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Il ritorno del capitano
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E-book238 pagine3 ore

Il ritorno del capitano

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Info su questo ebook

Inghilterra, 1820
Intrappolato tra i ghiacci dell'Artico, l'intrepido esploratore Conrad Essington ha un unico pensiero che tiene viva la sua speranza: Katie Vickers, la bella fidanzata che lo aspetta. Finalmente a casa, non vede l'ora di stringerla tra le braccia e dimenticare, grazie a lei, l'incubo del terribile inverno appena passato. Ma gli ultimi diciotto mesi non sono stati facili nemmeno per Katie. Vittima delle maldicenze dello zio di Conrad, il potente Marchese di Helton, la sua credibilità di ricercatrice presso la comunità scientifica è stata messa seriamente in discussione e, oltre a questo, era ormai convita che non avrebbe più rivisto l'amato fidanzato. Così, quando se lo ritrova davanti, crede sia impossibile che il loro sogno, rimasto tanto a lungo congelato, possa vedere una nuova primavera.
LinguaItaliano
Data di uscita10 nov 2021
ISBN9788830536296
Il ritorno del capitano

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    Anteprima del libro

    Il ritorno del capitano - Georgie Lee

    Copertina. «Il ritorno del capitano» di Lee Georgie

    Immagine di copertina:

    Nicola Parrella

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    The Captain’s Frozen Dream

    Harlequin Historical

    © 2015 Georgie Reinstein

    Traduzione di Elena Rossi

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2015 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-3053-629-6

    Frontespizio. «Il ritorno del capitano» di Lee Georgie

    1

    Inghilterra, 1 ottobre 1820

    «No, lasciatemi andare!» Una voce femminile alterata echeggiò tra le colline del Sussex occidentale.

    Il capitano Conrad Essington spronò il cavallo e, mentre superava una cunetta della strada, vide un calesse a lato della carreggiata, con il cavallo che brucava pigramente l’erba. Su un dolce rilievo, poco oltre l’ombra di un grande frassino, si stagliavano le figure di un uomo e di una donna, illuminati dal sole alle spalle. La donna cercava di allontanarsi, ma lui la tratteneva per un braccio.

    «Ascoltatemi» la esortò l’uomo.

    Lei cercò di liberarsi dalla sua stretta. «No, non voglio sentire.»

    «Posso esservi di qualche aiuto?» gridò Conrad, scivolando dalla sella e passando le redini oltre la testa del cavallo.

    L’uomo lasciò la donna e fece un cenno sbrigativo. «Vi assicuro che va tutto bene.»

    Poco convinto, Conrad proseguì verso l’altura. L’erba secca scricchiolava sotto i suoi stivali, rilasciando l’odore intenso della terra calda e arida. Respirò a fondo. Anche con il sentore dell’autunno nell’aria, dopo un anno e mezzo nelle terre gelate dell’Artico, quello gli sembrava un paradiso.

    «E voi, milady, state bene?»

    La luce del sole alle sue spalle nascondeva i lineamenti, ma non la rotondità dei fianchi sotto l’abito verde scuro e i luminosi riccioli biondi che le incorniciavano il volto.

    «Niente affatto.» Fu la familiare melodia della sua voce più che il tono esitante a rallentare i passi di Conrad. Risvegliò dal profondo una felicità che non aveva più provato da quando era salito a bordo della nave di Sua Maestà, la Gorgon, ed era salpato alla ricerca del passaggio a nordovest.

    La donna cominciò ad avanzare verso di lui, entrando nell’ombra dell’albero. Senza la luce violenta del sole, Conrad poté distinguere la linea delle guance e il naso ben disegnato; i luminosi occhi azzurri lo fecero fermare sui propri passi, incantato, mentre si avvicinava.

    «Katie?» Nelle ore buie del lungo inverno a bordo della Gorgon, quando il sole restava nascosto per mesi sotto la linea dell’orizzonte, aveva sognato il momento in cui l’avrebbe rivista. Aveva pensato solo a quello, durante la lunga marcia attraverso il ghiaccio e la neve, e sulla nave che l’aveva riportato a casa. Era l’unico pensiero che l’aveva guidato dallo sbarco a Portsmouth, quel mattino. Aveva mandato avanti il suo luogotenente, Henry Sefton, perché andasse a Londra a riportare la relazione ufficiale, in modo che lui potesse cercare Katie. Non si sarebbe mai aspettato di incontrarla per caso sulla strada per Londra, e nemmeno di trovarla più bella di quanto ricordasse.

    «Conrad?» L’incredulità danzava nei suoi occhi alla luce del giorno morente, facendoli brillare come il sole polare sul ghiaccio. «Sei davvero tu?»

    «Sì.» Lui sollevò una mano per toccarle la guancia, poi esitò, temendo che, se l’avesse sfiorata, sarebbe scomparsa come uno dei tanti miraggi che aveva visto sul mare artico. Tornare in Inghilterra e rivedere Katie gli era sembrato un sogno impossibile, dalla morsa gelida di una nave imprigionata nei ghiacci e nell’oscurità. Anche quando l’odore delle colline calcaree dell’Essex aveva sostituito il tanfo dell’acqua di sentina, la sua mente provata non riusciva a credere che le prove fossero finite. Solo in quel momento, con il piccolo mento di Katie così vicino al palmo della sua mano, le folte ciglia che fluttuavano incredule, la morsa dell’incubo cominciò finalmente ad allentarsi.

    Sono a casa.

    Conrad le sfiorò il viso con la punta delle dita e il tepore della sua pelle lo fece rabbrividire per la prima volta in oltre un anno per qualcosa che non fosse il freddo. Nonostante le ombre sotto gli occhi, il lieve rossore che si diffondeva sotto la spruzzata di lentiggini avrebbe potuto tenerlo incatenato per ore. Si fece più vicino, anelando il dolce sapore delle sue labbra dischiuse dalla sorpresa. Era stato troppo a lungo senza il conforto del suo abbraccio.

    Si chinò su di lei, pronto a reclamare la sua bocca, ma Katie non sollevò il viso per andargli incontro. La mano di Conrad rimase rigida sulla sua guancia, mentre aspettava che la donna che aveva lasciato più di un anno e mezzo prima lo abbracciasse, ma lei non lo fece. Nei suoi occhi non c’era l’amore che vi aveva visto partendo da Greenwich, ma solo stupore. Era la stessa mancanza di fiducia che aveva visto negli occhi di Aaron prima che si incamminasse nella neve, incontro alla morte. Conrad sentì lo stomaco contrarsi come la notte in cui lui e Henry avevano guardato il mare ghiacciato chiudersi intorno alla Gorgon.

    «Miss Vickers, conoscete quest’uomo?» domandò il gentiluomo che era con lei. La sua intrusione fu violenta quanto il baratro di silenzio che si era aperto tra Katie e Conrad.

    «Sì.» Lei fece un passo indietro, sottraendosi al suo tocco, e arrossì in volto. «Capitano Essington, permettete che vi presenti Mr. Prevett.»

    Conrad si raddrizzò e lasciò ricadere la mano. Le dita, rigide dopo mesi di gelo, si chiusero a pugno lungo il fianco. Fissò Katie, incerto della propria posizione come lo era stato quando la Gorgon si era spinta a nord, oltre le regioni segnate sulle mappe. Scrutò il suo volto in cerca di una spiegazione, riluttante ad ascoltare quella che gli avrebbe dato.

    «Il capitano Essington è il mio fidanzato.»

    Conrad allentò il pugno. Qualsiasi cosa fosse cambiata tra loro, almeno quello era ancora reale.

    Lo sguardo di Prevett passò più volte da Conrad a Katie, poi un sorriso imbarazzato gli curvò le labbra sottili. «Capitano Essington? Non posso crederci! Tutta l’Inghilterra vi crede morto.»

    «L’ho creduto anch’io, più di una volta.» Conrad intrecciò le dita dietro la schiena, esaminando l’uomo come se fosse un giovane ufficiale indisciplinato. «Ditemi, Mr. Prevett, che cosa ci fate qui, solo con Miss Vickers? Non pensate alla sua reputazione?»

    «La sua reputazione?» L’altro fece una smorfia, prima che un’occhiata feroce di Conrad lo facesse rinsavire. «Eravamo alla ricerca di fossili. Sono stato fortunato a trovarne parecchi, qui intorno.»

    Mr. Prevett, che non dimostrava più di trent’anni, sembrava vestito troppo bene per dare la caccia solo ai fossili. «Mi è parso che aveste una discussione piuttosto accesa.»

    «Non eravamo d’accordo sul metodo di ricerca» si affrettò a spiegare Katie. «Lui voleva che seguissi il suo, ma io ho le mie idee su come procedere.»

    «A proposito, io devo tornare a casa. Mia moglie mi sta aspettando.» Mr. Prevett oltrepassò Conrad e si fermò poco distante. «Congratulazioni per il vostro ritorno, capitano Essington. Sono ansioso di leggere il vostro resoconto, quando lo pubblicherete.»

    «Ve ne farò avere una copia» replicò Conrad, ansioso di restare solo con Katie.

    Mr. Prevett discese il pendio e poco dopo si udirono lo stridio delle ruote sulla strada e il rumore degli zoccoli del cavallo, mentre il calesse spariva alla vista.

    Katie non si voltò a guardarlo, ma rimase concentrata su Conrad, rigirandosi con gesti nervosi l’anello con l’opale che portava al dito.

    «Hai fatto così presto a dimenticarmi?» l’accusò lui in tono sospettoso.

    «Presto?» Katie rimise a posto l’anello. «Mi avevi promesso che saresti stato via solo sei mesi, per la durata dell’estate artica, ma i sei mesi sono passati da più di un anno. Ti ho creduto morto, come tutti. Come osi venire qui ad accusarmi?»

    Conrad tenne sotto controllo i sospetti come una vela in una tempesta. Doveva affrontare la situazione con calma, la stessa con cui era riuscito a superare l’inverno insieme ai suoi uomini. «Voglio solo sapere cosa stava succedendo tra voi due.»

    «Quello che hai visto è il risultato della tua assenza, della scelta di seguire le tue ambizioni, lasciando tutti noi ad affrontarne le conseguenze.»

    Katie scese di corsa la collina, livida di collera come il giorno in cui lo zio di Conrad, il Marchese di Helton, aveva cercato di rovinare la sua reputazione e quella di suo padre. Per quasi un anno aveva dovuto sopportare i sussurri maligni della buona società londinese e degli altezzosi esponenti della Società naturalistica. E adesso anche Conrad gettava altri sospetti sul cumulo costruito da suo zio.

    «Katie, aspetta!» la chiamò, correndole dietro.

    Lei si voltò per affrontarlo e le accuse le morirono sulle labbra, vedendolo correre sull’erba. Non è morto.

    Il cuore le fece un balzo nel petto, ma il dolore per tutto ciò che aveva sofferto durante la sua assenza offuscò la gioia. Se solo fosse tornato prima che cominciassero tutti i guai! «Ti ho atteso per più di un anno, non aspetterò più.»

    Gli voltò le spalle e raggiunse la strada; la polvere sollevata dal calesse di Mr. Prevett la prese alla gola come l’amara ingiustizia del ritorno di Conrad. Aveva pregato così tante notti che tornasse a casa. Veder esaudite le sue preghiere solo quando ormai era troppo tardi le causava lo stesso dolore che aveva provato il giorno in cui aveva finalmente accettato che fosse morto.

    Solo che non era morto.

    Si premette le dita sulle tempie, cercando di assorbire la realtà, ma era troppo, specie dopo tutto ciò che aveva passato quel giorno. Si sentì ancora più abbattuta alla vista della sua sacca di tela accanto al bordo della strada, abbandonata da Mr. Prevett prima di andarsene. Dentro c’era una selezione dei suoi appunti e dei suoi schizzi, quelli che era così ansiosa di mostrare al dottor Mantell. Si conficcò le unghie nei palmi, pensando al tradimento di Prevett. Era la seconda volta che veniva ingannata da un uomo che credeva suo alleato nella lotta per riconquistare la stima della Società naturalistica. Ignorava che Prevett era stato influenzato dai pettegolezzi di Londra al punto da credere di poter fare di lei la sua amante. Se non altro non aveva cercato di imporsi con la forza, come aveva fatto l’altro finto amico.

    Si fermò davanti alla sacca di tela con il fondo di cuoio, sentendo tutta la solitudine che aveva provato in gioventù, quando suo padre era solito chiudersi a chiave nel suo studio per ore.

    Per quanto le costasse ammetterlo, sua madre aveva ragione: una donna poteva contare solo su se stessa.

    Raccolse la borsa, poi si girò e vide Conrad in piedi accanto al suo cavallo, che accarezzava il naso dell’animale. I cambiamenti che l’avevano colpita quanto la sua resurrezione improvvisa erano accentuati dai fili grigi tra i capelli biondo scuro. Era ancora un uomo imponente, anche se notevolmente più magro; il volto era più spigoloso, ma ciò che impressionava davvero erano i suoi occhi. Non c’era traccia dell’ottimismo e dell’eccitazione che li avevano illuminati prima della partenza. Sembrava che fosse ancora avvolto nel gelo dell’Artico, come lei si sentiva avvolta dalla tristezza, nella casa in Whitemans Green che un tempo aveva diviso con il padre.

    «Si sta facendo tardi. Dovremmo andare.» La tenerezza che aveva addolcito la sua voce sulla collina era sparita.

    «C’è una locanda non lontano da qui. Posso andare a piedi e trascorrere lì la notte; domani mattina prenderò la carrozza pubblica per tornare a casa» protestò Katie senza troppa convinzione, sapendo che non aveva altra scelta se non unirsi a lui. Non aveva il denaro per pagare né la stanza né la carrozza per Whitemans Green.

    «Dovresti conoscermi meglio, Katie.» Conrad si avvicinò e prese la borsa per i manici di legno consunti, sfiorandole le dita, mentre l’afferrava.

    «Non sei obbligato a fare l’eroe, Conrad.» Il tempo in cui era stato in grado di salvarla era passato.

    «Allora lascia che faccia il gentiluomo.» I cerchi sotto gli occhi si erano fatti più scuri con la luce morente del giorno. Non era solo stanchezza fisica, ma una specie di disperazione o senso di perdita, una tristezza che Katie conosceva fin troppo bene. Con titubanza, gli passò un dito sul dorso della mano, travolta dal desiderio di confortarlo, come lui aveva avuto l’abitudine di fare, un tempo. Conrad era la roccia sulla quale lei aveva scelto di costruire la sua vita, solo che poi se n’era andato.

    Lasciò la borsa e si sentì assalire da un senso di pesantezza, mentre si voltava e tornava verso il cavallo. Notò il guizzare dei muscoli sotto l’uniforme sbiadita, mentre legava la borsa alla sella, e la forza con cui tirava le cinghie di cuoio.

    Una volta assicurata la borsa, impugnò le redini e infilò un piede nella staffa. Era un po’ rigido, mentre montava in sella, ma ciò non diminuiva il potere che emanava. Il suo fisico robusto le ricordava le travi utilizzate per sostenere la volta delle miniere e gli alberi che le circondavano. Avevano trascorso innumerevoli pomeriggi sull’erba all’ombra delle querce, rotolando avvinghiati sulla coperta, usando i fossili che lei aveva raccolto per tenerne fermi gli angoli. Nelle parole d’amore che le sussurrava, Katie dimenticava la solitudine che aveva segnato la sua vita. Il ricordo la fece avvampare di piacere e rimpianto. Avrebbe dovuto seguire l’istinto, invece del cuore, e non innamorarsi mai.

    Conrad fece avanzare il cavallo, portandosi al suo fianco, e le tese la mano. Delle cicatrici rossastre gli segnavano il palmo, come vecchie vesciche ormai guarite. Katie sentì uno strappò al cuore alla vista di quelle testimonianze delle difficoltà che doveva aver sopportato, ma mise a tacere il desiderio di confortarlo. Anche lei recava i segni dell’ultimo anno e mezzo, anche se non erano evidenti come i suoi.

    «Forse potremmo camminare.» Era ancora troppo sconvolta per salire in sella con lui e riuscire a mantenere la calma.

    «Ci metteremmo troppo tempo, e sta già facendo buio.»

    Aveva ragione, ma ciò non diminuì il suo disagio, mentre metteva una mano nella sua e faceva scivolare il piede nella staffa. Trasalì, sorpresa dalla forza con cui la issò in sella, e si sentì travolgere nuovamente dal vigore che l’aveva affascinata tre anni prima, quando era venuto a cercare l’aiuto di suo padre.

    Si sistemò sulle sue cosce e cercò di trovare un equilibrio, preoccupata sia di essere troppo vicina a Conrad che di cadere a terra. Il contatto del suo petto contro la spalla era fastidioso quanto la curva della sella che le premeva contro i glutei. Ansimò quando le passò un braccio intorno alla vita, prima di passare le redini nell’altra mano e incitare il cavallo a muoversi.

    «Che cos’è successo fra te e Prevett?» le chiese.

    Katie dondolava a disagio contro di lui, il cavallo che procedeva a passo tranquillo lungo la strada, segnata dalle tracce delle ruote dei carri, con l’erba che cresceva nel mezzo. Teneva la schiena dritta, cercando di mantenere una certa distanza tra loro e di ignorare il contatto con i muscoli possenti delle cosce. Non voleva rispondere alla sua domanda, né rivivere i brutti momenti degli ultimi diciotto mesi, soprattutto la notte in cui aveva rischiato di farsi compromettere, ma sapeva che Conrad aveva già visto troppo e che non si sarebbe lasciato liquidare facilmente. «Gli avevo chiesto di accompagnarmi dal dottor Mantell, per potergli mostrare i miei appunti e gli schizzi che ho fatto dei fossili migliori di mio padre. Purtroppo Prevett ha frainteso il mio invito, scambiandolo per qualcosa di più.»

    «Perché pensava che avresti potuto cedere alle sue avance?» Katie lo sentì irrigidirsi, e il cuore accelerò i battiti. La sua solida presenza era inquietante quanto il suo improvviso ritorno.

    «Perché durante la tua assenza tuo zio ha fatto di tutto per rovinarmi» rispose, innervosita dalla sua vicinanza più ancora che dalla domanda. «Come hai visto, ci è riuscito.»

    «No. Qualsiasi cosa abbia fatto, rimetterò a posto le cose e gliela farò pagare» replicò Conrad. «Te lo prometto.»

    Lei guardò la mano che le teneva sullo stomaco. Sarebbe stato così facile aggrapparsi a lui e credere alla sua promessa, come faceva quando giacevano insieme nel campo sopra la cava d’ardesia, le mani ancora sporche della polvere delle rocce. Allora era stato facile credere al suo amore e alle sue promesse. Ma si era trattato di un’illusione, come una pietra bianca che a distanza sembrava qualcosa di spettacolare, ma da vicino si rivelava una semplice roccia.

    Chiuse gli occhi contro il dolore che le stringeva il petto e cercò di pensare alle ossa che aveva trovato una settimana prima, ripulite con cura e disposte con ordine sul tavolino nel vecchio studio di suo padre. Come faceva sempre, cercò di immaginare l’insieme che formavano, ma non ci riuscì. Non era possibile, quando Conrad le stava così vicino. Riaprì gli occhi proprio mentre raggiungevano un bivio, e lui guidò il cavallo a sinistra.

    «Dove stai andando?» gli domandò. «Whitemans Green è dall’altra parte.»

    «Heims Hall è più vicina» rispose lui. «Potrai riposare lì, stanotte, e domani ti riporterò a casa.»

    «Non voglio andarci.» La sua presenza aveva già evocato troppi ricordi, per quel giorno, e non se la sentiva di affrontarne altri.

    «Non preoccuparti, non saremo soli. Miss Linton dovrebbe essere lì e può farti da chaperon.»

    Katie fece un pesante sospiro. Miss Linton la preoccupava quanto l’idea di trascorrere la notte a Heims Hall. La zitella l’aveva sempre trattata con malcelata ostilità e non l’avrebbe certo accolta a braccia aperte. Probabilmente avrebbe preso da parte Conrad per riferirgli all’orecchio tutti i pettegolezzi disgustosi che il marchese aveva messo in giro su di lei, compreso quello secondo cui lei avrebbe venduto i propri favori per farsi pubblicare un articolo su qualche oscura rivista.

    Katie si appoggiò a Conrad. Non pensava che sarebbe tornato a casa, quindi non aveva previsto che dovesse sentire ciò che si diceva di lei, a Londra. Ora sarebbe stato informato di tutto. Non sapeva

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