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Il Delitto al Teatro di Via della Mela
Il Delitto al Teatro di Via della Mela
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E-book238 pagine3 ore

Il Delitto al Teatro di Via della Mela

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Info su questo ebook

Una morte improvvisa e inspiegabile fa piombare nella confusione più totale la vita che si svolge all’interno del teatro in Via della Mela e sconvolge tutte le persone che ci lavorano. Inizia così un fitto intreccio di interrogatori che coinvolgono segretarie, ballerine, attori, musicisti e cantanti, oltre al “boss” e alcuni altri curiosi personaggi, ognuno dei quali porterà rivelazioni più o meno sincere e decisive per lo svolgimento delle indagini. Giuseppe Testa, usando un linguaggio fresco e autentico, elabora uno scenario complesso fatto di dettagli e situazioni che i lettori sono invitati a seguire e interpretare per farsi un’idea il più possibile veritiera sui fatti accaduti.

Giuseppe Testa, nato a Napoli nel 1951, è Rievocatore Storico e giallista per diletto.
LinguaItaliano
Data di uscita30 apr 2021
ISBN9788830641037
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    Anteprima del libro

    Il Delitto al Teatro di Via della Mela - Giuseppe Testa

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    Giuseppe Testa

    Il Delitto al Teatro

    di Via della Mela

    © 2021 Gruppo Albatros Il Filo S.r.l., Roma

    www.gruppoalbatros.com - info@gruppoalbatros.com

    ISBN 978-88-306-3614-9

    I edizione aprile 2021

    Finito di stampare nel mese di aprile 2021

    presso Rotomail Italia S.p.A. - Vignate (MI)

    Distribuzione per le librerie Messaggerie Libri Spa

    Questa opera non vuole giudicare il giudicato. Gli indagati , inquisiti ed arrestati sono stati inquadrati uno per uno per una migliore lettura dei fatti che potrebbe risultare complessa. I lettori vengono invitati a non fissare l’ attenzione sullo stesso reato. Buona lettura.

    L’ autore Giuseppe Testa è nato a Napoli il 1951 è Laureato a Milano in Scienze politiche , è rievocatore storico ed ama scrivere e recitare, è giallista per diletto .

    Alla mia Famiglia

    Nuove Voci

    Prefazione di Barbara Alberti

    Il prof. Robin Ian Dunbar, antropologo inglese, si è scomodato a fare una ricerca su quanti amici possa davvero contare un essere umano. Il numero è risultato molto molto limitato. Ma il professore ha dimenticato i libri, limitati solo dalla durata della vita umana.

    È lui l’unico amante, il libro. L’unico confidente che non tradisce, né abbandona. Mi disse un amico, lettore instancabile:

    Avrò tutte le vite che riuscirò a leggere.

    Sarò tutti i personaggi che vorrò essere.

    Il libro offre due beni contrastanti, che in esso si fondono: ci trovi te stesso e insieme una tregua dall’identità. Meglio di tutti l’ha detto Emily Dickinson nei suoi versi più famosi

    Non esiste un vascello come un libro

    per portarci in terre lontane

    né corsieri come una pagina

    di poesia che s’impenna.

    Questa traversata la può fare anche un povero,

    tanto è frugale il carro dell’anima

    (Trad. Ginevra Bompiani).

    A volte, in preda a sentimenti non condivisi ti chiedi se sei pazzo, trovi futili e colpevoli le tue visioni che non assurgono alla dignità di fatto, e non osi confessarle a nessuno, tanto ti sembrano assurde.

    Ma un giorno puoi ritrovarle in un romanzo. Qualcun altro si è confessato per te, magari in un tempo lontano. Solo, a tu per tu con la pagina, hai il diritto di essere totale. Il libro è il più soave grimaldello per entrare nella realtà. È la traduzione di un sogno.

    Ai miei tempi, da adolescenti eravamo costretti a leggere di nascosto, per la maggior parte i libri di casa erano severamente vietati ai ragazzi. Shakespeare per primo, perfino Fogazzaro era sospetto, Ovidio poi da punizione corporale. Erano permessi solo Collodi, Lo Struwwelpeter, il London canino e le vite dei santi.

    Una vigilia di Natale mio cugino fu beccato in soffitta, rintanato a leggere in segreto il più proibito fra i proibiti, L’amante di lady Chatterley. Con ignominia fu escluso dai regali e dal cenone. Lo incontrai in corridoio per nulla mortificato, anzi tutto spavaldo, e un po’ più grosso del solito. Aprì la giacca, dentro aveva nascosto i 4 volumi di Guerra e pace, e mi disse: Che me ne frega, a me del cenone. Io, quest’anno, faccio il Natale dai Rostov.

    Sono amici pazienti, i libri, ci aspettano in piedi, di schiena negli scaffali tutta la vita, sono capaci di aspettare all’infinito che tu li prenda in mano. Ognuno di noi ama i suoi scrittori come parenti, ma anche alcuni traduttori, o autori di prefazioni che ci iniziano al mistero di un’altra lingua, di un altro mondo.

    Certe voci ci definiscono quanto quelle con cui parliamo ogni giorno, se non di più. E non ci bastano mai. Quando se ne aggiungono altre è un dono inatteso da non lasciarsi sfuggire.

    Questo è l’animo col quale Albatros ci offre la sua collana Nuove voci, una selezione di nuovi autori italiani, punto di riferimento per il lettore navigante, un braccio legato all’albero maestro per via delle sirene, l’altro sopra gli occhi a godersi la vastità dell’orizzonte. L’editore, che è l’artefice del viaggio, vi propone la collana di scrittori emergenti più premiata dell’editoria italiana. E se non credete ai premi potete credere ai lettori, grazie ai quali la collana è fra le più vendute. Nel mare delle parole scritte per esser lette, ci incontreremo di nuovo con altri ricordi, altre rotte. Altre voci, altre stanze.

    Due brevi storie d’amore in un Processo Indiziario

    complesso portato fino in Corte di Assise

    e mai concluso, incartamenti e fascicoli archiviati

    Un muro di gomma sub-legge.

    Uno scrittore curioso e ostinato.

    Prefazione

    Il delitto descritto in questo libro è realmente accaduto.

    L’indagine divenne complessa per la cocciutaggine del P.M. e per gli indagati che si scusavano terrorizzati peggiorando la linearità dell’inchiesta, ma i fatti si erano svolti diversamente. I fatti di questo giallo sono stati ricostruiti in un teatro di Napoli, con nome di fantasia, per alibi di un’altra città.

    Il fascicolo delle indagini, dell’autopsia, degli interrogatori, del giudizio di primo grado alla Corte di Assise, del parere dei sei Giudici Laici Popolari, ed in parte, della Corte di Assise di Appello sono stati archiviati su richiesta degli avvocati di indagati e di arrestati, che oggi hanno una vita nuova e pulita.

    Ai luoghi, ai fatti, ai personaggi, vivi o deceduti, è stato dato un nome di fantasia perché non corrispondono ad un vissuto individuale. I fatti si sono svolti in due momenti ed in due luoghi diversi.

    I sentimenti, i disagi e i danni psicologici e materiali subiti dai bombardamenti americani sono autentici.

    Il comportamento del Pubblico Ministero è autentico ed è stato tenuto e registrato in un analogo delitto, ma è stato annesso nel libro a situazioni in parte reali, per motivi di opportunità.

    Il libro è frutto dell’immaginazione dell’autore su fatti accaduti e descritti abbondantemente sui giornali dell’epoca. In casi rarissimi, per motivi di urgenza temporale, si può incorporare l’incarico fra Magistrato di turno e P.M., che sono la stessa figura e a cui passa il fascicolo dell’istruttoria, quando c’è un morto sulla scena del delitto. Quest’opera non vuole giudicare il giudicato. I lettori vengono invitati a non fissare l’attenzione sullo stesso reato.

    Buona lettura

    L’autore

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    Per individuare il / i colpevoli:

    Completa lo schema sottostante per trovare l’omicida / i:

    indiziato / i………………………………………………………

    indagato / i………………………………………………………

    imputato / i…………………………………………………….

    reato / i doloso…… colposo…….. praeter intenzionale………..

    causa del decesso………………………………………………..

    arma propria…………………... impropria……………………..

    testimone / i oculari……………………………………………

    attendibile / i…………. non attendibile / i…………………….

    Telecamere (quali) SI……………….. / NO…………………..

    Movente………………….………………………………………

    Tracce organiche / inorganiche………………………………….

    Oggetti introvabili / ritrovati……………………………………..

    Ora della morte………….……………………………………….

    Colpevole / i………………. SI / NO………………………..…

    Colpevole / i………………. SI / NO………………………..…

    Colpevole / i………………. SI / NO………………………..…

    Colpevole / i………………. SI / NO………………………..…

    PRELUDIO

    Un lunedì d’inferno di una settimana maledetta

    Napoli, passato il 1995

    Erano passate le sei e mezza di mattina di un lunedì qualsiasi, la giornata sarebbe iniziata alle dieci con le prove, a teatro. Driin… driin… il telefono non smetteva di suonare in casa di don Ciccio, e ancora driin… driin…; Ciccio, impresario e proprietario teatrale, prese il telefono portatile sul suo comodino, prima di spingere il tasto di accettazione della chiamata guardò il display e, vista la chiamata da uno dei telefoni del teatro, chiuse gli occhi e disse spontaneo: … ma che vuole Peppino a quest’ora?... portando il telefono all’orecchio con voce tranquilla disse: … dimmi Peppino, che cosa c’è a quest’ora…. Don Peppe, custode del teatro, con voce ansimante, dopo avere deglutito gli rispose: … Ciccio, devi venire a teatro subito… Molto seccato per l’ora, per il lunedì mattina e perché era ancora a letto, con voce cavernosa replicò:

    … Peppino!… Ma che vuoi a quest’ora? Mo’ mi alzo, prendo il caffè e vengo… se c’è qualche problema lo sai che… devi fare… disse sbadigliando.

    … Ciccio, devi venire subito… non c’è tempo da perdere… subito… ho detto… subito replicò di botto don Peppe … Peppì, ma sei diventato pazzo alle sette di mattina… adesso quando prendo il caffè e vengo… il primo turno ti ha dato alla testa?… sbottò Ciccio che iniziava a perdere la pazienza … Ciccio!… – urlò don Peppe – devi venire, e subito!….

    Don Ciccio trasalì da quell’urlo che Peppe non avrebbe mai fatto se non fosse accaduto qualcosa di eccezionalmente grave.

    Non ebbe il coraggio di replicare e decisamente rispose.

    … sto arrivando, arrivo subito… insomma vengo subito… buttate all’aria le coperte e i cuscini che adorava abbracciare durante la notte, cercò con rabbia le pantofole.

    Ilaria, convivente di don Ciccio, si era svegliata di soprassalto, non tanto per gli squilli del telefono, quanto per gli strilli che aveva sentito dal suo compagno e, attraverso il telefono, da Peppe.

    Prima appoggiata col gomito sul letto e col pugno appoggiato alla guancia, poi seduta sul fianco col braccio teso chiese: … Ciccio, ma che cosa sarà successo a quest’ora, un incendio non è possibile perché non è scattato l’allarme…. … Lella! Non lo so… vado a vedere replicò Ciccio che senza lavarsi il viso, senza radersi. Indossati un paio di pantaloni a caso, una felpa e un giaccone uscì sgommando col suo gippone senza neanche chiudere il portone di casa. Mentre Ilaria si affrettava a chiudere il portone di legno, vide Mariolina che stava entrando e che chiese con curiosità: Signora Ilaria! Dove andava il ‘boss’ in tutta fretta?. Ilaria capì che qualcosa di grosso era successo e non accennò né alla telefonata, né al discorso concitato tra i due e replicò: Mariolina!… comincia dalla camera da letto, ormai ci siamo alzati in due, poi passi alla cucina, intanto io preparo il caffè mentre salivano la scalinata con ampi gradoni di marmo e le statue nei piani ammezzati che le guardavano, sentirono di nuovo suonare al telefono che non smetteva di squillare tu vai in camera da letto – disse Ilaria pensierosa – e inizia, adesso vengo anch’io. Dobbiamo smontare le tende perché è arrivata l’ora di lavarle, io rispondo al telefono….

    Ilaria prese la cornetta del telefono, ebbe appena il tempo di dire pronto? che sbiancò e si sedette sullo sgabello imbottito accanto alla consolle di vetro su cui era appoggiato il telefono, dopo meno di un minuto riagganciò la cornetta, si mise le mani in faccia e appoggiò i gomiti sulle ginocchia con la testa in mano. Mariolina, donna delle pulizie che l’aveva vista sbiancare e fare quel gesto di intima disperazione, le chiese: … signora Ilaria, che cosa è successo? – e minimizzando – che sarà mai potuto accadere… e Ilaria concitata: … aiutami a vestirmi, dobbiamo avvertire Nannina che si prepari, tu vieni con noi a teatro, dovete entrare dall’entrata degli artisti… io devo passare al bancomat a prelevare un po’ di contanti… sbrigati a telefonare a Nannina… io mi vado a vestire… dopo aver telefonato vieni da me!.

    Mariolina ubbidì silenziosamente, si mise al telefono e chiamò Nannina, sarta di scena: la stessa insistenza che donna Ilaria le aveva messo addosso la trasmise a sua cognata che stava sfaccendando in cucina e la richiesta fu categorica da Mariolina che quasi urlò: … ha detto la signora Ilaria che dobbiamo andare subito a teatro per una cosa urgente… si sarà rotto qualche tubo… penso che ti veniamo a prendere con la macchina … sì, sì, dille che andiamo a prenderla!!! urlò Ilaria dalla sua camera da letto, sempre più spazientita.

    Mariolina, posato il telefono, si diresse verso la camera da letto di Ilaria passando per un lungo corridoio pieno di statuette, di quadri e piante grasse ornamentali; appena mise piede nella camera si trovò di fronte Ilaria, già vestita con jeans e maglietta che le porse una banconota di grosso taglio.

    Mariolina si schernì ritraendo le mani e dicendo:

    ... ma no, signora Ilaria, non si preoccupi, non è il caso!. Ilaria le prese una mano, le mise in mezzo una grossa banconota con una faccia bianca e seria, e portando il dito indice della mano alla punta del naso esclamò sottovoce:

    adesso vi accompagno a teatro, dall’ingresso degli artisti, prima di entrare, con questi soldi compra dei detersivi profumati, per i pavimenti, per i mobili e la crema ammoniacale per i lavandini, compra tre confezioni per ogni prodotto, una scatola di guanti di lattice, il resto è per te, e tieni la bocca chiusa…. Mariolina voleva ringraziare, ma Ilaria ancora col dito indice sulla punta del naso la azzittì appena la donna aprì la bocca: … questi sono per Nannina – disse Ilaria porgendo un’altra grossa banconota e appoggiandola sull’altra – deve comprare stracci, canovacci e secchi… non dovete usare quelli del teatro… – diventando seria Ilaria tese tutti i muscoli della faccia – dovete tenere la bocca chiusa… andiamo! senza aspettare risposta prese un giaccone e scese rapidamente le scale seguita da Mariolina che era caduta nel suo solito mutismo e scendeva con gli occhi bassi seguendo la signora Ilaria.

    Erano le dieci del mattino quando Pasqualino suonò al citofono della porta a vetro dell’ingresso degli artisti del teatro di Via della Mela; rimase qualche minuto ad aspettare poi bussò ripetutamente e, visto che non riusciva a vedere niente per via del riverbero della luce sulla porta a vetri, si avvicinò al vetro e si fece scudo con la mano per riparare dai raggi di sole che non gli permettevano di vedere dentro.

    Bussò ancora una volta e si mise su due piedi dritto aspettando che qualcuno gli venisse ad aprire; rimase sbalordito quando vide dal vetro dietro di sé, due carabinieri che gli chiesero alle spalle: … è questo l’ingresso degli artisti del teatro di Via della Mela? chiese un brigadiere con una agenda sotto l’ascella più gonfia del normale trattenuta a stento da un grosso elastico che le impediva di esplodere perché piena zeppa di foglietti che facevano capolino insieme a due biro colorate.

    … sì certo – rispose Pasqualino un po’ intimidito, perché il brigadiere mostrava tutta la fretta di entrare –… ma che cosa è successo?… dica,… le ho chiesto che cosa è successo…?.

    Il brigadiere non replicò e appena don Peppe aprì piano la porta, entrò velocemente, si girò e con una mano aperta quasi a sfiorare il petto di Pasqualino intimò: lei non può entrare. Pasqualino cominciò a polemizzare, ma il brigadiere senza dargli ascolto entrò, l’appuntato che era con lui si fermò sulla porta impedendo a Pasqualino di entrare e cercò di rabbonirlo. Pasqualino insisteva: … guardi che io lavoro qui…. E l’appuntato con voce più discreta possibile replicò: in questo momento deve aspettare, poi deciderà il brigadiere e senza aspettare replica chiuse la porta dietro le spalle e seguì don Peppe e il brigadiere che si allontanavano all’interno.

    Pasqualino rimase di stucco mentre gli si avvicinavano gli altri artisti, ballerine, cantanti e prestigiatori e, ad ognuno che arrivava, raccontava l’incontro coi carabinieri, la sparizione di don Peppe all’interno insieme a loro, e si chiedevano tra loro ‘perché?’ ‘che cosa è successo?’ ‘perché i carabinieri?’.

    Don Peppe accompagnò i due carabinieri lungo il corridoio degli artisti e senza dire una parola li portò nell’ultima stanza del corridoio, quella con l’aspiratore, l’unica stanza dove gli artisti potevano fumare. Aprì la porta, ma non entrò, si appoggiò con le spalle al muro guardando fisso il muro di fronte e rimanendo impietrito.

    Il brigadiere entrò e vide un corpo straziato per terra, immediatamente cominciò a guardarsi intorno; l’appuntato che era con lui, visto il corpo morto per terra orrendamente sfigurato, fece uscire dalla porta per non vedere, ma sulla soglia ebbe un conato di vomito che a stento riuscì a contenere con un grosso fazzoletto. Piegato a metà nel corridoio, tossiva e sputava nel fazzoletto; si contenne, si fermò dritto sui piedi e rimase sulla soglia aspettando ordini dal superiore.

    Il brigadiere uscì lentamente col telefonino in mano e prima di fare il numero ordinò all’appuntato:

    … io chiamo il comando, il reparto operativo e la sezione scientifica, chiamo il magistrato di turno e nessuno e per nessun motivo deve entrare in questa stanza… chiaro?

    … signorsì… fu la risposta secca dell’appuntato

    … lei venga con me – rivolto a don Peppe – mi dia qualche informazione… a che ora ha visto il cadavere?

    … permette che chiami il proprietario del teatro?… chiese intimidito don Peppe.

    … sì ma si sbrighi… – fu secca la risposta del brigadiere –… da quale telefono lo chiama…?

    ... da quello nella mia stanza accanto alla biglietteria, però bisogna tornare indietro perché questo corridoio è cieco… rispose don Peppe iniziando ad avviarsi.

    … aspetti… – lo fermò il brigadiere –… se questo corridoio è cieco da dove prende aria la stanza?…. C’è un canale di aerazione nel corridoio – rispose don Peppe – le stanzette sono dei camerini e hanno una finestra in alto, però… questa stanzetta una volta era il ripostiglio degli attrezzi delle pulizie, poi è stato messo un aspiratore, e adesso è l’unica stanza del teatro in cui gli artisti possono fumare… – don Peppe cercava di essere quanto più chiaro possibile, si sforzava di dare indicazioni precise – stamattina ho iniziato il turno alle sei, poi ho fatto il caffè nella mia stanza accanto alla biglietteria; alle sei passate ho iniziato ad aprire le porte tranne la segreteria che aveva la porta chiusa, ma era aperta, cioè senza mandate… ho acceso le luci e aperto il condizionatore–aeratore per i tre corridoi… ho aperto tutti i camerini degli artisti per far passare aria… all’ultimo ho trovato questa sorpresa… poi mi sono sentito male, e infine vi ho chiamato … non ha toccato niente in questa stanza?… perché ci ha chiamati così tardi?… disse sospettoso il brigadiere.

    … no, brigadiè, ve lo giuro, non ho toccato niente… non vi ho chiamato tardi, è dalle sei e mezza che facevo il giro e aprivo le porte,… quando ho visto il corpo… ve l’ho detto… mi sono sentito male… ma saranno passati solo dieci minuti… la voce di don Peppe diventava sempre più lamentosa al tono deciso e autoritario del brigadiere.

    "… non mi prendere per fesso… quando siamo entrati l’aspiratore era spento e c’era una nuvoletta di gas profumato che partiva dal pavimento

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