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Guardami negli occhi
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E-book158 pagine1 ora

Guardami negli occhi

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Info su questo ebook

Per ottenere il posto di architetto nello studio dove lavora, a Denver, Rachel Westover ha raccontato una piccola bugia. Ha dichiarato infatti di essere sposata, prendendo come marito immaginario l'uomo affascinante con cui qualche tempo prima ha trascorso un'infuocata notte di sesso, e che ha poi piantato in asso senza nemmeno salutare, spaventata dall'intensità della passione. Non è una bella sorpresa per lei trovarselo davanti quando Jack arriva in città per lavoro...

LinguaItaliano
Data di uscita10 dic 2021
ISBN9788830537385
Guardami negli occhi
Autore

Jane Sullivan

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Anteprima del libro

    Guardami negli occhi - Jane Sullivan

    Copertina. «Guardami negli occhi» di Sullivan Jane

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    Risky Business

    Harlequin Temptation

    © 2002 Jane Graves

    Traduzione di Maria Gaetana Ferrari

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2004 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-3053-738-5

    Frontespizio. «Guardami negli occhi» di Sullivan Jane

    1

    Jack Kellerman era un ottimista nato.

    Non ricordava giorno della sua vita in cui non avesse creduto che il bicchiere era mezzo pieno. Che, quando una porta si chiudeva, si apriva una finestra. Che le cose andavano sempre per il meglio, che domani era un altro giorno e che la vita era veramente meravigliosa. E, soprattutto, che il riso era la migliore delle medicine.

    Ma nemmeno al culmine della propria positività avrebbe potuto prevedere una giornata come quella.

    Aveva preso il primo volo da San Antonio per Denver. Niente scali intermedi. Colazione vera al posto delle solite noccioline stantie. Donna con bambino nel sedile accanto, e il bambino si era addormentato durante il decollo e non si era svegliato nemmeno all’atterraggio. Splendida rossa seduta alla sua sinistra, colta, ciarliera e addirittura single. Gli aveva infilato un biglietto da visita nella tasca del giubbotto quando erano sbarcati dall’aereo, rivolgendogli un sorriso che diceva: Dove vuoi, quando vuoi, come vuoi.

    All’uscita, era stato accolto dall’immagine mozzafiato delle Rocky Mountains in lontananza e gli era capitato un taxi col riscaldamento funzionante. L’autista, gentile, l’aveva portato in centro a Denver, dove una leggera spruzzata di neve imbiancava i marciapiedi.

    E adesso, mentre indugiava nella hall del Fairfax Hotel, ruotando su se stesso e registrando ogni aspetto dei decori e dell’architettura tardo Ottocento, Jack non poté impedirsi di sorridere. Si era chiesto se quel viaggio sarebbe stato produttivo. Ora non se lo chiedeva più.

    Santo cielo, che spettacolo!

    Consultò l’orologio e si accorse di avere mezz’ora d’anticipo sull’appuntamento col direttore dell’albergo. Entrò nel bar, occupò uno sgabello e vide la bionda seduta all’altra estremità del bancone accavallare le gambe e sorridere.

    Bene. Molto bene.

    La sola cosa che eguagliasse la sua passione per gli edifici storici era la sua passione per le belle donne. E al momento, si stava godendo entrambe le cose.

    Ricambiò il sorriso.

    Se la bionda fosse stata ancora lì per l’ora in cui il direttore avesse finito di fargli visitare l’albergo, avrebbero potuto condividere il pranzo. O qualcos’altro. Caspita, proprio una giornata coi fiocchi!

    Ma prima gli affari. Poi il piacere.

    Jack chiamò il barista e ordinò un caffè. Poi, tirò fuori il cellulare e chiamò il proprio socio in affari, Tom, che per inciso era anche suo cugino. Tom stava tenendo il forte a San Antonio mentre lui si trovava a Denver.

    «Sei già nell’albergo?» gli chiese Tom.

    «Appena arrivato.»

    «Be’, è come pensavamo?»

    «Meglio, molto meglio. È una vera miniera d’oro. Lampadari di cristallo, pavimenti di mogano, finiture d’ottone dappertutto e abbastanza vetrate istoriate da riempire il Vaticano!»

    «Però. Suona bene.»

    «Più che bene. Non posso credere che quegli idioti vogliano demolirlo» osservò Jack.

    «Buon per noi!» esclamò il cugino soddisfatto.

    Jack dovette ammettere che era vero. La loro attività era la ristrutturazione storica, non la demolizione, ma se non potevano impedire la distruzione di edifici come quello, perlomeno riuscivano a recuperarne gli interni e a riutilizzarli altrove. Nondimeno, l’ottusità di certe persone lo imbestialiva. Uno stabile per uffici di cinquanta piani poteva anche rappresentare l’impiego migliore per una proprietà del genere, se si guardava strettamente all’aspetto finanziario. Ma una volta che le cariche fossero state piazzate e fatte esplodere, un pezzo di storia si sarebbe perso per sempre. E non era un danno che si potesse quantificare.

    Jack tornò a guardare la bionda che lo fissava con palese interesse, giocherellando con la cannuccia del proprio cocktail. Lui non sarebbe dovuto tornare all’aeroporto prima delle diciannove. Potevano succedere molte cose in sette ore.

    «Quanto pensi che richiederebbe lo smantellamento?» gli chiese Tom.

    «Te lo saprò dire quando avrò fatto il giro. Il guaio è che vogliono lo stabile raso al suolo prima della fine di febbraio.»

    Tom gemette. «Caspita, è pazzesco!»

    «Magari, impiegando due squadre...»

    «Due squadre? Col rischio di rimanere sguarniti al Wimberly Building

    «Ma quello ha una scadenza più lunga. Potremmo permettercelo.»

    «Sempre che vinciamo la gara» obiettò Tom.

    «Be’, se il resto del posto è valido come ciò che ho visto finora» ribatté lui, «farò di tutto perché la vinciamo.»

    La bionda sollevò il cocktail e lo sorseggiò, dopodiché sfregò il labbro inferiore contro il bordo del bicchiere con un provocante movimento ritmato. Jack stava ricevendo le giuste vibrazioni da lei, vibrazioni che gli dicevano come la donna mirasse a una conversazione piacevole, a qualche ora di torrido sesso... e a un addio disimpegnato.

    Magari avrebbero saltato il pranzo al ristorante, optando addirittura per il servizio in camera...

    «Allora, quand’è il tuo appuntamento col direttore?» Tom interruppe il corso dei suoi pensieri.

    «Alle undici e trenta. Sono un po’ in anticipo, così pensavo di...»

    Jack si interruppe di colpo. Guardando in strada attraverso la vetrata del bar, vide qualcosa che gli gelò il sangue nelle vene.

    No. Non poteva essere.

    Restò immobile, col cuore in gola, a fissare la donna sul marciapiede. Era carica di sporte e aveva l’aria di cercare un taxi. Malgrado la distanza, Jack notò il biancore della sua pelle, il carminio delle sue labbra e il nero assoluto di quei capelli che vorticavano nella brezza invernale.

    Non aveva già toccato quel viso? Baciato quella bocca? Passato le dita in quella chioma?

    Era lei. Rachel.

    No. Senz’altro s’ingannava. La donna che aveva conosciuto a San Antonio era stata tutta gambe, soffici curve e labbra sorridenti, e ogni sua mossa era stata un sensuale festino per gli occhi. Quella donna, per contro, indossava un severo cappotto di lana che le arrivava fin sotto il ginocchio, guanti neri e scarpe basse, e aveva un aspetto così duro e contegnoso da scoraggiare qualsiasi approccio. La donna che Jack aveva conosciuto a San Antonio si sarebbe vestita così?

    Non ne era sicuro.

    Del resto, lui si sarebbe dovuto concentrare non poco per ricordare com’era stata Rachel con gli abiti addosso...

    Avevano trascorso insieme un’unica notte. Una calda, eccitante, indimenticabile notte. Poi, lei si era dileguata all’alba senza un saluto. Non un giorno era passato negli ultimi sei mesi senza che Jack avesse pensato a lei, augurandosi di rivederla un domani. E ora, mentre studiava quella donna, il più singolare senso di riconoscimento lo aggredì alla gola, comunicandogli che quello sarebbe potuto essere quel giorno.

    «Jack?» gli domandò Tom al telefono. «Ci sei ancora?»

    La voce del cugino era diventata un ronzio in sottofondo. La bionda gli rivolse un sorriso accattivante, ma nemmeno quello andò a segno. Ogni molecola del suo corpo era concentrata sulla donna in strada, e di colpo la promessa che si era fatto quella mattina di sei mesi prima gli ritornò come una profezia che aspettava di avverarsi.

    Si era detto che, se mai l’avesse rivista, non l’avrebbe più lasciata andare.

    «Scusa, Tom. Devo scappare. Ti chiamo dopo.»

    «Ehi, aspetta! Non hai finito di dirmi...»

    Jack chiuse la comunicazione e mise in tasca il cellulare. Prese il portafoglio, tirò fuori una banconota e la lasciò sul bancone. La bionda lo fissò sorpresa, ma lui era già smontato dallo sgabello e stava correndo fuori del bar.

    Passò nell’atrio, guardò nuovamente fuori della vetrata e fu travolto dal panico quando vide la donna prendere un taxi. Si precipitò fuori attraverso la porta girevole e, mentre il vento gli soffiava in faccia il nevischio, gridò: «Rachel!».

    Lei non lo sentì e la vettura si staccò dal marciapiede.

    Jack fermò un altro taxi, balzò dentro, sbatté la portiera e ordinò: «Segua quella macchina!».

    Il conducente, un vecchio che sembrava muoversi al rallentatore, lo guardò con scetticismo.

    «Sì, lo so» ammise lui sbuffando. «Sembra la battuta di un brutto film. Ma la segua comunque, vuole?»

    L’uomo pigiò sul pedale dell’acceleratore e si buttò nel traffico. Ma l’altro mezzo schizzava via velocissimo.

    «Gli stia addosso!» gridò Jack.

    «Ci provo.»

    Superando il limite di velocità, l’anziano taxista si portò a un’auto di distanza dal collega.

    E per tutto il tempo, Jack riandò al giorno in cui aveva conosciuto Rachel e alle ore incredibili che avevano trascorso insieme.

    Quel pomeriggio, si era recato a Forte Alamo, vicino a San Antonio, in parte perché non aveva avuto niente da fare e in parte perché era una delle sue mete preferite. Lei si era trovata davanti alla cappella, uno dei pochi edifici scampato alla distruzione. All’inizio, Jack era rimasto colpito dalla sua bellezza, ma non aveva impiegato molto a capire che si celava ben altro dietro l’aspetto esteriore. Dopo solo pochi minuti di conversazione, si era accorto che la ragazza sapeva molte più cose di lui riguardo al forte, il che era tutto dire!

    Avevano passato due ore a parlare di storia del diciannovesimo secolo, poi avevano cenato insieme, passeggiando lungo Riverwalk. Per finire, avevano fatto una cosa che era stata impulsiva persino per lui.

    Quando il cielo si era colorato di indaco, avevano superato il vecchio Stonebriar Hotel. Lui non sapeva chi fosse entrato per primo. Ma, a ripensarci, si erano trovati così in sintonia da entrare probabilmente insieme. Di lì a poco si erano registrati. Già in ascensore c’era stato il primo bacio, lungo e rovente. Ed era stato faticoso per entrambi risalire il corridoio e aspettare di essere in camera prima di unirsi nel più rovente degli amplessi.

    Poi, Jack si era svegliato l’indomani e non l’aveva trovata più. Nessun biglietto, nessun messaggio telefonico, niente di niente. E si era reso conto che, pur avendo parlato volentieri di storia, lei aveva schivato ogni argomento di carattere personale, elargendogli soltanto tre piccole informazioni sul

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