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La Terza repubblica della TV: Grillo, Celentano, Baudo e molto prima Guglielmo Giannini: quelli che fecero l'impresa. Senza saperlo.
La Terza repubblica della TV: Grillo, Celentano, Baudo e molto prima Guglielmo Giannini: quelli che fecero l'impresa. Senza saperlo.
La Terza repubblica della TV: Grillo, Celentano, Baudo e molto prima Guglielmo Giannini: quelli che fecero l'impresa. Senza saperlo.
E-book135 pagine1 ora

La Terza repubblica della TV: Grillo, Celentano, Baudo e molto prima Guglielmo Giannini: quelli che fecero l'impresa. Senza saperlo.

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Info su questo ebook

Nell'immaginario collettivo la Terza Repubblica nasce in anni recenti, e comunque dopo il 2013.
Siamo davvero certi di questo? Esistono davvero queste 'tre repubbliche’?
Chiediamoci, piuttosto, se negli anni Ottanta l’Italia è stato un Paese ‘scalabile’.
Sono gli anni del grande potere della televisione, dei grandi show del sabato sera e dei personaggi che tenevano incollati milioni di persone davanti a giochi e balletti. È il periodo dei ‘sermoni’ e dell’incitamento alla disobbedienza nei confronti della politica. Da Beppe Grillo ad Adriano Celentano. Il ‘Vaffaday’ è ancora lontano.
L’Italia degli anni Ottanta è una potenza economica. I governi cambiano spesso, ma la classe dirigente è solida. La politica estera è granitica e fa innervosire pure gli alleati più potenti.
Nel frattempo, il mondo sta cambiando, ma in pochi se ne accorgono.
È in questo periodo che comincia la lunga marcia della rivoluzione digitale, che non partirà dalla Silicon Valley, ma dal cuore della vecchia Europa.
Insomma, tutto sta per cominciare. E tutto avverrà. Trent’anni dopo.

LinguaItaliano
Data di uscita28 ott 2021
ISBN9788869347481
La Terza repubblica della TV: Grillo, Celentano, Baudo e molto prima Guglielmo Giannini: quelli che fecero l'impresa. Senza saperlo.
Autore

Gennaro Pesante

Gennaro Pesante è nato in Puglia, a Manfredonia, nel 1974. Giornalista professionista e comunicatore politico/istituzionale. Esperto di televisione e di Servizio Pubblico radiotelevisivo, ha pubblicato diversi saggi sul tema del rapporto tra politica e piccolo schermo. Lavora nell'Ufficio stampa e comunicazione della Camera dei deputati.

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    La Terza repubblica della TV - Gennaro Pesante

    Gennaro Pesante

    La Terza Repubblica della Tv

    Grillo, Celentano, Baudo e molto prima Guglielmo Giannini: quelli che fecero l’impresa. Senza saperlo.

    Prefazione di Gianfranco Pasquino

    © Bibliotheka Edizioni

    Piazza Antonio Mancini, 4 – 00196 Roma

    tel: (+39) 06. 4543 2424

    info@bibliotheka.it

    www.bibliotheka.it

    I edizione, novembre 2021

    e-Isbn 9788869347481

    È vietata la copia e la pubblicazione,

    totale o parziale, del materiale

    se non a fronte di esplicita

    autorizzazione scritta dell’editore

    e con citazione esplicita della fonte.

    Tutti i diritti riservati.

    Disegno di copertina: Riccardo Brozzolo

    Gennaro Pesante

    Gennaro Pesante è nato in Puglia, a Manfredonia, nel 1974.

    Giornalista professionista e comunicatore politico/istituzionale. Esperto di televisione e di Servizio Pubblico radiotelevisivo ha pubblicato diversi saggi sul tema del rapporto tra politica e piccolo schermo. Lavora nell’Ufficio stampa e comunicazione della Camera dei deputati.

    "Un Paese che ignora il proprio ieri, di cui non sa assolutamente nulla,

    e non si cura di sapere nulla, non può avere un domani".

    Indro Montanelli

    In memoria di Pino Caiola

    Prefazione

    Anni che qualcuno s’è bevuti

    Formidabili anche gli anni Ottanta? In un certo senso, forse, sì. Comunque, meritevoli dell’attenzione che a loro dedica Gennaro Pesante. Certamente, in quegli anni l’Italia cambia, e di molto. Qualcuno si beve Milano. Craxi duella sia con De Mita, e sostanzialmente vince, anche se Pirro lo avrebbe messo in guardia. Craxi duella anche, sotto mentite, ma mai smentite, spoglie, quelle di Ghino di Tacco, con il Fondatore-Direttore-Editorialista di Repubblica Eugenio Scalfari che, in una quasi memorabile intervista a Prima Comunicazione dichiarò che il Direttore di Repubblica era più potente del Presidente del Consiglio. In quel duello, mi pare non abbia vinto nessuno dei due. Nel 1992 si vide, ma furono pochi quelli che capirono, che stava perdendo una certa idea di Repubblica, pluralista e progressista e che la rivoluzione promessa non stava affatto arrivando (oggi, nessuno la promette più). Però, no, non era affatto arrivata la Terza Repubblica. Al proposito debbo fare ricorso ad alcuni essenziali strumenti della scienza politica che, naturalmente, servono ad illuminare anche lo stato attuale della Repubblica italiana, anche per coloro che vorrebbero riformarla.

    Una Repubblica, qualsiasi Repubblica, è una costruzione complessa fatta di una Costituzione che contiene istituzioni, regole, come le leggi elettorali, procedure, quelle che sovrintendono alla formazione dei governi e al funzionamento del Parlamento, quelle che riguardano i poteri del Presidente della Repubblica. A mio modo di vedere soltanto quando cambiano le istituzioni, le regole e le procedure diventa corretto, legittimo e utile parlare della comparsa di un’altra Repubblica. Mi limito a citare come esemplare la Francia. La Quarta Repubblica (1946-1958) fu una debole e tormentata democrazia parlamentare. La Quinta Repubblica (1958--) è una democrazia semipresidenziale con sue istituzioni, regole e procedure notevolmente diverse da quelle della Quarta. Non nascondo che, come molti studiosi, le ritengo significativamente e accertabilmente superiori a quelle della Quarta e imitabili da chi voglia effettivamente uscire, senza escamotages particolaristici, da una democrazia parlamentare.

    Anche se Pesante cita la formazione del governo Goria (1987) in maniera critica senza che gli elettori si siano espressi e sarcasticamente aggiunge è la democrazia parlamentare, bellezza!, le cose stanno proprio così. In nessuna democrazia parlamentare sono gli elettori a dare vita al governo. Incidentalmente, nelle democrazie presidenziali e semipresidenziali, gli elettori votano per un capo dello Stato che è anche capo del governo. Nulla di più. Poi, sarà l’eletto a decidere come fare il governo e con chi, quali ministri nominare e, di tanto in tanto, praticamente a suo piacere, come sostituirli. Vale per gli USA, ma anche per la Francia della Quinta Repubblica.

    Lo strepito sul governo non eletto dal popolo non è soltanto sbagliato e fastidioso. Soprattutto, è inutile e improduttivo. È servito a bollare in particolare il Conte II, ma nel passato tutti i governi, anche quelli formati e guidati da Berlusconi. Neanche il Draghi I è stato eletto dal popolo. Anzi, meno che mai, però, per il suo personale prestigio e per la cooptazione dei migliori, sembra sfuggito alla comunque infondata delegittimazione. Allo stesso modo, è sbagliato e non serve a nulla numerare le nostre inesistenti Repubbliche. Siamo nella seconda fase della Repubblica nata nel 1948 e sarebbe preferibile spendere le nostre energie fisiche e intellettuali per farla funzionare meglio.

    In quegli anni Ottanta, invece, il pentapartito, coalizione asfittica e autoreferenziale, riuscì a mostrare il peggio della politica italiana. La Grande Riforma di Craxi ottenne un risultato: la quasi totale abolizione del voto segreto. Poi, a fronte della sfida della riforma elettorale, Craxi si trasformò in un rigido e riottoso difensore della variante italiana di legge proporzionale che, sì, aveva dei difetti, ma nel complesso era nettamente superiore alla legge Calderoli (Porcellum) e alla legge Rosato (Rosatellum) in quanto a capacità di dare rappresentanza e potere agli elettori. Non nutro grandi aspettative sulla legge elettorale prossima ventura.

    Mentre a Milano si continuava a bere, andavano in onda una serie di trasmissioni televisive innovative in termini di formato e di linguaggio che hanno sicuramente, per quanto indirettamente, inciso sulla politica. Pesante vi fa ampio e opportuno riferimento. Qualche anno dopo il grande politologo Giovanni Sartori scrisse un piccolo, ma fondamentale, libro: Homo videns (Laterza 1997). La televisione non cambia solo il modo di guardare e vedere la politica. Cambia e impoverisce il modo di farla e di interpretarla. Trasforma il linguaggio e impoverisce il pensiero. Qualcuno ritenne allora e probabilmente anche oggi che la più alta forma di analisi politica si trovi nei molleggiati monologhi di Adriano Celentano e, anche, i più politicizzati, negli esagitati discorsi di Roberto Benigni. Nel decennio successivo Grillo ha dimostrato, aiutato da Rousseau che se ne intende anche di manipolazione, che si può fare ancora meglio. Dei cambiamenti sociali e culturali dei (quasi) formidabili anni Ottanta ne fecero le spese i partiti che già tutti avevano iniziato il loro declino. Sparirono semplicemente, tristemente, meritatamente, per loro. Non sono più riusciti a risollevarsi, a diventare veicoli decenti per i cittadini affinché determinino la politica nazionale (sono parole dell’articolo 49 della Costituzione). Per fortuna le istituzioni della Repubblica, in special modo, il Presidente della Repubblica, hanno tenuto, persino respingendo alcune arrogantissime aggressioni pseudo riformiste. Quousque tandem?

    Non è mio compito qui rivalutare i conduttori televisivi degli anni Ottanta (e neppure gli uomini politici). Mi rallegro, però, del giudizio molto positivo che il prestigioso The Guardian ha dato di Raffaella Carrà (opportunamente molto apprezzata anche dall’autore di questo libro). Non mi attendo, invece, che nessun quotidiano e nessuno storico riesca nell’opera di riabilitazione degli anni Ottanta. Qualcuno se li è bevuti: peggio per lui/lei. Purtroppo, molti hanno imparato poco. Però, Pesante ne ha scritto un epitaffio adeguato. Requiescant in pace.

    Gianfranco Pasquino

    Introduzione

    Secondo l’immaginario collettivo, in Italia abbiamo avuto tre ‘repubbliche’. La prima è nata alla firma della Costituzione, nel 1947. I partiti più forti sono due, la Democrazia Cristiana – che ha sempre governato con Socialisti, Repubblicani, Socialdemocratici e Liberali – e il Partito Comunista destinato all’opposizione. Cinque partiti, di qui il famigerato ‘pentapartito’, che a modo loro hanno retto il Paese dal dopoguerra, passando per il miracolo economico degli anni Sessanta, fino alla fine (ingloriosa) di inizio anni Novanta.

    La seconda repubblica ha soprattutto il volto sornione e sorridente di Silvio Berlusconi. I partiti tradizionali sono stati spazzati via dalle inchieste di Tangentopoli nel 1992. Corruzione e finanziamenti illeciti hanno generato la frana del sistema. Qualcosa scompare quasi del tutto, come la Dc. Il Pci cambia nome, diventa Pds. Ma è Forza Italia, il movimento politico del patron di Fininvest, a riempire il vuoto e a catalizzare una buona fetta dell’elettorato centrista orfano del sistema ‘tradizionale’. In molti attendono il cosiddetto ‘nuovo miracolo italiano’.

    La terza repubblica ha una datazione meno certa. Qualcuno le conferisce i natali al 2006, anno di approvazione della riforma elettorale che dal Mattarellum diventa Porcellum. Dai collegi si passa alle liste bloccate. Molti pensano che l’aver rotto ogni argine al controllo delle candidature dei parlamentari, che con la legge Calderoli diventa a totale appannaggio delle segreterie dei partiti, annulla di fatto il rapporto tra elettori ed eletti.

    Una seconda datazione si allunga al 2013, che è l’anno delle elezioni politiche che vedono il primo ingresso in Parlamento del Movimento 5 Stelle, che nasce proprio con lo scopo di destrutturare il sistema dei partiti, appunto della cosiddetta seconda repubblica.

    Un’ultima datazione si spinge ancora più avanti, al 2018, quando viene a mancare il bipolarismo – centrodestra vs centrosinistra – con la nascita del governo cosiddetto gialloverde, ovvero il Movimento

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