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La Maledizione del Lago
La Maledizione del Lago
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E-book284 pagine3 ore

La Maledizione del Lago

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Info su questo ebook

UN LAGO INCANTATO

UNA MALEDIZIONE

UNA MAGICA STORIA D'AMORE

Adán è un giovane confuso e incompreso che lotta per trovare la propria identità in una società travagliata e frenetica. La sua vita è diventata una routine: si sente prigioniero del suo lavoro e in ambito sentimentale sente un grande vuoto che nemmeno i rapporti sessuali riescono a colmare.

Tutto ciò cambia quando un amico d'infanzia gli scrive un messaggio di whatsapp e Adán torna nel paese in cui è cresciuto. Lì incontra Diana, una donna misteriosa di cui si innamora e che lo introduce in un mondo magico, ritrovandosi avvolto in paesaggi onirici, situazioni inspiegabili e la leggenda maledetta del lago ma, soprattutto, in un amore magico e puro.

Chi è Diana? Quale oscuro segreto nasconde il lago? Che relazione c’è tra Adán e tutto questo?

LinguaItaliano
EditoreBadPress
Data di uscita23 apr 2021
ISBN9798201704384
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    Anteprima del libro

    La Maledizione del Lago - Jairo Prieto

    La Maledizione del Lago

    Jairo P. Fernández

    ––––––––

    Traduzione‌ ‌di‌ ‌Roberta‌ ‌Maciocci

    La Maledizione del Lago

    ––––––––

    LA MAGIA ESISTE, CHE TU CI CREDA O NO.

    La Maledizione del Lago

    Autore Jairo Prieto

    Copyright © 2021 Jairo Prieto

    Tutti i diritti riservati

    Distribuito da Babelcube, Inc.

    www.babelcube.com

    Traduzione di Roberta Maciocci

    Babelcube Books e Babelcube sono marchi registrati Babelcube Inc.

    Dedicato alla memoria di Mónica Fernández Carbajo.

    Senza di lei, questa storia non sarebbe stata possibile.

    Sei nel mio cuore. Grazie.

    Contenuti:

    Avvertenza.

    1.

    2.

    3.

    4.

    5.

    6.

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    16.

    17.

    18.

    19.

    20.

    21.

    Articolo estratto da La Opinión de Zamora.

    Avvertenza

    ––––––––

    Questa storia è basata su eventi reali, ma sono stati cambiati i nomi di alcune persone per rispettare la loro privacy e quella dei loro parenti. Il resto è vero: le location, i paesaggi, eventi, fenomeni paranormali ... Tutto è successo proprio nel modo in cui lo racconto, tranne che per alcuni colpi di scena che sono semplici strategie narrative per creare una storia scorrevole, piacevole e armoniosa.

    Il libro contiene alcune scene forti, non dal punto di vista sessuale, soprattutto il finale.

    Ho deciso di scrivere la storia in prima persona in modo che il lettore potesse immedesimarsi nel protagonista e conoscere Diana come l’ho conosciuta io.

    Diana è la grande protagonista di questa magica storia, una gran donna che ha cambiato la mia vita per sempre e grazie alla quale ho iniziato a scrivere. Una donna dal cuore enorme, saggia, guerriera e maga. Un'Artemide moderna con cui ho vissuto cose che sembreranno fantascienza, ma sono successe veramente...

    Vi invito a conoscerla e ad entrare nel suo mondo.

    L'autore,

    Jai

    « Non importa chi sono. Non importa come mi chiamo. Potete chiamarmi Strega. Perché tanto la mia natura è quella.  Da sempre, dal primo vagito, dal primo respiro di vita, dal primo calcio che ho tirato al mondo. Sono una di quelle donne che hanno il fuoco nell’anima, sono una di quelle donne che hanno la vista e l’udito di un gatto, sono una di quelle donne che parlano con gli alberi e le formiche, sono una di quelle donne che hanno il cervello di Ipazia, di Artemisia, di Madame Curie...»

    Estratto da Chiamatemi Strega, di Franca Rame.

    1

    ––––––––

    "Ci ​​sono cose che non hanno logica né importanza, accadono migliaia di volte e alla fine

    finiscono per essere dimenticate. Ma sono le cose importanti e significative lasciano un’impronta

    traccia, quelle che rimangono per sempre nella memoria e nel cuore".

    Tutto ebbe inizio un giorno, al lavoro. Ero seduto davanti al computer, alla mia postazione in un grande ufficio di Madrid. Ricordo che, a fianco della tastiera, avevo delle statuine di supereroi come Capitan America, Superman e l’incredibile Hulk che fissavo imbambolato mentre immaginavo una destinazione esotica per la mia prossima vacanza: l’Isola di Pasqua, Machu Picchu, Pompei, o un viaggio in fuoristrada attraverso la savana africana. Passavo ore e ore immaginando avventure di ogni tipo, delle quali ero sempre il protagonista che riusciva sempre a conquistare la bomba sexy della storia... beep, beep! Mi arrivò un messaggio della mia amica Mamen sul telefonino.

    "Ciaoooo! Ti sei dimenticato della tua miglior amica? Io mi ricordo sempre di te, pulce.

    Spero tu stia benone. Un abbraccio!!! :-)

    Era da tempo che non avevo notizie di Mamen, ma il suo messaggio in quel momento, per me fu come una sorta di salvavita. Da quando mi avevano promosso in azienda avevo a malapena il tempo per qualcosa che non fossero gli affari; la mia vita girava intorno al lavoro, lavoro e ancora lavoro.

    Aprii la chat e le scrissi:

    S.O.S!!!

    Avevo bisogno di scaricare la tensione, quindi uscii in corridoio e la chiamai.

    Cosa ti succede? Stai bene?, mi chiese notando che ero stanco.

    Sono fuso!

    "Tranquillizzati... Respiiiiiira...!

    Perdonami per non essermi fatto vivo prima, ma... il lavoro, come sai feci una voce dispiaciuta Accidenti! non posso neanche più...

    "Hai la sindrome di Burnout. Perché non vieni in paese, questo fine settimana, così stacchi la spina?".

    La mia amica aveva ragione: ero fuso, o, più precisamente, carbonizzato. Passavo le giornate davanti al computer producendo relazioni, nomine, contabilità... e avanti con scartoffie su scartoffie; un lavoro di routine, monotono e noioso che non finiva più e, ciliegina sulla torta, mi avevano fatto un contratto a tempo indeterminato.

    D’accordo, le risposi, accetto la proposta, ma a una condizione.

    Quale?.

    Spassarcela il più possibile.

    Affare fatto, pulce.

    Quello stesso venerdì sera feci la valigia e partii per il paese.

    Era fine giugno e Sanabria[1] si preparava ad accogliere due mesi di caldo, spiagge e turisti con i portafogli pieni di soldi. Questa terra racchiude molti misteri e tradizioni antiche, come quelle dei guaritori, dei cacciatori di lupi di tutta Europa e tutti i tipi di leggende, come quella della Santa Compaña, degli jettatori e abbondanti miti e superstizioni, la maggior parte dei quali ereditate dai popoli celti che vivevano nei paraggi da più di due millenni.

    Le strade del paese mi fecero tornare in mente i ricordi dei tempi passati, quando giocavo a pallone con i miei amici, le gare in bicicletta e le marachelle e gli scherzi che facevamo, come quel giorno in cui incendiammo il pagliaio del paese per fumare di nascosto, o quando ci beccarono che stavamo entrando nella casa del medico per bere la birra del sifone che teneva nel bar del giardino. Che perdigiorno eravamo! Però come ci si divertiva...

    Quella sera mi incontrai con Mamen in un bar del paese per prendere qualcosa e recuperare il tempo perso. Quando la vidi apparire mi sorprese il suo aspetto provocante: minigonna scozzese in stile collegiale, molto corta, camicetta scollata, o meglio, moooolto scollata, sneakers della Nike e una giacchetta nera con croci argentate sul risvolto che le conferivano un aspetto gotico. Appena mi vide cominciò a canticchiare, contenta:

    Tornaaaa, a casa tornaaaa, per Natale...

    Accidenti! Sei rimasta uguale! le dissi squadrandola dall’alto in basso, emozionato.

    Tu invece sembri invecchiato parecchio, pulce. Ti sta facendo male qualcosa, commentò in un tono misto tra derisione e da sorella maggiore. Il suo commento mi butto giù. Era vero quel che diceva: il lavoro e le preoccupazioni mi avevano presentato il conto e era cominciato a spuntarmi anche qualche capello bianco. Ma noooo! Sto scherzando! aggiunse, dandomi una gomitata nel costato. Mi abbracciò. Lo fece con talmente tanta forza che sentii il suo cuore battermi contro le costole. Mi sei mancato un sacco, mi sussurrò.

    Mi raccontò che era stata a Parigi lavorando come solista e che ora voleva andare a vivere in Irlanda per suonare con la filarmonica cittadina.

    Come va con le ragazze? Stai con qualcuna?.

    Bah... una va, una viene, ma niente di serio. Tu, invece? Com’è andata a Parigi?

    "Oh la la la! Merveilleux! Ho conosciuto un ragazzo mentre ballava tra due panterone di cow girl. Chiaramente io stavo guardando un francese e il sudafricano mi impedì di conoscere il parigino. Ho anche conosciuto dei ballerini a teatro. Uno era italiano, bellissimo e ballava da dio. Poi ho conosciuto un cantante francese coi capelli lunghi e biondi che faceva il seducente dal palco. Era lui a tampinarmi, nonostante io lo guardassi soltanto mentre cantava. Poi mi hanno corteggiato un architetto, un economista e un produttore cinematografico irlandese che però a me non interessava perché era sposato.

    Caspita! Vedo che ti sei data da fare!.

    Io non vado in cerca, sono loro che mi vengono dietro. Sono molto seducente e senza rendermene conto li guardo e loro si sciolgono. Ahahah!

    Dovresti trovarti un fidanzato Ariete, sono più tranquilli.

    "Tranquilli? Sono iperattivi e impazienti. Ho avuto un’avventura con un Ariete una volta, e mi stressava. Finché non ho incontrato due persone tranquille. Uno era molto paziente e tranquillino. L’altro passava ore a spazzolarsi tre capelli. La cosa mi piaceva perché mi lasciava del tempo e non mi spazientivo. Era complessato e mi spediva a comprargli uno spray per la crescita dei capelli. Ahahah! Mi sfiniva con i suoi spray per i capelli!

    "In pratica, uscivi con Homer Simpson?".

    "Beh, ora che me lo dici somigliava a Homer Simpson quando ballava e muoveva il collo come quegli struzzi di specie rara che hanno le zampe bianche come le mie".

    Ahahah!.

    Una volta ho conosciuto uno di Firenze, però era della zona est. Non mi ricordo il posto, comunque mi disse che era di Firenze. Super elegante, con la mascella quadrata e sexy. Poi venne fuori che era un fighetto e quindi non mi interessò. Mi diede il numero di telefono e con voce seducente mi disse chiamami. E lì ho chiuso veramente. Un fighetto che voleva che lo conquistassi. I comodoni sono fighetti e non mi interessano. Ahahah! Chi vuole rimorchiarmi deve muovere il culo. Se sei comodone, sei un fighetto. Ahahahah!.

    Qual è il posto più strano dove l’hai fatto?, le chiesi.

    In biblioteca, rispose accendendosi una sigaretta.

    Davvero? In biblioteca?.

    Sì. Ahahah! Era un professore di piano del conservatorio che voleva scoparmi da quando mi vide vestita da Cleopatra e con le labbra dipinte di rosso, per Halloween. In realtà, varie volte. Neanche sapeva chi fossi. Poi suonammo insieme a un concerto e stavo quasi per dirglielo, poi preferii non spaventarlo. Ahahah! Come disse Carl Gabol in Casablanca: Parigi sarà mia per sempre. O, nel mio caso, La Biblioteca Municipale sarà mia per sempre". Ahahah!

    E come va qui in paese?.

    Mi annoio. Non mi piacciono i locali di qua. A me piacciono il jazz e i locali eleganti. Qui non c’è nulla. La gente è scialba. Ascoltano solo reggaeton e techno. Devo andarmene in Irlanda. Un’amica polacca l’altro giorno mi ha detto che io andrei forte in Irlanda. Ora riderai, ma in Biblioteca mi chiamano la parigina spagnola. Spero che un giorno o l’altro mi facciano un monumento. Ahahah!.

    Mamen è fatta così...

    L’ultima ora della serata uscii a passeggiare per una strada che circonda il paese. Le cime degli alberi erano stracolme di uccelli e nuovi germogli. Si potevano distinguere tutte le fragranze: l’aroma di terra umida dopo la pioggia, l’odore di legna vecchia degli alberi e la freschezza dei fiori appena nati. C’era talmente tanta tranquillità da poter ascoltare il silenzio come un rumore di sottofondo che ti assorba completamente. Ci si colmava di pace.

    Eppure, la tranquillità esteriore scatenò il mio turbamento interiore. Percepivo una tremenda dualità nella quale le mie emozioni mi trascinavano da un estremo a un altro, come fossi una piccola vela trasportata dal vento. Da una parte mi sentivo sicuro di alcune cose, ma ero insicuro su molte altre. Ero ottimista ma a tratti pessimista. In alcuni momenti mi sentivo felice, ma di colpo poi infelice, e ciò mi provocava un’angoscia esistenziale, come fossi completamente sconosciuto a me stesso. Gli altri mi conoscevano, ma io? Mi conoscevo davvero?

    Cominciarono a venirmi in mente tutti i tipi di dubbi esistenziali che mi tormentavano da tempo. Dio esiste? Cos’è Dio? Cos’è la vita? E questo mondo? Perché sono venuto al mondo proprio io? Chi sono? E quando morirò? Ci sarà qualcosa dopo? Se sì, cosa? Come sarà? Verso dove stiamo andando...?. Ero come una barca alla deriva, trascinato di qui e di là da una tormenta di indecisioni che mi portava irrimediabilmente verso un naufragio esistenziale. Navigavo senza una rotta fissa, e oltretutto non avevo neanche una bussola che mi indicasse il cammino da seguire.

    L’unica cosa che placava il mio malessere era il legame con la natura. La natura era un balsamo per la mia anima, un rifugio di tranquillità che mi aiutava a scrollarmi di dosso lo stress e riappropriarmi di me stesso. Una volta non so dove avevo letto che la natura ti aiuta a scoprire la tua propria natura, ma la verità è che non avevo trovato la mia, sentivo come se mi mancasse qualcosa, ero incompleto; credo come la maggior parte dei giovani che vivono in questo mondo convulso e pieno di urgenze.

    Una repentina raffica di vento colpì il mio viso, sussurrandomi all’orecchio in una strana lingua che il mio cuore aveva dimenticato da molto tempo. Il mio corpo fu percorso da un brivido. Mi sembrò di sentire una melodia improvvisata e lasciai che i miei pensieri si lasciassero andare alla quiete dell’atmosfera circostante.

    Non passò molto tempo prima che la suoneria del cellulare mi fece tornare alla realtà. Era Luís, un collega di lavoro che stava attraversando un brutto periodo dal punto di vista finanziario e voleva parlare con me per sfogarsi. Diceva che era strozzato per via di un’ipoteca e che viveva soltanto per lavorare e pagare bollette.

    Le ipoteche sono la causa dei nostri mali mi spiegava, "Una volta la consuetudine era quella di lottare duramente per arrivare ai vent’anni e formarsi una famiglia. Povero era chi a quell’età non era ancora sposato o stava per farlo! Così poi bisognava avere almeno quattro marmocchi, e tirare avanti come si poteva. I prestiti stavano al venti o al ventidue per cento, e l’appartamento era finito di pagare in meno di cinque anni, non come ora, con questa cosa maledetta..."

    Ogni volta che il mio amico pronunciava la parola crisi gli si trasfigurava il volto, la mano sinistra tremava e gli faceva male tutto il corpo come se soffrisse di un tipo sconosciuto di fibromialgia provocata dalla suddetta parola. E non c’era da stupirsi, dato che proprio a causa della crisi aveva perduto tutto ciò che possedeva. Per questo la chiamava la cosa. "La cosa è colpevole di tutta la nostra sofferenza, di tutto il nostro malessere. La cosa, quella cosa...".

    Beep, beep! Mi arrivò un messaggio dal lavoro:

    Salve, Adán. Abbiamo bisogno di nuove idee per l’investimento. Ti giro il link di un corso sul neuromarketing imprenditoriale per questo fine settimana, presso l’Hotel Palas Atenea. Non mancare.

    Saluti. A. Silvent

    Risposi:

    Ok. Non mancherò. Saluti.

    Mi sentivo oppresso. Non mi lasciavano in pace neanche quando ero al paese. Mi era sempre piaciuto uscire a passeggiare per il bosco e fare sport estremi, ma il lavoro mi teneva completamente assorbito e neanche avevo tempo per svolgere queste attività. Sì, va bene che avessi un buono stipendio, l’appartamento di proprietà e una BMW M6 Cabrio, ma in campo sentimentale le cose non andavano tanto bene: esperienze frustranti che mai andavano a buon fine e, prima o poi, si concludevano matematicamente con un naufragio.

    Mi sentivo incompreso.

    Solo, molto solo.

    Le lacrime mi scesero sugli zigomi fino a svanire nella terra umidificata dalla pioggia che era caduta poche ore prima. Se in quel momento le mie lacrime avessero fatto germogliare dalla terra un fiore magico e bello che mi concedesse un desiderio, avrei chiesto di incontrare una persona speciale che mi comprendesse.

    Il sole si nascose dietro alle montagne e scesero le prime stelle. Mi ritirai guardando Venere, il pianeta dell’amore, e con un gesto inconscio unii le mani per chiedere alla dea Afrodite che mi aiutasse a incontrare la mia anima gemella.

    Improvvisamente, come in risposa alla mia richiesta, sentii un rombo e vidi un bagliore arancione in uno strato di nubi a nord-est, seguito da una palla di fuoco. La sfera attraversò il cielo a tutta velocità, illuminando tutto il bosco e lasciando al suo passaggio una scia bluastra che fu assorbita rapidamente dalla terra e dagli alberi.

    Osservandola ne rimasi ipnotizzato.

    Non era la prima volta che assistevo a un fenomeno di questo tipo. Infatti, erano molto comuni nella zona. Era una sfera di plasma o elettricità di quelle che si formano nei giorni tempestosi. E nonostante fosse un fenomeno naturale e non era nulla di paranormale, dentro di me capii che era un segnale.

    Quella stessa notte mi incontrai con Mamen alla Alcobilla, un santuario di origine celtica dove ogni anno si tiene un pellegrinaggio. Ci si possono trovare decine di stand con tutti i tipi di aperitivi: uova strapazzate coi funghi, paioli dove cuociono i polipi e pentole lasciate sulla brace per far bollire l’acqua. Intere famiglie e comitive di giovani avevano prenotato posti sul sagrato. La gente era allegra, c’erano abbracci, strette di mano, rimpatriate...

    Nel cielo esplosero i fuochi d’artificio, disegnando delle nuvolette e arrivarono alcuni ragazzini che correvano in bicicletta per accaparrarsi le asticelle. Ricordo che alcuni ragazzi fecero esplodere un petardo vicino a un nonnetto; lo spavento fu tale che gli cadde a terra il basco e si mise a correre dietro ai ragazzini con un bastone.

    Lo zampognaro ruppe il mormorio col gracchiare della zampogna e alcune coppie si misero a ballare sivigliane e jotas in una strana mescolanza. Poiché molte famiglie di Sanabria avevano parenti a Siviglia e altre città andaluse, assistere a sivigliane e jotas insieme era una cosa normale.

    Mentre osservavo un gruppo di ballerini, una delle ragazze captò completamente la mia attenzione. Era olivastra, con i capelli neri e ondulati, occhi grandi, naso piccolo, e un sorriso incantevole e brillante che mi attrasse come un faro attrae una barca nella tormenta. Si distingueva, non so come, da tutto il resto.

    I nostri sguardi si incrociarono e tutto si fermò.

    C’era soltanto lei e la sua magica danza.

    Rimasi imbambolato nel guardarla, lì, immobile tra la gente. Sembrava ci fossimo soltanto lei ed io in tutto il mondo. E sarei rimasto così se la mia amica Mamen non si fosse frapposta nel mio campo visivo, rompendo l’incantesimo.

    Vieni, ti voglio presentare un’amica!.

    Le sorrisi e lasciai che mi trascinasse per mano verso il gruppo di ballerine dove – oh, che coincidenza! – c’era la ragazza che mi aveva ipnotizzato con la sua danza. Rimasi perplesso.

    Diana, Adán. Adán, Diana, ci presentò Mamen.

    Diana mi scrutò con i suoi enormi occhi, scuri come la notte, luminosi come due diamanti neri incastonati in un gioiello di donna. Il suo sguardo provocò in me qualcosa di diverso che da tempo non provavo. Rimasi qualche secondo a cercare di capire cosa fosse successo e mi fu difficile reagire.

    C-Ciao, dissi, nervoso.

    Immagino tu sia l’audace supereroe del quale mi ha parlato Mamen, disse Diana con voce soave e vellutata.

    Beh, sì, ma ora sono sotto le mentite spoglie del mio alter ego.

    Già, vedo, già. Ihih.

    Davvero: sono un supereroe di quelli che svegliano le principesse. Eh, eh.

    "Beh, mi dispiace, Superman, ma io sono già sveglia!".

    Se vuoi, proviamo, non si sa mai scherzai, strizzandole l’occhio.

    Non occorre! Inoltre, come faccio a essere sicura che tu sia un principe e non un rospo? disse, ricambiando l’occhiolino.

    Mamen si contorse dalle risate e io mi sentii come un completo imbecille. Mi lasciò talmente ferito da farmi passare la voglia di scherzare con lei. Con alcune ragazze, la storia del supereroe aveva funzionato, ma non con Diana. Non sembrava la tipica ragazza di paese. Dava l’idea di una che avesse viaggiato e aver visto il mondo.

    Dopo le presentazioni andammo a prendere qualcosa in un chiosco. Mamen e Diana si misero a parlare di vari argomenti, mentre io le ascoltavo guardando imbambolato Diana, senza dire

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