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La missione dei Necronauti: I Necronauti 2
La missione dei Necronauti: I Necronauti 2
La missione dei Necronauti: I Necronauti 2
E-book386 pagine6 ore

La missione dei Necronauti: I Necronauti 2

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Fantascienza - romanzo (309 pagine) - Il segreto della Terra sta per essere rivelato. La seconda stagione della grande saga spaziale dal vincitore del Premio Urania


Sono passati sessant’anni da quando il capitano Micah Veidt, primo necronauta della Terra, ha rivelato i segreti della necropropulsione, e adesso la misteriosa stazione terrestre di Andromeda in orbita intorno a Oberon, una delle lune di Urano, è finalmente pronta a entrare in funzione. Ma qualcuno non vuole che la Terra raggiunga il suo scopo ed è pronto a tutto per fermarla: sono gli Isolazionisti, convinti che per il bene dell’uomo lo spazio debba restare inviolato. Riusciranno nel loro intento? Dopo il successo di La corporazione dei necronauti continua la grande saga spaziale di Maico Morellini.


Maico Morellini, classe 1977, vive in provincia di Reggio Emilia e lavora nel settore informatico. Con il suo primo romanzo di fantascienza Il Re Nero ha vinto il Premio Urania 2010, pubblicato nel novembre del 2011 da Mondadori. Sempre su Urania nel 2016 è uscito La terza memoria. Nel 2019 il romanzo Il diario dell'estinzione ha vinto il Premio Italia; nel 2020 con Providence Press ha pubblicato il quarto romanzo, Il ragno del tempo. Collabora con la rivista di cinema Nocturno, ha pubblicato racconti su diverse antologie tra cui 365 Racconti sulla fine del mondo, 50 sfumature di sci-fi, D-Doomsday, I Sogni di Cartesio oltre che sulla rivista Robot e sulla Writers Magazine Italia. Ha al suo attivo cinque antologie personali edite con vari editori.

LinguaItaliano
Data di uscita27 apr 2021
ISBN9788825415940
La missione dei Necronauti: I Necronauti 2

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    Anteprima del libro

    La missione dei Necronauti - Maico Morellini

    9788825409710

    Nota dell’autore

    La Missione dei Necronauti è il secondo romanzo ambientato nell’universo dei Necronauti, una mia creazione che ha le sue origini nel non tanto lontano 2014. Pur trattandosi di un romanzo a sé stante, che inizia e finisce il suo arco narrativo in maniera compiuta, fa frequenti riferimenti ad alcuni eventi raccontati nel precedente romanzo, La Corporazione dei Necronauti.

    Alla stesso modo, leggere questo romanzo prima del precedente rivela alcuni accadimenti raccontati nel corso de La Corporazione dei Necronauti.

    Alla fine di questo volume ci sono due Appendici. La prima fa un ritratto del Sistema solare nella conformazione geo-politica maturata alla fine de La Corporazione dei Necronauti. La seconda invece riprende personaggi e luoghi presentati in questo romanzo.

    Buon viaggio!

    SILENZIO: […] ed è dopo l'arrivo della stazione spaziale aliena nel Sistema solare, dopo il suo insediamento nell'orbita di Plutone, che è iniziato il periodo poi convenzionalmente definito da tutte le Colonie come Silenzio. Un periodo lungo più di quattrocento anni durante i quali l'incomprensibile energia sprigionata dalla base aliena ha prima distrutto ogni cosa sorpresa fuori dalle atmosfere planetarie, e poi reso impossibile viaggiare nel vuoto siderale. Ogni nave, satellite, sonda o drone inviato nello spazio subiva lo stesso tragico destino: disgregato, polverizzato, ridotto a una nube di atomi. Le Colonie rimasero isolate per tutta la durata del Silenzio, impossibilitate persino a comunicare tra loro e durante questi quattro secoli svilupparono caratteristiche peculiari legate alla storia, alla geografia, alle carenze causate dalla interruzione delle rotte commerciali e all'ecologia dei singoli pianeti. Questo fino a quando la Corporazione dei Necronauti […]

    Storia del Sistema solare

    NECROPROPULSIONE: tecnologia sviluppata su Saturno, a oggi il più grande segreto che i Governi Uniti di Saturno custodiscono. Il necropropulsore, stando alle poche informazioni fornite dalla Corporazione, è in grado di attingere alla misteriosa energia sprigionata dagli esseri umani in punto di morte e di convogliarla all'interno del necropropulsore. Questo, per motivi a noi ignoti, permette di ingannare l'energia aliena e consente alle astronavi della Corporazione di muoversi liberamente nello spazio, di Saltare da un punto all'altro del Sistema solare consumando tanta più energia tanto più il Salto è lungo e l'astronave grande.

    Relazione N-17, O33: Missione di osservazione di Micah Veidt

    CORPORAZIONE DEI NECRONAUTI – REV 2: […] a porre fine al Silenzio. Centosessanta anni fa la Corporazione dei Necronauti raggiunse il Sistema solare interno mostrandosi alla Terra e a Venere, raggiungendo i due potenti pianeti a bordo di immense astronavi dall'aspetto antico, gotico, costruite su forme che sembravano attingere da un'arte vecchia di millenni. Saturno si offrì di ripristinare i contatti tra i pianeti nel Sistema solare a patto che tutte le Colonie contribuissero al sacrificio di sangue necessario per alimentare le immense astronavi di Saturno. Vite umane in cambio di commercio, informazioni, una ritrovata unione. Messaggeri di questa nuova era, i Necronauti, capitani delle astronavi di Saturno, esseri umani morenti tenuti in vita da armature biomeccaniche in grado di creare una incomprensibile comunione tra loro, la necropropulsione e l'energia aliena.

    Archivi del Mist

    MICAH VEIDT: […] e ho sempre pensato di non meritare una responsabilità come questa. Definire Micah Veidt, uno dei più brillanti agenti del MIST, uno dei più coraggiosi uomini che la Terra abbia mai avuto a disposizione. Più di ogni altra cosa, un amico. E definirlo nelle poche parole che sono concesse a un libro di storia. Ebbene, proverò a farlo. Micah Veidt è stato un esempio, Più di ogni altra cosa. Un esempio e un modello. Ci ha mostrato le nostre debolezze e ha fatto in modo che diventassero virtù. A che prezzo, però? Nessuno lo sa. Solo una volta gli chiesi … […]

    Il nuovo Sistema solare – Malcom Selmi

    Prologo – Il Necronauta

    Micah Veidt osservò lo spazio attraverso i sensori esterni della Speranza di Rea.

    Lo faceva sempre più spesso e quelle lunghe sedute di contemplazione lo impegnavano sempre più di frequente, e per sempre più tempo.

    Fece virare la grande astronave di qualche grado lasciando che Giove e il suo occhio rosso sfilassero a babordo. Innestato nella poltrona di comando in plancia, Veidt era ormai in grado di comandare la Speranza di Rea quasi in totale autonomia.

    L’equipaggio contava più di seicento terrestri che nei decenni si erano avvicendati ai titaniani. La fedeltà degli uomini e delle donne di Saturno era andata al capitano della nave, chiunque egli fosse. E così quando il maggiore terrestre Micah Veidt era morto per diventare il necronauta Micah Veidt, capitano della Speranza di Rea, nessun membro dell’equipaggio aveva battuto ciglio.

    Era la forza di Titano e di Saturno. Di uomini e donne forgiati dallo spazio profondo. Ed era anche la loro debolezza: una fedeltà che non conosceva compromessi.

    Ma un anno dopo l’altro Micah aveva voluto al suo fianco sempre più terrestri. Questa scelta era stata interpretata come una sua ritrovata fedeltà alla Terra ma la verità di quella decisione non l’aveva nemmeno ancora confessata a sé stesso.

    Micah fece scivolare uno degli aculei di metallo liquido dell’armatura tra le fessure della poltrona di comando e interrogò l’intelligenza artificiale della nave sullo stato del necropropulsore: le Sale di Rea, le sfere bianche che ospitavano il carburante umano della nave, erano quasi piene.

    Un tempo la Corporazione dei Necronauti offriva i suoi servigi ricevendo in cambio uomini e donne in fin di vita, esseri umani la cui morte era necessaria per consentire i viaggi nello spazio. Ora non era più così. O meglio, non era più così ma continuava a esserlo

    Da quando ormai cinquant’anni prima Micah aveva deciso di rivelare a tutto il Sistema solare il segreto della necropropulsione quei sacrifici che un tempo erano vissuti da ogni colonia – e dalla Terra – come un sofferto e sanguinario tributo erano diventati parte del nuovo equilibrio interplanetario.

    Per quasi cento anni la Corporazione dei Necronauti era stata l’unica a custodire la necropropulsione, erano stati i Governi Uniti di Saturno a scoprirla e a perfezionarla, ma le cose erano cambiate in fretta. L’Eresia, la ribellione di alcuni capitani della Corporazione e la guerra che ne era scaturita avevano convinto Micah che quella di rivelare ogni segreto della necropropulsione fosse la scelta giusta.

    – Eresia – mormorò. Saturno aveva trovato un nome a ogni cosa. Perché per Saturno i nomi erano importanti. Nessuno aveva voluto trovare un nome al suo gesto. Non ‘Rivelazione’, non ‘Liberazione’: niente di tutto questo. Aveva fatto ciò che aveva fatto ma la storia si sarebbe ricordata delle conseguenze, non del fatto in sé. Era stata quella la sua essenza di terrestre: nessuna individualità, tutto per il bene superiore.

    Cosa sarebbe successo nel caso in cui la necropropulsione fosse stata scoperta sulla Terra?

    Era stata quella domanda a tormentare Micah quando ancora era uno degli osservatori terrestri, un agente incaricato di viaggiare come ospite sulle navi della Corporazione cercando di carpirne i segreti.

    Ed era quella domanda che ancora adesso, nonostante il vecchio Micah Veidt fosse morto sostituito da un essere fatto di dolore e determinazione, si affacciava timida alla periferia più esterna della sua coscienza.

    Aveva cercato di rispondere, più volte. Quando la sua ultima missione su Venere lo aveva praticamente condannato a morte, quando i veleni venusiani lo stavano uccidendo, era accaduto l’impensabile: la Terra ed Eliphas Nuuro si erano alleati uccidendo il vecchio capitano della Speranza di Rea, il collerico Mheeytras, strappando la sua armatura e usandola per tenere in vita Micah.

    Chi più di lui, che aveva trascorso intere settimane sulle astronavi della Corporazione come Osservatore, avrebbe potuto sopravvivere a quell’azzardo? Mheeytras era morto, ma non la sua armatura.

    Micah stava morendo e all’epoca l’unico modo per salvarlo – non portava alcun rancore per questo – era innestarlo in una delle armature simbiotiche dei Necronauti.

    Così era stato.

    Era morto. Eppure ancora vivo. Nessuna resurrezione, nessun magia. Solo un dolore costante, solo una sofferenza inesauribile che a poco a poco lo aveva allontanato da ciò che era. Dolore al posto dei ricordi, dolore al posto della paura, dei desideri. Degli amori. Un dolore totalizzante.

    La Terra aveva avuto il suo primo necronauta e la sua prima nave spaziale, la più moderna di Saturno, la Speranza di Rea.

    Eppure quella frase, quel concetto, quel dilemma – Cosa sarebbe successo nel caso in cui la necropropulsione fosse stata scoperta sulla Terra? – era rimasto dentro di lui. Scolpito tra le maglie liquide dell’armatura biomeccanica che era un tutt’uno con il suo corpo.

    I Necronauti di Saturno avevano due precetti a scandire le loro vite – Noi siamo il tutto e Nessuno è degno – ma Micah non era un necronauta di Saturno. Era un necronauta terrestre. Il primo e, sotto molti aspetti, l’unico. Aytras, uno dei più grandi capitani di Saturno, colui che aveva ispirato l’Eresia si era occupato di rivelare a Micah ciò che sapeva della Necronautica. E poi Micah aveva fatto lo stesso formando altri capitani, spiegando loro la meccanica della necropropulsione. Aveva mostrato come ingannare l’irresistibile forza aliena che spazzava il Sistema solare distruggendo ogni cosa. Ma non era andato oltre. Non poteva.

    Perché al posto dei due incrollabili precetti di Saturno lui, Micah Veidt, un terrestre addestrato dal MIST, aveva solo un’insidiosa domanda il cui nucleo portante non poteva essere insegnato.

    Cosa sarebbe successo nel caso in cui la necropropulsione fosse stata scoperta sulla Terra?

    Aveva cercato di rispondere insegnando la necropropulsione. Aveva tentato di rendere il Sistema solare migliore, più libero. Non più incatenato dal Silenzio e non più in balia dei desideri della Corporazione.

    Ma bastava?

    Era bastato.

    Per anni. Per decenni. Gli era bastato.

    E adesso? Adesso quel quesito tornava a tormentarlo.

    La Speranza di Rea con i suoi milleduecento metri di lunghezza era di gran lunga la più grande e potente astronave del Sistema solare. Figlia di necessità passate, figlia di Saturno. Comandata da un terrestre.

    Tutto nella vita di Micah Veidt era un controsenso.

    Un frammento di volontà di Micah scivolò tra le maglie dell’intelligenza artificiale di bordo e trasmise il suo ordine: i propulsori illuminarono lo spazio e la nave si lasciò alle spalle Giove.

    Nelle Sale di Rea due persone morirono, i loro ultimi istanti di vita estratti da Micah per proteggere la nave della forza aliena dello spazio.

    Era diventano molto bravo. Cinquant’anni a bordo della Speranza avevano creato un’intimità con l’intelligenza artificiale della nave che forse nemmeno i leggendari Aytras e Zytras avevano posseduto. Il corpo e la mente di Micah erano terrestri, avevano imparato la necropropulsione in un modo che la Corporazione di certo non aveva mai immaginato e la resistenza della sua nave, la capacità del necropropulsore di ottimizzare il propellente umano, era straordinaria.

    Che fosse quello, il suo destino?

    – No – mormorò, stupito dalla propria voce. Parlava solo con l’equipaggio e sempre più di rado. Non c’erano battaglie da combattere e la Terra, e le altre Colonie, avevano quasi paura di lui. Era un relitto, figlio di un altro tempo. Così come la Speranza di Rea.

    Niente a che vedere con le piccole e maneggevoli navi moderne, costruite dopo la resa dei conti di Mimas. Niente a che fare con i tozzi mercantili marziani, riflesso della cocciutaggine figlia del pianeta rosso.

    Sì. Lui e la Speranza facevano paura, come una scomoda eredità. Forse solo Eliphas Nuuro che più di tutti comprendeva Saturno non lo temeva. Ma non era un amico. E nemmeno un alleato.

    La realtà? Micah non aveva amici. E non aveva alleati.

    Cosa sarebbe successo nel caso in cui la necropropulsione fosse stata scoperta sulla Terra?

    Di nuovo quella frase.

    – E se … – sussurrò.

    La plancia rispose con lontani riflessi verdi e uno sciame di nanoidi animò il sistema olografico della nave riproducendo tutte le porzioni di spazio che aveva esplorato in quei decenni, tutti gli angoli del Sistema solare che aveva setacciato alla ricerca di … cosa?

    Aveva risposto alla domanda che lo tormentava tanto tempo prima svelando i segreti della necropropulsione a tutte le Colonie ma le implicazioni di quel dilemma erano in realtà molto più profonde. Se ne rendeva conto ora: non era bastato quel gesto a risolverle. Come i precetti della Corporazione andavano ben oltre la sintesi delle poche parole che li componevano, così quell’interrogativo era diventato per lui scopo e ossessione.

    Ma adesso, per la prima volta dopo molti anni, Micah Veidt sapeva quale risposta dare.

    Parte 1

    ERESIA: […] prese questo nome. Alcuni capitani della Corporazione dei Necronauti si ribellarono. Tra loro Aytras, comandante della Fiamma di Encelado, nave gemella della Luce di Titano all’epoca ammiraglia della flotta. Disertarono perché in disaccordo con ciò che il presidente Theophrastus intendeva fare? Disertarono perché perseguivano scopi personali di cui non sappiamo e non abbiamo mai saputo nulla? Impossibile da scoprire. Ma fu quella la prima onda, fu quello il primo moto a scatenare lo tsunami che poi travolse l’intero Sistema solare. Ed e da lì che arrivò una nuova libertà, quella di un Sistema solare di nuovo unito. Senza ricatti. Senza sotterfugi.

    Le onde del cambiamento – Arthur Hains

    1.

    L'immenso sciame di nanoidi strisciò fuori dalle profonde cavità che definivano i confini di Nuova Encelado e raggiunse le piattaforme a lui destinate.

    L'ondata si rafforzò sempre di più trasformando il brulicare delle minuscole forme robotiche in una marea metallica che cresceva, viva e frenetica.

    All'improvviso tutto si fermò. Per un istante eterno ogni singolo nanoide venne congelato dalla programmazione di Ishtar Terra.

    E poi i miliardi di piccoli robot progettati dagli ingegneri di Titano si sollevarono nel loro quotidiano volo. Una nube densa e uniforme abbandonò le piattaforme di convergenza, salì di alcune centinaia di metri e poi si dissolse perdendo via via sostanza.

    Una volta raggiunta la quota stabilita lo sciame si sarebbe ricomposto, prima proiettando sull'intero continente un tramonto controllato e poi precipitando tutto Ishtar nella notte artificiale.

    Eliphas Nuuro, governatore di Nuova Encelado e presidente della Confederazione di Venere, osservò gli ultimi pennacchi scuri dissolversi e lanciò uno sguardo distratto alle proiezioni che si contorcevano sul piano lucente della scrivania.

    Quaranta minuti terrestri prima del buio venusiano. Altri trenta giorni e poi sarebbe stato compito dei nanoidi ricreare l’artificiale alternanza terrestre tra albe e tramonti per far fronte alla lunga notte di Venere.

    Su Aphrodite Terra le cose andavano diversamente: i Consoli imponevano il giorno terrestre intervenendo sul sistema nervoso di ogni singolo cittadino. Sottili piastre metalliche installate sulle tempie si occupavano di modulare le onde cerebrali sotto il costante monitoraggio dei centri di controllo venusiani.

    E così i lunghissimi giorni e le lunghissime notti di Venere, sul continente di Aphrodite, restavano tali mentre gli uomini e le donne delle Repubbliche percepivano albe e tramonti artificiali direttamente sul loro sistema nervoso.

    Solo una delle tante differenze tra noi e loro, pensò Eliphas mentre lasciava la scrivania e si avvicinava a uno dei finestroni che avvolgevano la Torre Diyar, sede governativa della città. Il grande pinnacolo, vetro e acciaio, assomigliava molto alla Torre Xanadu di Titano così come Nuova Encelado aveva molte similitudini con le capitali disabitate delle Lune di Saturno. Erano fuggiti dal loro retaggio per sopravvivere ma, anche senza volerlo, il passato non poteva essere dimenticato. La verità? Forse non volevano dimenticare.

    Ogni tanto credeva di vedere i fumi giallastri tipici di Titano salire dal ventre della città ma erano solo ricordi che si mischiavano ai desideri. Su Venere la vita era molto più facile. L’aria era respirabile anche nelle sezioni più alte dell’atmosfera. Il Sole era vicino e caldo e questo, per chi era abituato al gelo del Sistema solare esterno, garantiva una quantità pressoché illimitata di energia.

    Avevano lavorato in fretta. Ishtar Terra, dopo che Theophrastus, il folle presidente di Saturno, aveva scatenato sul continente venusiano una delle sue armi spaziali, era stato ridotto a poco più che un deserto arido e desolato ed era proprio su quel niente che Eliphas e ciò che restava del suo popolo aveva deciso di insediarsi. La storia terrestre era piena di episodi simili a quello: migrazioni, grandi guerre, catastrofi e cataclismi. I popoli erano stati capaci di attraversare i vasti oceani terrestri per ricominciare e così era stato anche per Titano e le altre lune di Saturno. Quell’esodo aveva rappresentato anche la fuga da un fine certa, da un destino di decadenza iniziato proprio con il varo della prima astronave della Corporazione dei Necronauti, quasi centosessanta anni prima. Era buffo che fosse stata proprio una delle loro astronavi a condurli su Venere. La Speranza di Rea, comandata da Micah Veidt, si era occupata della migrazione lasciando Titano deserto. Un guscio vuoto. Un’enorme città metallica nella quale i droni avrebbero continuato a svolgere il loro lavoro, raccogliendo energia e permettendo alle altissime torri oscure di sopravvivere anche a coloro che le avevano erette. Un cimitero vuoto e desolato.

    Su Venere avevano ricostruito in fretta. Sia per cancellare la pazzia di Theophrastus sperando che anche le altre Colonie la dimenticassero il più in fretta possibile, sia perché avevano bisogno di dimostrare che Titano non sarebbe rimasto a guardare. Saturno non sarebbe rimasto in disparte mentre un nuovo Sistema solare nel quale la necropropulsione non era più un segreto muoveva i suoi primi passi verso il futuro. I pochi scienziati rimasti si erano prodigati per replicare su Ishtar le complesse vasche di clonazione che avevano permesso a Saturno di investire i suoi abitanti come carburante per i necropropulsori. Quella tecnologia era stata regalata anche alla Terra e alle altre Colonie come riscatto per l’ignominia di Theophrastus, come indennità per il genocidio che il pazzo presidente di Saturno aveva commissionato ed eseguito.

    Un giorno dopo l’altro, una settimana dopo l’altra, un anno dopo l’altro Titano era risorto. Ishtar Terra era un continente vasto, bagnato dallo sconfinato oceano Tethys e una volta completato il primo avamposto titaniano era stata costruita anche un’altra città: Dione Seconda. Con il suo nome onorava il satellite sul quale più di mezzo secolo prima era scoppiata la scintilla della ribellione contro la Corporazione dei Necronauti. Sorgeva sul lato opposto di Ishtar ed era un monumento al cambiamento. Aveva poco in comune con le originali città di Saturno e cercava di rappresentare il futuro. Dione Seconda e Nuova Encelado, insieme, formavano la Confederazione di Venere. L’unico limite all’espansione delle due città poteva essere la relativa scarsezza di materie prime.

    Ma quel problema era stato risolto in poco tempo. Anche le Repubbliche venusiane di Aphrodite Terra avevano fretta. Volevano che Venere ritrovasse alla svelta il suo peso nel nuovo scacchiere politico che andava definendosi in tutto il Sistema solare e per farlo avevano bisogno che Titano crescesse più rapido che mai. Perciò avevano aiutato Nuuro e la sua gente con estrema determinazione.

    Il vaso oceano Tethys, storicamente, era stato poco sfruttato dai venusiani. L’avversione nei confronti della Terra, il senso di inferiorità che Venere aveva sempre provato rispetto al pianeta madre aveva spinto le Repubbliche di Ishtar e Aphrodite a colonizzare i cieli, ignorando i mari laddove non fosse indispensabile.

    Ma Titano non si era mai imposto questa limitazione. Nell’arco di quasi sessant’anni, da quando i primi uomini e donne di Saturno erano stati depositati su Ishtar Terra dalla Speranza di Rea, molto era stato fatto.

    Nuova Encelado era cresciuta e adesso si estendeva per molti chilometri. Dopo che le vasche di clonazione erano state installate e riattivate, la popolazione di titaniani superava i tre milioni: più di quanto non fossero mai stati sulle lune di Saturno, strangolati da mondi ostili e isolati.

    Gli archivi di Titano, ricchi di ogni informazione raccolta in quasi cento anni di servizio della Corporazione dei Necronauti, erano serviti a sviluppare quelle tecnologiche che per tanti anni Saturno si era solo occupato di trasportare da una colonia all’altra. Erano migliorati ma stavano anche cambiando.

    Per questo Nuova Encelado assomigliava tanto a Titano. Per questo il palazzo governativo nel quale si era insediato era così simile all’antica torre Xanadu. Nonostante tutto, nonostante la distruzione che il suo popolo aveva causato attraverso le gesta di Theophrastus, sarebbero sempre rimasti titaniani.

    Eliphas si allontanò dalle vetrate mentre la soffice luce artificiale della città si sostituiva alla tenebra controllata dei nanoidi.

    Avevano fatto tanta strada, era vero. Ma il Sistema solare ne faceva ogni giorno di più e dopo tanti decenni di stallo ne stavano arrivando altri di imprevedibili cambiamenti che si avvicendavano uno dopo l’altro.

    Tornò alla scrivania e ordinò all’intelligenza artificiale di oscurare i vetri in modo da mantenere una quieta penombra in tutto lo studio. Proprio come su Titano. Proprio come sulle astronavi della Corporazione.

    Erano passati sessant’anni e quasi tutti quelli coinvolti nei suoi antichi giochi di potere erano morti: Malcom Selmi, il senatore Thomas Wilford, Myriel Hudgens, il presidente terrestre e quello marziano. Tutti morti con l’eccezione di una sola persona: lui, Eliphas Nuuro. Oltre al capitano Micah Veidt, naturalmente. Ma del necronauta, ormai da anni, non c’era più alcuna traccia.

    Tracciò uno stretto arco nell’aria tiepida dello studio e subito una piccola nuvola di nanoidi intercettò il suo comando proiettando i dati da lui evocati proprio sulla scrivania. Pochi minuti e Ishtar Terra sarebbe entrato in allineamento con la porzione di spazio coperta dall’Antenna marziana. Ripensò al Sistema solare prima che la Terra e Marte realizzassero l’Antenna, ripensò a quando l’unico modo per comunicare tra tutte le Colonie era affidato alle navi di Saturno: lui stesso aveva sperato che l’enorme ripetitore entrasse in funzione il prima possibile perché quel tassello del mosaico faceva parte della sua visione. Una rinascita, una nuova opportunità per tutti. Un modo di sopravvivere – e forse prosperare? – all’ombra costante dell’irresistibile stazione aliena ancorata ai margini del Sistema solare.

    Più di ogni altra cosa, un’altra meraviglia di quei tempi così evoluti. Un’altra testimonianza di come l’eredità del capitano Veidt avesse cambiato ogni cosa.

    – Allineamento completato – notificò la voce atona dell’intelligenza artificiale che controllava Nuova Encelado. La finestra di comunicazione era preziosa e, per quanto frequente, non era sempre disponibile. Anche nel nuovo Sistema solare di Veidt le informazioni erano un bene molto prezioso.

    Impartì altri ordini silenziosi e i laboratori seppelliti nelle profondità dei Monti Maxwell si risvegliarono, sollecitati dagli ordini provenienti da Nuova Encelado.

    – Perle Nere in formazione – lo avvisò l’IA.

    L’Antenna marziana era diventata molto efficiente e secondo un calendario programmato metteva a disposizione delle Colonie la collana di piccoli e controllati buchi neri che permetteva una comunicazione istantanea tra i pianeti. Venere, così come tutti gli altri governi, disponeva dell’apparato necessario alla trasmissione e alla decodifica dei messaggi mentre l’Antenna si occupava di ‘scavare la sabbia’, come piaceva dire ai terrestri.

    Quel giorno le invisibili sfere oscure avrebbero allungato la voce di Ishtar Terra e di Nuova Encelado fino al Sistema solare esterno dove lo attendeva un vecchio amico. L’unico rimasto.

    Sorrise senza allegria. Non aveva mai avuto amici. Su Titano era sempre stato un inutile lusso.

    – Stringa di apertura ricevuta. Risonanza attiva.

    Le proiezioni che fluttuavano sulla scrivania vibrarono mentre l’intelligenza artificiale stabilizzava il segnale, potenziandolo. I Monti Maxwell non erano lontani ma la qualità delle trasmissioni in Perle Nere a volte lasciava a desiderare. Soprattutto se, come in quel caso, l’apparato dell’interlocutore non era dei migliori.

    Ci fu un altro sfarfallio seguito da una piccola esplosione di colori. Davanti a lui si condensò un volto pallido privo di sopracciglia. I capelli dorati raccolti in una lunga treccia scendevano sulla spalla sinistra. Intravedeva poco dell’abbigliamento ma sapeva che non era cambiato molto in tutti quegli anni. Aveva perso austerità ed eleganza ma il color bronzo, quello restava invariato.

    – È passato molto tempo – lo salutò Eliphas.

    Meyrink M’nad, al tempo Emissario della Corporazione dei Necronauti e ora Rappresentante delle Lune di Giove, rispose piegando il capo in un lento cenno di saluto. C’era stato un tempo in cui gli Emissari di Saturno – erano tre in tutto, assegnati alle navi più grandi e imponenti della Corporazione – godevano di un prestigio incredibile. Era in mano a loro la diplomazia con le Colonie e con la Terra e per quasi cento anni si erano occupati di tessere una solida tela che sorreggesse Titano e i Governi Uniti di Saturno.

    – Sono felice di rivederti, Eliphas – disse infine Meyrink.

    Meyrink M’nad aveva lasciato Ishtar Terra venticinque anni prima. Dopo tutto quello che era successo, dopo la fine della Missione e della Corporazione, l’Emissario non era stato in grado di trovare in ciò che Eliphas stava costruendo una valida ragione per restare. E aveva deciso di schierarsi con chi, dopo la follia di Theophrastus, era rimasto più debole. Giove e le sue lune così simili a Saturno avevano bisogno di un buon politico che le aiutasse a trattare con le altre Colonie. Meyrink era sempre stato il meno ambizioso degli Emissari: il potere personale non gli interessava e tutto ciò che aveva fatto al servizio di Saturno era per pura e immacolata ideologia.

    Giove era stato fortunato a poter contare su di lui e in soli venticinque anni Io e Europa, sotto i suoi consigli, erano stati in grado di addestrare i loro Necronauti. Solo tre navi, piccole e poco armate, ma abbastanza efficienti da garantire una comunicazione più frequente tra le lune altrimenti isolate una dall’altra. Un successo che ancora Ishtar Terra non aveva raggiunto.

    – Le cose stanno cambiando in fretta – riprese Meyrink. Una scarica statica deformò parte delle sue parole rendendole più cupe di quello che erano in realtà.

    Eliphas si assestò sulla sedia che lo accolse modificando linea e forma: – Non è una novità. Il Sistema solare è diventato … irrequieto – commentò.

    – Presto lo sarà ancora di più. Ma non tutti sono d’accordo. Ho sentito voci, Eliphas.

    – Che voci?

    – Astronavi che pattugliavano il Sistema solare esterno sono sparite. O almeno così dicono alcuni dispacci terrestri.

    – Sparite – gli fece eco Eliphas. Poi alzò gli occhi incrociando quelli della proiezione: – Veidt? – Chiese inquieto.

    – No. Del capitano Veidt non c’è alcuna traccia. Da anni ormai.

    – E allora chi?

    L’immagine di Meyrink oscillò, incerta: – Terroristi? Sabotatori? Oppure sono solo bugie per tenere lontane le Colonie minori. Per spingerle a non fare domande.

    – Tenerle lontano? Da dove?

    Meyrink lo fissò in silenzio. Poi riprese a parlare: –

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