Re Lear
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William Shakespeare
William Shakespeare is the world's greatest ever playwright. Born in 1564, he split his time between Stratford-upon-Avon and London, where he worked as a playwright, poet and actor. In 1582 he married Anne Hathaway. Shakespeare died in 1616 at the age of fifty-two, leaving three children—Susanna, Hamnet and Judith. The rest is silence.
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Anteprima del libro
Re Lear - William Shakespeare
Re Lear
Giulio Carcano
King Lear
The characters and use of language in the work do not express the views of the publisher. The work is published as a historical document that describes its contemporary human perception.
Copyright © 1606, 2020 William Shakespeare and SAGA Egmont
All rights reserved
ISBN: 9788726569254
1. e-book edition, 2020
Format: EPUB 3.0
All rights reserved. No part of this publication may be reproduced, stored in a retrievial system, or transmitted, in any form or by any means without the prior written permission of the publisher, nor, be otherwise circulated in any form of binding or cover other than in which it is published and without a similar condition being imposed on the subsequent purchaser.
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Personaggi.
LEAR, Re di Bretagna.
Il RE DI FRANCIA.
Il DUCA DI BORGOGNA.
Il DUCA DI CORNOVAGLIA.
Il DUCA D’ALBANIA.
Il CONTE DI KENT.
Il CONTE DI GLOSTER.
EDGARO, figlio di Gloster.
EDMONDO, figlio bastardo di Gloster.
CURANO, cortigiano.
Un VECCHIO, vassallo di Gloster.
Un MEDICO. •
Il MATTO.
OSVALDO, siniscalco di Gonerilla.
Un UFFIZIALE, al servizio d’Edmondo.
Un GENTILUOMO del Seguito di Cordelia.
Un ARALDO.
SEGUACI del Duca di Cornovaglia.
GONERILLA, figliuole di Lear
REGANA, figliuole di Lear
CORDELIA, figliuole di Lear
Cavalieri del Seguito del Re — Uffiziali — Messi — Soldati
Servi.
La scena è in Bretagna.
Atto primo.
Scena I.
Gran sala di Stato nel palazzo del re Lear.
Kent, gloster, poi edmondo.
Kent. Io pensava che al re fosse più caro il Duca d’Albania che quel di Cornovaglia.
Gloster. Anche a me così parve; ma ora, diviso il regno, non sapreste dire quale de due duchi egli estimi di più: le parti son misurate così, che lo scrupolo istesso non saprebbe fare una scelta.
Kent. Non è vostro figlio che qui viene, signore?
Gloster. Ebbi io il carico del nascer suo. Ma così spesso ho arrossito di confessarlo per mio, che la fronte mi s’è fatta di bronzo.
Kent. Non so comprendervi.
Gloster. Ben lo comprese, signore, la madre di costui, quando le si arrotondò il grembo, e trovossi un bambino nella culla, prima che nel letto un marito. E questo non pute di peccato?
Kent. Non so rimpiangere un peccato, che diede un frutto sì bello.
Gloster. Ma io ho, signore, un altro figliuolo, col beneplacito della legge, solo di qualche anno più adulto,e che pure non m’è più caro. Benché cotesto mariuolo sia venuto al mondo un po’ alla sfacciata, innanzi di esserci chiamato, oh ! sua madre era bella ! il suo nascere mi fu una vera gioia; e il bastardo non si può già rinnegarlo. (A Edmondo.) — Conoscete voi questo nobil barone, Edmondo.?
Edmondo.No, signor mio.
Gloster. È il sire di
Kent. D’ oggi in poi, vi ricordi di lui,come d’un mio amico onorando.
Edmondo. Pronto a servirvi, o signore.
Kent. Io voglio amarvi; e stringermi di più con voi.
Edmondo. Sarà mio studio il meritarlo.
Gloster. Passò fuori ben nove anni, e riparte dal paese.Viene il re.
— Suono di trombe. — Entrano
Lear, il duca di cornovaglia e il duca d’albania,gonerilla, regana, cordelia, con Seguito.
Lear.Gloster, di Francia e di Borgogna i prenci Alla nostra presenza accompagnate.
Gloster. Obbedisco, mio re.
Lear.Noi qui, frattanto,Vogliamo rivelarvi i più riposti Del cor disegni. — Dateci le carte Del nostro regno. A voi, dunque, sia noto Che in tre parti formarlo, e il pondo greve D’ogni cura civil deporre alfine, Onde a più salde giovenili posse Confidarne lincarco, è voler nostro. Così noi, disgravati ornai, lo stanco Piede volger potremo in vèr la fossa. — O Cornovaglia, mio figliuolo! e voi, Albania, che men caro a me non siete, Udite. È questa l’ora, in che prefisso Abbiam di far palese, per ciascuna Delle tre nostre figlie, quanta dote Le appartenga fin d’ or, così sviando-. Di futuri litigi ogni sorgente. Di Francia e di Borgogna i prenci illustri Già troppo a lungo in questa reggia stanno, Per amor della mia più giovin figlia; E van d’una risposta impazienti. — Poi che ceder vogliam sovrano dritto, Cure di Stato e podestà di terre, Ditemi, o figlie, qual più forte m’ami, Onde far lieta con maggior larghezza Quella possiamo, in cui maggiore il merto Ponga maggior diritto. — O Gonerilla, Primogenita mia, tu per la prima Parla.
Gonerilla. Signor, v’ amo più assai di quanto Possa significar parola umana. Più della luce di quest’ occhi miei, Più della libertà, dell’ aria stessa A me caro voi siete ! oltre ogni cosa, Che sia più rara e preziosa al mondo ! Caro non men che la più lieta vita, Con sua grazia e beltà, salute e onore; Più di quanto mai sappia in sulla terra Un figlio amar, sentirsi amato un padre! È un amor questo mio, che inetta rende La voce a dirlo, e povero il respiro I Oh sì ! ben più di tutto questo io v’ amo.
Cordelia. (Da se.) Che far può mai Cordelia?—Amar, tacere.
Lear. Di tutta la region, ch’ ampia si stende(A Gonerilla.)Da questo a quel confin, con le sue brune Foreste ombrose, i pingui campi suoi, ! larghi fiumi d’arborate rive,.E i prati chiusi da gran siepi in giro, Io te nomo signora; e alla tua prole E a quella d’Albania rimanga tutto In perpetuo possesso. — Ora, che dice L’altra figliuola mia, quella sì dolce Regana, sposa al Cornovaglia? — Parla.
Regana. E me compose la medesma creta Che vestì mia sorella; al par di lei Anch’ io m’apprezzo, e il mio sincero core Sente ch’ella spiegò quel grande affetto Che provo io pur: solo gli accenti suoi Fùr troppo brevi; invece, io mi confesso Nemica ad ogni più soave gioia Che de’ sensi nel giro si comprenda: E solo è a me concesso, nell’ amore Di vostra alma persona, esser felice.
Cordelia. Se così fosse… o povera Cordelial Ma noi In me sento, che più ricco assai Di quanto esprimer le mie labbra ponno È l’ amor mio.
Lear. (A Regana.) Quest’ ampia terza parteDel mio bel regno, che non cede, o figlia,Di spazio, di valor, nè di vaghezzaAH’ altra ch’ io concessi a tua sorella,Sia tutta eredità di te, de’ tuoi! — (A Cordelia.)Ed ora, a te, dolcezza nostra e gioia,Ben che l’ultima, a noi cara non meno,Al cui soave giovinetto amoreAnela il sire delle franche viti,E quel del latte borgognoni Qual cosa Dirmi sai tu, che meritar ti possa Un retaggio maggior delle tue suore?Parla
Cordelia.Nulla, o signor.
Lear.Nulla?
Cordelia,Sì, nulla
Lear. Uscir del nulla altro non può chanulla. — Rispondi un’altra volta.
Cordelia. Oh me infelice!Io no, non posso far che sulle labbra H cor mi venga. Come a me ponea Legge il dover, così, nè più nè meno, Amo la maestà del padre mio.
Lear. Oh! che dite, Cordelia? Tal risposta Tosto emendate: ogni vostra fortuna Vi potrebbe costar.
Cordelia. Buon signor mio,La vita mi largiste, e cure e affetto; Ond’io, come in ricambio, i giusti offici Tutti a voi rendo: v’ obbedisco, v’ amo,E v’onoro, qual so. — Perchè, se amore Nutron solo per voi le mie sorelle, Perchè un marito han esse? Allor che sposa Anch’ io sarò, l’uom che riceva il pegno Della mia fede porterà con lui La sua parte d’amor, di fede e omaggio: Poiché all’aitar, come le mie sorelle, Non moverò, v’accerto, amando solo Il padre mio!
Lear. Ma quello che or tu dici Vien dal tuo core?
Cordelia. Sì, buon signor mio.
Lear. Giovine tanto e sì d’ affetti muta!
Cordelia. Oh! dite: tanto giovine e sincera!
Lear. E sia! — La tua sincerità per dote Abbiti dunque. — Per il sacro lume Del sol, per gli alti d’Ècate misteri, E per l’arcano delle sfere influsso Onde nostra esistenza ha vita e morte, Io qui dispoglio ogni paterna cura, Ogni legame naturai di sangue; E al mio core straniera, e a me ti tengo Da questo dì, per sempre. — Oh l nel mio seno Anche il barbaro Scita, anche colui Che la fame satolla con la carne Degli stessi suoi figli, avrà ricetto, Pietade, aita, al par di te, che un giorno Eri mia figliai
Kent.Mio buon sir…
Kent.Silenzio!Nessun vegna fra il drago e il suo furore. — Ed io l’amava tanto! e alle sue dolci Cure io pensava confidar la stanca Vecchiezza mia !… — (A Cordelia.) Vanne di qui. Ti levaDagli occhi mieil Così pace mi dia La tomba, com’ io qui da lei ritiro Il paterno mio core. — Ora si chiami Di Frarrcia il Re, si chiami il Borgognone. Chi si move di voi? — Quest’altra parte, Duchi di Cornovaglia e d’Albania, Delle due figlie mie la dote accresca; E lasciam che l’orgoglio di costei, Ch’ ella noma candor, la faccia sposa. — Di tutto il poter mio, delle sovrane Mie dignità, d’ ogni più largo dritto Di che si fregia lo splendor del soglio, Congiuntamente vi rivesto entrambi. Noi, con alterno soggiornar, verremo Di mese in mese appo ciascun di voi, Con la scorta di cento cavalieri Che a noi serbiam, provvisti a vostro incarco: E per noi stessi riteniam soltanto Nome e insegne di re. Ma !’ alto impero, I redditi del regno e la tutela De la comune sicurezza, a voi, Nostri diletti figli, abbandoniamo. Or delle mie parole vi sia pegno Questa corona, che fra voi divido.(Porgendo loro la corona.)
Kent.Augusto mio signor, che onorai sempre Qual mio sovrano, e come padre amai, E come duce seguii sempre, e quale Unico protettor sempre ho invocato Nelle preghiere mie…
Lear.Piegato è l’ arco, Tesa la corda: dallo stral ti scampa!
Kent. Che in me cada piuttosto, e la sua punta Di questo petto la region penètri! Aspro e rude sia Kent, se Lear è folle ! ¹O vecchio, che far vuoi? Credi tu forse Che, se il potere alle lusinghe è prono, Il dover tremi e taccia? È la schiettezza Un manto dell’ onor, quando a follia La maestà declina. — O mio signore, Muta la tua sentenza, e con più saggio Consiglio il vergognoso impeto affrena. Del mio giudicio la mia vita stessa Ti risponda: la tua più giovin figlia, No, non può meno amarti; un voto core Non han sempre que’ tanti, che sul labbro Sonar non fanno i lor sommessi accenti.
Lear. Non più,Kent, se ti cai della tua vita !
Kent. Altro.per me non fu la vita mai