MUSEO ETRUSCO. Vasi dipinti con iscrizioni. Traduzione dal francese a cura di Carla Petti e Paul Andre' Moselle: Scavi dal 1828 al 1829
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Anteprima del libro
MUSEO ETRUSCO. Vasi dipinti con iscrizioni. Traduzione dal francese a cura di Carla Petti e Paul Andre' Moselle - Luciano Bonaparte principe di Canino
Indice
• COVER
• PREFAZIONE
• TAVOLA DEI NOMI PROPRI E DEI NOMI DEGLI AUTORI
• ORIGINE DEGLI SCAVI.
• UBICAZIONE DEGLI SCAVI
• EPOCA DEI MONUMENTI
• LETTERE DEI MONUMENTI
• VASI DIPINTI CHE SI DICE TROVATI IN GRECIA
• CONCILIAZIONE DEI DUE SISTEMI
• POSSIBILITÀ DI SCOPRIRE L’EPOCA PRECISA DEI NOSTRI MONUMENTI
• VASI DIPINTI CON ISCRIZIONI
• NOTA SUPPLEMENTARE
• TAVOLA DEI VASI DESCRITTI IN QUESTO VOLUME
• TAVOLE DELLE ISCRIZIONI
• NOTE
• RINGRAZIAMENTI
PREFAZIONE
Gli scavi di Canino sono stati così abbondanti in capolavori di pittura etrusca che tutto quello che era conosciuto fino ad oggi in questo genere sembrerà secondario: dovendo rivolgersi l’attenzione delle associazioni di scienziati innanzi tutto ai monumenti scritti, noi pubblichiamo in questo volume tutti i vasi dipinti che portano iscrizioni, rinvenuti negli scavi dal 1828 al 1829; le iscrizioni sono state litografate in fac-simile dal sig. Louis Marie Valadier con la più scrupolosa cura; le tavole sono tutte alla fine del volume dove qualche iscrizione porta in testa il numero del vaso da dove è stata ripresa.
Noi non abbiamo compreso dapprima tra le iscrizioni i KALOS né i marchi sotto la base dei vasi; ma abbiamo pensato poi che queste parole e questi marchi potevano essere utili alla paleografia etrusco-pelasgica e condurre a decifrare le iscrizioni più difficili.
I vasi senza iscrizioni né marchi sotto la base, così come i Bronzi, gli Ori e gli Scarabei saranno descritti nei volumi seguenti, sempre sotto il numero rispettivo del catalogo generale degli scavi.
Noi inseriamo qui la tabella dei nomi propri ed i nomi degli autori che si trovano sui vasi, e la nota pubblicata già nel Catalogo italiano dell’anno scorso rivisto ed accresciuto.
Il sig. L. Marie Valadier si occupa inoltre di litografare una parte scelta dei vasi di Canino: queste incisioni della grandezza e dei colori originali dai quali sono stati calcati saranno pubblicati a fascicoli in formato della più grande proporzione; il primo fascicolo corrisponde a questo volume; questi fascicoli costituiranno un’opera a parte; essi potranno così servire da appendice al testo che noi pubblichiamo.
La tavola di seguito offre il fac-simile di quattro iscrizioni scolpite a grossi caratteri su dei piedistalli di pietra, il fac-simile di una quinta iscrizione scolpita su una patera di metallo, e di due altre iscrizioni su delle grandi giare senza pittura: vi si leggono i nomi di MINUCA, FUESCA, ANII, RANUTAS, APIES, ARUSANIAL, LARTH, FEPIA, ARIONS. Tutti gli oggetti ritrovati circa queste iscrizioni sono stati attribuiti agli ipogei delle famiglie etrusche MINUCA, RANUTA, APIA, ARUSANIA, LARTHIA, FEPIA ed ARIONSA. Molte di queste famiglie erano reali, come l’Ania e la Larthia; altre come la Fepia o Fabia e l’Apia furono probabilmente capostipiti dei Fabius e degli Apius stabilitisi a Roma nei secoli successivi. Gli ipogei della Doganella, di Marucheto, di Mazzangrugno, della Rotonde sotterranea e delle grandi Tombe non hanno ancora presentato delle iscrizioni di famiglia.
Per non allungare inutilmente il testo noi ci siamo astenuti da certi elogi sulla beltà delle forme, la finezza e l’espressione del disegno, di cui si caricano gli articoli di tanti libri. La prima dispensa delle tavole litografate renderà meglio dei nostri elogi l’idea della perfezione della pittura etrusca nei secoli più remoti.
Le misure sono espresse in palmo romano: quando lo stesso vaso presenta delle figure di differenti dimensioni noi diamo sempre la dimensione delle figure più grandi di ciascun vaso. Noi chiamiamo intatti i vasi che sono usciti tali dalle grotte e che non hanno avuto bisogno che di essere lavati nell’acquaforte per togliere le incrostazioni; chiamiamo completi i vasi dei quali sono stati trovati e riuniti tutti i frammenti; chiamiamo incompleti i vasi ai quali manca qualche parte della figura; e non diamo epiteto ai vasi ai quali non mancano che dei frammenti o delle parti del campo.
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TAVOLA
Dei nomi propri e dei nomi degli Autori
N.B. Le lettere italiche sono quelle che mancano negli originali e che sono state sostituite.
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Nota inserita alla fine del Catalogo italiano stampato a Viterbo nel 1829, rivisto e aggiornato.
Dopo aver pubblicato le prime due centinaia la quantità delle nuove scoperte ci fa sospendere il nostro lavoro; mentre si termina questo primo catalogo noi indicheremo in poche righe l’origine dei nostri scavi; crediamo così di dover azzardare qualche osservazione sull’antichità dei nostri monumenti etruschi con la speranza di sollecitare gli eruditi a ricollocare su una base più solida e più grande la questione dell’anteriorità delle belle arti tra l’Italia e la Grecia.
ORIGINE DEGLI SCAVI.
All’inizio dell’anno 1828 in un campo chiamato CAVALUPO, una grotta franò sotto i piedi dei buoi che tiravano l’aratro; si troveranno in questa grotta due vasi etruschi rotti; io ero assente dalle mie terre da più di un anno; due agenti infedeli si appropriarono dei vasi e lavorarono molti mesi in silenzio per trovarne degli altri in tutto il territorio di Canino. Essi vendettero furtivamente il tutto al Sig. Dorow che si recò egli stesso molte volte a Canino credendo senza dubbio che i proprietari fossero informati di queste operazioni. Molte casse di oggetti etruschi passarono così misteriosamente nelle mani del Sig. Dorow che in seguito ha legittimato i suoi acquisti; e dobbiamo sperare sul suo talento e la sua buona fede che vorrà ben informare il pubblico del numero e della natura degli oggetti acquistati nelle nostre terre e nelle vicinanze al fine di impedire che degli speculatori non spaccino come provenienti dalla Grecia i vasi etruschi trovati nella nostra maremma.
Qualche tempo dopo l’acquisto del Sig. Dorow il governo e i proprietari ne furono informati; gli agenti infedeli furono puniti, e nel mese di ottobre 1828 la Principessa di Canino si recò nelle sue terre e fece aprire gli scavi davanti a lei sulle rive del Fiora, in un campo chiamato la DOGANELLA attiguo al ponte dell’Abbazia. I primi tentativi non produssero che pochi vasi, ma la qualità dei molti frammenti fu sufficiente a far decidere alla Principessa di continuare i lavori con una costanza grazie alla quale si debbono tutte le nostre scoperte; ella scelse come centro delle sue ricerche una collina chiamata CUCUMELLA, ed essendosi assicurata che questa collina era artificiale, fece tracciare attorno alla sua base il confine di un nuovo scavo più regolare e più esteso; il risultato superò la sua attesa. Io mi trovavo allora sul punto di terminare l’esplorazione astronomica nella Zona Zenitale di Senigallia, e mi fu impossibile abbandonare il mio osservatorio; (¹) ma nel mese di dicembre tornai a Canino dove trovai una collezione numerosa di oggetti antichi; sorpreso della bellezza dei molti vasi aumentai successivamente fino a cento il numero delle opere; questo momento non è che l’inizio in cui si cominciò il catalogo generale degli scavi dove tutti gli oggetti sono registrati accuratamente con la data della loro scoperta e l’ipogeo da cui sono usciti: in quattro mesi di scavi sempre ai piedi della collina CUCUMELLA, e nello spazio di tre o quattro arpenti di terra noi abbiamo raccolto più di duemila oggetti e tra gli altri il vaso n. 1887 del catalogo che porta l’iscrizione VITHLON, e che conferma l’idea che molte altre circostanze ci avevano ispirato sulla posizione dell’antica Vitulonia nella nostra maremma; noi sottoponiamo a questo proposito le osservazioni successive all’esame imparziale degli archeologi di tutti i paesi ed alla decisione del pubblico.
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UBICAZIONE DEGLI SCAVI
L’antica Etruria nei secoli troiani era padrona dell’Italia e dei due mari; questa verità storica è accettata da tutti. Vitulonia capitale di questo impero fu distrutta in un’epoca così remota che gli antichi autori dichiarano ignorare quale era la posizione precisa di questa prima sede della potenza italica; essi ci hanno solamente trasmesso che Vitulonia era situata a poca distanza dalla riva del mare dove si sbarcava il minerale dell’isola d’Elba e che i bagni minerali di Vitulonia erano famosi sotto il nome di CALDANE.
Queste nozioni rapportate alle nostre circostanze locali fecero nascere nel mio spirito l’idea che la CUCUMELLA ed i suoi dintorni coprivano le rovine di questa Vitulonia il cui ricordo era già perduto nell’infanzia di Roma; in effetti i bagni minerali di Canino già famosi sotto Augusto e restaurati nel primo secolo dell’era cristiana dal proconsole MINUCIO furono da noi scoperti e restaurati ventidue anni fa; si vedono ancora a poca distanza dalla nuova naumachia le immense rovine degli antichi bagni composti da molte sale con i pavimenti e le scale di marmo: si vedono ai piedi dei nostri monti i lunghi acquedotti che conducevano le acque minerali; oltre ai molti frammenti di mosaico e di marmo un piedistallo intero con l’iscrizione di MINUCIUS ed una statua di Igia di un eccellente cesello furono trovati in un piccolo tempio rotondo ad un miglio dai bagni, ed essi sono posti da allora sulla grande scala di Canino; queste acque minerali che meriterebbero di essere più frequentate hanno donato ad una parte della terra il nome di CALDANE che ha sempre conservato e che porta ancora. Il minerale dell’isola d’Elba continua a sbarcare sulla nostra spiaggia a cinque miglia dalla CUCUMELLA da dove viene trasportato nelle nostre foreste per alimentare il grande forno di Canino che esiste da tempo immemorabile. Così le poche circostanze sfuggite all’oblio sulla posizione di Vitulonia sono ancora evidenti sulle nostre pianure. Da una parte questo accordo singolare di antiche teorie e di fatti esistenti da tanti secoli, e dall’altra parte i capolavori trovati nei nostri scavi ci erano sembrati sufficienti per dare corpo alla congettura di Vitulonia; noi speriamo di trovare qualche iscrizione che possa cambiare la nostra congettura in certezza; fino al 22 aprile 1829 noi abbiamo scoperto circa duecento oggetti scritti, ma nessuno riferito a Vitulonia; solamente uno dei più bei vasi il n. 542 del catalogo generale ci offre una mirabile pittura che ci sembra allusiva a Vitulonia, Vitulonia NUTRIX; ma infine il 22 aprile, nel campo nominato CANNELLOCCHIO, ipogeo della famiglia Arionsa, in una grotta a venti palmi di profondità, trovammo perfettamente intatto il vaso n. 1887 del catalogo che porta l’iscrizione VITHLON; questo vaso che farà parte dei primi libri delle incisioni rappresenta i popoli di Vitulonia raffigurati da un uomo e da una matrona che prestano omaggio ad un vecchio incoronato: questa figura patriarcale , che non è difficile chiamare Bacco in lingua mitologica, giacchè porta nelle mani il pampino ed il corno-potorio, non potrebbe rappresentare (risalendo più indietro della Grecia) il patriarca che piantò la prima vigna nella penisola italiana e che cominciò la civilizzazione dell’occidente? Noè nei suoi ultimi anni, Japhet, Sabatius, o nei secoli immediatamente successivi qualcuno dei loro discendenti, rappresentato dalla leggenda sotto diverse forme, non potrebbero riconoscersi sotto il nome di Bacco indiano o orientale inventore della vigna, di Saturno patriarca dell’età dell’oro, di Jano dalle due facce che aveva vissuto nei due mondi prima e dopo il diluvio? La leggenda stessa pone in Italia il regno dell’età d’oro, e le più antiche autorità etrusche portano la testa di Jano a due facce. Per svelare la notte della più profonda antichità, per penetrare nel labirinto dei secoli vicini alla dispersione non è più ragionevole prendere per guida il più antico dei libri storici, il libro per eccellenza, la bibbia, di cui le presunzioni della falsa scienza non fanno che confermare a chiunque l’inestimabile valore? Noi vorremmo forse restare per sempre immersi come dei vecchi bambini nelle favole ridenti ma incoerenti degli Ellenici, favole che questo popolo ci ha così temerariamente donato per delle verità storiche al fine di attribuirsi tutto quello che fu prima di lui? Il tempo in cui noi viviamo è quello delle società sapienti; la filosofia non è più da noi la scienza dei sogni, ma quella dei fatti; la nostra logica non consiste più nei sofismi; la nostra critica non ammette più gli argomenti in verbo magistri, ma essa confronta, analizza e riconduce le grandi parole ed ugualmente i grandi nomi al loro valore preciso; la scienza marcia con passo fermo e contemporaneamente su tutta la superficie dell’Europa, a Filadelfia, a Calcutta &c. Un francese, onore della patria, interpreta per davvero i misteriosi geroglifici; così gli spiriti che si chiamavano forti non potranno più sostituire la loro famosa cronologia di tanti millenni che smentiva MOSÈ ! E tra noi la vecchia Italia, madre per troppo tempo sconosciuta dell’occidente, dischiude il suo seno per rivendicare la primitiva civilizzazione dell’Europa: essa chiama un altro Champollion per interpretare i suoi geroglifici, e certamente questa gloria immortale non è riservata a coloro la cui vista non va al di là di Atene, che si ostinano a prendere la leggenda per verità, che distolgono i loro sguardi sdegnosi dal grande libro, e che non potendo spiegare con il loro dizionario ellenico le iscrizioni etrusche osano bestemmiare contro la scienza dei tempi antichi accusando di essere mal scritte le iscrizioni che essi non sanno leggere; dal momento che lo straniero Dempster ha pubblicato l’Etruria reale, se gli archeologi italiani dovessero mancare alla loro patria, un altro straniero può essere destinato a completare la gloria del primo impero italico.
Al prezioso vaso di Vitulonia ed alle circostanze locali che noi abbiamo esposto aggiungeremo le iscrizioni delle principali famiglie etrusche, iscrizioni scolpite sulla pietra, trovate nei nostri scavi, e di cui trasmettiamo l’incisione; se si riflettesse che gli ipogei di queste famiglie reali non potevano appartenere che alla capitale, si penserà come noi che i nostri scavi debbono essere sulle rovine di Vitulonia; noi non pretendiamo di affermare questa opinione come indubitabile, ma non conosciamo una ipotesi archeologica che si trovi sostenuta da tante probabilità. L’opinione di coloro che hanno supposto l’ubicazione di Vitulonia verso Piombino è molto meno probabile. La città di Vulci sulla sponda opposta del Fiora,