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Un dono per la vita
Un dono per la vita
Un dono per la vita
E-book76 pagine57 minuti

Un dono per la vita

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Info su questo ebook

Weird - racconto lungo (49 pagine) - Inutile gridare e chiedere aiuto quando le strade sono deserte... Ma dove sono finiti tutti quanti?


Una storia d'amore che travalica i confini della realtà e che finisce per trionfare persino sulla morte. Un amore grande e una passione infinita, quello che unisce Marco e Chiara, una giovane coppia che ha convissuto per anni e sposata da soli due mesi. … Un sorpasso azzardato, forse da un ubriaco, e la loro moto finisce fuoristrada. Chiara, apparentemente illesa, si rialza attonita e spaventata. La strada è stranamente vuota e silenziosa e di Marco non vi è traccia…


Vivì Coppola (Vittoria Coppola), nata a Torre del Greco ma genovese di adozione, è autrice di numerosi testi narrativi e poetici. Nel 2011 ha pubblicato la raccolta di favole per ragazzi Le favole di Gigagiò (Apollo Edizioni) e l’anno dopo due racconti fantasy: Elydor, l’unicorno nero (Morgan Miller edizioni) e Il monastero del canto del Vento (Garcia Edizioni). Tra il 2013 e il 2014 ha pubblicati altri due racconti fantasy e numerose favole. Si è inoltre cimentata nella poesia pubblicando versi in raccolte antologiche e una silloge personale dal titolo Mentre guardo… Mentre sento.

LinguaItaliano
Data di uscita15 giu 2021
ISBN9788825416787
Un dono per la vita

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    Anteprima del libro

    Un dono per la vita - Vivì Coppola

    9788825403022

    1

    Chiara, dopo giorni passati in coma in seguito a un incidente, si svegliò in un letto d’ospedale.

    Il suo sonno profondo era stato disturbato da un guaire continuo e una strana sensazione di umido sulle braccia. Cos’era? Possibile che fosse il lamento di un cane?

    Con la mente ancora obnubilata, tentò un movimento con il braccio e il dolore che ne derivò si ripercosse fino alla spalla e al collo strappandole un gemito e allora si concesse un istante di pausa. Trasse un profondo respiro, quindi riprovò ad allungare una mano per raggiungere quella cosa che, avvertiva chiaramente, si stava dimenando accanto al suo letto. Dopo un ulteriore, doloroso sforzo, riuscì a sfiorare e poi ad afferrare un ciuffo di peli e solo allora si rese conto di avere indovinato. Era proprio un cagnolino quell’affare peloso, che immaginava scodinzolasse festosamente accanto.

    Timmy! realizzò in un istante di fulminea lucidità, ma proprio in quel momento una fitta lancinante alla testa la costrinse a mollare la presa sul cagnetto e a stringere i pugni.

    Chiara ricadde di nuovo in uno stato di incoscienza e per lei il tempo ridivenne indefinito.

    Timmy doveva esserti accorto che lei si era riaddormentata, perché si accoccolò, rimanendo quieto sul pavimento.

    Chissà quanto rimase incosciente! La giovane donna non se ne rese conto ma, ancora una volta, fu il tremito convulso della mano abbandonata sulle coperte e la sensazione di fastidio che avvertiva nella gola a ridestarla, anche se i sensi rimanevano ancora avvolti nella bambagia dell’ottundimento.

    Tentò di aprire gli occhi e li sentì pesanti, gonfi. Intuì di averli tumefatti perché, nonostante gli sforzi per spalancarli, riusciva a percepire appena una lama sottile di luce filtrare tra le ciglia, ma quel poco le bastò per intravedere, oltre il lindore e l’essenzialità della stanza, i contorni sfumati del crocefisso appeso alla parete di fronte e capire in che luogo si trovava.

    Era ricoverata, ma per quale motivo? I suoi ricordi erano tutti appannati e invano tentò di dissipare le brume che si ostinavano a rimanere addensate sulla memoria e la mente.

    L’attacco di panico era in agguato e lei, che lo percepì in ogni fibra della sua essenza, iniziò a tremare in tutto il corpo.

    L’amnesia e la paura rischiavano di diventare demoni molto pericolosi, che lei doveva affrontare a viso aperto per non soccombere, rischiando di rimanere sospesa in quel limbo dove non esisteva né coscienza né vita.

    Meglio il dolore, dunque, e Chiara cercò di concentrarsi sui suoi pensieri.

    Cosa poteva esserle accaduto? Un incidente? Un malore improvviso? Abbozzò un debole tentativo di cambiare posizione, ma avvertì subito un dolore atroce che, dalla schiena e alle gambe, che sentiva fasciate e immobilizzate.

    Quando la fitta si attenuò, dandole tregua, tentò di muovere le dita di una mano, ma la sentì bloccata e volgendo appena lo sguardo, distinse chiaramente il tubo di una flebo attaccato al suo polso. Proprio in quel momento, un suono lacerante le rimbombò nel cervello.

    Cos’era quella sirena insistente e fastidiosa che s’insinuava come un rovello infuocato tormentandola e non smetteva…non smetteva.

    Chiara sbatté le palpebre più volte; quel suono era insopportabile. Possibile non vi fosse nessuno che potesse zittire quel tormento?

    L’istinto di aprire la bocca e lanciare un grido di aiuto le si smorzò all’istante. La sua gola era ostruita da qualcosa, che ora le impediva quasi di respirare. Solo allora si rese conto di essere intubata. Le vennero le lacrime agli occhi per lo sforzo di respirare, il dolore e la frustrazione.

    Un pensiero le balenò nella testa: allora, le sue condizioni dovevano essere state critiche quando l’avevano ricoverata.

    Il rumore di passi frettolosi risuonò al di là della porta e, subito dopo, Chiara, vide una donna che indossava una candida divisa accanto a lei.

    Il suono che era rimbalzato dolorosamente nella sua mente, era stato quello della macchina alla quale era attaccata tramite vari sensori e collegata elettronicamente alla sala infermieri.

    La donna si soffermò alcuni istanti a scrutarla con scrupolo professionale, poi, il suo viso si aprì in un largo sorriso.

    – Stavamo perdendo le speranze! Bentornata, Chiara! Bentornata alla vita! – la salutò, con un tono materno.

    Subito dopo, vide l’infermiera precipitarsi fuori della stanza.

    No! Non andare via! Aiutami, ti prego! pregò mentalmente, aggrappandosi con il pensiero alla figura professionale, come un naufrago che vede allontanarsi la sola ancora di salvezza e rimane in balia della corrente e delle onde.

    La mente di Chiara vacillò ancora una volta e lei si sentì perduta.

    La camera, il letto e persino il soffitto avevano preso a girare e a ondeggiare vorticosamente intorno, procurandole un profondo senso di vertigine e conseguente nausea.

    Aria… mi manca l'aria. Questo maledetto tubo mi soffocherà! pensò ancora, non riuscendo a deglutire, mentre il terrore dilagava nella

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