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Liberi come sulla battigia
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Liberi come sulla battigia
E-book198 pagine2 ore

Liberi come sulla battigia

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Info su questo ebook

Carlo Voce ha meno di quarantotto ore per prendere una decisione che può

cambiargli la vita, ma si ritrova all'alba sbandato sulla battigia di

una spiaggia in Toscana, senza ricordare come ci sia capitato. Ma poi

gli torna alla mente l'immagine di una catasta di scatoloni pieni di

pulsanti in plastica, siglati con la D di Delete.

A partire da

quel momento si va ricostruendo il suo percorso: la traiettoria si

intreccia con quella di una serie di personaggi, che, a loro volta,

stanno cercando un approdo. Oppure un imbarco, per riportare al largo

esistenze che, per bonaccia o per tempesta, si sono spiaggiate. Sono

marinai, giocatori d'azzardo, musicisti, lavoratori, donne in famiglia o

in carriera, sempre più o meno precarie negli equilibri che la società

ha deciso per loro. Sono "pazzi" dichiarati o "normali" viaggiatori

della vita che in qualche modo impazziscono: di rabbia o d'amore, per

delusione o per logorio, per una volontà cieca e irrazionale che scherza

con le nostre ambizioni o per una libertà inesorabilmente divenuta

obbligo di scelta.

Come sulla battigia, bisogna transitare, da una parte o dall'altra, senza fermarsi mai.

"...Altrimenti ti fanno fuori."
LinguaItaliano
Data di uscita3 mar 2021
ISBN9791220324977
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    Anteprima del libro

    Liberi come sulla battigia - Gabriele De Mori

    info@youcanprint.it

    1.

    IL TRENO DEI DESIDERI

    Un fruscio ritmico e sommesso e una sensazione di soffice umidità sotto la mia schiena: sabbia, a pochi passi da una risacca che struscia lentamente sulla battigia.

    Luce pallida, di un celestino ovattato, tendente al bianco. E' quasi l'alba.

    Un profilo frastagliato di montagne blu tra le mie ciglia e il cielo: le Alpi Apuane.

    Mi riprendo senza troppa convinzione e mi ritrovo sdraiato vicino a riva, su una spiaggia della Versilia.

    Un odore di docciaschiuma al bergamotto e di sudore alcolico, sopra a un fondo persistente di copertone bruciato, mi conferma che sono proprio io, il me in cui io sto tornando.

    Il passaggio dal sonno alla veglia non è immediato: è piuttosto una lunga allucinazione, nella quale la realtà si sta rivelando meno credibile di quanto ci si possa aspettare dai sogni di un drogato. A traghettarmi da una dimensione all'altra è un lamento bambinesco, emesso a voce bassa, monotonamente acuto.

    Pare interminabile.

    Finalmente apro del tutto gli occhi.

    Di fianco a me, inginocchiato sulla spiaggia e con le mani sul viso, ci sta Pier Lamberto Beccari: è spettinato, ha l'abito sgualcito, la sua camicia è macchiata di non si sa che cosa. Ed è insabbiato come se si fosse rotolato sulla spiaggia.

    Lo sciacquone... Lo sciacquone...

    Immediatamente dopo mi alzo in piedi, spazzolando con le mani i miei vestiti ridotti male quasi come i suoi. Forse dovrei coprirmi la faccia anch'io, ma mi limito a farmi schermo agli occhi con le dita per proteggerli dalla luce del sole sorgente.

    Che cosa succede, Pier?

    Lo sciacquone, Charlie! Lo sciacqu... Ho capito, lo sciacquone! Ma cosa...

    Il mio treno... era il mio treno... sono un disgraziato... Pier è un trentacinquenne che lavora da due anni alla Produttrice Stampati Plastici S.r.l., dove io stesso sono stato assunto una decina di mesi fa.

    Pier, prima di approdare alla PSP, vendeva prodotti finanziari di cui conosceva a malapena i nomi. Prima ancora, aveva lavorato, diceva, nel settore delle multiproprietà: aveva cioè investito la liquidazione della sua precedente occupazione di portiere notturno, acquistando un pacchetto di costosissime vacanze da trascorrere in una serie di fantasmagorici resort esotici. Sfortunatamente non era riuscito a rifilarle a nessuno. Alla fine, per riparare il danno, aveva dovuto capitolare a un destino di lavoratore e accettare il posto in fabbrica che gli aveva trovato la ex moglie.

    Lo avevo posato sulla cassetta! Come ho fatto a... Ma... stavo troppo male...

    Rimane inginocchiato, si rimette le mani sul viso, riprende il lamento.

    Ho perso il treno... stanotte... il treno dei desideri... lo sciacquone...

    Il treno dei desideri? Lo sciacquone? Ma cosa...

    Sulla cassetta dello sciacquone... il borsello... cinquemila euro...

    Pier... anch'io fatico a ricordare quel che abbiamo fatto stanotte... Se provi a spiegarti meglio, io posso provare a capire...

    Nel borsello sullo sciacquone... i soldi... i cinquemila euro... un altro treno... perso...

    Gli faccio: Eh?...

    Ma poi comincio a ricordare:

    Ascolta... farfuglio, con la bocca asciutta, tendendogli una mano, forse è meglio che ti alzi in piedi e facciamo due passi...

    Grazie... piagnucola. Mi porge a sua volta una mano, flaccidamente. La tiro a me per aiutarlo a sollevarsi, ma lui è un peso morto e a me gira la testa: gli cado addosso e mi escono due o tre bestemmie, che toccano la sua sensibilità e lo inducono nuovamente al pianto.

    Io ho avuto un'educazione cattolica e fino a poco tempo fa non bestemmiavo mai. Mia madre è sentimentalmente religiosa: non va a messa, ma crede nella divinità di Gesù Cristo e nell'umanità di alcuni papi. Io non so se lassù ci sia ancora qualcuno. Penso che dio sia morto e che chi lo ha ucciso abbia dato la colpa a noi, per potere aprofittare dei nostri sensi di colpa.

    Neanch'io mi sento molto bene! e impreco, rialzandomi in piedi con qualche difficoltà.

    Insisto:

    Dai, Pier... Forza! Alzati e cammina!

    Pier si alza e muovendoci al rallentatore ci mettiamo in

    cammino lungo la riva, mentre il sole a sua volta e con meno fatica si è ormai completamente innalzato al di sopra delle Apuane.

    Finalmente, passeggiando, Pier inizia a spicciolare quel minimo di informazioni che ci rende possibile ricostruire i fatti della notte appena terminata: soprattutto, assodiamo finalmente che Pier sta piangendo perché ha perso il suo borsello.

    All'interno c'erano: il suo Iphone, un portafogli di pitone con una trentina di euro, un flacone di gel quasi vuoto, un pacchetto di chewing-gum quasi vuoto, uno specchietto rotto, una scatola da 12 preservativi piena, mezzo pacchetto di Marlboro Light e una scatolina con alcune pillole blu. Infine conteneva una busta in pelle nera, contenente, a sua volta, cinquemila euro in contanti.

    Ovviamente non suoi.

    Pier si rivede nella discoteca quasi tuffarsi nel primo cesso libero che è riuscito a raggiungere, liberarsi in qualche modo dalla tracolla del borsello e vomitare anche l'anima nella tazza del water. Il borsello, ora gli pare di inquadrarlo, lo aveva posato sulla cassetta dello sciacquone. Poi lui è uscito, ma il borsello lo ha lasciato li.

    Percorso da un brivido, mi rendo conto a mia volta di avere perso la giacca nera di sartoria cinese che indossavo al Superman.

    Controllo freneticamente nelle tasche dei jeans. Sospiro di sollievo: ho ancora il portafogli e il cellulare; le chiavi della macchina e quelle di casa stanno appese al solito

    passante della cintura. Mi pare non avessi nient'altro con me.

    Prendo il cellulare, cerco in rubrica Pier e provo a telefonare: il suo Iphone risulta essere ancora acceso. Ci fermiamo sulla riva del mare e Pier trattiene il respiro. Dopo pochi squilli, qualcuno rifiuta la chiamata.

    E Pier ricomincia il pianto. Dai Pier, non fare così...

    Continuiamo a passeggiare lungo la riva, lentamente. Bottigliette di birra vuote, tovaglioli di carta, mozziconi di sigaretta; bicchieri di plastica trasparente, con tanto di cannucce e resti di fettina d'arancio appassiti: i lasciti di un venerdì notte nelle discoteche e nei locali che si affacciano sulla spiaggia.

    Alcuni tratti di arenile sono già stati attrezzati e, nonostante la sorveglianza delle guardie giurate, durante la notte qualche sdraio è stata prelevata dalla sua postazione ed avvicinata alla riva.

    Il sole di maggio sale rischiarando il cielo, mentre la luna quasi piena sta tramontando sul mare.

    Ma proprio lei - la Luna - ritorna a splendere, decisa, tra le stelle baluginanti nella mia memoria.

    C'è una strada d'argento sul mare nero e placido dinanzi a noi.

    L'immagine seduta sulla rena di fianco a me non somiglia affatto a Pier: è quella di una ragazza mora, con gli occhi grandi e neri, che si chiama Laura; l'ho conosciuta soltanto da qualche ora qui al Superman e adesso stiamo contemplando il passato delle nostre vite.

    I nostri rispettivi sogni, da qui, sembrano già avventurarsi lungo una prospettiva comune. Una comunanza vaga e variamente animata, in parte, anche dalle sostanze assunte nel locale.

    Ricordo che le ho dato il mio numero di telefono e cerco il suo nella mia rubrica.

    Trovo Laura Roulotte Seminuova, e nessun'altra. La mia Laura non c'è.

    Mi arriva un WhatsApp: spero sia lei, ma l'immagine che compare sul display è un selfie di Pier, che manda un bacetto.

    Lo apro immediatamente e leggiamo il messaggio: Grazie per la colazione! Champagne alla vostra salute! (cinque faccette che piangono dal ridere)

    Provo subito a richiamare, ma ormai l'Iphone di Pier è stato spento, probabilmente per sempre.

    E Pier riattacca la litania:

    Il treno... l'ho perso... il mio treno dei desideri... Perdo la pazienza:

    E basta con 'sto belin di treno! Hai perso cinquemila euro, altro che treno! Che cosa c'entra, poi...

    C'entra, c'entra...

    Mi spiega in pratica che prima di uscire per la serata, come d'abitudine, aveva acceso la radio, mettendo una stazione a caso: credeva che la prima frase che avesse sentito gli avrebbe in qualche modo profetizzato l'esito della serata.

    Era un ottimo auspicio, capisci? Ho beccato Celentano proprio mentre stava cantando il treno dei desideri... ...All'incontrario va! Dice: il treno dei desideri all'incontrario val Ma non la conosci, quella canzone?

    No Charlie, qui ti sbagli: è il treno dei miei pensieri, non quello dei desideri, che all'incontrario va...

    Noo, Pier! Dice: NEI miei pensieri... Ma poi chissene... Appena convocato, Pier aveva immediatamente chiamato la ex moglie, per comunicarle che quella sarebbe stata la serata del suo riscatto. Il suo treno dei desideri aveva la carrozzeria e il motore di un Audi 6 guidata da Manuel Boschetti, che sarebbe passata a prenderlo alle 23 per portarlo ad una riunione di lavoro. La ex moglie, donna in carriera, non si era stupita più di tanto, nell'apprendere che l'incontro tra Pier ed il figlio del suo datore di lavoro si sarebbe svolto in discoteca. Era rimasta stupita piuttosto del fatto che anche a Pier, proprio al Pier che lei conosceva bene, venisse veramente offerta una possibilità di carriera.

    2

    SUPERMAN

    Manuel Boschetti aveva sistemato la sua Audi nel piazzale e pagato la tariffa al parcheggiatore.

    Mentre stavamo scendendo dalla macchina per entrare in discoteca, Manuel, notando il borsello Louis-Vitton che Pier portava a tracolla, gli aveva detto:

    Ottimo! Vedo che sei un uomo col borsello! Io questa sera non ho pensato a prenderlo!

    Aveva estratto la busta in pelle dallo sportello del cruscotto e sorridendo, con aria d'intesa, gli aveva detto: Ti affido un piccolo tesoro, che preferirei non lasciare in macchina: in questa busta abbiamo tutto quello che ci serve per finire la serata... come si deve...

    Io, che stavo uscendo da una portiera posteriore, avevo finto di non accorgermene.

    Avevo qualche idea sui programmi che Manuel aveva in mente, ma al momento non ero né entusiasta, né preoccupato. Mi sentivo spettatore: non ero ancora riuscito a entrare come si deve nello spirito della serata.

    Da tempo non frequentavo discoteche e in particolare non mi sono mai sentito a mio agio nei locali glamour tipici della Versilia.

    Ma questa volta, al Superman, sono venuto anch'io per motivi legati in qualche modo alla mia carriera.

    Ho trent'anni compiuti e da quasi dieci sto cercando di lasciare definitivamente il tetto dei miei: cacciato di notte dalla mia ex fidanzata, gelosissima, sloggiato da un ex padrone di casa, esosissimo, alluvionato e fuggito da uno scantinato affittatomi in nero da un ex amico, cornutissimo, alla fine della favola sono sempre tornato da loro.

    Ma circa dieci mesi fa, finalmente, ho trovato un impiego a tempo indeterminato ed un bilocale a un prezzo vantaggioso, né troppo lontano né troppo vicino alla casa dei miei.

    Mio padre e mia madre dovrebbero esserne contenti, ma non è così: vivono ancora particolarmente male il fatto che, dopo un anno di Filosofia - durante il quale ho sostenuto un solo esame - io abbia lasciato l'università per lavorare e vivere alla giornata.

    Quel 30 e lode conquistato nel mio esame su Nietzsche li aveva illusi che avessi trovato la mia strada.

    Invece ho continuato ad errare per anni, macinando chilometri a vuoto, bruciando in benzina quel poco che guadagnavo: ho lavoricchiato in vari ambiti, sempre insoddisfatto, innanzitutto per la paga, cercando sempre qualcos'altro, mostrandomi spesso più flessibile di quanto mi veniva richiesto e più liquido della vischiosa società nella quale ci ritroviamo ad annaspare.

    Parlo poco di queste cose con i miei genitori e questo sicuramente contribuisce a coltivare in loro un oscuro senso di colpa, relativo alla mia condizione di presunto talento sprecato.

    Non sarebbe comunque facile per me spiegare loro che proprio la lettura di Nietzsche ha segnato una svolta nella mia esistenza: lasciata improvvisamente la strada

    vecchia, per me l'unica cosa importante, da quel momento in poi, è ritrovare nella pallida luce dei nostri giorni la tremula e sfuggevole promessa che brillava nella lanterna dell' uomo folle.

    Ho risposto con questo spirito ad un annuncio, per un impiego da Addetto al Controllo Qualità presso la P.S.P. S.r.l, del Cav. Boschetti: in un mondo incentrato sulla quantità, avevo trovato finalmente qualcuno che si preoccupasse della qualità.

    Sono stato selezionato dal Cavaliere in persona, il quale

    - mi ha spiegato - ha trovato in me la figura perfetta per quel ruolo nella sua azienda, che negli ultimi due anni è cresciuta notevolmente e ha dato occupazione ad una trentina di nuovi dipendenti. Poche settimane dopo, avendo saputo casualmente che stavo cercando casa, egli stesso mi ha affittato il bilocale in cui vivo, comodamente situato nella zona industriale.

    Il mio lavoro è di fronte ad una macchina che sforna pulsanti rossi in plastica, quadrati, da cm 6 per 6 e spessi 6 millimetri, sui quali è impressa la D di De!ete: la loro destinazione potrebbe essere la consolle di un videogioco, ma si mormora che sia piuttosto il cruscotto di un terribile carroarmato che viene prodotto in una fabbrica della zona. Non ci è consentito saperlo; né, tanto meno, possiamo avere informazioni sulla destinazione del carroarmato, per chi sia prodotto e contro chi dovrà essere utilizzato. Migliaia di pulsanti pronti ad innescare l'Apocalisse, distruggendo, eliminando, chissà cosa e chissà chi.

    Tutto quello che devo sapere è che la macchina alla quale lavoro non può fermarsi mai e che quando emette il Beep beep ho 30 secondi per ricaricare coi pallini di plastica rossa il suo serbatoio: altrimenti, ritardando l'operazione, la miscela fusa subirebbe una variazione di temperatura che probabilmente andrebbe a compromettere la qualità del prodotto.

    E io

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