1934 al 1956: Nell’agosto del 1934 comparve uno scienziato emigrato dall’Ucraina, un metro e novanta di altezza, sui trent’anni, con capelli chiarissimi. I suoi occhi di un blu luminoso brillavano nel modo tipico dei miopi, dietro delle lenti che sembravano fondi di bottiglia. Conversava con un gruppo cosmopolita di amici in varie lingue europee, con ritmo di voce discontinuo ma poetico, vivace e per lo più acuto. Il suo nome: George Gamow
[Har1].
Naturalmente, però, l’impatto maggiore nell’incontrare Gamow era quello intellettuale. Soprattutto a causa del guizzo inventivo con il quale affrontava i problemi di fisica e l’estrema facilità a trovare le vie più dirette e originali per ricavarne la soluzione. Comunicando sempre all’interlocutore, che fosse amico di studio oppure allievo oppure collega, l’entusiasmo per il risultato ottenuto e il divertimento che aveva provato nel ricavarlo.
L’impulsività e la precipitosità del suo modo di procedere potevano però portare talvolta a dedurre risultati sbagliati, o almeno imprecisi. Ma Gamow reclamava il diritto a fare degli errori, quale inciampo inevitabile per chi affronta la ricerca con l’azzardo del proporre idee totalmente nuove.
Gamow fu anche grande divulgatore. Raccontare la fisica, anche a chi di fisica era digiuno, rientrava nelle sue corde naturali. E così attorno al 1928 si inventò un personaggio, Mr C. G. H. Tompkins, improbabile impiegato di banca che, per un caso accidentale, si appassiona alla fisica.
Questo per Gamow fu occasione per raccontarci storie fantasiose - Gamow stesso precisa però non trattarsi di fantascienza - orchestrate attorno alla meccanica quantistica, alla relatività, alla fisica nucleare. Mr Tompkins, avatar di George Gamow? Alcuni indizi lo farebbero pensare: in un suo scritto scientifico, in collaborazione con Edward Teller [GT1], sulla molto reputata rivista americana Physical Review ringrazia Mr Tompkins per aver suggerito l’argomento dell’articolo
!
I numerosi libri scritti da Gamow su Mr Tompkins divennero presto dei best-seller, tradotti in moltissime lingue – e ciò non fu visto di buon occhio da alcuni suoi colleghi. Per dirla con Wolfgang Yourgrau, fisico e storico della scienza, molti scienziati non amano una divulgazione di eccessiva semplificazione, ciò che equivale a svilire i sacri rituali della nostra professione
³.
Comunque sia, sta di fatto che, nonostante i moltissimi contributi di grande rilievo scientifico di Gamow, la storia è stata piuttosto avara nell’attribuirgli riconoscimenti che fossero effettivamente all’altezza delle sue scoperte. E la sua notorietà professionale risultò molto inferiore a quella che i suoi risultati scientifici avrebbero dovuto comportare.
Una critica che gli venne spesso rivolta era di essere troppo impetuoso e spesso approssimativo nell’elaborare le sue idee, svogliato e negligente nelle derivazioni matematiche. Gli si rimproverava di procedere per scorciatoie, quick and dirty (rapide e sporche), pur di arrivare velocemente al risultato. Insomma, gli si rimproverava di comportarsi proprio come la sua genialità istintiva e sbrigativa lo induceva ad essere.
Naturalmente molto è stato scritto su George Gamow, e una delle fonti più dirette sui fatti della sua vita giovanile la troviamo nell’autobiografia che scrisse negli ultimi anni della sua vita. L’autobiografia è molto atipica, nello stile dell’autore. Lo è già nel titolo: My World Line. An Informal Autobiography [GG70]. Che intenda essere informale nella sua esposizione ce lo ribadisce Gamow stesso nella prefazione, quando dice che il contenuto del libro è semplicemente una raccolta di storie che lui amerebbe raccontare ad un gruppo di amici, dopo una buona cena, davanti al caminetto. E My World Line (La mia linea di Universo), mutuato dalla terminologia della relatività, sta a indicare un cammino nello spazio-tempo simbolicamente rappresentativo del suo personale tragitto di vita e di scienza.
In questa sua autobiografia, l’evoluzione esistenziale e scientifica dell’autore viene descritta con grandi dettagli, spesso pittoreschi, per quanto riguarda la prima metà della sua vita. Ossia quella trascorsa principalmente in Russia, con alcune cruciali peregrinazioni presso alcuni dei principali santuari della fisica del tempo (siamo alla fine degli anni ’20 del Novecento): l’Istituto di Fisica Teorica diretto da Max Born a Göttingen, l’Istituto di Fisica Teorica di Niels Bohr situato al n. 15 della mitica via Blegdamsvej di Copenaghen, il Cavendish Laboratory a Cambridge, dove Ernest Rutherford conduceva le sue memorabili ricerche sperimentali di fisica nucleare. Di questo periodo Gamow racconta anche aneddoti marginali, proprio come avrebbe fatto con vecchi amici, riandando con la memoria ai ricordi delle sue esperienze di gioventù. E si percepisce tutta la nostalgia che deve aver provato, nella sua vita matura, per il Paese di origine, la Russia, dove non sarebbe mai più tornato, dopo la sua defezione nel 1934.
Circa tutto il periodo trascorso negli Stati Uniti a partire da quella data, Gamow si limita, nella sua autobiografia, ad alcune sintesi molto schematiche. Forse pensava di svilupparle successivamente, ma ne fu impedito dalle sue precarie condizioni di salute? Il suo collega ed amico Stanislav Ulam, che scrisse la prefazione a My World Line, ci riferisce invece che Gamow gli ripeté più volte di essersi astenuto intenzionalmente dall’ampliare il resoconto sulla sua attività negli Stati Uniti, per evitare che alcune sue considerazioni potessero risultare spiacevoli ad alcune persone.
Uno degli autori che più ci aiutano a ricostruire lo svolgimento delle attività di Gamow nell’età matura vissuta negli Stati Uniti a partire dal 1934 è il fisico Eamon Harper, professore all’Università George Washington, in una biografia molto illuminante sugli aspetti scientifici [Har2]. Da questa attingeremo molti fatti e commenti.
Il nostro racconto muove però principalmente dall’intervista che venne fatta a Gamow da Charles Weiner nella primavera del 1968, e la cui trascrizione è conservata dall’American Institute of Physics e disponibile per libera consultazione sulla rete [AIP]. Vale la pena di accennare ad alcune caratteristiche di questo evento.
Il luogo. È quello della casa di Gamow a Boulder, nel Colorado, località in cui si trasferì nel 1956, quando lasciò Washington.
Il tempo. La lunga intervista avviene nell’arco di due giorni: il 25 e il 26 aprile del 1968. Gamow è già molto debilitato per problemi di salute legati all’alcol e al fumo - morirà nell’agosto di quello stesso anno.
Gli attori. Sono tre. Il protagonista è ovviamente Gamow, ma l’intervistatore è sicuramente un comprimario di rilievo: Charles Weiner, oltre che storico della scienza, all’epoca dell’intervista era già figura di rilievo nel metodo di acquisizione di