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L'inconfessabile
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E-book162 pagine2 ore

L'inconfessabile

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Info su questo ebook

Lui, Paolo, è figlio di un ricco possidente in un paese dell’antica provincia della Terra di Lavoro, adagiato sugli scoscesi pendii del Monte Asprano. Secondo un’allegoria dell’autore, il monte appare, guardando verso oriente, come “un cetaceo spiaggiato riverso su un lato”. Un paese come tanti altri del Meridione, dove gli antichi valori di un modo di vivere ormai decaduto, fanno fati-ca a opporsi alla penetrazione di un’incalzante moder-nità, veicolata dall’insegnamento scolastico e dal nuovo contesto sociale sotto l’egida del consumismo. Invece lei, Francesca, è figlia di un umile pastore che cura un gregge di pecore appartenente al padre di Pao-lo. Questa storia si legge come un romanzo poliziesco. Tante sono le peripezie che si succedono a ritmo serrato sotto la conduzione di quella “macchia a forma di fra-golina” che prende per mano il lettore e non lo lascia senza l’ansia di sapere in anticipo come andrà a finire. Se, come sottolinea l’autore nella conclusione di questo romanzo religioso, il tema del perdono, nel “suo chie-dere e il suo concedere”, è il movente principale di cui è pervasa tutta la storia, nondimeno anche la Divina Provvidenza aleggia su tutto il narrato.
LinguaItaliano
Data di uscita22 apr 2022
ISBN9791221324808
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    L'inconfessabile - Arcimbaldo Materiale

    Capitolo primo

    C ome un cetaceo spiaggiato riverso su un lato, così appare il Monte Asprano a un viandante che volge lo sguardo verso est. Quello stesso monte, il cui nome rivela la difficoltà della sua ascesa e l’invivibilità per la folta vegetazione. Eppure, come un tratto presepiale, a metà del suo crinale inizia l’abitato del paese e scende quasi in verticale fino a valle, come se volesse sfidare l’asprezza dell’altura che lo ospita. Poche anime popolano questo luogo: quante bastano perché meriti il riconoscimento di un paese, dove tutto sembra fermo, come a voler essere coerente con il nome del monte; se non fosse per la presenza di una nuova sparuta generazione che contrasta la maggioranza di persone anziane. Ogni giorno sembra uguale a quello precedente. Il progresso lo sfiora, senza mai impossessarsene del tutto. Poche famiglie di antico e, forse, nobile lignaggio fanno da contraltare alle tante che vivono del semplice quotidiano.

    Le nuove generazioni crescono e vengono educate nell’ottica di questa differenza sociale, se non fosse per qualche eccezione vissuta di nascosto e contro la volontà della famiglia benestante. Sono la natura e le stagioni che sembrano scandire il tempo mostrando una vita diversa: la primavera che presenta qua e là gli alberi in fiore su quel monte così aspro; l’estate che tinge di varie tonalità di verde le chiome degli alberi presenti nelle macchie boschive dell’altura; l’autunno che, come un pittore naif, dipinge le foglie di innumerevoli colori; l’inverno che imbianca il crinale del monte, regalando una cartolina naturale e garantendo l’approvvigionamento d’acqua al paese per la stagione estiva. Qualche pastore accompagna al pascolo il suo piccolo gregge di pecore o di capre, i cui velli saranno acquistati per farne cuscini o materassi. Ma, intanto al rientro serale nell’ovile quel piccolo gregge quotidianamente offre al pastore sodi capezzoli pieni di latte. La mungitura non conosce mezzi meccanici, se non la mano dell’uomo che al richiudersi fa sgorgare spruzzi di candido latte. Esso ricade nel secchio depositandosi in consistenza quasi burrosa. Se parte del latte verrà lavorato in ricotta e in formaggio, il restante viene venduto porta a porta a chi lo richiede.

    Spesso il controvalore non è il denaro, ma lo scambio di merce (pane, olio, carne) come in un vero e proprio baratto. L’unico bar del paese, come a fotografare la vita quotidiana, annovera avventori anziani che tra una partita a carte e l’altra sorseggiano un bicchiere di vino o di birra rivivendo nei ricordi il loro passato. I pochi giovani presenti, quasi tutti studenti, si ritrovano quando sul sagrato della chiesa, quando nella piazza del paese, trascorrendo il tempo a raccontarsi la mattinata trascorsa a scuola o parlando di tematiche più importanti riportate il giorno prima dai notiziari televisivi. Raramente nei gruppi si nota la presenza di una ragazza sempre seguita a distanza da un genitore o da un fratello, per far sì non familiarizzi troppo con l’altro sesso.

    Non importa se altrove ci si batte per la parità tra uomo e donna: qui le informazioni dei media cozzano con il metodo educativo posto in essere dalle generazioni locali, anzi, quelle informazioni sono ritenute diseducative e pertanto quella è ritenuta una società virtuale. A scuola solo chi ottiene risultati soddisfacenti, può sperare in un fine settimana da vivere parzialmente in tale società virtuale. Sempre che però abbia la fortuna di avere un amico motorizzato e possa recarsi in un centro limitrofo, dove tutto è diverso dalla staticità del proprio paese. Spesso, la destinazione del ritrovo è popolata dai compagni di scuola, quasi a volersi assicurare un tutore che abbia usi e tenga abitudini che non sono disponibili e consentiti sul sagrato della chiesa o nella piazza del paese d’origine. In questi, ordini e gradi degli istituti scolastici sono assicurati dalla scuola materna fino alle medie, passando per le elementari.

    Le scuole superiori, tutte fuori paese, sono anche un momento di svago, di evasione dalla statica quotidianità e di confronto con altre realtà. Ogni mattina, il paese sembra ravvivarsi; tale è il viavai di ragazzi che si recano a scuola o accompagnati in prevalenza dai nonni con il compito anche di vigilare che tutto vada, secondo i canoni tradizionali, specialmente se si tratta di ragazze che devono evitare una facile socializzazione con l’altro sesso. Tutto questo non può essere oggetto di controllo nel rapporto naturale che si ha all’interno della scuola, dove le varie aule ospitano per l’intera lezione gruppi promiscui. Qui diventa tutto normale: lo scambiarsi gli oggetti di cancelleria, il suggerirsi le soluzioni ai quesiti che la materia del momento impone, il chiedere aiuto al compagno di banco, il condividere la merenda dell’intervallo, lo scambiarsi uno sguardo o un sorriso, tanto ingenui, quanto pieni di sentimento. È il momento del vero e piacevole silenzio, dove tutto il resto intorno appare deserto e nessuno sembra vedere o sentire. Eppure quegli sguardi e quei sorrisi dicono ciò che la bocca non riesce a dire, ma che due cuori puri e sinceri, come sono quelli dei bambini, sanno mettersi a dimora e coltivare. Questo silenzio non può essere altrimenti: da una parte imposto dalla timidezza della giovane età e dall’altra dal timore di una reazione della famiglia, specialmente se tra i due piccoli e quieti spasimanti, vi è differenza di ceto sociale. Di fronte alla nascita di un amore, al perché sbocci un amore, al significato di un amore, davanti alla motivazione dell’amore per quella e non per un’altra persona, non è obbligatorio individuare una risposta… se non quella di dire: " Ti do i miei occhi e guarda o prendi il mio cuore e ascolta!"

    In questo paese, dove tutto si svolge secondo canoni giornalieri prefissati e sempre uguali, la Scuola e la Chiesa rappresentano due luoghi, dove veramente ci si illude di vivere il diverso. Essi rappresentano per i giovani e i ragazzi due occasioni per incontrarsi (anche se solo con lo sguardo) insieme ai propri coetanei e superare quelle diversità sociali imposte dagli adulti. Ecco, la chiesa affollata di domenica per la messa della festività! Ecco, la Scuola come momento d’incontro con gli altri!

    In un mondo sempre più globalizzato, dove sembra a volte perdersi il valore d’identità, in cui le unioni sono sempre più aperte a civiltà, alla storia, a origini etniche e religiose diverse, in questo paese alle falde del Monte Asprano non sembra del tutto superato questo vecchio detto: moglie e buoi dei paesi tuoi .

    Uno squarcio in questa visione rigida e lontana nel tempo di amori benedetti dalle famiglie, se non talvolta imposti ai figli dei nuclei familiari d’origine, si aprì sui banchi di scuola. Proprio in quella classe di quinta elementare, dove tra due compagni non esistevano i tanti interrogativi sull’amore. Nel silenzio avvertivano tra loro una tenera attrazione comunicata da soventi e dolci sguardi, talvolta così timidi che il lieve rossore sulle loro guance sembrava svelare il puro sentimento che li univa al mondo circostante. Nonostante la loro tenera età, sapevano di dover custodire quel meraviglioso sentimento: la rispettiva diversità sociale così inspiegabilmente esibita e difesa dalle reciproche famiglie, vietava loro ogni libertà di parlarsi o di vedersi, se non a messa la domenica o la mattina a scuola.

    I loro nomi sono Paolo e Francesca: l’uno discendente di una famiglia, tra le poche in paese, a vantare una solida tramandata ricchezza; l’altra appartenente a genitori dediti alla pastorizia e che traeva il proprio sostentamento guidando un gregge di pecore di proprietà della famiglia di Paolo. La bellezza, la soavità e la semplicità di Francesca, la rendevano ancor più appariscente; tranne le volte in cui la si vedeva a scuola o la domenica a messa, si poteva considerare quasi una sconosciuta in Paese, tale era la sua riservatezza.

    Paolo sapeva che poteva crearsi facilmente l’occasione per vederla o incontrarla, visto che, spesso, di ritorno da scuola si recava ad aiutare il padre, mentre era al pascolo con il gregge. Ma conoscendo il metodo patriarcale della propria famiglia, non voleva compromettere il rapporto con quella di Francesca. Sapeva che anche un solo sospetto, avrebbe indotto suo padre non solo ad allontanarlo da lei, dovunque e sempre, ma certamente poteva significare per la famiglia di Francesca la perdita del lavoro.

    Pur nella sua giovane sofferenza, e in attesa che qualcosa potesse cambiare, si accontentava di incontrare gli sguardi del suo giovane amore nell’aula della quinta elementare e la domenica a messa.

    A volte, quasi come un dono del cielo, riusciva a scrutarla dietro i vetri di una finestra della sua grande casa, quando alla sera il gregge veniva ricondotto all’ovile. I giorni trascorrevano stancamente e sempre uguali. La fine dell’anno scolastico si avvicinava. Ci sarebbero stati gli esami finali e poi? Paolo avrebbe rivisto Francesca? Non sapeva se lei, una volta conseguita la licenza elementare, avrebbe proseguito gli studi o se fosse rimasta in casa a curare la già esigua economia familiare. Sentiva sempre più forte il bisogno di aprirle il suo cuore. Non sapeva parlare di futuro, perché era solo del presente che aveva certezza. Cosa fare? Come trovare la forza di parlarle? Quali parole sarebbero state le più giuste per riferirle ciò che il suo cuore gli dettava? Dove poter scambiare due chiacchiere tranquillamente? Questi e altri interrogativi riempivano le sue ultime giornate di scuola.

    Paolo spesso trascorreva le giornate in casa, nella sua camera in totale silenzio, alla ricerca del modo giusto per dire a Francesca cosa lei significava veramente per lui.

    Un pomeriggio, mentre rovistava nei suoi numerosi dischi di musica moderna (una delle poche cose consentite dalla famiglia), i suoi occhi si fermarono sulla copertina di un disco, dove in bella evidenza c’era un cuoricino rosso. Il suo pensiero andò subito a Francesca. Prese un paio di forbicine in cucina, ritagliò il cuore e lo conservò gelosamente. Che cosa se ne faceva? Era sicuro che prima o poi lo avrebbe condotto dalla sua Francesca. Ignorava il come e il quando, ma di una cosa era certo: quel cuore andava conservato e tenuto ben nascosto. La mattina seguente, già pronto per essere accompagnato a scuola da uno della servitù, improvvisamente ebbe l’impulso di prendere il cuoricino ritagliato il giorno prima. Lo pose in un quaderno custodendolo nello zaino.

    Il suo cuoricino batteva talmente tanto che sembrava volergli uscire dal petto per potersi recare da Francesca e dirle ciò che provava per lei.

    Ecco che la campanella della scuola suonò. Lo sguardo di Paolo intanto cercava Francesca, che il giorno precedente era stata assente per ignoti motivi. Finalmente la vide, così gli occhi di entrambi si incrociarono. Entrati in aula, tutto si svolse come sempre. All’intervallo, mentre Paolo prendeva la merenda, una voce dolce, quasi angelica per le sue orecchie, gli chiese: «Paolo, mi dici cosa hanno spiegato nella lezione di ieri?»

    Paolo e Francesca erano studenti modello e forse per questo lei lo aveva scelto per essere aggiornata sulle lezioni del giorno prima, non seguite perché assente. Paolo riconobbe la sua voce e volgendole lo sguardo, come impietrito, rispose: «Sì... ti faccio vedere!»

    Le porse i suoi quaderni a righe e a quadretti, invitandola a portarli

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