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Cerchi concentrici
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E-book125 pagine1 ora

Cerchi concentrici

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Info su questo ebook

Dal risveglio di un uomo in un mattino di inverno, prende il via la narrazione di una saga familiare su piani temporalmente paralleli, cerchi concentrici per l’appunto. Una saga in cui sono messe a nudo intemperanze, rancori, altruismi e amori di uomini e donne, giovani e vecchi, posti di fronte alla crudezza della condizione umana, di cui spesso non sono consapevoli. Emergono così, in controluce, due secoli di storia dell’Italia e della Sicilia in particolare, a fare da sfondo ad amori invocati, affetti eterni, ambizioni inseguite e rabbia distruttrice, in una continua e ipnotica corsa attraverso cinque generazioni di persone in cerca di sé stesse, che si svolge tra la Sicilia dell’800, la Tripoli del dopoguerra e le città omologate dei giorni nostri, intercalata da citazioni artistiche che vanno da Ugo Foscolo ai Pink Floyd, da Herman Hesse ai Dire Straits.

Sebastiano Tanasi è nato in Sicilia nel 1963 e vive in provincia di Siracusa. È padre di due figli, ha studiato Programmazione neurolinguistica e Scienze della Comunicazione. Si è nutrito con i più svariati generi di letteratura, dai classici, all’hard-boiled e al noir, passando per le poesie, i fumetti e le letture accademiche. La sua personalità di scrittore si è formata attorno a due elementi principali: la Sicilia e “l’avvolgersi” del tempo, ovvero delle esperienze che ognuno vive e che sono fatte di momenti che non potranno mai più ripresentarsi, irreversibili, e di attimi qualitativamente diversi l’uno dall’altro in uno scorrere senza sosta di passato, presente e futuro. Il suo stile nasce dalle tradizioni orali e raccoglie ritmi e inflessioni di una lingua che tiene insieme storie antiche e cultura pop. Scrive saggi, articoli e poesie.
Cerchi concentrici è il suo esordio come romanziere.
LinguaItaliano
Data di uscita28 feb 2023
ISBN9788830679764
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    Anteprima del libro

    Cerchi concentrici - Sebastiano Tanasi

    Nuove Voci – Prefazione di Barbara Alberti

    Il prof. Robin Ian Dunbar, antropologo inglese, si è scomodato a fare una ricerca su quanti amici possa davvero contare un essere umano. Il numero è risultato molto molto limitato. Ma il professore ha dimenticato i libri, limitati solo dalla durata della vita umana.

    È lui l’unico amante, il libro. L’unico confidente che non tradisce, né abbandona. Mi disse un amico, lettore instancabile: Avrò tutte le vite che riuscirò a leggere. Sarò tutti i personaggi che vorrò essere.

    Il libro offre due beni contrastanti, che in esso si fondono: ci trovi te stesso e insieme una tregua dall’identità. Meglio di tutti l’ha detto Emily Dickinson nei suoi versi più famosi

    Non esiste un vascello come un libro

    per portarci in terre lontane

    né corsieri come una pagina

    di poesia che s’impenna.

    Questa traversata la può fare anche un povero,

    tanto è frugale il carro dell’anima.

    (Trad. Ginevra Bompiani)

    A volte, in preda a sentimenti non condivisi ti chiedi se sei pazzo, trovi futili e colpevoli le tue visioni che non assurgono alla dignità di fatto, e non osi confessarle a nessuno, tanto ti sembrano assurde.

    Ma un giorno puoi ritrovarle in un romanzo. Qualcun altro si è confessato per te, magari in un tempo lontano. Solo, a tu per tu con la pagina, hai il diritto di essere totale. Il libro è il più soave grimaldello per entrare nella realtà. È la traduzione di un sogno.

    Ai miei tempi, da adolescenti eravamo costretti a leggere di nascosto, per la maggior parte i libri di casa erano severamente vietati ai ragazzi. Shakespeare per primo, perfino Fogazzaro era sospetto, Ovidio poi da punizione corporale. Erano permessi solo Collodi, Lo Struwwelpeter, il London canino e le vite dei santi.

    Una vigilia di Natale mio cugino fu beccato in soffitta, rintanato a leggere in segreto il più proibito fra i proibiti, L’amante di lady Chatterly. Con ignominia fu escluso dai regali e dal cenone. Lo incontrai in corridoio per nulla mortificato, anzi tutto spavaldo, e un po’ più grosso del solito. Aprì la giacca, dentro aveva nascosto i 4 volumi di Guerra e pace, e mi disse: Che me ne frega, a me del cenone. Io, quest’anno, faccio il Natale dai Rostov.

    Sono amici pazienti, i libri, ci aspettano in piedi, di schiena negli scaffali tutta la vita, sono capaci di aspettare all’infinito che tu li prenda in mano. Ognuno di noi ama i suoi scrittori come parenti, ma anche alcuni traduttori, o autori di prefazioni che ci iniziano al mistero di un’altra lingua, di un altro mondo.

    Certe voci ci definiscono quanto quelle con cui parliamo ogni giorno, se non di più. E non ci bastano mai. Quando se ne aggiungono altre è un dono inatteso da non lasciarsi sfuggire.

    Questo è l’animo col quale Albatros ci offre la sua collana Nuove voci, una selezione di nuovi autori italiani, punto di riferimento per il lettore navigante, un braccio legato all’albero maestro per via delle sirene, l’altro sopra gli occhi a godersi la vastità dell’orizzonte. L’editore, che è l’artefice del viaggio, vi propone la collana di scrittori emergenti più premiata dell’editoria italiana. E se non credete ai premi potete credere ai lettori, grazie ai quali la collana è fra le più vendute. Nel mare delle parole scritte per esser lette, ci incontreremo di nuovo con altri ricordi, altre rotte. Altre voci, altre stanze.

    A Wendy, che mi ha aiutato in modi che non poteva comprendere.

    "Gli uomini fanno la propria storia, ma non la fanno in modo arbitrario,

    in circostanze scelte da loro stessi,

    bensì nelle circostanze che essi trovano immediatamente davanti a sé,

    determinate dai fatti e dalla tradizione."

    (Karl Marx, Il 18 brumaio di Luigi Bonaparte [1852], Editori Riuniti, Roma 1964, p. 44)

    "La tradizione di tutte le generazioni scomparse

    pesa come un incubo sul cervello dei viventi."

    (Karl Marx, ibid., p. 44)

    Ogni riferimento a persone esistenti o a fatti realmente accaduti è puramente casuale.

    Sicilia 2010, inverno

    Tommaso si svegliò con ambedue le mani strette attorno al membro eretto, il corpo irrigidito dal freddo che aleggiava intorno riempiendo di sé la stanza, le coperte, le lenzuola e il suo stesso cervello.

    Il membro come fonte di calore: grazie al cielo aveva ancora la sua prolungata e rassicurante erezione mattutina, indipendente da qualsiasi pensiero, qualcosa di assolutamente meccanico e involontario, come il battito del cuore, che però durava da sempre, mentre da lì a una decina di minuti l’erezione si sarebbe esaurita; però quelli erano i dieci minuti migliori della giornata, con le mani strette attorno al suo sesso, per trarne quella dose iniziale di calore che lo avrebbe spinto a lasciare il letto ed avviarsi incontro al nuovo giorno; aspettò con gli occhi socchiusi che la radiosveglia cominciasse a suonare, era questione di poco, ormai il suo corpo conosceva l’ora del risveglio; trascorsero pochi minuti e la musica di Radio 101 si diffuse nel freddo della stanza: era Nowhere man dei Beatles, rimase ad ascoltarla fino al termine e quando fu la volta di All the fools rush in di Elvis, con un sospiro si mise a sedere sul letto.

    Signore, il custode si alza, salutava così il suo Dio tutte le mattine e tutte le mattine immaginava la risposta di Dio: quel giorno la risposta fu: custode di cosa?; a volte lui stava in silenzio, altre volte rispondeva con gli occhi ancora chiusi, come quella mattina: custode dei ricordi, custode dei miei fantasmi, custode della memoria di ciò che è stato e non è più, custode di valori che hanno perso il loro stesso significato, custode ultimo, perché quello che so, quello che ricordo, ciò che mi è stato insegnato, quello che ho imparato vivendo, non lo trasmetterò a nessuno; una raccolta di pensieri, energie, parole, ricordi ed emozioni che rimarrà nascosta nelle pieghe del tempo e della storia del mondo, per sempre.

    Sorrise tra sé: Sono filosofo questa mattina!

    Al piano di sopra qualcosa cadde per terra: Margherita e le sue mani rese tremanti dall’alcool.

    Marghe non era vecchia, aveva la sua stessa età probabilmente, quarantacinque o giù di lì, ed era ancora bella, abbastanza da farci un pensiero, ma non voleva iniziare qualcosa da cui sarebbe stato un problema uscire.

    L’uomo di Margherita se ne era andato un anno fa; ufficialmente aveva trovato lavoro in un cantiere al nord, così lei aveva sostenuto per diversi mesi, fino a quando la sua assenza dalla vita di lei era ormai troppo palese ed allora lei aveva semplicemente smesso di parlarne, né Tommaso aveva mai sollevato il problema. Ultimamente però durante qualche breve visita a casa di lei, per un caffè o alla ricerca di uno spicchio di aglio, aveva visto la bottiglia del Ballantine’s sul tavolo della cucina, e l’ultima volta avrebbe giurato che il livello si fosse abbassato di parecchio dalla volta precedente.

    Come tutti i ragazzi cresciuti in famiglie divise, Tommaso aveva un acuto spirito di osservazione e a quella vista aveva collegato il leggero tremore alle mani che aveva notato l’ultima volta, mentre parlavano sul pianerottolo e il leggero arrochimento della voce, certo, che un po’ lo aveva turbato nell’ultimo periodo, costringendolo ad appiccicare a Margherita l’etichetta di amica, escludendo così qualunque complicazione, presente o futura.

    Non voleva, aveva stabilito così, era un uomo in fuga e tale voleva restare; figurarsi rimanere impantanato in una storia con la vicina di casa.

    Guardò l’orologio: le sei, sospirò, il membro era ancora turgido, si alzò tirando il plaid e mettendoselo sulla testa, il freddo al mattino era qualcosa che non sopportava.

    Si diresse verso il bagno, accese lo scaldino a gas e s’insaponò il viso per la barba.

    Sicilia 1998, inverno

    Franco aprì gli occhi, feriti da una striscia di luce che riusciva a passare dalle persiane socchiuse.

    Stette un attimo in ascolto dei rumori che provenivano dal piano di sotto: tutto quell’agitarsi sommesso, quel telefono che squillava una volta sola e qualcuno che subito rispondeva; immaginava le conversazioni: "Come sta?, passerà la notte?,

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