Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

La guardia rossa racconta
La guardia rossa racconta
La guardia rossa racconta
E-book286 pagine4 ore

La guardia rossa racconta

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

La storia operaia degli anni Sessanta e Settanta è stata al centro dell'attenzione subito dopo la fenomenale esperienza dell'"autunno caldo". Anche da più posizioni, molte volte divergenti sull'obiettivo finale, si arrivava comunque alla conclusione che il vero protagonista di ogni trasformazione riformista o radicale in Italia dovesse essere la classe operaia. A cavallo degli anni Ottanta però, una volta determinatasi la sconfitta politica degli operai, i riflettori si sono spenti e tutta l'attenzione degli anni precedenti è svanita nel nulla, così oggi capita raramente di trovare ricerche, articoli, libri e documenti sulle lotte operaie dal secondo dopoguerra alla fine degli anni Settanta Una delle esperienze più interessanti di quel periodo è quella vissuta dal Comitato operaio della Magneti Marelli di Crescenzago, fabbrica tra Milano e Sesto San Giovanni, che alla metà degli anni Settanta è stata protagonista dell' "estremismo operaio" italiano. Fondamentale è la sua collocazione storica: nasce qualche anno dopo l'"autunno caldo", quando la crisi economica è ormai esplicita e le necessità di ristrutturazione del complesso industriale italiano sono palesi così come la volontà di restaurazione dell'ordine nelle fabbriche. La forza operaia è ancora determinante ma meno coesa sulle parole d'ordine e, schiacciata tra "compromesso storico" e rivoluzione. Molte volte sceglie il disinteresse. È nel pieno della ristrutturazione industriale, periodo estremamente difficile, di passaggio, che il Comitato si forma, rivendicando in pieno tutto il recente passato di egualitarismo e rifiuto della delega, di classe operaia capace di organizzarsi autonomamente. In questo periodo sono molte le esperienze di organizzazioni autonome che nascono nelle fabbriche, ma poche quelle che esprimono la forza del Comitato Marelli; nell'area milanese solo l'Assemblea autonoma dell'Alfa Romeo può vantare un'incidenza maggiore all'interno dell'azienda e per trovare qualcosa di simile si deve tornare indietro al Cub della Pirelli del 1968. La prima parte del libro è dedicata alla storia della società Magneti Marelli che risulta fondamentale per comprendere la situazione operaia in fabbrica. Le due parti successive sono il risultato vero e proprio della ricerca. Una ricostruisce in sintesi le lotte condotte dagli operai della Magneti Marelli di Crescenzago tra la fine della seconda guerra mondiale e il 1972, l'altra ripercorre l'attività del Comitato operaio fin dalle sue origini.
LinguaItaliano
Data di uscita24 gen 2022
ISBN9791220383240
La guardia rossa racconta

Correlato a La guardia rossa racconta

Ebook correlati

Scienze sociali per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Recensioni su La guardia rossa racconta

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    La guardia rossa racconta - Mentasti Emilio

    La Magneti Marelli

    La Fabbrica italiana Magneti Marelli (Fimm) nasce, l’8 ottobre 1919, con un capitale sociale di 7 milioni di lire sottoscritto in parti uguali dalla Fiat di Torino e dalla Ercole Marelli di Milano; lo scopo della società è «la costruzione ed il commercio dei magneti e degli apparecchi elettrici, specialmente per applicazione all’automobilismo, all’aviazione e alla navigazione».¹

    La società nasce con la partecipazione fondamentale della Fiat, fattore costante nella storia della Magneti Marelli, e quindi all’interno della filiera automobilistica italiana e mondiale.

    Dal punto di vista internazionale ci troviamo di fronte a due scuole, quella americana che mette al primo posto l’organizzazione del processo produttivo e quella europea che predilige la progettazione del prodotto automobile. Negli Stati Uniti la pratica dello scientific management di Frederic Winslow Taylor viene applicata dall'industriale Henry Ford, che nel 1913 introduce sistemi di produzione e di assemblaggio innovativi: «il primo basato su una sequenza di tante lavorazioni elementari affidate a macchine specializzate monouso ad altissima cadenza, il secondo invece si basava su una catena di stazioni di lavoro in cui erano le parti da assemblare che raggiungevano gli addetti al montaggio, e non viceversa, e dove la parcellizzazione delle operazioni consentiva sconosciuti livelli di performance. Questa modalità organizzativa, nota come mass production, appariva tanto rivoluzionaria quanto difficilmente imitabile, sia per l’enorme bagaglio tecnico richiesto per la sua realizzazione, che per l’enorme volume di automobili che bisognava realizzare e vendere affinché l’investimento profuso risultasse conveniente.»² La produzione automobilistica americana dei primi decenni del secolo è così orientata verso prodotti semplici, poco costosi e di massa, quella europea invece verso macchine ad alte prestazioni ma per un mercato d'élite.

    In Italia, la Fiat (Fabbrica italiana automobili Torino) nasce nel 1899 e rappresenta una svolta nella nascente industria automobilistica nazionale, soprattutto grazie alle capacità imprenditoriali di Giovanni Agnelli che garantisce la competitività della società sia dal punto di vista tecnico-progettuale che da quello organizzativo. Da subito l’idea è quella di forzare il mercato interno, troppo ristretto, e di lanciarsi su quello internazionale. Per fare ciò era necessario competere con gli altri produttori europei e americani, facendo uso delle tecnologie più avanzate e organizzando al meglio la propria presenza sui mercati in pieno sviluppo.

    Uno dei componenti più importanti dell’industria automobilistica risultava essere il magnete, «vale a dire il congegno elettromeccanico incaricato di produrre il potenziale elettrico necessario a far scoccare la scintilla fra gli elettrodi della candela.» La qualità del magnete diventava fondamentale per garantire l’alimentazione delle candele anche in regimi di rotazione elevati, altrimenti l’auto avrebbe avuto difficoltà di accensione, elevati consumi e irregolarità di funzionamento. In Europa, nei primi anni del secolo, la società che ne monopolizzava il mercato era la tedesca Bosch, fondata nel 1896 a Stoccarda.³

    Tra le due guerre

    La Magneti Marelli vanta da subito alcune caratteristiche che la differenziano per modernità dalle altre aziende italiane del periodo. Una di queste é la netta separazione tra proprietà e controllo: da una parte la Fiat e la Ercole Marelli, dall'altra manager capaci come i fratelli Quintavalla. Analogamente alla Fiat e all'Olivetti, la Magneti Marelli rappresenta un caso nel panorama industriale italiano tra le due guerre in quanto è una delle unità produttive che più si ispirano alle teorie e ai metodi fordisti e tayloristi, ispirati alla razionalizzazione della produzione e all'organizzazione scientifica del lavoro, con importanza fondamentale del fattore umano.

    La Magneti Marelli si occupa di un settore produttivo che per l'Italia degli inizi del secolo é assolutamente nuovo, cerca perciò di inserirsi sul mercato nazionale e mondiale (dominato dalla tedesca Bosch) ricercando la via della specializzazione e della standardizzazione di una produzione di qualità eccellente, favorita dalla produzione di massa della fabbrica di riferimento, la Fiat, attraverso una migliore razionalizzazione della produzione e l'introduzione dello scientific management.

    L'orientamento organizzativo della Magneti Marelli risulta evidente già dalla descrizione, tratta da un opuscolo aziendale dello stabilimento A di Sesto San Giovanni, la prima unità produttiva dell'impresa: «la fabbrica era divisa in una serie di reparti ciascuno dei quali é deputato alla produzione di una o più parti del magnete (...) abbiamo abbandonato da tempo la vecchia idea che ogni reparto dovesse contenere un unico tipo di macchine. Ciascuno dei nostri reparti contiene tutte le macchine utensili necessarie alla produzione di un certo pezzo, organizzate in modo tale che le materie prime ed i semilavorati arrivino ad un certo punto, si muovano tra macchina e macchina e tra banco di lavoro e banco di lavoro secondo i bisogni della produzione: cosicché, alla fine della linea, un pezzo completamente finito é pronto per lasciare il reparto (...) in questo modo ogni movimento inutile di materiale é evitato e ogni lavoratore può rimanere al suo posto, ricevendo il pezzo dall'operaio precedente e compiere l'operazione assegnata (e non altre) e passare il pezzo all'operaio successivo».⁵ I risultati di questo tipo di organizzazione sono immediatamente evidenti visto che nei primi otto anni la produzione triplica, mentre la manodopera aumenta solo del 40%. Su ispirazione delle officine americane, viene introdotto un ufficio Tempi incaricato di precalcolare i tempi di produzione e di sorvegliare il rendimento produttivo degli operai. I macchinari sono costantemente aggiornati, introducendo una sempre maggiore automatizzazione della produzione con un maggiore rendimento per macchina e operaio.

    Il fattore umano gode di grandissima attenzione all'interno della Magneti Marelli, non solo per quanto riguarda il rendimento ma anche la scelta e la selezione dei lavoratori. E' l'unica azienda italiana del periodo che vanta un'unità di psicologia industriale affidata al medico di fabbrica e che si occupa anche della selezione del personale. Negli anni Venti, in Italia, la psicologia industriale é ancora una disciplina assolutamente teorica, il suo maggiore esponente é Agostino Gemelli dell'Università Cattolica di Milano, dove viene istituito un laboratorio apposito, ma l'unico caso pratico é rappresentato appunto dalla Magneti Marelli dove esiste un laboratorio psicotecnico su modello americano che deve esaminare «le facoltà individuali in rapporto con le necessità del lavoro.» Un esempio dei compiti di questo laboratorio applicati al reparto, prevalentemente femminile, dell'avvolgimento: «1. determinare la curva di produzione individuale delle operaie già in reparto; 2. stabilire le caratteristiche psicofisiche della buona operaia; 3. stabilire la produzione minima per ogni categoria di operaie; 4. eliminare con progressiva selezione le operaie già esistenti in reparto, non rispondenti alle caratteristiche volute; 5. assumere solo operaie che abbiano buone caratteristiche (da valutare in base al punto 3); 6. creare condizioni di lavoro e di produzione ottimali, collaborando con l'ufficio tecnico per l'eventuale modifica di macchine e di posizioni di lavoro e con l'appositamente costituito ufficio di organizzazione che si occupa anche del benessere, dell'assistenza e della salute.»⁶ La manodopera viene assunta solo se possiede i requisiti prestabiliti e viene orientata nei reparti a seconda delle proprie attitudini personali. I risultati di questa politica sono subito evidenti visto che nel reparto avvolgimento si ottiene una riduzione dei tempi di produzione del 30% con un aumento del suo volume del 5%.

    La valorizzazione del fattore umano avviene anche attraverso la continua qualificazione professionale delle maestranze. Nel 1926 viene fondata la scuola aziendale chiamata Vedette che deve formare i giovani operai attraverso sei mesi di teoria (matematica applicata, geometria, disegno industriale, principi di fisica e elettrotecnica, tecnologia e organizzazione industriale) e sei mesi di pratica da svolgere in tutti i reparti. Successivamente viene creata una scuola per stenodattilografe e una per preparare i capi.

    Un altro settore innovativo che viene introdotto alla Magneti Marelli é quello della Ricerca e sviluppo che si occupa della progettazione con la creazione, già dal 1924, dell'ufficio Studi che si interessa di magneti; a soli vent'anni dalla sua costituzione, l'azienda possiede 13 laboratori di ricerca e sperimentazione (materie prime, iniezioni, test attitudinali, radio, onde corte, televisione, acustica, disegno radio riceventi, disegno radio trasmittenti, chimica, misura, prova e radio militare) e due sale prove (per equipaggiamenti elettrici e radio).

    Viene introdotto gradualmente anche il controllo qualità effettuato da ispettori appositi e con riunioni settimanali al più alto livello, durante le quali vengono esaminati i pezzi guasti.

    Oltre a vantare un elevato livello qualitativo della produzione e detenere sistemi di fabbricazione moderni, la Magneti Marelli possiede un'efficiente organizzazione aziendale. Nel 1924 viene creata una direzione generale e una direzione di officina; nel 1929 si istituisce una direzione industriale e una commerciale. In pochi anni perciò la società si dota di una struttura sufficientemente complessa, che le permette di mantenere una posizione commerciale competitiva. Dal punto di vista commerciale stipula un redditizio contratto di join venture con la Bosch (Mabo) e mette in campo forme promozionali originali e creative come le sponsorizzazioni dei gran premi automobilistici, dei raduni aviatori, la partecipazione assidua a mostre, fiere e saloni, le inserzioni e le stampe pubblicitarie nelle quali cura particolarmente l'aspetto grafico e stilistico, l'istituzione di concorsi a premio per i targhisti.

    Il mercato di riferimento della Magneti Marelli non può essere solo quello italiano e da subito estende la propria rete commerciale in tutto il mondo.

    La sostituzione del magnete con lo spinterogeno (1927) comporta una ovvia crisi del settore, dovuta al fatto che lo spinterogeno richiede due terzi di lavoro in meno ed ha un prezzo di vendita pari al 30% di quello del magnete. La soluzione all'interno della Magneti viene trovata immediatamente e consiste nella conversione della produzione in accessori automobilistici: il Magluce (impianto di avviamento e di illuminazione elettrica per motociclette), candele per avio, avvisatori elettrici e tergicristalli per auto, batterie. Nel 1929 inizia l'attività nel settore della radiofonia, l'anno successivo viene costituita la Radiomarelli con funzioni commerciali e di distribuzione, nel 1932 viene creata la Fivre che produce le valvole radioelettriche.

    Nel 1936 viene costruito un nuovo stabilimento a Sesto San Giovanni e una seconda Fivre a Firenze; nel 1939 viene acquistato lo stabilimento Il truciolo di Carpi dove viene trasferita parte della produzione di magneti destinati all'aviazione militare; lo stesso anno vengono comprati i terreni sui quali verranno costruiti gli stabilimenti N e D di Crescenzago.

    Dalla seconda guerra mondiale alla metà degli anni Ottanta

    La Magneti Marelli sfrutta appieno l'eccezionalità della guerra, godendo di una posizione monopolistica nella fornitura militare di componenti indispensabili allo sforzo bellico italiano, come i gruppi di avviamento ed equipaggiamenti elettrici per l'aviazione e gli impianti di radiotrasmissione e radioricezione per navi e veicoli terrestri. Sono una dimostrazione del ritmo straordinario raggiunto dalla produzione nel periodo bellico, le difficoltà nel procurare gli approvvigionamenti necessari e le numerose assunzioni di personale, oltre che i profitti eccezionali. Con i primi rovesci italiani in guerra, vengono colpiti dai bombardamenti alleati nel 1942 lo stabilimento Fivre di Firenze, nel 1943 quelli di Apuania, nel 1944 quello di Carpi e nel 1945 il B di Sesto San Giovanni.

    Una volta terminato il conflitto, vengono ricostruiti rapidamente gli impianti e gli stabilimenti, ma la ripresa produttiva risulta faticosa a causa della carenza di materie prime (acciaio, piombo, alluminio, rame, antimonio, bachelite e materie plastiche), della mancanza di liquidità e dell'incertezza della situazione politica e sociale.

    Il 16 agosto 1945 il Comitato di liberazione nazionale Alta Italia (Clnai) propone al Comando alleato la nomina di Leonardo Brasca a commissario straordinario della Magneti Marelli, il quale accetta a patto che si smobilizzino i crediti che la società vanta nei confronti dello Stato e della Bosch, che si ripristini la disciplina in fabbrica e che si elimini la manodopera in esubero. Il commissario si preoccupa di instaurare subito relazioni commerciali con società statunitensi che però pretendono che la situazione nelle fabbriche torni alla piena normalità. La cosa che preoccupa maggiormente é la presenza di organi di rappresentanza degli operai come i Consigli di gestione, contemporaneamente all'assenza di organi di rappresentanza della proprietà che verranno ripristinati solo il 23 luglio 1946 dopo diversi colloqui con il Comitato di liberazione nazionale della Lombardia. Da precisare che l'esperienza dei Consigli di gestione va ad esaurirsi nel 1948 a causa della mutata situazione politica italiana.

    Una volta ripristinata la normale gestione della azienda, per la proprietà e il management i problemi da risolvere rimangono quelli relativi alla poca liquidità, alla mancanza di approvvigionamenti e soprattutto al tasso di produttività, crollato negli ultimi mesi della guerra per la costante opera di sabotaggio messa in atto dagli operai. Ad aggravare la situazione, la società si vede costretta ad assumere più di 1.000 dipendenti tra la fine della guerra e il gennaio 1946 (gli operai occupati nel complesso di Sesto San Giovanni passano così da 2.909 a 4.091 unità). Queste assunzioni rientrano nell'applicazione delle disposizioni introdotte dal Decreto legge n. 27 del 14 febbraio 1946 che impone la riassunzione dei dipendenti che «in servizio non in prova, avessero dovuto abbandonare il lavoro per essere internati o deportati dai tedeschi o dai fascisti, ovvero per partecipare alla lotta di liberazione o che, chiamati alle armi per il servizio di leva, fossero stati trattenuti».

    La situazione tende a stabilizzarsi negli anni successivi per quanto riguarda il riassetto organizzativo dell'azienda, la liquidità (accedendo a prestiti) e gli esuberi di maestranze (480 operai vengono destinati a corsi di avviamento), garantendo così un sufficiente livello di equilibrio economico.

    Per l'Italia, gli anni tra il 1952 e il 1963 sono quelli del cosiddetto boom economico, caratterizzati dalla sua definitiva trasformazione in un paese industriale, dal raddoppio del reddito nazionale e da tassi di crescita economica inferiori solo a quelli di Giappone e Germania occidentale. Gli investimenti registrano una forte crescita, la disoccupazione viene ridotta drasticamente e trionfa la società dei consumi.

    I beni simbolo di questo boom sono l'automobile e la televisione, due settori in cui la produzione della Magneti Marelli è direttamente interessata.⁹ Non sorprende perciò la crescita costante della Magneti Marelli che sceglie la strada dell'intensificazione degli investimenti e della produttività, con relative conseguenze sull'organizzazione del lavoro e sulla composizione della forza lavoro. Si registra un forte incremento della percentuale di manodopera femminile, soprattutto negli stabilimenti A di Sesto San Giovanni e N di Crescenzago nei quali si sviluppa il processo di meccanizzazione dei sistemi produttivi e dove, rispetto ai primi anni Cinquanta, il numero di donne impiegate nella lavorazione a tappeto raddoppia.¹⁰ A dimostrazione del notevole incremento produttivo, nel 1962 la produzione aumenta del 9,6% nonostante la vertenza degli elettromeccanici che fa perdere all'azienda 1.200.000 ore di lavoro a causa degli scioperi. I dipendenti della società passano da 10.722 del 1959 a 12.022 del 1963.

    Nel 1963 la Magneti Marelli decide di rinunciare al settore delle telecomunicazioni, la competizione internazionale è diventata troppo forte per potersi permettere la diversificazione produttiva dell'azienda, meglio concentrarsi sulle lavorazioni connesse alla produzione automobilistica.

    Nel 1964 può considerarsi conclusa la fase del miracolo economico italiano. La fase seguente è condizionata da rivendicazioni salariali, rapida crescita dei prezzi, perdita di competitività delle esportazioni, difficoltà della bilancia dei pagamenti a cui fa seguito una stretta creditizia che frena l'inflazione ma anche lo sviluppo, comprimendo la domanda interna. La Magneti Marelli è fortemente condizionata dalla nuova congiuntura, essendo un'azienda collegata alla produzione di beni di consumo durevoli (auto e radio-tv). Immediatamente centinaia di lavoratori vengono sospesi o messi in cassa integrazione, gli altri sono costretti a lavorare ad orario ridotto.

    La situazione migliora già nel 1966, mentre alla fine del 1967 la Magneti Marelli decide di procedere alla fusione mediante incorporazione di Fivre (valvole riceventi e trasmittenti, cinescopi e altri componenti per radio e tv), Mabo (solo commerciale), Radiomarelli (solo commerciale), Imcaradio (apparecchi radio di alta qualità), Iniex (ormai solo patrimonio immobiliare), F. Rabotti di Torino e Rabotti Sud di Potenza. Questa concentrazione societaria è in linea con quanto sta accadendo in altre industrie europee, strumento necessario per avere maggiore competitività sui mercati grazie ad un maggior coordinamento nelle politiche finanziarie, alla standardizzazione degli acquisti, alla riorganizzazione e al potenziamento della rete commerciale; L'operazione di fusione permette anche di accorpare una serie di filiali di vendita con evidente risparmio per la Magneti Marelli. Contemporaneamente si sviluppa l'elettronica nel settore automobilistico, si potenzia l'attività delle tv a colori, delle tv a circuito chiuso, della radio e della riproduzione sonora (autoradio, giranastri e hi-fi), puntando all'introduzione di nuovi prodotti. Nel 1971 viene costituito assieme alla Fiat un centro di ricerca che nel 1973 trova sede a Torino: tutto ciò nella direzione della progressiva conversione della produzione da elettromeccanica a elettronica, affiancando la Fiat nelle sue iniziative produttive. Nel periodo tra il 1968 e il 1972 viene ampliato lo stabilimento Rabotti di Potenza, viene potenziata la sezione candele di Crescenzago, viene costruita una nuova trafileria e un nuovo reparto equipaggiamenti elettrici sempre a Crescenzago, viene installata una nuova linea di produzione batterie a Romano di Lombardia, viene costruito uno stabilimento a Bursa (Turchia) e due grandi impianti per la produzione di batterie e di equipaggiamenti elettrici a San Salvo (Ch).

    Grazie alle scelte societarie e al buon ciclo di espansione dell'industria automobilistica, la Magneti Marelli fino al 1971 mantiene un positivo trend economico, nonostante che, a partire dal 1967, ci sia un continuo incremento del costo del lavoro e degli oneri fiscali, con la contemporanea diminuzione delle ore lavorate e l'incremento progressivo dell'assenteismo operaio. Nel 1973 la situazione peggiora a causa dello shock petrolifero che fa aumentare notevolmente la tendenza alla stagnazione dell'economia italiana, accompagnata, per la prima volta nella storia del paese, dall'inflazione (fenomeno simile si era già registrato durante la Repubblica di Weimar in Germania negli anni Venti). Il punto più basso viene raggiunto nel 1975, mentre i tre anni successivi sembrano garantire una certa ripresa, ma già nel 1979 l'economia occidentale (tranne il Giappone) entra in una nuova fase recessiva. Questa situazione di crisi in Italia si prolungherà fino ai primi anni Ottanta e sarà caratterizzata da forte inflazione, deficit della bilancia commerciale e dei pagamenti, disavanzo pubblico, contrazione della domanda interna, degli investimenti e della produzione, forte calo dell'occupazione industriale. Il settore automobilistico é uno dei settori più colpiti in Italia, anche per la concomitanza delle misure governative dette di austerity che tendono a limitare il consumo energetico.

    In una tale situazione e con la forte conflittualità sindacale che caratterizza questo periodo, la società Magneti Marelli tenta di affrontare la fase di crisi, mantenendo un sufficiente equilibrio tra costi (maggiore efficienza organizzativa e spese rigidamente contenute) e ricavi (fonti di profitto alternative al settore automobilistico e nuove capacità progettative) in attesa di tempi migliori.¹¹

    Nell'autunno 1973 la Magneti Marelli procede alla ristrutturazione dell'azienda in divisioni, con conseguente decentramento operativo. Si formano così quattro divisioni di produzione (Equipaggiamento, Batterie, Fivre e Rabotti) e due divisioni commerciali (Ricambi e assistenza exMabo e Radiomarelli).¹² Chiaramente tutte le divisioni rispettano una strategia centrale a cui é preposta la direzione generale con il supporto dei relativi organi di staff come la Direzione centrale amministrativa, la Direzione centrale ricerca e sviluppo, la Direzione marketing, la Direzione del personale, acquisti, costruzioni e impianti e licenze. Nel 1977 si attua un nuovo e maggiore decentramento, così la divisione Equipaggiamenti viene suddivisa in Aria compressa, Candele e Equipaggiamenti elettrici, mentre vengono introdotte tre nuove divisioni: Attività internazionali, Sistemi ed elettronica e Produzioni di base.

    A partire dal 1975 l'azione societaria é volta al contenimento dei costi aziendali attraverso il blocco delle assunzioni, il rinvio degli investimenti di sviluppo e l'abbandono delle produzioni che garantiscono ormai scarso profitto.¹³ Anche negli anni più critici, come il 1975 e il 1976, la Magneti Marelli riesce a ottenere utili di esercizio e a far crescere il fatturato in misura sempre superiore al costo del lavoro (vedi tabella nota 10), grazie al sempre maggiore inserimento nei mercati internazionali. Nel 1974 si aprono filiali a Barcellona e Parigi, nel 1977 nascono la Magneti Marelli Deutschland e la Magneti Marelli France, nel 1978 interviene in Portogallo, Gran Bretagna, Argentina e Nigeria. Nello stesso anno nasce la Magneti Marelli Holding s.a. con sede a Lugano (Svizzera), nella quale confluiscono tutte le partecipazioni estere della società.¹⁴

    Nel 1977 acquisisce il 60% della Fabbrica Batterie York, nel 1978 costituisce la Compagnia generale accumulatori (Cga) a cui vengono conferiti quattro stabilimenti della Fabbriche accumulatori riuniti (Far) a Casalnuovo, Melzo, Monza e Bari. La Far in precedenza aveva assorbito la Tudor, la Titano e la Hensemberger, così che la Magneti Marelli si trova ad avere il controllo assoluto del settore batterie ed accumulatori in Italia.

    Nel 1979 vengono vendute 25 milioni di saving shares che fanno aumentare il capitale sociale da 36 a 51 miliardi di lire¹⁵; in collaborazione con Fiat e Weber costituisce la Marelli Autronica; nel 1980 vende il suo pacchetto in Fivre e aumenta la propria partecipazione nella Fabbrica batterie York; nel 1981 inizia la costruzione di una fabbrica di candele di accensione in Irak.

    L'8 novembre 1982, il ministro del Lavoro dichiara la Fabbrica italiana Magneti Marelli in stato di crisi; nel 1984 la compagnia sposta il proprio quartier generale da Sesto San Giovanni a Cinisello Balsamo (Mi) e firma un patto di cooperazione tecnica con la compagnia giapponese Nippodenso.

    Nel 1985 e 1986 l'azienda subisce diverse ristrutturazioni, fino ad arrivare al 1987 quando inizia il processo di trasfomazione delle proprie aree d'affari che diventano: strumentazione, elettromeccanica, elettronica, luci, impianti di condizionamento e sistemi di alimentazione.

    La ricostruzione della storia della Magneti Marelli non va oltre non essendo argomento di questo lavoro. E' sufficiente ricordare che lo stabilimento di Crescenzago non esiste più, la sua area è stata adibita ad edilizia residenziale.

    Lotte in fabbrica dal secondo dopoguerra al 1972

    Premessa generale¹⁶

    Questa prima parte analizza la conflittualità operaia

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1