Una notte e per sempre: Harmony Collezione
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Sandra Marton
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Anteprima del libro
Una notte e per sempre - Sandra Marton
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
The Borghese Bride
Harlequin Mills & Boon Modern Romance
© 2003 Sandra Marton
Traduzione di Matilde Lorenzi
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 2006 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-3052-378-4
Frontespizio. «Una notte e per sempre» di Marton Sandra1
Era l’estate più calda che si ricordasse in Italia. La gente diceva che quella fine luglio avrebbe battuto tutti i record.
Per Domenico Borghese l’ultima settimana di luglio era una settimana da ricordare. Lo era da cinque anni, per la semplice ragione che in quei sette giorni aveva fatto i due più grandi errori della sua vita.
Uno riguardava un prestito che non avrebbe mai dovuto concedere e l’altro una donna.
Prese dal cruscotto della sua Ferrari rossa un paio di occhiali neri e li inforcò mentre affrontava le curve delle colline toscane.
Per quanto concerneva il prestito, sperava di chiudere la faccenda proprio quella mattina. Non aveva la minima intenzione di rilevare l’azienda della marchesa Del Vecchio, garanzia che l’anziana signora aveva voluto mettere al finanziamento che gli aveva chiesto cinque anni prima.
Ora stavano per scadere i termini e Domenico sapeva che la marchesa non era in grado di pagare. Bene, avrebbe trovato il modo per dirle che il debito era cancellato, ma che si tenesse la sua aziendina e, se così facendo, avrebbe offeso il prezioso sangue blu della donna... be’, peggio per lei!
Per l’altro errore commesso nella stessa settimana di cinque anni prima non c’era rimedio.
Era a New York per affari, a un party di beneficenza che lo stava annoiando oltre ogni dire, e si era rifugiato sulla terrazza per cercare l’aria fresca della notte e scappare dalla folla di donne con corpi e visi resi perfetti da abili chirurghi, con inserimenti vari di collagene o di chissà quali altri diavolerie.
Meno di un’ora dopo si era ritrovato nella sua suite a fare l’amore con una ragazza stupenda di cui non conosceva il nome, calda e passionale quanto lui, che durante la notte era scivolata via dal suo letto... senza lasciare alcun recapito!
Da allora non l’aveva mai più vista, né l’aveva mai dimenticata.
Strinse la mascella con rabbia.
Era da stupidi continuare a pensarla, ma quella donna era rimasta il mistero di una notte. Bionda, con grandi occhi blu, bellissima, si era data a lui con un trasporto e un abbandono indimenticabili. Questa notte è un sogno, non è realtà, gli aveva mormorato rifiutando di dirgli il proprio nome.
E come può un uomo scordare un mistero?
Sentiva ancora il sapore dolce della sua bocca, il profumo della sua pelle e la consistenza morbida del suo corpo sotto le dita.
Meglio concentrarsi sull’incontro con la marchesa, di lì a poco. Non aveva ancora trovato il modo migliore per annunciarle che non voleva indietro il denaro, né gli interessi pattuiti, e tanto meno l’azienda che lei aveva posto a garanzia. Sorrise tra sé. Se la gente con cui faceva affari abitualmente lo avesse visto in quel momento, non avrebbe creduto ai propri occhi.
A trentaquattro anni, Domenico Borghese aveva il mondo in mano, o almeno così si diceva in giro, anche se l’aristocrazia romana non lo avrebbe mai considerato suo pari. Lui lo sapeva e non se ne curava. Loro potevano risalire per secoli nell’albero genealogico delle loro famiglie, mentre lui si doveva fermare a una madre alcolizzata e di facili costumi, che lo aveva chiamato in quel modo perché convinta di averlo generato dopo la mezzanotte di un sabato e dietro al muro di Villa Borghese.
A dodici anni questa storia lo faceva soffrire. A trenta, aveva già guadagnato più denaro di quanto la maggior parte degli impiegati avrebbe visto nell’intera vita e la storia aveva perso parte della sua amarezza.
Gli ultimi pettegolezzi della Roma bene parlavano della sua nascita illegittima come risultato della relazione tra un principe romano e una delle cameriere.
Comunque, tutte quelle chiacchiere non danneggiavano minimamente il suo potere economico, né il suo fascino presso le donne, che non gli mancavano mai, anche perché la natura lo aveva dotato di un fisico più che prestante e di un sex appeal istintivo. Si teneva accuratamente alla larga dalle relazioni serie; si era dato il termine dei trentacinque anni come età giusta per impegnarsi, e per sua fortuna mancava ancora un anno. Una sola donna avrebbe potuto fargli cambiare idea prima... se non fosse scappata nottetempo!
Basta! Inutile pensare al biondo mistero di New York. La marchesa Del Vecchio era il suo obiettivo, in quel momento.
Ricordava perfettamente come era piombata nel suo ufficio quella mattina di luglio, superando tutti i filtri della reception. Ottant’anni, fisicamente fragile e delicata, ancora bella e con il coraggio di un generale dei marines! In meno di mezz’ora era riuscita a convincerlo a prestarle tre milioni di dollari per la sua azienda di biancheria intima di super lusso, la Farfalla di Seta.
Domenico la conosceva bene, anche perché un completino intimo o un top con quel marchio erano tra i regali più apprezzati dalle donne che lui frequentava.
Da quanto la marchesa gli aveva spiegato, era la nipote, italo-americana, che si occupava della Farfalla di Seta. Ed era lei che consigliava nuovi investimenti per reggere la concorrenza e rafforzare la loro posizione di prodotto di nicchia per classi abbienti.
Quando lui aveva osato chiedere se detta nipote fosse all’altezza di un compito tanto delicato, la marchesa gli aveva snocciolato una serie di diplomi delle migliori scuole di economia del mondo che la parente aveva ottenuto.
Era poi passata a illustrargli le condizioni del prestito. Restituzione dopo cinque anni, tasso di interesse da concordare e, a garanzia nel caso non avesse potuto restituire il prestito, la Farfalla di Seta! Dato che lui aveva appena rilevato una società di alta moda francese, la prospettiva di poter un giorno produrre abiti e biancheria con il marchio della Farfalla non era poi così disprezzabile.
Il piglio diretto, intelligente e raffinato, della marchesa lo aveva conquistato. Cosa doveva essere stata da giovane quella signora, aveva pensato ammirandone il portamento ancora eretto e l’inquietante blu degli occhi.
Poteva permettersi un azzardo, e quindi l’accordo era stato raggiunto e sancito con una stretta di mano tra gentiluomo e nobildonna!
Non aveva più incontrato o parlato con la marchesa fino a qualche giorno prima, in prossimità dello scadere del prestito, quando lei lo aveva invitato a pranzo nel suo palazzo vicino a Firenze.
Oltrepassando i cancelli del parco comandati elettricamente, Domenico realizzò che non aveva ancora strutturato il discorsetto da fare alla marchesa.
E un’ora dopo, davanti a un fumante espresso servito in tazzine di porcellana fine Ottocento, sul divano del salotto con tanto di soffitto affrescato, non avevano ancora affrontato l’argomento affari.
Posando la delicata tazzina sul tavolino, la marchesa lo fissò dritto negli occhi. «Risparmiamoci ulteriori convenevoli, signor Borghese. Come lei probabilmente sospetta già, io non sono in grado di ripagare il mio debito.»
Domenico annuì. «Sì, lo sospettavo. Ma non è un problema.»
«No, fortunatamente avevamo degli accordi. La Farfalla di Seta è sua.»
Aveva parlato decisa e con la testa alta, ma una incrinatura della voce tradì la sua emozione. Quella donna stava perdendo la sua ragione di vita e di orgoglio!
Domenico sospirò.
«Marchesa, per favore, mi ascolti. Io non posso...»
«I patti sono patti!»
«Sì, certo, ma possono sempre essere cambiati...»
«Non tra persone d’onore come siamo lei e io.»
«Sì... sì, ma io vorrei cancellare questo debito, marchesa. Mi creda, non ho bisogno di quel denaro... ne do quasi altrettanto in beneficenza...» Si bloccò, realizzando immediatamente la gaffe.
La marchesa sollevò il mento con fierezza. «I Del Vecchio non accettano la carità.»
«Naturalmente, non è quello che intendevo... Io volevo dire che...»
«Io la credevo un uomo di parola, signor Borghese. Non mi faccia pensare di avere sbagliato a giudicarla» lo riprese lei.
«Accidenti, signora!» sbottò lui alzandosi. «Cerchi di capire anche me! Non sarei un uomo rispettabile se approfittassi di lei e della situazione. È proprio il mio onore che mi impedisce di rispettare i patti.»
La marchesa lo fissò a lungo e l’ardore di quegli occhi blu lo fece rabbrividire. Aveva già visto occhi come quelli, ne era certo, ma dove?
«Penso di capire la sua posizione, signor Borghese» mormorò l’anziana signora abbassando lo sguardo. «Forse potremmo apportare delle modifiche ai nostri accordi.»
«Perfetto!» esclamò lui posandole lievemente una mano sul braccio. «Ma ora è meglio che vada, la strada è lunga e...»
«Ne converrà, però, che la Farfalla sarebbe un magnifico fiore nel mazzo delle attività della Borghese International» lo interruppe lei, e qualcosa nel suo tono fermò Domenico.
Forse l’orgoglio aristocratico della marchesa aveva bisogno di un piccolo riconoscimento.
«Senza dubbio, signora. Senza dubbio, ma...»
La marchesa batté due volte il bastone da passeggio a cui si appoggiava apparentemente più per vezzo che per necessità, e una cameriera si materializzò nella stanza con un portafotografie d’argento che porse alla marchesa.
«Sa, in questi anni mi sono spesso chiesta come mai lei non abbia mai incontrato mia nipote. Speravo che sareste diventati amici.»
Che intendeva dire? Cosa poteva importare a lui di conoscere un’acida zitella di mezza età che giocava alla capitana d’industria?
«Mia nipote è una donna molto in gamba e sono sicura che le piacerebbe.»
Oh, cielo! Era qui che voleva arrivare la marchesa? Domenico conosceva bene le manovre delle famiglie di sangue blu, le quali forse reputavano disdicevoli le sue origini, ma estremamente appetibili i suoi soldi, e cercavano di rifilargli le loro adorate figliole nei modi più subdoli.
La marchesa gli mise sotto agli occhi la foto che aveva in mano, e Domenico sentì mancargli la terra sotto i piedi. Stava fissando il viso delicato che da cinque anni ossessionava le sue notti e gli occhi di quel blu petunia che non poteva scordare, lo stesso blu che lo fissava dal volto della marchesa!
In qualche modo riuscì a riprendere fiato.
«Chi è?» mormorò a stento.
«Ma è mia nipote Arianna, ovviamente.»
Arianna. Il nome le calzava a pennello.
Domenico si sentiva scoppiare la testa, aveva bisogno di aria e di scappare da lì.
«Marchesa, mi scusi, ma si è fatto tardi e io devo...»
«Andare, lo so. Non vuole sentire in che modo le propongo di risolvere il nostro accordo? Ha visto quanto è bella mia nipote? Ed è anche intelligente e simpatica. E in età giusta per mettere su famiglia.»
«Marchesa!» proruppe lui sbigottito. «Non mi starà per caso proponendo...»
«Certo che sì. Non le piacerebbe avere dei figli? Unire