La dittatura dell'uguaglianza: Perché il conformismo del pensiero unico è funzionale all'esercizio del Potere
Di Filippo Losa
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Filippo Losa entra direttamente nel vivo del discorso presentandoci sotto una nuova luce l'importanza dei media nell'esercizio del Potere sul popolo, facendoci ragionare su come essi modellino il pensiero delle masse con lo scopo di ottenere un "pensiero unico".
La demolizione dei valori tradizionali sarebbe perciò un mero strumento di mercato, laddove l'uomo da persona diventa solo l'elemento finale di una catena di comando che lo spinge a uniformarsi, pena l'emarginazione.
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La dittatura dell'uguaglianza - Filippo Losa
LA DITTATURA DELL’UGUAGLIANZA
Perché il conformismo del pensiero unico è
funzionale all’esercizio del Potere
di Filippo Losa
Panda Edizioni
ISBN 9788893782562
© 2021 Panda Edizioni
www.pandaedizioni.it
info@pandaedizioni.it
Proprietà riservata. Nessuna parte del presente libro può essere riprodotta, memorizzata, fotocopiata o riprodotta altrimenti senza il consenso scritto dell’editore. Nomi e marchi citati nel testo sono generalmente depositati o registrati dalle rispettive ditte produttrici o detentrici.
Indice
PREMESSA 7
INTRODUZIONE 11
FAMIGLIA 15
PATRIA 22
RELIGIONE 28
TUTTI UGUALI 32
UN MONDO ASTRATTO 46
LA SOCIETÀ DEL BENESSERE 52
ETICHETTAMENTO 64
CANCELLAZIONE DEL PASSATO 70
POLITICALLY CORRECT 74
L’INVERSIONE DEI VALORI 79
POSSIBILI SOLUZIONI 86
PREMESSA
Prima di iniziare questo saggio devo fare una doverosa premessa.
Nelle pagine che seguiranno si vuole dimostrare come il valore dell’uguaglianza e della conseguente (apparente) tolleranza, così centrali e preminenti all’interno della nostra società, siano dei valori che non sono stati conquistati dal basso, così come vuol far credere la narrazione ufficiale, bensì siano dei valori imposti dall’alto, da chi comanda: in due parole, dal potere.
Mi sembra dunque doveroso fare una precisazione su cosa io intenda come potere, dato che troverete questa parola ripetuta numerosissime volte all’interno delle pagine che seguiranno.
Innanzitutto voglio fin da subito precisare che ho utilizzato il termine generico di potere in quanto il più adeguato per definire una struttura di governo che, essendo implicita e dietro le quinte, rende quasi impossibile il sapere con assoluta certezza da chi sia composta. Si possono avere senza dubbio degli indizi, più o meno fondati, che indicano questa specifica persona piùttosto che questo specifico gruppo come i veri detentori del potere, ma non si può averne la certezza assoluta. L’unica certezza assoluta di cui al momento si può disporre riguarda gli strumenti che il potere usa per imporre la sua volontà, che sono quelli che stanno sotto gli occhi di tutti, siano essi i governi nazionali dei singoli Stati o, soprattutto, gli apparati sovranazionali come l’Unione Europea, le Nazioni Unite, l’Organizzazione Mondiale della Sanità, il Fondo Monetario Internazionale eccetera. Proprio per questo, cioè per la sincera constatazione di non sapere con assoluta certezza chi detiene effettivamente il potere all’interno del moderno sistema capitalistico, mi limiterò a denominare il potere semplicemente come Potere.
Potere con la P maiuscola, come lo scriveva Pasolini, autore a cui voglio dedicare spiritualmente questo saggio. I suoi Scritti Corsari infatti prevedevano già mezzo secolo fa l'abisso in cui la società occidentale si sarebbe allegramente gettata spinta dall'euforia del consumismo, e le conseguenze degradanti che ne sarebbero scaturite per l'essere umano tanto che, letti adesso, paiono profetici. Fu Pasolini infatti il primo ad accorgersi che la nuova società dell’edonismo di massa, propagandato come nuova religione dai mass media (televisione in primis), stava suscitando nell’uomo una rivoluzione antropologica, una rivoluzione talmente negativa da poter caratterizzarsi come una vera e propria involuzione della specie umana. Nessuno, se non pochissimi, lo aveva capito ai suoi tempi. Oggi ne siamo tutti testimoni e io, considerandomi una vittima di questa rivoluzione antropologica, non posso che prendere spunto da lui e continuare a tracciare, nel mio piccolo, il solco che lui per primo ha tracciato; ovverosia quello che, in direzione ostinata e contraria, si propone di dissacrare e attaccare spietatamente il cosiddetto progresso così osannato dalla società occidentale a trazione piccolo borghese.
Voglio qui allora riportare un estratto da Scritti Corsari dove Pasolini per la prima volta utilizza il termine potere scritto con l’iniziale maiuscola, in quanto questo articolo del poeta romagnolo (o friulano, come probabilmente lui stesso si sentiva) rappresenta senza dubbio il retroterra, il solido fondamento dal quale poi si svilupperà l’intero mio saggio. Il titolo dell’articolo è Il vero fascismo e quindi il vero antifascismo
e risale al 1974.
Oggi – quasi di colpo, in una specie di Avvento – distinzione e unificazione storica hanno ceduto il posto a una omologazione che realizza quasi miracolosamente il sogno interclassista del vecchio Potere. A cosa è dovuta questa omologazione? Evidentemente a un nuovo Potere.
Scrivo Potere con la P maiuscola (…) solo perché sinceramente non so in cosa consista questo nuovo Potere e chi lo rappresenti. So semplicemente che c’è. Non lo riconosco più né nel Vaticano, né nei Potenti democristiani, né nelle Forze Armate. Non lo riconosco più neanche nella grande industria, perché essa non è più costituita da un certo numero limitato di grandi industriali: a me, almeno, essa appare piuttosto come un tutto (industrializzazione totale), e, per di più, come tutto non italiano (transnazionale).
Conosco anche – perché le vedo e le vivo – alcune caratteristiche di questo nuovo Potere senza volto: per esempio il suo rifiuto del vecchio sanfedismo e del vecchio clericalismo, la sua decisione di abbandonare la Chiesa, la sua determinazione (coronata da successo) di trasformare contadini e sottoproletari in piccoli borghesi, e soprattutto la sua smania, per così dire cosmica, di attuare fino in fondo lo sviluppo: produrre e consumare.
L’identikit di questo volto ancora bianco del nuovo Potere attribuisce vagamente ad esso dei tratti moderni, dovuti alla tolleranza e a una ideologia edonistica perfettamente autosufficiente: ma anche dei tratti feroci e sostanzialmente repressivi: la tolleranza è infatti falsa, perché in realtà nessun uomo ha mai dovuto essere tanto normale e conformista come il consumatore; e quanto all’edonismo, esso nasconde evidentemente una decisione a preordinare tutto con una spietatezza che la storia non ha mai conosciuto.
Dunque questo nuovo Potere non ancora rappresentato da nessuno e dovuto a una mutazione della classe dominante, è in realtà – se proprio vogliamo conservare la vecchia terminologia – una forma totale di fascismo. Ma questo Potere ha anche omologato culturalmente l’Italia: si tratta dunque di un’omologazione repressiva, pur se ottenuta attraverso l’imposizione dell’edonismo e della joie de vivre. (…) Il vecchio fascismo, sia pure attraverso la degenerazione retorica, distingueva: mentre il nuovo fascismo – che è tutt’altra cosa – non distingue più: non è umanisticamente retorico, è americanamente pragmatico. Il suo fine è la riorganizzazione e l’omologazione brutalmente totalitaria del mondo."
L’ultima frase di questo estratto vuole essere proprio quanto questo saggio vuole provare a evidenziare, continuando appunto nel solco per primo tracciato dagli Scritti Corsari.
Ulteriore riprova di ciò è che il titolo stesso del saggio, La dittatura dell’uguaglianza
, prende spunto da un altro articolo di Pasolini pubblicato sempre all’interno di Scritti Corsari, il cui titolo è Ampliamento del bozzetto sulla rivoluzione antropologica in Italia
, di cui qui voglio riportare una parte. Pasolini infatti scriveva:
Il potere ha deciso che noi siamo tutti uguali.
L’ansia del consumo è un’ansia di obbedienza a un ordine non pronunciato. Ognuno in Italia sente l’ansia, degradante, di essere uguale agli altri nel consumare, nell’essere felice, nell’essere libero: perché questo è l’ordine che egli ha inconsciamente ricevuto, e a cui deve obbedire, a patto di sentirsi diverso. Mai la diversità è stata una colpa così spaventosa come in questo periodo di tolleranza. L’uguaglianza non è stata infatti conquistata,