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Osteopatia viscero neurovegetativa: Presupposti teoretici ed applicazione clinica mediante test e tecniche
Osteopatia viscero neurovegetativa: Presupposti teoretici ed applicazione clinica mediante test e tecniche
Osteopatia viscero neurovegetativa: Presupposti teoretici ed applicazione clinica mediante test e tecniche
E-book804 pagine5 ore

Osteopatia viscero neurovegetativa: Presupposti teoretici ed applicazione clinica mediante test e tecniche

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Info su questo ebook

“…Il mio primo trattamento osteopatico dell’appendicite risale al 1877, scoprii in una paziente una torsione laterale delle ossa lombari, effettuai la correzione rimontai gli intestini, tutto andò bene.”. Questo affermava il Padre della medicina osteopatica S.T.Still seguì, più tardi, J. Weischenck che fu il primo che cercò di inserire il concetto di Osteopatia viscerale in accordo con quelli che sono i principi e le leggi della meccanica articolare vertebrale (H.H. Fryette). Su queste basi ho scritto questo vademecum sull’osteopatia applicata alla sfera viscerale, analizzando nella sua complessa e fondamentale struttura il Sistema Neurovegetativo, sperando che tutto ciò sia di ausilio alla pratica clinica dei colleghi che vorranno leggerlo.
LinguaItaliano
Data di uscita4 apr 2022
ISBN9788869829512
Osteopatia viscero neurovegetativa: Presupposti teoretici ed applicazione clinica mediante test e tecniche

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    Anteprima del libro

    Osteopatia viscero neurovegetativa - Giovanni Trimboli

    INTRODUZIONE

    Nel 2010, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha pubblicato parametri di riferimento per la formazione in osteopatia in cui sono incluse le tecniche viscerali osteopatiche. Lo scopo di questo studio era identificare e valutare criticamente la letteratura scientifica riguardante l’affidabilità della diagnosi e l’efficacia clinica delle tecniche utilizzate nell’osteopatia viscerale.

    La pratica dell’osteopatia è stata fondata nel 1874 da Andrew Taylor Still negli USA. Per l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), l’osteopatia è una medicina complementare e alternativa che consiste in tecniche manuali per la diagnosi e il trattamento di diverse condizioni (come disturbi muscoloscheletrici e gastrointestinali). Sono rari i dati empirici affidabili relativi ai diversi tipi di tecniche utilizzate nella pratica osteopatica, essenzialmente a causa della scarsa rappresentatività dei campioni studiati. Tra tutti i pazienti trattati da osteopati, il numero che riceve l’osteopatia viscerale varia ampiamente, dall’1% al 95%. Nonostante il fatto che l’insegnamento dell’osteopatia viscerale sia stato vietato in alcuni paesi (es. Francia), l’OMS ha incorporato le tecniche viscerali nei suoi parametri di riferimento per la formazione in osteopatia nel 2010. Tuttavia, l’introduzione di una disciplina nei benchmark clinici e più in generale nei sistemi sanitari dovrebbe richiedere rigorose prove di sicurezza, efficacia e garanzia di qualità. Per soddisfare questo standard, le tecniche diagnostiche del paziente e le terapie stesse devono dimostrare di essere affidabili ed efficaci.

    Da un punto di vista storico, il concetto di osteopatia viscerale è stato introdotto dall’osteopata francese Jacques Weischenck negli anni ‘80. La successiva pubblicazione del 1983 degli osteopati francesi Jean-Pierre Barral e Pierre Mercier è invocata dalla maggior parte degli osteopati.

    Secondo la teoria proposta dai fondatori, osteopatia viscerale è essenzialmente descritta in termini meccanici e si concentra sugli organi intra-addominale. 

    Partendo dall’osservazione che i visceri intra-addominali si muovono naturalmente (ad esempio a causa della respirazione), si sostiene che questa mobilità potrebbe essere disturbata allo stesso modo in cui può essere disturbata la mobilità articolare. Da un punto di vista fisiopatologico, si afferma che questi disturbi possono innescare, aumentare o mantenere disfunzioni muscoloscheletrici (es lombalgia) o gastrointestinali (ad esempio, disturbi dell’intestino irritabile), tra gli altri.

    Di conseguenza, gli osteopati propongono che questi disturbi di mobilità possono essere rilevati dalla palpazione e trattati mediante manipolazione. 

    Attualmente, nessuno degli aspetti teorici dell’osteopatia viscerale ha ricevuto un serio supporto empirico a parte la possibilità di disturbo della mobilità dei visceri. Inoltre, nessuna revisione sistematica ha investigato l’evidenza dell’affidabilità intra- e inter-esaminatore delle tecniche diagnostiche utilizzate nell’osteopatia viscerale.

    L’osteopatia viscerale è un’espansione dei principi generali dell’osteopatia che include una comprensione speciale degli organi, dei vasi sanguigni e dei nervi del corpo (i visceri). L’osteopatia viscerale allevia squilibri e restrizioni nelle interconnessioni tra i movimenti di tutti gli organi e le strutture del corpo.

    L’assistenza sanitaria osteopatica con la sua filosofia e i suoi principi di pratica è un concetto di trattamento globale e centrato sulla persona con struttura corporea (anatomia) e funzione corporea (fisiologia) come unità.

    I principi del trattamento osteopatico sono integrati nei cinque modelli di trattamento osteopatico che sono classificati come segue: modello posturale-biomeccanico, modello respiratorio-circolatorio, modello bioenergetico-metabolico, modello biopsicosociale e modello neurologico-anatomico.

    Il trattamento del sistema nervoso autonomo (SNA) è una sequenza importante delle procedure di trattamento in quanto è coinvolto nella regolazione dell’omeostasi delle funzioni corporee, ad es. sistema cardiovascolare, pressione sanguigna, temperatura. 

    Pertanto, è richiesta una buona funzione delle innervazioni dal 1 ° centro del SNA all’organo bersaglio.

    Gli squilibri tra il simpatico e il parasimpatico per un periodo di tempo più lungo possono portare a vari sintomi nel corpo. 

    Ha un’influenza, ad esempio, sulla vasocostrizione dei vasi sanguigni nella regione gastrointestinale, vasodilatazione nei muscoli scheletrici, frequenza cardiaca bassa o alta, cambiamenti nella secrezione delle ghiandole, cambiamenti nei muscoli e nelle ghiandole bronchiali che possono essere rilevati dal corpo come un malfunzionamento di un organo.

    Capitolo 1 - CHE COS’È L’OSTEOPATIA VISCERALE?

    Diversi Autori nel corso degli anni hanno dato una propria definizione per spiegare cos’è l’Osteopatia viscerale.

    Ciascuna definizione riassume che:

    «L’Osteopatia viscerale è quella branca della Medicina Osteopatica che studia l’interdipendenza di struttura e funzione tra gli organi interni (apparato cardio-respiratorio, digerente, urogenitale) e il sistema muscolo-scheletrico.»

    Nascita dell’osteopatia viscerale

    Le prime notizie storiche su un trattamento di O.V. (Osteopatia viscerale) le ritroviamo nel trattato Filosofia della Osteopatia di S.T. Still (1828-1919) fondatore della Medicina Osteopatica. …Il mio primo trattamento osteopatico dell’appendicite risale al 1877, scoprii in una paziente una torsione laterale delle ossa lombari, effettuai la correzione rimontai gli intestini, tutto andò bene..

    Nella stessa epoca in Francia F. Glenard presentava uno studio dettagliato dei visceri addominali e proponeva diverse metodiche d’esame suscettibili di mettere in evidenza una disfunzione organica, probabilmente fu il primo che concepì il concetto di dinamica viscerale, e diede gli assi di mobilità del fegato.

    Stapfer e Brunel estesero la loro ricerca in ambito viscerale per quanto riguardava l’apparato urogenitale.

    J. Weischenck fu il primo che cercò di inserire il concetto di Osteopatia viscerale in accordo con quelli che sono i principi e le leggi della meccanica articolare vertebrale (H.H. Fryette).

    Nel suo lavoro è riuscito a mettere in evidenza le concatenazioni meccaniche ed emodinamiche a partire dalla fisiopatologia dell’uomo in stazione eretta.

    Questi ricercatori furono i primi a concepire un trattamento manuale diretto sulle strutture viscerali.

    Negli Stati Uniti diversi Osteopati concepirono delle metodiche di trattamento viscerale queste però agivano indirettamente (cioè a distanza) dell’organo interessato sia per vie nervose che circolatorie.

    Questo ci autorizza a dire che l’Osteopatia viscerale, in quanto metodica che agisce direttamente sul viscere sia stata concepita, per la prima volta, in Europa.

    In relazione al concetto osteopatico ogni metodica sia essa cranio sacrale, strutturale ecc. ha chiaramente un’influenza e quindi un effetto sulla sfera viscerale.

    Prima definizione di disfunzione osteopatica viscerale

    Glenard e Stapfer espressero il primo concetto di lesione osteopatica viscerale come la possibilità di rilevare, mediante diverse procedure di palpazione, un organo pieno od un viscere cavo attraverso la parete addominale.

    Organo o viscere che, a causa delle perturbazioni delle funzioni strio-motorie, liscio-motorie, vasomotorie secretorie e trofiche, aveva modificato le sue strutture nel senso:

    Come vedremo più avanti con il passare degli anni questa definizione è stata modificata in funzione di una maggior esperienza clinica.

    Osteopatia viscerale contemporanea

    Uno degli Osteopati che più di altri in questi ultimi vent’anni ha seguito e rivisto il concetto di Osteopatia viscerale è il francese J.P. Barral D.O.

    Diplomato alla Scuola Europea di Maidstone, Inghilterra, nel 1974, cominciò a sviluppare la manipolazione viscerale solo in seguito ad una seduta con un paziente che aveva fino ad allora trattato con manipolazioni della colonna vertebrale.

    Durante la seduta successiva Barral avendo notato un grande miglioramento della sintomatologia del paziente, scoprì, con una serie di domande, che questi aveva visitato un anziano signore che gli aveva pigiato qualche cosa nel suo addome dopo di che aveva iniziato ad avvertire un grande miglioramento.

    Questo fatto stimolò l’interesse del Barral per la relazione esistente tra i visceri e la colonna vertebrale.

    Cominciò così ad esplorare la manipolazione dello stomaco con numerosi pazienti i risultati positivi lo portarono allo sviluppo graduale delle tecniche di manipolazione viscerale.

    Negli anni a seguire Barral, assieme al Dott. Sergè Cohen, radiologo, registrarono i cambiamenti di posizione, di movimento, di scambio di fluidi e di evacuazione, che si verificavano nei pazienti dopo manipolazioni viscerali.

    In Osteopatia viscerale non è l’organo che viene trattato, ma tutto quello che ci sta attorno.

    Lavorando per diversi anni assieme, Barral, Mercier ed altri rilevarono che, oltre alla mobilità, ciascun organo possedeva un proprio movimento che si svolgeva attorno a degli assi ben precisi.

    Questi movimenti erano sovrapponibili a quelli compiuti dagli organi durante lo svolgimento embrionale.

    Ciascun organo ha un suo ritmo che comunque è sempre inferiore a quello cranico, circa 6-8 cicli al minuto.

    Chiaramente queste ipotesi hanno ancora un carattere empirico in quanto non è possibile rilevare (per adesso) il movimento embrionale a livello strumentale.

    Solo una buona educazione della mano può riuscire a percepire questo      movimento.

    Mobilità e motilità

    LA MOBILITÀ: rappresenta il movimento più ampio è in relazione al movimento del diaframma come elemento propulsore ed è:

    In condizioni di equilibrio di questi elementi, ciascun organo e viscere compie un movimento ritmico indotto (passivo) che permette l’omeostasi e quindi la salute del sistema.

    LA MOTILITÀ: rappresenta l’attività intrinseca dell’organo ed è in relazione allo MRP.

        Questa motilità secondo J.P. Barral è formata da due movimenti:

    L’espirazione, che attrae l’organo verso l’asse mediano del corpo (espiro)

    L’inspirazione che lo allontana (inspiro).

        Si può considerare questa secondo il principio del movimento embriologico.

    Le funzioni svolte dai diversi organi ed apparati dell’organismo sono finalizzate a mantenere costanti le condizioni fisico-chimiche dell’ambiente interno.

    Tutte le cellule dell’organismo sono immerse nel liquido extracellulare (ambiente interno) i cui costituenti sono controllati in maniera precisa.

    Il mantenimento della costanza del mezzo interno viene definito omeostasi.

    I diversi meccanismi fisiologici che operano per mantenere le condizioni ottimali del mezzo interno e per ristabilirle in caso di alterazione sono quindi meccanismi omeostatici.

    L’organismo è un sistema aperto che scambia energia e materia con l’ambiente esterno.

    Per mantenere uno stato di omeostasi l’organismo utilizza il principio dell’equilibrio di massa:

    La costanza di una data sostanza è mantenuta se le entrate sono uguali alle uscite dall’organismo.

    La maggior parte dei sistemi di controllo dell’organismo agiscono mediante un meccanismo a feedback negativo e cioè la variazione di un parametro da controllare, attiva una risposta che contrasta la perturbazione iniziale, riportando il parametro controllato al valore originale.

    Per mantenere un equilibrio omeostatico sono richiesti:

    un sistema di sensori, che misurano la variabile controllata;

    un centro di integrazione dove la misura è paragonata ad un valore di riferimento (set point).

    Un sistema di effettori capaci di modificare il parametro da controllare, riportandolo al valore di riferimento ogni volta che esso si modifica.

    Sul piano energetico occorre considerare il bioritmo che ciascun organo possiede.

    Sappiamo che ogni organo durante le 24 ore attua una variazione della propria attività cellulare in funzione di diversi fattori (fisiologici, ormonali, ambientali, ecc.).

    Questa variazione giornaliera dell’attività cellulare di un organo è chiamato "Ritmo circadiano".

    L’aumento e la diminuzione dell’attività cellulare coincide con l’aumento e la diminuzione della motilità di ciascun organo.

    Esempio:

    Il FEGATO ha un picco di attività che va dalle 01.00 alle 03.00 del mattino.

    Il POLMONE ha un picco di attività che va dalle 03.00 alle 05.00 del mattino.

    L’INTESTINO CRASSO ha un picco che va dalle 05.00 alle 07.00 del mattino.

    Questo ha una valenza rilevante dal punto di vista clinico in rapporto alla comparsa di alcuni sintomi che si presentano in questi orari.

    Questo tipo di attività è stata dimostrata scientificamente osservando e misurando le variazioni giornaliere del tasso di cortisolo (17-chetosteroide).

    Il cortisolo è soggetto ad una secrezione basale pressoché costante nelle 24 ore, con picco massimo (acrofase) registrato intorno alle primissime ore del mattino (3-4) e picco minimo che coincide con le prime ore di riposo notturno (22-24).

    Le concentrazioni plasmatiche dei principali ormoni del corpo umano seguono un andamento sinusoidale, caratterizzato dall’alternarsi di:

    Fase crescente.

    Picco massimo (acrofase).

    Fase decrescente.

    Picco minimo.

    L’alternarsi di questi stadi può compiersi o essere studiata nell’arco di un giorno (ritmi circadiani), di una settimana (ritmi circasettani), di un mese (ritmi circatrigintani), di un ciclo lunare (ritmi circalunari) di un anno (ritmi circannuali) e così via.

    L’articolazione viscerale

    Dal punto di vista del sistema muscolo-scheletrico il movimento è un’attività volontaria che comporta un’interazione fra:

    S.N.C. OSSA E MUSCOLI: le articolazioni con la loro forma creano e danno l’ampiezza del movimento volontario.

    Dal punto di vista viscerale il movimento è dato da:

    OSSA, PUNTI DI ATTACCO E SUPERFICIE DI SCIVOLAMENTO: esso differisce dal sistema muscolo-scheletrico perché manca di mm motori. Le superfici di scivolamento dell’articolazione viscerale sono costituite da sierose:

    Occorre ricordare che gli organi ed i visceri variando il loro volume, si spostano  in rapporto agli organi o visceri vicini.

    Ciascun organo e viscere è ricoperto da una membrana che è il mesotelio a cellule piatte (sierosa viscerale).

    Lo scivolamento è garantito quindi da: SIEROSA PARIETALE    LIQUIDO SIEROSO    SIEROSA VISCERALE

          La presenza di un sottile film liquido ha logicamente un’azione lubrificante ed un’importante azione autoimmune.

    Il peritoneo è una membrana sierosa, liscia trasparente (secerne liquido sieroso) che tappezza la superficie interna delle pareti della cavità addominale e pelvica (parietale) e la superficie degli organi (viscerale).

    Come tutte le sierose comprende due foglietti:

    un foglietto parietale

    un foglietto viscerale

    Il peritoneo parietale

    La sierosa peritoneale riveste la faccia profonda della cavità addominale, abbiamo:

    il peritoneo parietale diaframmatico,

    il peritoneo parietale posteriore,

    il peritoneo parietale anteriore

    il peritoneo parietale inferiore o pelvico. 

    1 - Il peritoneo parietale diaframmatico o superiore

    Il peritoneo parietale diaframmatico riveste la parte inferiore del diaframma.

    2 - peritoneo parietale posteriore

    Il peritoneo parietale posteriore riveste la fascia transversalis e la parete posteriore dell’addome, anche se è separato dallo spazio retro peritoneale, dove possiamo trovare strutture vascolari (aorta, vena cava) e organi importanti (reni e surrenali)

    3 - Il peritoneo parietale anteriore 

    Riveste la superficie interna della parete anteriore e laterale dell’addome, sulla linea mediana, è sollevato in pieghe dall’uraco, queste pieghe dalla cicatrice ombelicale divergono verso il margine inferiore del pube e del legamento inguinale.

    Queste pieghe delimitano delle depressioni sulla faccia interna della parete anteriore dell’addome, sono tre fossette:

    fossetta inguinale interna o mediana

    fossetta inguinale mediale

    fossetta inguinale laterale.

    La fossetta laterale costituisce l’orifizio interno del canale inguinale dove passa il cordone spermatico.

    Queste fossette costituiscono dei punti deboli della parete addominale dove possono crearsi delle ernie inguinali per intrappolamento delle anse dell’intestino.

    4 - Il peritoneo parietale inferiore o pelvico 

    Riveste le pareti della cavità del bacino, lateralmente e sulla linea mediana, dove ricopre i visceri urogenitali (retto, vescica, organi genitali).

    Nella vescica riveste la parte laterale e superiore, nella donna resta accollato al parametrio che ricopre l’utero e forma due cul-de-sac, uno anteriore, vescico-uterino, ed uno posteriore, lo sfondato del Douglas.

    Nell’uomo, ricopre le vescicole seminali, forma un ampio recesso, il cul-de-sac di Douglas e posteriormente ricopre il retto.

    La caratteristica dello sfondato del Douglas è quella di raccolta di liquido peritoneale e deposito delle anse intestinali.

    Nell’utero il peritoneo si accolla e forma una lamina a doppia parete che raggiunge le pareti laterali del bacino, questa lamina è chiamata il Legamento Largo dell’utero, il margine superiore del legamento largo dell’utero presenta un rilievo dovuto alla presenza del legamento rotondo.

    Posteriormente presenta il Mesoalpinge, che comprende la Tuba ed il Mesovario, e che raggiunge l’Ilo dell’ovaio.

    Il mesovario presenta una espansione mediale che arriva sul corpo dell’utero, il Legamento Utero-ovarico, ed una espansione laterale che raggiunge la parete laterale del bacino, il Legamento Sospensore dell’ovaio.

    Il peritoneo viscerale

    Riveste la faccia superficiale dei visceri addominali e rimane adeso strettamente a questi organi che si trovano nella cavità peritoneale.

    La cavità peritoneale è divisa in setti attraverso una serie di ripiegamenti del peritoneo, dai recessi e dalle fossette.

    Il ripiegamento peritoneale più importante è la retro cavità degli epiploon che divide la cavità del peritoneo in due porzioni, una è la grande cavità peritoneale, l’altra è la retro cavità degli epiploon o borsa omentale.

    La cavità peritoneale è ricca di pieghe, spazi e logge, i due peritonei, parietale e viscerale, sono in continuità tra di loro attraverso tratti intermedi di sierosa tesi tra le pareti degli organi cavitari.

    Questi tratti intermedi di sierosa peritoneale, sono considerati dei dispositivi di connessione o di fissità che prendono nomi diversi a seconda della funzione che svolgono nell’addome.

    Quando questi tratti intermedi di sierosa uniscono gli organi parenchimatosi tra di loro o alla parete addominale si chiamano Legamenti (collegamenti tra visceri), possono essere considerati riflessioni del peritoneo.

    Distinguiamo diversi legamenti con funzioni meccaniche e di sostegno: il Legamento Rotondo del fegato è un ripiegamento laterale della sierosa peritoneale, anche definito Legamento Falciforme, che nel feto dà il passaggio alla vena ombelicale, ha un decorso sagittale antero-posteriore, collega il fegato con il diaframma e con la parete anteriore dell’addome.

    Posteriormente i foglietti del legamento rotondo si separano e si dirigono sui lobi destro e sinistro del fegato per prolungarsi con il foglietto del Legamento Coronarico.

    Il legamento coronarico unisce la parte posteriore del fegato con il diaframma attraverso due foglietti, in particolare i Legamenti Triangolari Destro e Triangolari Sinistro formati dall’unione dei due foglietti del legamento coronarico.

    La presenza dell’umore peritoneale permette il giusto scorrimento delle superfici a mutuo contatto, e la ricchezza delle fibre elastiche del rivestimento peritoneale favorisce la libera espansibilità delle formazioni.

    Una delle caratteristiche più importanti dell’umore peritoneale ed in particolare del Grande Omento, è la funzione antibatterica e lisozimica, inibisce lo sviluppo di batteri gram-negativi e della candida.

    Il grande omento possiede, infatti, un’attività di difesa (strofinaccio dello stomaco) contro i processi infiammatori, il grande omento, ha la capacità di portarsi nelle sedi ove si renda necessaria un’opera di rimozione o tamponamento di processi lesivi interessanti la cavità peritoneale.

    Si accolla alle superfici sede di flogosi, impedendone la disseminazione, opponendosi cosi alla fuoriuscita del loro contenuto, spesso altamente settico.

    I mesi

    Il ruolo dei mesi è essenzialmente apportare la vascolarizzazione e l’innervazione e collegare gli organi cavi alla parete addominale.

    La caratteristica anatomica dei meso è quella di fornire ad ogni organo addominale una certa mobilità all’interno della cavità del peritoneo.

    Gran parte degli organi addominali, tra cui lo stomaco e l’intestino, realizzano movimenti di rotazione durante la respirazione corrente, questi movimenti degli organi addominali sono garantiti da sistemi di accollamento fasciali degli stessi organi alla parete peritoneale posteriore.

    La pleura

    I polmoni sono circondati da due strati di membrane pleuriche.

    Le pleure sono essenzialmente guaine fasciali associate agli organi.

    La pleura viscerale o interiore forma la superficie dei polmoni.

    La pleura esteriore o parietale riveste la superficie interiore della cavità toracica.

    Tra i due strati c’è una piccola quantità di fluido sieroso.

    Questo lubrificante e lo spazio potenziale che questo occupa sono mantenuti ad una leggera pressione negativa dal sistema linfatico¹.

    Questa pressione negativa significa che le due superfici pleuriche non possono spostarsi l’una dall’altra.

    La sommità della pleura parietale forma una cupola (cupola pleurica) a 3 centimetri sopra la prima costa.

    L’apice di questa cupola è sospeso in parte dalla porzione inferiore del muscolo scaleno medio e dal Legamento Sospensorio del Polmone.

    Inoltre, la Struttura di Sibson unisce l’apice pleurale alla superficie anteriore del processo traverso di C7, a volte C6 e occasionalmente anche C5.

    La struttura di Sibson contiene proporzioni altamente variabili di collagene, elastina, fibra di muscolo liscio e fibra di muscolo striato.

    Questa variabilità ha portato a questa stessa struttura, che, in differenti testi, viene chiamata fascia, legamento o muscolo.

    La cupola pleurica è sostenuta da un apparato legamentoso sospensore formato da:

    LEG. VERTEBRO-PLEURICO

    LEG. TRASVERSO-PLEURICO

    LEG. COSTOPLEURICO

    MUSCOLO SCALENO MINIMO (non sempre presente)

    Pleura viscerale

    Si tratta di una sottile membrana trasparente che riveste tutto il parenchima polmonare aderendovi intimamente, al punto che non ne può essere separata; essa, oltre a rivestire la superficie del polmone, penetra nelle scissure interlobari fino quasi all’ilo polmonare.

    Giunta in corrispondenza dell’ilo, la pleura viscerale, riveste per un breve tratto le strutture del peduncolo polmonare per poi riflettersi nella parte mediastinica della pleura parietale; vediamo che emerge una profonda relazione di continuità anatomica tra parenchima polmonare e pleure.

    Oltre al fatto che lo strato sottomesoteliale della pleura viscerale è in continuità con lo stroma connettivale peribronchiale, (a sua volta in continuità con lo stroma connettivale interstiziale, quindi con l’impalcatura connettivale del polmone), la pleura viscerale è anche quella struttura che dà la forma ai polmoni mantenendo unito il loro parenchima.

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