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Óláfr Tryggvason: Il re vichingo, Apostolo della Norvegia
Óláfr Tryggvason: Il re vichingo, Apostolo della Norvegia
Óláfr Tryggvason: Il re vichingo, Apostolo della Norvegia
E-book178 pagine2 ore

Óláfr Tryggvason: Il re vichingo, Apostolo della Norvegia

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Óláfr Tryggvason è tra le figure preminenti dell’antico regno norvegese. Suo padre Tryggve, un regulus dell’area di Víken, morì assassinato da re Guðrøðr nella lotta per il trono norvegese e Óláfr, esule, costruì la propria fortuna con raid e saccheggi a est e a ovest.
Con l’argento ricavato dalle incursioni nelle Isole britanniche finanziò la propria campagna militare per diventare re e nel corso di una delle sue spedizioni corsare si convertì e ricevette il battesimo da un eremita delle isole Scilly.
Nella tradizione nordica re Óláfr, con il suo breve regno dal 995 al 1000, è considerato l’Apostolo della Norvegia: gli viene attribuita la conversione della Norvegia, delle isole Orcadi, Fær Øer, Islanda e Groenlandia. L’evangelizzazione da lui promossa fu peraltro violenta, unita a un espansionismo “cristiano” e a una politica religiosa indipendente dall’arcidiocesi di Amburgo-Brema.
Storicamente, il tentativo di eliminare l’influenza danese in Norvegia costrinse Óláfr Tryggvason ad affrontare una coalizione formata dal re danese Sven Barbaforcuta, lo jarl di Lade, Eiríkr, e il re svedese Olof Skötkonung nella battaglia di Svold in cui fu sconfitto.
Per Adamo di Brema, Óláfr Tryggvason si suicidò in mare per la disperazione conseguente all’apostasia e all’inganno dei maghi di cui si fidava ciecamente; secondo le saghe nordiche, invece, scomparve misteriosamente dalla sua nave dopo un grande bagliore nel corso della battaglia in mare. Molti credettero che fosse andato in Russia, altri dissero di averlo visto in un monastero in Terrasanta.
LinguaItaliano
Data di uscita26 apr 2021
ISBN9788893721264
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    Anteprima del libro

    Óláfr Tryggvason - Carla Del Zotto

    europei.

    CAPITOLO I

    LA SCANDINAVIA E LE ISOLE BRITANNICHE

    IN EPOCA VICHINGA

    1. Le prime incursioni

    Secondo la tradizione nordica Óláfr Tryggvason fu battezzato da un eremita delle isole Scilly, al largo della Cornovaglia, durante uno dei suoi numerosi raid vichinghi, con i quali egli ebbe modo di finanziare la conquista del trono di Norvegia. La sua presenza in Inghilterra a capo di spedizioni corsare è documentata negli anni 991-994, ma nelle Isole britanniche incursioni e devastazioni vichinghe erano iniziate molto tempo prima, sul finire dell’VIII secolo. Nella Cronaca anglosassone la distruzione del monastero di Lindisfarne (oggi Holy Island) davanti alla costa nordorientale inglese è così descritta:

    s.a. 793. Her wæron reðe forebecna cumene ofer Norðanhymbra land 7 þet folc earmlice bregdon: þet wæron ormete ligræscas, 7 wæron geseowene fyrene dracan on þam lyfte fleogende. þam tacnum sona fyligde mycel hunger, 7 litel æfter þam þæs ilcan geares on .vi. idus Ianuarii earmlice heðenra manna hergung adiligode Godes cyrican in Lindisfarenaee þurh reaflac 7 mansleht¹.

    s.a. 793. In questo anno terribili prodigi apparvero in Northumbria e spaventarono a morte il popolo: vi furono immensi bagliori di fulmini e furono visti draghi fiammeggianti volare per l’aria. A questi segni seguì immediatamente una grande carestia e poco dopo in quello stesso anno l’8 gennaio [scil. 8 giugno]² razzie di uomini pagani devastarono impietosamente la chiesa di Dio a Lindisfarne con saccheggio e strage.

    Alcuino di York, autore del poemetto De clade Lindisfarnensis monasterii sul saccheggio della chiesa di s. Cutberto, dalla corte carolingia così deplora la distruzione di Lindisfarne nella lettera inviata a Æthelred, re di Northumbria:

    Ecce trecentis et quinquaginta ferme annis, quod nos nostrique patres huius pulcherrime patrie incole fuimus, et numquam talis terror prius apparuit in Brittannia, veluti modo a pagana gente perpessi sumus, nec eiusmodi navigium fieri posse putabatur. Ecce ecclesia sancti Cudberthi sacerdotum Dei sanguine aspersa, omnibus spoliata ornamentis, locus cunctis in Brittannia venerabilior, paganis gentibus datur ad depredandum³.

    Ecco sono trecentocinquanta anni che noi e i nostri padri abbiamo abitato questa bellissima patria e mai prima apparve un tale terrore in Britannia come quello che di recente abbiamo subito da una gente pagana, né si pensava che potesse esserci una simile nave. Ecco la chiesa di san Cutberto bagnata dal sangue dei sacerdoti di Dio, spogliata di ogni ornamento, il luogo più venerabile di tutti in Britannia, viene data al saccheggio di genti pagane.

    Per convenzione, il raid a Lindisfarne dell’8 giugno del 793 segna l’inizio delle incursioni vichinghe in Occidente. L’anno seguente in Northumbria furono saccheggiati i monasteri di Jarrow e Monkwearmouth; nel 795 fu la volta di Rechru (Rathlin) nell’Irlanda settentrionale e dell’isola di Iona, davanti alla costa occidentale della Scozia, ove sorgeva il monastero fondato nel 563 dall’abate irlandese san Columba⁴. Intorno al 900 gruppi di vichinghi, per lo più norvegesi, erano stanziati nelle isole e sulla costa scozzese da Galloway a Moray Firth⁵. Nelle Orcadi e nelle Shetland l’originaria popolazione celtica venne totalmente sostituita dagli Scandinavi che lì conservarono più a lungo la loro identità. Diversamente, nelle Ebridi e nella parte sudoccidentale della Scozia i vichinghi si unirono alla popolazione esistente attraverso matrimoni misti; gli Irlandesi li chiamarono Gall-Gaedil, i Gaeli stranieri, etnonimo dal quale deriva il nome della regione scozzese Galloway⁶. Nell’859, una spedizione vichinga varcò lo Stretto di Gibilterra, navigando per la prima volta da occidente nel Mar Mediterraneo, dopo aver iniziato nell’854 una campagna di incursioni sulle coste spagnole. Inoltre, nell’860 ci fu un raid sulle coste italiane a Luni, città che gli uomini del Nord espugnarono con uno stratagemma, credendo di essere giunti a Roma⁷.

    Nel Wessex, a sud dell’Inghilterra, un raid vichingo è documentato già nel 789, quattro anni prima della distruzione di Lindisfarne. Secondo la Cronaca anglosassone, durante il regno di Beorhtric, re dei Sassoni occidentali, tre navi danesi giunsero per la prima volta a Portland, nel Dorset. Il sovrintendente del re, non sapendo chi fossero quegli uomini, ordinò all’equipaggio di recarsi alla residenza reale e venne ucciso. Scrive il cronista che quelle furono le prime navi di Danesi ad arrivare in Inghilterra:

    s.a.787 [789]. Her nam Breohtric cining Offan dohter Eadburge. 7 on his dagum comon ærest .iii. scipu Norðmanna of Hereðalande, 7 þa se gerefa þærto rad, 7 he wolde drifan to ðes cininges tune þy he nyste hwæt hi wæron, 7 hine man ofsloh þa; ðæt wæron þa erestan scipu Deniscra manna þe Angelcynnes land gesohton⁸.

    s.a. 787 [789]. In questo anno re Beorhtric sposò Eadburg figlia di Offa; e nei suoi giorni giunsero per la prima volta tre navi di uomini del Nord dall’Hordaland⁹ e allora l’intendente si recò da loro affinché si presentassero alla residenza del re poiché non sapeva chi fossero ed essi lo uccisero; quelle furono le prime navi di uomini danesi che giunsero sulla terra degli Angli.

    2. I Nordmanni: pirati, mercanti e mercenari

    Nella Cronaca anglosassone i vichinghi sono chiamati sia uomini del Nord sia Danesi. Negli storici franchi il termine Nordmanni, uomini del Nord, si riferisce indistintamente a Danesi e Svedesi¹⁰; nell’epistola di Alcuino, prima citata, essi sono semplicemente pagana gens. Il termine ‘vichingo’ non indica infatti un’etnia ma è un nome comune equivalente a ‘pirata’, ‘corsaro’. Nella Scandinavia dell’alto medioevo fara í víking era partire per un viaggio, verso terre spesso sconosciute, col fine di compiere una razzia; quell’esperienza apparteneva per dir così alla formazione di un giovane ma era soprattutto un’occasione di guadagno, una fonte di arricchimento per procurarsi terre o pagare uomini in armi per conquistare un regno¹¹. La Saga di Egill, biografia di uno degli scaldi islandesi più famosi¹², narra che al piccolo Egill, che già da bambino rivelava un carattere turbolento – avendo ucciso con un colpo d’ascia il compagno Grímr perché più bravo nel gioco della palla –, la madre promise una nave, riconoscendo in lui il temperamento di un grande vichingo:

    þat malti mín móðir,

    at mér skyldi kaupa

    fley ok fagrar árar,

    fara á brott með víkingum,

    standa upp í stafni,

    stýra dýrum knerri,

    halda svá til hafnar,

    höggva mann ok anna¹³.

    Disse mia madre

    che occorreva comprarmi

    una nave veloce e bei remi,

    andare via con i vichinghi,

    in piedi sulla prua,

    governare la preziosa nave,

    fermarsi di porto in porto,

    fare a pezzi un uomo o due.

    Nella Heimskringla, una storia dei re di Norvegia composta dall’islandese Snorri Sturluson intorno al 1230, si legge che numerosi raid vichinghi furono compiuti sia da re Óláfr Tryggvason, sia dal suo successore Óláfr Haraldsson il Santo. Entrambi, con l’argento riscosso dall’Inghilterra come tributo (danegeld), finanziarono le proprie campagne militari per salire al trono in Norvegia, rispettivamente nel 995 e nel 1015. Tra il 991 e il 1014 i vichinghi riscossero più di sessantotto tonnellate d’argento con il danegeld versato dagli Inglesi¹⁴. E, come raccontano le saghe, erano in molti a partire dalla Scandinavia per compiere incursioni e saccheggi, salvo tornare a casa in inverno e continuare le proprie occupazioni pacifiche come agricoltori o allevatori.

    In Scandinavia l’età vichinga, che va dalla fine dell’VIII secolo alla metà dell’XI e chiude l’epoca della preistoria nordica¹⁵, accompagnò la transizione dal paganesimo al Cristianesimo e la formazione di singoli regni sul modello delle monarchie esistenti in Francia e Inghilterra. Le incursioni vichinghe di per sé non furono una campagna militare contro l’Europa o una guerra di pagani contro i monasteri cristiani ma una forma particolare di attività economica¹⁶. Singole bande di vichinghi potevano compiere assalti e saccheggi anche tra di loro, come annota il chierico tedesco Adamo di Brema. Nel IV libro dei suoi Gesta Hammaburgensis ecclesiae pontificum la Selandia (Sjælland) è descritta come l’isola più grande all’interno del Baltico, piena d’oro grazie alle razzie dei pirati, "che i Danesi chiamano ‘vichinghi’, ma gli altri ‘ascomanni’¹⁷. Questi pirati – spiega Adamo – pagano al re danese un tributo per poter depredare i barbari che abitano sulle coste del Baltico, ma spesso compiono rapine anche tra la loro stessa gente. Del resto – egli aggiunge – i Danesi hanno molte leggi e usanze contrarie al giusto e al bene; non conoscono pena diversa dalla scure o dalla schiavitù e reputano motivo di gloria restare allegri quando sono condannati; detestano infatti le lacrime al punto di non piangere né per i propri peccati né per i loro morti¹⁸.

    È noto altresì che gruppi di vichinghi, arruolati come mercenari, si fronteggiarono a volte gli uni contro gli altri in schieramenti opposti, come nella battaglia di Brunanburh in Inghilterra. Nella Saga di Egill si legge che Egill con il fratello þórólfr guidò alcune truppe del re inglese Æthelstan nella battaglia di Vínheiðr (scil. Brunanburh) in Northumbria¹⁹; e mentre erano al servizio del re inglese i due fratelli, ancora pagani, accettarono di ricevere la prima signatio, una forma preliminare di conversione al Cristianesimo meno impegnativa rispetto al battesimo²⁰.

    3. Le spedizioni in Inghilterra di Óláfr il Rosso e Óláfr Tryggvason

    Le battaglie di Brunanburh e Maldon, combattute in Inghilterra nel X secolo, sono il tema di due canti eroici anglosassoni che celebrano rispettivamente una grande vittoria e una sconfitta, modesta, degli Inglesi. A Brunanburh, nel 937, re Æthelstan, nipote di Alfredo il Grande, trionfò su una potente coalizione celto-nordica guidata dal re vichingo di Dublino, Óláfr Guðrøðsson – nella saghe Óláfr il Rosso –, alleatosi con Causantín (Costantino II), re di Alba, e Owain di Strathclyde per riconquistare il dominio sulla Northumbria²¹:

    Her Æþelstan cyning, eorla dryhten,

    beorna beahgifa, and his broþor eac,

    Eadmund æþeling, ealdorlangne tir

    geslogon æt sæcce. sweorda ecgum

    ymbe Brunanburh²².

    Qui re Æthelstan, signore degli jarl,

    munifico verso gli uomini, e suo fratello,

    il principe Eadmund, gloria imperitura

    acquistarono in battaglia con le lame delle spade

    a Brunanburh.

    […]

    þær læg secg mænig

    garum ageted, guma norþerna

    ofer scild scoten, swilce Scittisc eac,

    werig, wiges sæd²³.

    Là giacque un gran numero di guerrieri

    uccisi con lance, uomini del Nord

    colpiti sugli scudi, e anche Scozzesi,

    sfiniti, saturi di guerra.

    […]

    Gewitan him þa Norþme. nægledcnearrum,

    dreorig daraða laf, on Dinges mere

    ofer deop wæte. Difelin sēcan,

    eft Iraland, æwiscmōde²⁵.

    Se ne andarono gli uomini del Nord sulle navi dalle assi inchiodate,

    i sanguinanti superstiti dei dardi, sul Dingesmere²⁴,

    sull’acqua profonda alla volta di Dublino,

    di nuovo in Irlanda, con animo confuso.

    Il canto La battaglia di Maldon, giunto a noi mutilo²⁶, esalta invece l’eroismo di Byrhtnoth, ealdorman²⁷ dell’Essex durante il regno di Æthelred II²⁸. Nell’agosto del 991 Byrhtnoth affrontò nei pressi di Maldon una banda di vichinghi, che aveva devastato Folkestone, Sandwich e Ipswich; costoro nel risalire il fiume Blackwater avevano raggiunto una piccola isola – probabilmente Northey Island –, unita alla terraferma da uno stretto ponte di terra impraticabile con l’alta marea, e chiesero a Byrhtnoth di poter raggiungere la costa²⁹. L’ealdorman, per eccesso di orgoglio (ofermōd), permise loro di sbarcare sulla terraferma e nella battaglia che seguì i suoi uomini vennero sopraffatti ed egli stesso ucciso.

    La prima parte del canto riporta la richiesta del messaggero dei vichinghi di ricevere oro in cambio di una tregua e la fiera replica di Byrhtnoth:

    25 þa stod on stæðe, stiðlice clypode

    wicinga ar, wordum mælde,

    se on beot abead brimliþendra

    ærænde to þam eorle, þær he on ofre stod:

    "Me sendon to þe sæmen snelle,

    30 heton ðe secgan þæt þu most sendan raðe

    beagas wið gebeorge; and eow

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