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Lost Tales: Sword and Sorcery n°3 - Estate 2020
Lost Tales: Sword and Sorcery n°3 - Estate 2020
Lost Tales: Sword and Sorcery n°3 - Estate 2020
E-book245 pagine3 ore

Lost Tales: Sword and Sorcery n°3 - Estate 2020

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Info su questo ebook

“Lost Tales: Sword&Sorcery” Numero 3

In questo numero:

Saggi e interviste
  • Addio Eroe Solitario. Le avventure picaresche di Fafhrd e il Gray Mouser
    a cura di Cristiano Saccoccia
Racconti
  • La Creatura nella Cripta
    di Lin Carter
  • Cuore Sacro
    di Federica Soprani
  • Il Volatile rubato
    di Emanuele Corsi
  • La Legione dell’Aria
    di Andrea Berneschi
  • A Song of the Race
    di Robert Ervin Howard
  • Il Canto della Stirpe
    di Maikel Maryn
Vincenzo Pratticò è l’autore della splendida cover realizzata appositamente per Lost Tales Sword and Sorcery 3, mentre le illustrazioni interne sono opera di Sabrina Normani.
LinguaItaliano
Data di uscita12 ago 2020
ISBN9788894967265
Lost Tales: Sword and Sorcery n°3 - Estate 2020

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    Anteprima del libro

    Lost Tales - Federica Soprani

    Mouser

    CREDITS

    Lost Tales: Sword&Sorcery

    Magazine periodico

    anno III, numero 3 Luglio 2020

    .Epub: ISBN 9788894967265

    Formato: .PDF, .epub, .mobi (Kindle), cartaceo

    Copertina: Vincenzo Pratticò

    Immagini: Sabrina Normani

    Logo e cornici: Francesco Gianelli

    Editore: Vittorio Cirino

    Ideatore del progetto e redattore: Ivan Bard

    https://www.letterelettriche.it/

    https://www.facebook.com/letterelettriche/

    info@letterelettriche.it

    Caporedattrice: Federica Soprani

    Responsabile Web e Marketing: Monia Zanetti

    Decori: Designed by Freepik

    Editing: Daisy Franchetto

    Racconti

    La creatura della cripta - Lin Carter

    THE LIN CARTER COLLECTION

    Copyright 1975 (as in Proprietor’s edition) - All rights reserved.

    Italian translation rights arranged with Virginia Kidd Agency, Inc. through Christine Cohen, Agent.

    Traduzione a cura di Annarita Guarnieri per il magazine periodico Lost Tales: Sword&Sorcery. Letterelettriche, Estate 2020.

    Cuore Sacro - Federica Soprani

    INEDITO. Scritto per il magazine periodico Lost Tales: Sword & Sorcery. Letterelettriche, Estate 2020.

    Il volatile rubato - Emanuele Corsi

    INEDITO. Episodio della serie Novelle di un Trecento andato a male Scritto per il magazine periodico Lost Tales: Sword & Sorcery. Letterelettriche, Estate 2020.

    La Legione dell’Aria - Andrea Berneschi

    INEDITO. Episodio della serie Cartagine in fiamme Scritto per il magazine periodico Lost Tales: Sword & Sorcery. Letterelettriche, Estate 2020.

    A Song of the Race - Robert Ervin Howard

    Traduzione a cura di Vittorio Cirino.

    Il Canto della Stirpe - Maikel Maryn

    Racconto liberamente ispirato alla poesia A Song of the Race di Robert E. Howard scritto per il magazine periodico Lost Tales: Sword & Sorcery. Letterelettriche, Estate 2020.

    PREFAZIONE

    Buongiorno, amici.

    Come sempre, questa è l’ultima cosa che faccio prima che un magazine che proponiamo veda la luce. Mi piacerebbe dirvi che ho lungamente pensato a come introdurre questo numero, ma mentirei. Di fatto, quest’operazione è sempre stata la meno ragionata tra tutte quelle che occorrono per creare un’opera complessa come quella che avete tra le mani.

    Se avessi saggezza, pudore e buongusto per altro che non sia attinente alla narrativa, dovrei dirvi che questo 2020 sarà un anno che tutti ricorderemo. Dovrei citare il dolore di molti, il coraggio di pochi e l’irresponsabilità di alcuni. Dovrei dirvi anche che l’unicità sconvolgente di questo periodo ha influenzato il nostro lavoro e che ne troverete traccia tra queste pagine.

    Ma sarebbe falso... e tante cose sono, meno che un uomo falso, legato alle norme retoriche del marketing (che poi anche questo è inesatto, perché l’antiretorica di questa prefazione risulterà comunque una manovra di marketing funzionale).

    Ci sono, però, un paio di cose brutali e veritiere delle quali voglio parlarvi brevemente.

    Innanzitutto, questo è il terzo numero di Lost Tales: Sword&Sorcery ed è, a mio parere, il migliore della già bella serie. 

    Voi potreste ribattere dicendo che è quel che chiunque direbbe, al mio posto. E avreste ragione. Ma questo non rende la mia affermazione meno vera. Sono orgoglioso di aver messo in piedi questo progetto, tre anni fa. Sta crescendo come crescono i figli e con amore paterno io lo amo. Sono onorato di poter ospitare in questa sede molti professionisti dalle abilità eccezionali. Decine di persone concorrono per confezionare un’opera e lo fanno perché ci credono. I loro mondi crescono ad ogni racconto, ad ogni tavola. 

    E voglio sappiate che, come sempre, chi vi sta scrivendo legge ogni riga di ogni pagina di quel che pubblica. Sembra un’ovvietà, ma chiunque sia in quest’ambiente sa bene che più si pubblica e più si delega. Leggendo queste pagine, mi sono esaltato come un bambino. E per me, questa è la garanzia che la strada percorsa è quella giusta.

    Non vi cito cosa troverete all’interno... cielo, è per quello che abbiamo gli indici e una densa campagna di propaganda social. Ve l’ho già detto che non amo le banalità retoriche, vero?

    L’ultima verità (ne avevo promesse un paio, delle quali una brutale) è che avevo pensato di concludere con l’ennesimo ringraziamento a voi, che ci supportate (ed è legittimo) ma non lo farò.

    Perché in quest’anno ho realizzato che non è vero che se voi non ci foste questo numero non ci sarebbe. Ho capito che ci sarebbe comunque, in fortissima perdita economica, perché questo è quello che amo e lo difenderei con scudo e spada di fronte all’apocalisse finanziario.

    Ma se ci aiutate, possiamo conquistare i mondi del fantastico. Prendete armature comode, però, che fa caldo in questo periodo...

    Vittorio Cirino

    La Creatura nella Cripta

    di Lin Carter

    Introduzione a "La Creatura nella Cripta"

    Il rapporto di Thongor con Ylala non è destinato a durare. Forse lei si rende conto che Thongor è fatto per una vita turbolenta, di conflitti, nella quale potrebbe avere sempre e solo un ruolo minore, o forse lui sa che forze potenti lo hanno segnato, consacrandolo già in giovane età a una vita senza legami. Comunque sia, i due si separano da qualche parte nelle terre alte del Dakshina settentrionale.

    Thongor però non ha molto tempo per rimuginare su eventuali rimpianti, perché là il mondo ribolle di pericoli e la sua vita viene minacciata a ogni passo.

    1

    O possente Signore che siedi

    Sul trono

    Di foglie di loto colorate con il sangue!

    Roteano i tuoi occhi come soli e lune

    Celesti…

    Inducili a rivolgersi a noi soltanto

    Quando in mezzo alle angustie

    Che come piena ci travolgono,

    Imploriamo da te un dono di amore paterno.

    O tu che un giorno a Valka contendesti

    La corona

    Con braccio possente e calibrati colpi

    E schiacciasti i demoni

    Con inarrestabile potere,

    Che frantumasti i teschi di nemici

    Di grande fama,

    Che regni nascosto, nessun mortale

    Sa da dove,

    grazie al Fulmine di Vandoth, fino all’ora

    Attuale!

    Concedici ancora di mirare il tuo valore

    E libera le tue terre da coloro

    Che le vorrebbero predare,

    Dividi, distruggi e schiaccia il nostro orgoglio,

    E mandaci un re coraggioso e audace

    E lascia che il sangue dei suoi nemici arricchisca

    Il nostro suolo!

    Inducilo a brandire la tua lama, a salire sul tuo

    Carro da guerra!

    Il Veda Carminio, Libro 68, inno 8

    A Vandoth del Loto di Sangue

    1 - I Mastini degli Inferi

    La giornata era già stata lunga e molto faticosa quando un giovane dal corpo molto muscoloso che viaggiava verso sud nell’ombra dei torreggianti Monti di Mommur notò i primi segni di inseguimento. Accelerando il passo non perse tempo a guardarsi indietro per avere conferma di quello che il suo acuto udito gli aveva già rivelato, e cioè che era diventato la preda a cui mirava un branco di Mastini di Talondos. Si trattava di bestie di cui oggi non sopravvive nessun reperto fossile, nelle quali si combinavano i tratti propri del coccodrillo e del lupo. Si muovevano con furtività e rapidità sorprendenti in rapporto alle loro dimensioni e alla pesante corazza, e non avevano quasi più bisogno di usare l’olfatto adesso che la forma della loro vittima si stagliava così chiaramente nella luce della grande luna dorata dell’antica Lemuria.

    Erano parecchi e una volta che ebbero raggiunto quell’umano isolato lui vendette a caro prezzo il proprio sangue, reclamando la vita di due di loro prima di fuggire con uno scatto di velocità dopo aver usato tutte le frecce, lasciando con riluttanza la propria spada incastrata in una delle carcasse corazzate. Inevitabilmente, la sua grande forza cominciò a scemare mentre riusciva comunque a mettere una certa distanza fra sé stesso e gli inseguitori, che adesso erano forse un po’ meno ansiosi di raggiungerlo, soprattutto a causa del rapido diminuire della temperatura notturna.

    L’uomo che correva ora sulla pura spinta della perseveranza era Thongor di Valkarth. Il continente dove viveva è ormai svanito da tempo perfino dalle teorie degli etnografi e degli studiosi di miti e di leggende: Lemuria, la grande incubatrice di forme di vita primordiali, alcune delle quali sono sopravvissute agli eoni mentre altre non ce l’hanno fatta. L’uomo è stato uno di quegli esperimenti coronati da successo, anche se gli esemplari odierni sembrano degenerati e incolori al confronto di quelli di allora. La specie di appartenenza di Thongor si è sviluppata là prima che in qualsiasi altro luogo del globo, condividendo il continente con avversari gelosi, inclusi i grandi rettili e alcune specie di mammifero attrezzate per affrontarli o per sfuggire loro. Anche il grande Oceano Indiano, come oggi viene chiamato, era geloso: le sue onde avide lambivano le coste di Lemuria in attesa del giorno in cui sarebbe riuscito a inghiottirla tutta, tranne per una manciata di isole superstiti.

    Il clima del continente scomparso era mescolato in maniera paradossale, freddo a entrambe le estremità e caldo nelle regioni centrali, con la parte settentrionale occupata tutta da montagne torreggianti le cui vette erano ammantate di cumuli di neve, mentre a un giorno di distanza a volo d’uccello le pianure coperte di giungle erano esposte alla furia del calore equatoriale, che scemava verso sud in direzione dell’Antartide primordiale, dove leggende antiche già allora sussurravano della presenza di strane forme di vita intelligenti pre-umane .

    Dopo essere disceso dalle regioni montane dove era nato, Thongor aveva viaggiato lungo una linea orizzontale che correva ai loro piedi, cercando di tanto in tanto rifugio in grotte collinari o in anfratti ancora più elevati quando i suoi incontri con gli uomini delle pianure si facevano troppo pericolosi. Adesso fu l’inseguimento da parte dei Mastini di Talondos che indusse i suoi occhi, dorati come due gemelli in miniatura della luna che lo sovrastava, a cercare qualche traccia di una grotta sulla parete della montagna, e infine ne trovò una. Si trovava abbastanza in alto rispetto al terreno pianeggiante da scoraggiare i Mastini, ma la salita lo avrebbe costretto a consumare tutte le forze che gli rimanevano.

    Giunto a una decisione, cominciò l’ascesa, trovando anche i più piccoli appigli per le mani e per i piedi. Il ringhiare e lo schioccare di zanne del branco sottostante si fece sempre più fievole mentre finalmente si issava oltre l’orlo della sporgenza di roccia e si spingeva nella grotta. Il sonno indotto dallo sfinimento lo reclamò all’istante e lui si accasciò sulla fredda roccia, indifferente a qualsiasi nuovo pericolo la grotta stessa avrebbe potuto presentare.

    2 - La Grotta delle Meraviglie

    Quando si svegliò, un intero giorno era sorto e tramontato e con esso se ne erano andati anche i suoi inseguitori. La luna dorata illuminava di nuovo il panorama di una luce spettrale e il suo chiarore si riversava in parte anche all’interno della grotta in cui lui si trovava. I suoi raggi gli permisero di vedere che quello che aveva scambiato per un piccolo buco nella superficie rocciosa era soltanto l’anticamera di un più vasto labirinto nascosto. Una brusca svolta rivelava la presenza di un murale in bassorilievo, rozzo ma complesso nella sua realizzazione, il cui soggetto non rivelò nulla di strano ai suoi occhi dorati di barbaro perché mostrava scene di figure impegnate in un combattimento, che forse illustravano una qualsiasi delle saghe sanguinose di un qualche popolo, magari anche il suo.

    La sua innata curiosità lo indusse a esplorare la caverna, soprattutto perché i suoi recessi avrebbero potuto offrire un rifugio più che adeguato da un eventuale ritorno del Mastini di Talondos. Per vederci meglio, tuttavia, avrebbe avuto bisogno di più luce, e a meno che quella caverna non fosse stata scavata per dei ciechi, pareva probabile che dovessero esserci a portata di mano i mezzi per crearne un poco. Una breve quanto esitante ricerca confermò le sue supposizioni quando la sua mano indagatrice incontrò un arrugginito anello di ferro confitto nella parete di roccia, dove ormai tremava malfermo, mentre il piede calzato di stivale urtava un vaso di coccio che ritenne dover contenere olio combustibile.

    Una rapida annusata ai depositi appiccicosi sul fondo del vaso rivelò che i suoi sospetti erano fondati e, dopo aver esaminato parecchi anelli fissati alle pareti, trovò finalmente una torcia di canne disseccate al punto da formare quasi un pennello. La sfregò sull’olio depositato in uno dei vasi fino a raccoglierne abbastanza da poterla accendere con la selce che aveva nella sua sacca.

    In un primo momento la luce della torcia divampò fin troppo intensa, prima che il suo chiarore si riducesse, ma in quel bagliore iniziale Thongor riuscì a distinguere l’intero panorama di una grotta che si estendeva per una ventina di metri, con il suolo irregolare e l’interno irto di stalagmiti coperto da tesori e altri antichi oggetti, ammucchiati o dentro contenitori. A mano a mano che i suoi occhi si adeguarono alla penombra, la sua memoria riempì i vuoti lasciati da quello che non poteva più vedere con chiarezza e si addentrò nella grotta, esaminandola per quanto gli era possibile, mentre a tratti un’imprecazione gli sfuggiva dalle labbra.

    Fu una sorpresa, poi una fonte di meraviglia, quindi una fonte di sospetto: ogni sorta di oggetti era ammucchiata davanti a lui in un modo disordinato da cui si intuiva che erano stati depredati più volte per poi essere infine lasciati giacere lì indisturbati. Qua e là c’erano statue che parevano raffigurare un assortimento di divinità e di totem, alcune inclinate in modo irriverente contro le pareti, altre inserite con cura in nicchie scavate nella roccia.

    Alcune gli erano vagamente familiari mentre altre parevano versioni primitive di divinità convenzionali. Per esempio c’era Chaugganath dalla testa di elefante, solo che era raffigurato come irsuto e peloso. Un altro aveva nobili fattezze umane, ma la grande criniera dei suoi capelli pareva fondersi con una nube di tempesta, la barba con fitte cortine di pioggia, e nel pugno possente stringeva una saetta: di certo, quello era Padre Gorm. Altre statue presentavano facce e braccia multiple. Aveva sentito dire che c’erano diciannove dei, anche se non sapeva perché dovessero essercene così tanti, ma quelli presenti lì non si avvicinavano neppure lontanamente a quel numero.

    Sacche di cuoio, vasi di argilla e vasche di metallo straripavano di conchiglie lucide che un tempo potevano essere state usate come moneta da qualche tribù, anche se quel concetto era per lui relativamente nuovo, dato che la sua tribù aveva usato soltanto il baratto per far fronte alle proprie semplici necessità. L’abbondanza di piume sparse ovunque suggeriva una scorta di frecce, da tempo decomposte, lasciate lì dai guardiani di quel luogo. Ogni tanto scorgeva scatole di metallo che non parevano semplici contenitori, in quanto decorate da gemme opache e da borchie senza punta, alcune delle quali erano arrotondate e presentavano solchi ravvicinati. Non sapendo a cosa potessero servire, le oltrepassò senza una seconda occhiata, poi il suo sguardo si posò sulla riproduzione in argilla di una grassa lucertola solare. Sapeva che la sua versione in carne e scaglie costituiva un boccone succulento e in quel momento desiderò ardentemente di averne sotto mano una per poter placare la fame che di colpo si faceva sentire in modo prepotente.

    Imprecò per lo stupore quando lì vicino un rumore di oggetti smossi tradì la presenza della gemella vivente del rettile d’argilla. Sventrato rapidamente l’animale con un coltello arrugginito lo cucinò con impazienza sulla fiamma fumosa della torcia e lo divorò in un istante. Il sapore non era male, ma il pasto pareva mancare di sostanza, cosa che lui attribuì alla sua fame vorace, che non poteva essere saziata da un boccone così piccolo. Non si soffermò però a riflettere sul fatto che il suo desiderio era stato realizzato in maniera così immediata.

    Intanto, dentro di lui cresceva il bisogno di lasciare quel rifugio perché il posto aveva qualcosa di inspiegabile che gli dava la sensazione di correre un grande rischio semplicemente trovandosi lì. Fuori però la notte era fredda, e sapeva che i predatori non potevano essere molto lontani, per cui gli parve più prudente rimanere e affrontare qualsiasi cosa avrebbe potuto sfidarlo in quel luogo. Tanto più che quei pericoli erano probabilmente il frutto della sua immaginazione superstiziosa.

    Continuò a esaminare il bottino ammassato, posando la mano su uno scrigno di pietre preziose di svariate tonalità, che però apparivano tutte stranamente opache anche alla luce della torcia. Conosceva le usanze degli uomini civilizzati quanto bastava per sapere che avrebbero considerato preziosi oggetti come quelli, e decise immediatamente di portarne con sé una buona scorta, quando se ne fosse andato. Subito dopo però si chiese ancora una volta perché quel tesoro giacesse ancora lì indisturbato: di certo non poteva essere il primo che si fosse imbattuto in quel luogo.

    Il suo sguardo cadde poi su un tesoro di natura molto diversa: un grande contenitore di pietra pieno fino all’orlo di teschi! Sussultò nel sentire i capelli che cominciavano a rizzarglisi alla base del collo. Quelli erano forse i resti di intrusi precedenti? D’altro canto, non aveva notato segni recenti sulla polvere che copriva il pavimento, e tanto meno segni di lotta. Un tempo aveva sentito dire che alcuni antichi re e sacerdoti facevano deporre le loro ossa in quel modo, insieme a quelle dei predecessori. Si trovava dunque in una cripta?

    Ulteriori indagini rivelarono un vaso pieno di pergamene fatte di cuoio o di papiro di foglie di palma. Sebbene avesse istintivamente cercato di essere delicato, queste ultime si sbriciolarono non appena le toccò, mentre quelle di cuoio si rivelarono più resistenti, anche se non gli furono di maggiore aiuto, dal momento che non sapeva leggerle. Sollevò lo sguardo da quegli sconcertanti glifi che coprivano la pagina tinta di rosso, solo per lasciar cadere la pergamena in preda alla sorpresa quando una figura gli apparve accanto, apparentemente scaturita dal nulla. Si rilassò un poco nel vedere che non si trattava di un combattente ma di un vecchio avvizzito, non dissimile dagli sciamani del suo popolo.

    Il vecchio non pronunciò una sola parola, ma si chinò a recuperare la pergamena. Mentre Thongor lo fissava pieno di meraviglia, una voce sussurrante ruppe il silenzio che da lungo tempo regnava sulla camera, recitando qualcosa in una lingua che Thongor non conosceva, anche se gli parve di riconoscere uno o due nomi divini. Interrompendo il flusso di quelli che gli sembravano suoni senza senso, accennò a parlare all’uomo nel proprio rozzo linguaggio. Le sue parole ebbero un effetto immediato, anche se non quello voluto, perché non appena pronunciò la prima il vecchio tacque e scomparve… e la pergamena insieme a lui. Di nuovo, un desiderio era stato realizzato, anche se solo per provocarlo.

    Quali che fossero i pericoli in attesa all’esterno, adesso Thongor era deciso ad abbandonare quel luogo maledetto. Esaminò un’ultima volta il posto alla luce della torcia, cercando

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