L'incontro
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Anteprima del libro
L'incontro - Stefania Brotini
vita
CAPITOLO 1
Un rumore assordante gli trafisse la testa. Stava ansimando e le sue gambe stavano per cedere. Gli mancava l'aria e di lì a poco avrebbe perso i sensi se non si fosse fermato. Ombre nella notte schiamazzavano, inebriate di alcool e qualche allucinogeno. L'umidità si alzava dall'asfalto. Gatti randagi, sacchi di spazzatura, e sirene in lontananza, ecco quello che riusciva a percepire. Sentì che qualcosa di caldo stava colando sulla sua fronte. Si sfiorò e le sue mani si cosparsero di sangue. Accidenti! Ancora pochi isolati e sarebbe stato a casa. Un groppo alla gola lo assalì pensando che forse chi lo stava inseguendo potesse sapere dove abitava. Forse conoscevano tutto di lui? Probabilmente erano già lì in casa sua ad aspettarlo, e lo avrebbero finito di pugni, o peggio lo avrebbero freddato con un colpo di pistola. Non poteva tornare a casa. Non poteva chiamare la polizia, che lo stava ricercando già da ventiquattro ore, da quando qualcuno gli aveva imbottito l'auto di eroina e cocaina. La disperazione non riusciva però a bloccargli la mente, anzi l'idea che si trattasse di una questione di vita o di morte lo rendeva mentalmente lucido, calcolatore e veloce. Cercò di controllare la respirazione, così che il battito cardiaco rallentasse. Si trascinò verso il primo vicolo buio e si accasciò raggomitolandosi su sé stesso.
Il tepore delle prime luci dell'alba ed il suono assordante di una sirena lo svegliarono di soprassalto. Per un attimo non seppe rendersi conto come fosse arrivato fin lì. Tutto sommato era ancora vivo, inutile chiedersi altro. Erano le sei del mattino ed avrebbe pagato quel che possedeva per un caffè caldo ed un cornetto. Cercò qualche spicciolo nelle tasche, ma niente. Con sé neppure l'ombra del cellulare che aveva gettato dal ponte per non farsi localizzare. Estrasse il portafoglio, ma trovò solo patente e documento di identità. Niente soldi, neppure un centesimo.
Cercò di riordinarsi al meglio i capelli, ma si rese conto che il volto era ancora sporco di sangue coagulato. I suoi vestiti erano tutti stropicciati. Si incamminò fuori dal vicolo dove si era rifugiato, cercando una fontanella dove potersi lavare. Mentre si stava gettando acqua sul volto, vide un’ombra ferma sopra di lui. Era un bambino curioso, che lo fissava. Poi all’ improvviso gridò Mamma, mamma, guarda qui, c’è un uomo pieno di sangue!
. oh mio Dio! Robert vieni subito via da lì! Corri, subito qui…aiuto!!!
Accidenti, ci mancavi tu piccolo moccioso di un Robert…
David iniziò di nuovo a scappare, ma di lì a poco sentì le sirene della volante in avvicinamento. Deve essere stata quella donna, Robert…Accidenti e adesso dove vado
. Si girò per vedere se la volante lo avesse individuato, e poi via, con un salto si nascose nel primo portone che gli capitò. La volante passò dritta.
Adesso come avrebbe potuto mettersi fuori dai guai. Si accasciò di nuovo nella penombra di quell’atrio, quando sentì aprirsi una porta ad uno dei piani superiori, forse al secondo o terzo piano.
Ciao Lucy, torno per le cinque, spero che il professore sia puntuale oggi
sentì la voce di una ragazza che si stava incamminando giù per le scale Buongiorno signora, come sta oggi? Bella giornata vero?
. David si arrese alla sua stanchezza e alla velocità con cui Annabel stava scendendo le scale. Fu un attimo, alzò il viso e vide quello di lei.
Acciden…
esclamò impietrita Annabel con un sussulto.
No, non temere, tranquilla non devi avere paura di me
disse ancora seduto a terra.
Sono stato aggredito. Sono un fuggitivo, ma innocente. Sono innocente, innocente! Mi hanno incastrato
. Aveva il volto di chi sente dolore, e con disperazione si aggomitolò a terra, sfinito, disperato. Annabel era ancora impietrita, muta, non sapeva decidere il da farsi, chiamare la polizia o aiutarlo? Credergli o non credergli? Forse avrebbe dovuto chiamare Lucy, la sua coinquilina. Ma sono un medico…che faccio mica lo posso lasciare così e tirare dritta!
pensò fra sé e sé. La voce non le uscì dalla bocca. Poi David alzò lo sguardo verso di lei, si guardarono intensamente negli occhi, per un lunghissimo minuto. Per un istante sembrò che il tempo si fosse fermato.
Gli occhi verde smeraldo di Annabel, e gli occhi azzurro cielo di David non riuscivano quasi a staccarsi più gli uni dagli altri. David tentò di ricomporsi, indolenzito, ma l’orgoglio superò il dolore fisico, che si attenuò. Annabel percepì qualcosa di mai sentito prima, qualcosa di sconcertante e piacevole insieme. Il cuore le batteva a mille, ma stranamente la paura scomparve e sopraggiunse il forte desiderio di aiutarlo. Non avrebbe chiamato nessuno e lo avrebbe ascoltato, perché quel volto gli stava parlando sinceramente.
Si chinò su di lui e con voce ferrea gli chiese Ti fa male qui?
premendo delicatamente prima sullo zigomo destro, leggermente tumefatto, poi sulla radice del naso che portava ancora i segni di un sanguinamento.
No, qui non mi fai male, sento un po' di dolore al torace
rispose lui confortato dalla sua gentilezza.
Ok, adesso sdraiati giù per terra, non temere
e gli palpò il torace con una tecnica che David aveva talvolta visto al cinema.
Che dolore, piano, lì mi fai male!
le disse cercando di soffocare un urlo.
Scusami, ma dovevo farlo. Comunque non dovresti avere niente di gravemente fratturato, ma meglio che ti accompagni in Ospedale
disse risoluta.
Stai scherzando vero?
rispose lui.
No, per niente. Non sono una persona che scherza su queste cose. Se ti dico di andare in ospedale, vuol dire che bisogna andare in ospedale
ribatté quasi seccata.
Neanche fossi un medico
disse lui sbadatamente.
Sì, sono un medico
affermò lei con fierezza.
Ah! Non hai l’aspetto di un medico…scusami se ti contraddico allora, ma non posso venire in ospedale. Comunque ho dolore solo se ci premi, piano piano passerà, vedrai, tranquilla
rispose David quasi scusandosi.
Come vuoi. Non ti posso costringere, la salute è tua. Bene, allora ti saluto, devo andare
. Si alzò di scatto raccogliendo borsa e libri, ed intimorita comunque dalla situazione chiese a David di alzarsi in piedi.
Credevo fossi una studentessa universitaria sì, ma non un medico, avrei detto una letterata
disse David alzandosi a sua volta lentamente. Ti ringrazio molto del tuo interessamento
ed il suo volto finì ad un palmo di mano da quello di Annabel. Si guardarono ancora, a lungo, e lì qualcosa cambiò per sempre.
Qual è il tuo nome?
chiese David.
Usciamo, non puoi restare qui
invitandolo ad uscire.
Ascoltami, se esco per strada rischio di essere riconosciuto da una volante che sicuramente starà facendo giri per l’isolato, anzi per la città
. Cercò di riflettere sul da farsi. Beh, mi tolgo il giubbotto, tu mi dai i tuoi libri, e possiamo uscire mano nella mano. Sembreremo una coppia, e sicuro non attrarrò attenzione
disse David togliendosi il giubbotto con qualche smorfia.
Mano nella mano!?
Ma io non ho un ragazzo, e a ben dire tu sembri tutto fuori che un ragazzo!" esclamò Annabel quasi divertita, ma molto titubante.
Senti…Come ti chiami?
chiese di nuovo David.
Mi chiamo A…, sgranò la voce e poi riprese Amy, perché vuoi saperlo? Usciamo di qui prima che tutto il condominio senta tutto quanto. Ma come faccio a fidarmi di te. Come faccio!
esplose Annabel.
Basta che mi guardi, guardami negli occhi mentre ti dico che sono innocente!
disse con voce pacata, ma ferma e convincente David.
Va bene, facciamo così, usciamo insieme ma stando vicini e parlando l’un l’altra del più e del meno. Prendi il mio zaino e indossalo sopra la camicia. Il giubbotto lo prenderò io. Poi io andrò a lezione, e tu dove vuoi
disse con precisione quasi architettonica Annabel.
A lezione? Ma non sei un medico!? dovresti andare in ospedale
.
Seguo le lezioni di specializzazione. Dopo andrò in ospedale infatti
rispose seccata dal fatto che non voleva dare troppe spiegazioni ad uno sconosciuto.
No, andremo ad ascoltare
propose David.
Ma…come andremo!?
ribatté Annabel.
Dai, muoviamoci, qui non sono al sicuro
rispose inquieto David.
Uscirono dal palazzo e si incamminarono verso la Facoltà. Era la prima volta che Annabel stava andando a lezione in compagnia. Si voltò più volte a scrutare il suo viso, che aveva tentato di nascondere il più possibile dietro un paio di occhiali da sole.
Puoi farmi tutte le domande che ti stanno passando per la testa. Chiedere non è vietato
le disse girandosi verso di lei all’improvviso.
Avrei tante domande da farti, ma una su tutte te la devo proprio fare. Perché ti sei rifugiato proprio nell’atrio del palazzo dove abito?
E' stato casuale, stava passando una volante della polizia, e quello è stato il primo portone aperto che ho trovato. Semplice
.
Almeno sai chi ti ha aggredito, o hai qualche idea in merito?
continuò lei.
No, purtroppo, nessuna idea in merito
. Poi dopo una pausa di silenzio David proseguì Ti ringrazio, Amy, ti ringrazio molto dell’aiuto che mi hai dato e che mi stai dando. Te ne sarò riconoscente
.
In realtà non riesco a capire come io possa fidarmi di te, ma sappi che ciò che ho fatto, e sto facendo, lo farei per chiunque
.
Entriamo in quella copisteria, faremo presto
disse David.
Per fare che cosa?
chiese Annabel …andiamo, altrimenti faccio tardi a lezione!
.
Solo un attimo
disse David entrando. Era sorpreso dall’aria così collegiale e perbene di Annabel, che lui sapeva si chiamasse Amy.
Buongiorno, volevo fare la fotocopia di questo documento di identità
. Uscì velocemente dicendo Grazie Annabel, tieni, queste fotocopie sono tue
. David si stava quasi dimenticando della triste situazione in cui si trovava. Praticamente era come fosse tornato indietro nel tempo, ai tempi dell’Università. Si sentiva divertito e incuriosito.
E perché? Di cosa me ne faccio della fotocopia dei tuoi documenti?
chiese lei. Annabel stava scrutando incuriosita a sua volta quell’uomo così affascinante, con due occhi che ti trafiggevano appena li guardavi. Le sembrava di averlo conosciuto da sempre. Mai successa una cosa simile in vita sua.
Per poter ricevere indietro i tuoi soldi, non puoi fidarti ciecamente di uno sconosciuto. Giusto? Almeno sai da chi dovrai ricevere i tuoi soldi
spiegò quasi incredulo lui.
Va bene, se ci tieni
e mise le fotocopie nello zaino. Ma perché mai dovresti prendermi in giro? Non sono una sprovveduta
ribatté imbarazzata conscia della sua ingenuità.
Non ho detto questo, Amy. Grazie, sai, grazie davvero
e le prese le mani tra le sue, poi aggiunse Posso offrirti un caffè prima della lezione?
Annabel sentì il cuore accelerare all’impazzata, e quasi rimase senza fiato. Arrossì.
Beh, ma faccio…
poi per non apparire maleducata e per non manifestare la sua rigidità estrema, si corresse Certo, volentieri, così starò più attenta
. Prima di entrare si fermarono in quel piccolo bar proprio davanti l’ingresso del padiglione principale. Entrarono in aula che la lezione era appena iniziata. Fortuna che le luci erano spente. Il professore stava spiegando un equilibrio
. Questo è l’equilibrio fondamentale per la sopravvivenza cellulare e quindi di tutto il corpo umano. Ve ne renderete conto quando andrete a visitare i pazienti, o meglio il loro respiro ed il loro stato di coscienza
asserì con forza il professore.
Sediamoci lassù in alto, così non ci noterà nessuno
sussurrò Annabel a David.
Ecco fatto, qui sono comodo, e molto più al sicuro…Ma di quale equilibrio sta parlando?
chiese curioso David.
Dell’equilibrio acido-base
rispose entusiasta Annabel, che per un attimo dimenticò di aver incontrato David in quel modo così stravagante.
Passarono circa dieci minuti di spiegazioni incomprensibili, per cui David iniziò a guardarsi intorno. Poi si rese conto di guardare Amy insistentemente. Aveva apprezzato molto la sua complicità, ma non poteva fidarsi completamente. Guardava il suo profilo armonioso, le sue labbra rosee e carnose, i suoi occhi di un colore verde smeraldo, contornati da quei bei capelli dorati, lisci come la seta. La sua pelle sembrava di madreperla. Sembrava un angelo, ma lo sarebbe stato!? Annabel, dal canto suo, si sentiva osservata, ma senza alcun fastidio, stranamente. Rifuggiva lo sguardo di David, un uomo non più un ragazzo, che era stato picchiato, non si sapeva perché, e che si dichiarava innocente, ma non si sapeva di cosa. "Però i suoi occhi, così belli, tristi e profondi, sembravano molto sinceri. Ha proprio un bel viso, delle belle