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Assassino a Villacasu
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E-book151 pagine1 ora

Assassino a Villacasu

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Info su questo ebook

Il giovane autore Davide Scanu esordisce con un giallo classico ambientato in un paesino sardo immaginario chiamato Villacasu.
La storia è narrata tramite la voce di Paolo Fadda, insegnante d’inglese, natio del luogo, che accompagna l’investigatore Andrea Sanna, proveniente da Cagliari.
Villacasu è un paese piccolo e chiuso, dove abbondano le dicerie e i pettegolezzi. L’apparente tranquillità del luogo viene scossa prima dall’arrivo di Margherita Mari e Carla Zuncheddu e poi da un misterioso incidente che sembra nascondere in realtà un omicidio.
Andrea Sanna coadiuvato da Paolo Fadda scoprirà che dietro quel paesino tranquillo e ridente, in verità si nascondono trame oscure, rivalità, odi e rancori risalenti al passato e che più di una persona aveva un movente valido per uccidere.

in copertina: Funchal cityscape with main street houses - @ paulgrecaud - it.depositphotos.com

Davide Scanu è nato a Cagliari il 19 maggio del 1994.
Da piccolo iniziò a frequentare un laboratorio di teatro, poi evolutosi in una vera e propria compagnia teatrale, la Compagnia dei Ragazzini di Cagliari, con Monica Zuncheddu come regista. Diplomato al Liceo artistico Foiso Fois nel 2013. Appassionato di fantascienza, dell'horror e dei gialli, in particolare di Agatha Christie. A 24 anni inizia a frequentare dei corsi dell'Accademia d'Arte di Cagliari (Giallo a enigma, Noir, Trame, Horror e Fantascienza) con gli insegnanti Andrea Fulgheri e Giorgio Binnella.
LinguaItaliano
Data di uscita15 ott 2023
ISBN9791220283465
Assassino a Villacasu

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    Assassino a Villacasu - Davide Scanu

    13

    PREFAZIONE

    I

    l giovane autore Davide Scanu esordisce con un giallo classico ambientato in un paesino sardo immaginario chiamato Villacasu.

    La storia è narrata tramite la voce di Paolo Fadda, insegnante d’inglese, natio del luogo, che accompagna l’investigatore Andrea Sanna, proveniente da Cagliari.

    Villacasu è un paese piccolo e chiuso, dove abbondano le dicerie e i pettegolezzi. L’apparente tranquillità del luogo viene scossa prima dall’arrivo di Margherita Mari e Carla Zuncheddu e poi da un misterioso incidente che sembra nascondere in realtà un omicidio.

    Andrea Sanna coadiuvato da Paolo Fadda scoprirà che dietro quel paesino tranquillo e ridente, in verità si nascondono trame oscure, rivalità, odi e rancori risalenti al passato e che più di una persona aveva un movente valido per uccidere.

    Una scrittura piana e coinvolgente è quella che caratterizza questo romanzo di Davide Scanu, sicura promessa nella scrittura di gialli ben strutturati e con numerosi colpi di scena.

    Roberto Sanna

    1

    "

    E da qui potete ammirare la vista mare. È un vero spettacolo! Il tutto a soli ventotto euro", esclamò Antonio Cossu con fare entusiasta.

    Era un uomo sui quarantacinque anni, con capelli brizzolati, la fronte ampia e portava sempre un paio di grandi occhiali da vista squadrati. Barba e baffi ben curati. Era sufficientemente simpatico. Di tanto in tanto nelle feste di paese alzava un po’ il gomito, ma non aveva mai procurato problemi a nessuno.

    Il mio amico Andrea Sanna aveva mantenuto lo stesso sguardo malinconico durante tutta la presentazione fatta dal signor Cossu, il quale si mostrò un po’ interdetto. Ormai iniziavo a riconoscere quell’espressione nel volto del mio amico, altrimenti mi sarei preoccupato. Fortunatamente Sanna parlò prima che io dovessi tentare di dare una spiegazione al signor Cossu.

    Devo ammettere che è proprio una bella villetta. Incantevole direi. Forse è proprio quello che mi ci vuole.

    Ma naturalmente! In un paesino come il nostro non potrà trovare altro che tranquillità e riposo in abbondanza! E poi, di nuovo, la vista offerta da questa residenza è impareggiabile! Proprio quello che ci vuole.

    Già. Proprio quello che mi ci vuole... ci penserò un po’ e le farò sapere. Ok?

    Ma certo! E nel caso qualcuno dovesse chiedermi per questa abitazione, le farò uno squillo per sapere se ha deciso qualcosa nel frattempo, d’accordo?

    Va benissimo. Grazie ancora e... scusi la mia lentezza.

    Ma nessun problema. Nessun problema, davvero!

    Salutato il signor Cossu, mi rilassai. Mi ero dimenticato quanto potesse divenire logorroico, specialmente se l’interlocutore a cui parlava non lo interrompeva per tempo.

    Io e Andrea percorrevamo la strada che conduceva alla mia casa, era ora di pranzo e avevamo passato la mattina a vedere diverse abitazioni.

    Avevo invitato Andrea Sanna a trascorrere un paio di giorni nel mio paese d’origine, Villacasu, così da presentargli il posto e mostrargli le case che in quel periodo venivano vendute a bassissimo prezzo per contrastare il crescente spopolamento. Forse definirle a basso prezzo era riduttivo, considerando che la maggior parte delle case in vendita costava al massimo una trentina di euro.

    Per quanto possa sembrare assurdo non eravamo stati nemmeno i primi a giungere a tale soluzione. D’altronde la Sardegna non era l’unica regione ad essere afflitta da questo problema. La nostra era un’iniziativa di ripopolazione, simile a quella già intrapresa da altri comuni nell’Isola, come quello di Ollolai, che durante più periodi aveva già messo in vendita le case a un euro. Fu proprio dopo che certi Comuni erano riusciti a contrastare con successo il problema dello spopolamento che il sindaco di Villacasu aveva deciso di seguirne l’esempio.

    La maggior parte delle case era ancora in buone condizioni, tenuto conto che erano in disuso da parecchi anni, e diverse avevano una struttura irregolare, perché costruite in un periodo in cui l’abusivismo imperava.

    La casa che avevo nel paesino era di medie dimensioni. Andavo fiero della facciata ben tenuta, di colore bianco alternato a tocchi di azzurro spento. Ogni estate mi prendevo un paio di giorni per darle una tinteggiata e mantenerla in buone condizioni. Entrammo.

    Il soggiorno era arredato con il minimo necessario, mi ero sbarazzato della maggior parte dei mobili antichi da diversi anni ormai, perché preferivo trascorrere più tempo nella cucina, che era arredata decisamente meglio. Lì ero solito correggere i compiti, leggere, mangiare e svolgere tutte le attività che si fanno tipicamente in soggiorno, che utilizzavo quando c’erano degli ospiti.

    Con Sanna tuttavia tale formalità scomparve rapidamente, visto che anche lui preferiva dei luoghi piccoli e riservati, e la cucina finì per diventare l’ambiente in cui conversavamo più spesso. La casa disponeva di due stanze da letto, di cui una riservata agli ospiti.

    Cosa posso offrirti?

    Se c’è ancora quel mirto di ieri, te ne sarei grato, ringraziai la provvidenza di Cecilia, un’amica di vecchia data, che me ne aveva regalato una bottiglia tempo addietro, dicendomi che così avrei avuto qualcosa da offrire agli ospiti. Io optai per un più banale succo di frutta.

    Dunque, che idea ti sei fatto?

    A essere sincero, quando mi avevi descritto il posto pensavo che in qualche modo esagerassi. Non volontariamente, intendiamoci. È normale ricordare il proprio luogo d’origine in modo idealizzato o comunque distorto, anche quando lo si frequenta da adulti. Invece mi sono dovuto ricredere. Questo paesino è davvero fuori dal mondo.

    Non potevo che concordare. Villacasu era un piccolo borgo nell’oristanese rimasto indietro nel tempo, in cui era facile dimenticare che il resto del mondo esistesse. La popolazione superava di poco il centinaio di persone, d’estate tuttavia il numero arrivava a dimezzarsi.

    Le attività tipiche, come in ogni sperduto paesino che si rispetti, consistevano nel farsi gli affari degli altri e spettegolare, cosa che secondo me aveva da sempre contribuito, assieme ad altri fattori, a quel progressivo spopolamento. Dal momento che le comari di Villacasu tendevano a sapere tutto su tutti, l’attenzione si spostava inevitabilmente sui paesini limitrofi o addirittura su Comuni più popolati, che, per gli abitanti di Villacasu, erano considerati come delle vere e proprie città.

    Mi sentivo in debito con Sanna. Lo avevo conosciuto in un centro di terapia di gruppo per la depressione, a Cagliari. Io avevo perso recentemente una persona a me molto cara, una zia che mi aveva cresciuto come una seconda madre. Era il primo giorno in cui mi ero aperto al gruppo e avevo parlato del mio lutto. Già allora Sanna indossava il suo caratteristico vecchio cappotto nero e consumato. Mostrò da subito un certo interesse per le circostanze della morte di mia zia. Inizialmente non riuscivo a spiegarmi quel suo comportamento che avevo trovato piuttosto indelicato.

    Allora non sapevo che Sanna fosse un investigatore ormai ritiratosi dall’ambiente della polizia. Un paio di giorni dopo aveva scoperto che non si era trattato di una morte naturale ma di omicidio. Fu aperta un’inchiesta che si concluse con l’arresto del marito di mia zia. Dopo quella vicenda io e Sanna continuammo a sentirci anche al di fuori delle sedute nel gruppo di auto-aiuto e diventammo amici. Tuttavia ci sono molte cose di lui che ancora non so.

    Durante i vari incontri che seguirono, Sanna mi accennò vagamente al suo lavoro e da allora avevo avuto modo di notare che evitava di rivelare il motivo per cui si era ritirato. Fatto sta che mi parlò più volte del suo desiderio di trovare un posto in cui poter riposare. Un posto isolato, fuori dal mondo. Fu così che decisi di invitarlo al mio paese per vedere se l’ambiente locale era ciò che poteva fare per lui, anche se c’erano altri fattori che avevano contribuito a quell’idea.

    Tornai alla realtà quando Sanna parlò.

    Scusami, ero distratto.

    Non preoccuparti, non era nulla di importante. Dicevo appunto che le case che abbiamo visitato oggi erano tutte molto ben messe. Confesso che non so quale scegliere.

    Se vuoi il mio consiglio eviterei una di quelle troppo grandi. Da quel che mi hai detto mi pare che tu sia alla ricerca di un cantuccio.

    Già. Hai proprio ragione, Paolo. Ho bisogno di un posto in cui starmene in pace e riposare. Invecchiare, da solo. Dormire...

    Rividi in lui la stessa aria depressa che aveva la prima volta che ci incontrammo.

    Accidenti Sanna, conosco quello sguardo! Che cosa c’è che non mi dici?

    Ma nulla! Sono sempre così in realtà.

    Ogni volta che diceva così, però, avevo l’impressione che nascondesse qualcosa. Se poi lo facesse coscientemente o meno, quella era un’altra questione. Cambiai argomento.

    In ogni caso, nei prossimi giorni vorrei presentarti anche un po’ di gente del posto.

    Mi pare di aver già conosciuto diverse persone. C’è qualcuno in particolare che vorresti che incontrassi?

    Oh no, no. Dicevo così.

    Mi resi conto di essermi tradito. Sanna doveva aver intuito qualcosa, forse lo sospettava già da un po’. D’altronde stavo solo rimandando, avevo comunque intenzione di dirgli come stavano effettivamente le cose. Solo, non avevo ancora deciso quando.

    Sebbene avessi pensato che gli sarebbe piaciuto quell’ambiente calmo e placido, l’avevo invitato anche a causa del recente arrivo di due persone. Speravo che passando un po’ di tempo in paese con un amico sarei riuscito a non pensarci e invece, senza rendermene conto, gli avevo accennato dell’argomento. Sanna poco dopo mi annunciò che si sarebbe riposato, ma io intanto avevo già la testa da un’altra parte. Stavo pensando alle due nuove arrivate.

    Erano giunte circa una settimana prima che decidessi di invitare Sanna e da allora sentivo che l’atmosfera era diversa a Villacasu.

    Carla Zuncheddu era arrivata lo stesso giorno di Margherita Mari. Da quanto scoprii in seguito, si erano conosciute proprio durante il viaggio di arrivo in treno. Incontrai la signora Zuncheddu un paio di volte da quando si stabilì nella sua nuova casa. Veramente espansiva, a tal punto da essere invadente, come avevo notato quando avevamo scambiato due parole.

    Veniva da Cagliari. A prima vista le avevo dato almeno settant’anni. Il fisico corpulento la rendeva particolarmente imponente, cosa denotata anche dai movimenti ampi ed esagerati, quasi teatrali. La sua corporatura la faceva sembrare più alta della norma, per quanto in realtà, se vista a fianco di altre persone del luogo, era praticamente della stessa altezza, neanche un metro e sessanta.

    Ogni volta in cui la vidi indossava abiti pesanti, nonostante in questa stagione il sole spaccasse le pietre. Pensai che dovesse soffrire molto il freddo, oppure che era una all’antica, molto all’antica, considerando il suo guardaroba. Aveva sempre il volto incipriato in maniera vistosa e un gran sorriso che per qualche motivo, fin dalla prima volta che me lo rivolse, non mi fece sentire a mio agio.

    Nonostante fosse arrivata nel nostro piccolo paese da pochi giorni, Carla Zuncheddu aveva già iniziato a instaurare relazioni con le comari e le pettegole del luogo, espandendo la sua rete di conoscenze come una piovra. Pochi giorni dopo la prima volta che l’avevo incrociata, pareva già una del posto. Aveva partecipato a sette diverse cene con i vicini, e avevo sentito che a breve avrebbe tenuto lei stessa

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