VADA COME VADA Viaggio per l’Italia nell’anno dell’Epidemia
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mesi di vita nel sud Italia e tanto altro. La storia che troverai tra queste pagine, non è la storia di nessuno, se non la tua.
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Anteprima del libro
VADA COME VADA Viaggio per l’Italia nell’anno dell’Epidemia - Francesco Tessarolo
Francesco Tessarolo
VADA COME VADA
Viaggio per l’Italia nell’anno dell’Epidemia
COLLANA SELF Spazio Autori
F. Tessarolo Vada come vada. viaggio per l’Italia nell’anno dell’Epidemia
Illustrazione/Immagine di copertina di ©Daniele Dalla Bona
L'opera è di proprietà dell'autore sia per la versione digitale e cartacea.
Collana - SPAZIO AUTORI
GPM EDIZIONI- EDITRICE GDS
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studio promozionale editoriale
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Nessuna parte di questo libro può essere prodotta senza il preventivo consenso dell’Autore.
PREFAZIONE
Ho conosciuto Francesco nel Novembre 2020 in occasione di un’intervista streaming tenutasi nel canale Ground Zero Channel
, progetto a cui ho dato vita nell’estate dello stesso anno. Lui mi contattò manifestando il suo sincero apprezzamento nei confronti del lavoro che stavo facendo in rete e mi propose di organizzare una serata dedicata alla splendida esperienza che lo ha visto protagonista durante l’estate, ovvero il viaggio nell’ Italia post lockdown.
Io ho viaggiato molto in Europa. Poco, per non dire quasi mai, nel resto del mondo e devo dire che mai come in questo periodo ne ho sentito così tanto la necessità. In più non sono certo il tipo che intraprende quei viaggi così detti zaino in spalla
, anche se la mia prima vera esperienza di viaggio è stata proprio questa, ormai 20 anni fa, quando con un paio di amici me ne andai per quasi un mese in Messico, alla ricerca di qualche informazione in più riguardo alla realtà zapatista, mosso anche da quella forse ingenua ribellione tipica della tarda gioventù.
Quando sei così giovane non pensi troppo al motivo per cui fai le cose. Senti solo la necessità di fare un movimento in avanti. D’altronde l’universo ce lo dice nella sua stessa accezione no? Uni-verso. Unica direzione. Si va solo in avanti. Lo si osserva in un cesto di mele in cui una mela marcia in poco tempo le fa marcire tutte, ma una mela sana non fa rinsavire le altre. Sono processi naturali, probabilmente stilati da un’entità superiore che ha progettato tutto in maniera incredibilmente perfetta e lineare. Processi che ci mettono in ogni momento della giornata nella condizione di aprire porte nuove, prendendoci totalmente, come è giusto che sia, la responsabilità e il rischio del movimento stesso.
Francesco tutto questo lo ha capito molto chiaramente. In un anno come quello passato è facile perdere i punti di riferimento. Lui invece ha semplicemente ascoltato le sue necessità e varcato le porte che l’universo gli ha messo davanti. Ha deciso di aprirsi un varco all’interno di uno tsunami di pensieri opprimenti e claustrofobici. Lo abbiamo visto dapprima sugli schermi dei nostri apparati elettronici dove, spinto anche dalla curiosità che lo caratterizza, ha dato vita a una serie di dirette streaming interessantissime e ricchissime di contenuti dando spazio e risalto a personalità giovani e brillanti.
Arriva l’estate pandemica e Francesco intraprende l’avventura che segnerà per sempre il corso della sua vita. Un viaggio lungo la colonna vertebrale d’Italia, la spina dorsale di un paese che non si riconosce più e che ha perso totalmente la sua identità. Francesco lascia alle spalle la sua Pavia e con la sua forza raggiunge il tacco d’Italia, per poi riprendere verso ovest alla volta della Sicilia.
Un viaggio che in realtà non ha ancora conosciuto la sua conclusione. La dinamicità e il carisma di Francesco sono incarnati nel suo splendido sorriso, tanto vivo quanto perturbante in tutta la sua potenza. Un viaggio che rappresenta lo scopo dell’anima. Il desiderio che diventa obiettivo. L’unico vero motivo per cui ci viene concessa questa vita meravigliosa che così tanto ci mette a disposizione.
Io ringrazio Francesco perché con questo libro ci ricorda in modo semplice ed estremamente efficace ciò che siamo: Esploratori che si nutrono di esperienza.
Luca Tanesco.
PROLOGO
L'ESSENZA DEL VIAGGIO
Viaggiare è come sognare: la differenza è che non tutti, al risveglio, ricordano qualcosa, mentre ognuno conserva calda la memoria della meta da cui è tornato.
– Edgar Allan Poe
Sono le sei del mattino a Montefiascone, in provincia di Viterbo.
La sveglia suona quando è ancora buio. Spalanco gli occhi, sono pronto, spaventato, curioso, preoccupato, in attesa di ripartire, ma il mio corpo è completamente paralizzato, ho le gambe che sembrano due stracci.
Oggi vorrei riuscire a partire molto presto, durante le ore più fresche del mattino. Nelle tappe precedenti mi sono avviato verso le nove, pentendomene perché dalle dieci e mezzo arriva un caldo che, aggiunto al mio zaino di dodici chili, rende il cammino piuttosto difficile già fin dalle prime ore del giorno. Ho deciso quindi di svegliarmi presto nonostante anche la tappa di ieri sia stata molto impegnativa.
Mi alzo, lavo la faccia e i denti e rifaccio il sacco a pelo, un’azione che mi attiva subito in questi giorni di cambio di abitudini.
«Chi me l’ha fatta fare?» mi chiedo guardandomi allo specchio che sta di fronte al letto. Brancolando nel buio ripenso a tutti i mesi precedenti e al percorso che mi ha portato a questa scelta, eppure questo Cammino l’ho desiderato con tutto il cuore, l’ho preparato e pensato con tanto amore, ormai ci sono dentro: arrivare a Roma – una città dove non sono mai stato – è un obbligo morale e una sfida con me stesso.
Mi vesto e arriva la parte che preferisco: allacciare le scarpe. Un rituale che mi prepara e mi fa concentrare come se fossi un corridore pronto alla partenza.
Il Cammino legherà tutte le tappe e le esperienze che costituiranno questo viaggio in giro per l’Italia e la Via Francigena sembra essere l’ideale per un principiante come me, la più adatta per affrontare un’esperienza di questo tipo per la prima volta. Dopo aver visto il video di uno Youtuber che aveva deciso di fare gli ultimi centotrenta chilometri partendo da Acquapendente, in provincia di Viterbo, ho optato per fare la stessa cosa. Avviandomi dalla mia città, Pavia, come avevo ipotizzato all’inizio, avrei dovuto affrontare un numero spaventosamente eccessivo di chilometri e sarebbe stata una follia dato che è luglio.
Lascio la stanza e vado al bar del paese: Moreno è un personaggio, deve aver notato che sono un po’ preoccupato e abbattuto per via della faticaccia degli scorsi giorni e mi incoraggia con una carezza; stamattina mi prepara succo al mirtillo, cornetto, toast e caffè lungo, la colazione dei campioni che cercherò di mantenere invariata per tutta la durata del cammino.
Due ragazzi entrano nel bar insieme al custode del parco, mi chiedo cosa ci facciano qui e vorrei chiederlo anche a loro, ma sono già le sette e devo partire. Finisco il mio caffè e mi avvio.
Quest’anno sulla Via Francigena c’è pochissima gente e come in tanti altri posti anche qui a Montefiascone i sentieri sembrano una passerella fatta apposta per te. Ammiro un’ultima volta il lago di Bolsena dall’alto di Montefiascone e mi incammino per una meravigliosa discesa. L’aria è fresca e lungo il sentiero desolato incrocio solo qualche silenziosa pecora. Ho la sensazione che la tappa di questa mattina sarà più semplice e meno dolorosa: ascolto il mio corpo e mi rendo conto che sto meglio.
Le prime ore del mattino le vivi poco se non per andare a lavoro ad esempio e spesso pesano, ma dedicandole anche soltanto ad una camminata, il tuo corpo vive qualcosa di nuovo e sano ed è quello che sto provando io. L’energia che ho addosso è forte e pulita, qualcosa di unico. Va tutto bene fino a quando non mi trovo davanti ad un’enorme pozzanghera che copre tutto il sentiero. Ci metto un po’ a capire come attraversarla senza che succeda un disastro e devo dire che le bacchette che saggiamente ho deciso di acquistare mi tornano molto utili adesso. Supero la prova, ma mi attende una salita quindi faccio una pausa spuntino e mi sdraio per riposare le spalle. All’improvviso sento delle voci, mi giro per capire a chi appartengono e vedo spuntare i due ragazzi che ho incrociato da Moreno.
«Ciao!» mi dicono vedendomi.
«Ciao, siete pellegrini?» chiedo mentre si avvicinano.
«Sì, ti abbiamo notato prima al bar e volevamo chiederti la stessa cosa, ma sei schizzato via.»
Francesco ed Edoardo, si chiamano così, sono due ragazzi piacentini della mia età che hanno deciso di fare la Via Francigena in bici.
«O quest'anno o mai più, quindi siamo partiti» mi ha detto Francesco; nella tappa di oggi loro arriveranno a Sutri, io invece mi fermerò qualche chilometro prima, a Viterbo. La bici è di certo un vantaggio, le salite sono una sofferenza, ma poi le discese regalano una vera e propria sensazione di libertà. Tanti dicono sia meglio andare in bici che camminare. Io al momento preferisco camminare. Ad ogni passo devi badare solo a te stesso e alle tue forze e rimani indietro rispetto a chi sceglie di andare in bici, certo, ma non essendo una gara va bene così: sulla Via ognuno va al passo e al tempo che deve andare.
Non scambiamo che qualche parola, ma i ragazzi ed io siamo talmente in sintonia e felici di aver incontrato qualcuno che decidiamo quasi naturalmente di arrivare fino a Viterbo insieme.
Sono le undici meno un quarto e loro, carinissimi, camminano insieme a me spingendo la bici con il caldo che piomba senza scrupoli su di noi. Essendo partiti da Piacenza, essi hanno molto da raccontare. Elogiano la Toscana, la miglior regione, a loro dire, sia a livello paesaggistico che per l’ospitalità della gente e in particolare mi segnalano San Quirico d'Orcia, in provincia di Siena. Mi rivelano inoltre che a Montefiascone hanno dormito con il sacco lenzuolo nel parco, grazie ad una gentilezza concessa loro dal custode; non se la sono passata bene per via del freddo, ma è stata comunque un'esperienza. Chissà, forse se avessi chiesto a Moreno di farmi dormire nel suo bar magari mi avrebbe detto di sì. Ad ogni modo avevo bisogno di sano riposo e sono stato ben felice di aver preso una stanza.
Arriviamo a Viterbo dopo un percorso facile, ma abbastanza noioso paesaggisticamente parlando, intorno a noi si dirama una zona industriale per nulla paragonabile alla meraviglia dei paesaggi visti in precedenza.
Sede di vari pontefici nel XIII secolo, Viterbo vanta il centro storico medievale più grande d'Europa; inoltre, questa città ha il primato di aver dato vita al conclave e in un modo del tutto curioso: dopo due anni e mezzo, i cardinali, che non avevano ancora eletto il nuovo papa, vennero chiusi dai cittadini nel loro luogo di riunione. L’unico collegamento con il mondo esterno era il tetto – scoperchiato per l’occasione e attraverso il quale venivano dati loro del pane e dell’acqua – affinché potessero nutrirsi. I cardinali si videro quindi costretti a prendere una decisione in tempi più rapidi.
Ci fermiamo per pranzo. I ragazzi mi stanno dicendo che a due chilometri di distanza da qui posso trovare le terme pubbliche Carletti, Viterbo è infatti rinomata per le sue terme. Ci andremmo insieme se non fosse che il tempo minaccia pioggia e Sutri per loro è a circa cinque ore di pedalata, quindi a malincuore devono proseguire. Ci salutiamo dunque con tanta gioia per quest’incontro sperando reciprocamente di rivederci a Roma. In capitale essi si fermeranno qualche giorno, pur arrivando comunque tre giorni prima di me.
Non ho ancora trovato un posto per la notte e vorrei provare un'esperienza autentica a contatto con qualcuno del posto. Ieri sera ho scritto a un certo numero di persone su Couchsurfing, tra le quali un ragazzo, Flavio, si è mostrato molto disponibile. Finirà di lavorare intorno alle nove di stasera e mi potrà ospitare qualora io non riuscissi a trovare un’altra sistemazione. Dopo una giornata di cammino ho solo voglia di sistemarmi per riposare, ma nell’attesa posso compensare andando alle terme. Faccio così due chilometri in più fino a questo posto magico: una bolla di paradiso surreale appena fuori dalla città dove alla fine mi trattengo per tutto il pomeriggio in mezzo ad anziani e personaggi strani che parlano simpaticamente tra di loro. Dolori e vesciche dei giorni passati sono praticamente spariti e io mi sento come nuovo.
In un attimo si fa sera, Flavio mi accoglie a casa sua con una birra fresca. Questo ragazzo è una persona davvero particolare e interessante, ma ancor di più curiosa di conoscere le storie delle persone e le loro idee. Fa il pilota di elicotteri e coglie occasioni come questa per staccare volentieri la spina dall’incredibile lavoro che esercita. Vado a letto felice e sicuro di aver vissuto una giornata stupenda.
Ho intrapreso questo viaggio per riscoprire delle parti di me stesso, per prepararmi all'evoluzione che sta avvenendo in questo mondo, per lanciare messaggi di speranza, per riprendermi da tre mesi assurdi e per darmi ancora più forza sia mentale che fisica. In questi viaggi ricerchi tanta introspezione, ma alla fine quello che ti stravolge è l’incontro con l’altro, come se ogni persona fosse uno specchio con il quale, per un motivo o per l'altro, devi fare i conti. Correnti universali, pezzi di puzzle che si uniscono e che tra la gioia e il dolore formano il proprio senso cosmico spingendoti avanti. Ed è proprio per questo che è sempre bello e necessario partire.
PRIMA PARTE
1
POCO PRIMA DELL’APOCALISSE
febbraio 2020
Il mio 2020 inizia a Berlino e l’ho programmato sin dal mio viaggio a Bucarest,