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L'orologiaio
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E-book196 pagine2 ore

L'orologiaio

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Info su questo ebook

L’OROLOGIAIO

Tra le caotiche vie del Cairo, la vita ordinaria di Bianca viene sconvolta dal rapimento di Georges, conosciuto durante il viaggio. Poco prima di essere rapito, l’uomo le lascia il nome di una persona da contattare, a capo di un’agenzia segreta il cui obiettivo è il contrasto al terrorismo internazionale. Anche Georges ne fa parte, e Bianca viene coinvolta sempre più nell’operato dell’agenzia, scoprendo che la sua vita non era poi così comune, e che l’incontro con Georges in Egitto non è avvenuto per caso.
Le ricerche di Georges portano a un piccolo gruppo di criminali che si sta trasformando in un’organizzazione armata più grande, con a capo Dale, giovane senza scrupoli che conta sui contatti e le competenze di Georges. Le loro strade si incrociano quando l’agenzia viene incaricata da Garrel, un imprenditore francese, di tutelare i suoi progetti di sfruttamento di un giacimento di gas e di un impianto di rigassificazione, presi di mira da Dale per finanziare l’organizzazione.
Tra Georgia, Ucraina e la minaccia della Russia sullo sfondo, l’agenzia giocherà con Dale una partita in cui sul piatto ci sarà la libertà di Georges, i progetti di Garrel e la sicurezza europea.
LinguaItaliano
Data di uscita24 giu 2022
ISBN9788869633331
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    Anteprima del libro

    L'orologiaio - Lisa Carbonetti

    Lisa Carbonetti

    L’OROLOGIAIO

    Elison Publishing

    © 2022 Elison Publishing

    Tutti i diritti sono riservati

    ISBN 9788869633331

    Indice

    1

    2

    3

    4

    5

    6

    7

    8

    9

    10

    11

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    21

    1

    Mancavano dieci minuti alle sette e Bianca era seduta sulla terrazza, guardando i passeggeri che stancamente risalivano sulla motonave. Aveva dovuto interrompere il giro turistico a Luxor nel primo pomeriggio, perché Amanda era stata sul punto di sentirsi male per il caldo. Presto sarebbero scese al ristorante per la cena e Amanda indossava il suo vestito migliore perché avrebbe cenato con la sua nuova amica e gli altri bambini. David guardava divertito la sorella. Era contento che si fosse trovata un’amica perché così dava meno fastidio a lui che voleva ascoltare ogni parola della guida. David adorava l’antico Egitto e questo viaggio lo aveva tanto desiderato.

    Bianca a cena si sarebbe portata un libro. Non aveva molta voglia di conversare con altri passeggeri. Amanda saltò dritta in piedi quando vide Anita che, tenendo la mano al padre, saliva la passerella allegramente. Sembrava che questa giornata non avesse minimamente intaccato le sue energie visti i saltelli e le piroette. Si sbracciarono per salutarsi e lei fece un cenno di saluto al padre, Georges, l’unico con il quale Bianca aveva scambiato quattro chiacchiere. Vide risalire il professore, un ometto presuntuoso con un fare nervoso e una voce stridula. Aveva una figlia quindicenne che era antipatica quanto lui o forse più. I signori Gayot con la procace nipote adolescente Nadia che ogni sera davano spettacolo ballando e cantando. A Bianca mettevano molta allegria. Contrariamente alla famiglia dai capelli rossi composta da padre, madre e due figlie, quattro visi pallidi, lentigginosi e sempre imbronciati. Poi c’erano tre coppie di anziani che a Bianca sembravano tutte uguali. Ma era curioso vedere come avessero più energia e più spirito di adattamento di tanti giovani, come Anna, trentenne che viaggiava sola, sedicente intrepida amante dell’avventura che si era portata il suo cuscino da casa poiché senza non riusciva a dormire.

    Il professore si fermò davanti a lei e iniziò il suo racconto della visita pomeridiana, pomposamente arricchito di dettagli inutili, mentre Bianca guardava annoiata i camerieri che porgevano con un lieve inchino salviette umide e calde e un bicchiere di limonata a ogni ospite. Chiuse gli occhi ascoltando gli stralci di conversazione delle persone che le sfilavano accanto. Il vento caldo le stava asciugando velocemente i capelli e riaprì gli occhi per contemplare la bellezza del paesaggio del fiume. Bianca prendeva nota delle sfumature dei colori e della vegetazione e avrebbe trasferito il tutto su tela appena tornata a casa.

    Dopo la cena, trascorsa in piacevole solitudine, prese il suo telefono e si trasferì sulla terrazza per raccontare la giornata a suo marito. Voleva andare a dormire presto perché l’indomani sarebbero partiti per Il Cairo e probabilmente sarebbe stata un’altra giornata impegnativa.

    «Come sta Amanda?» Georges l’aveva raggiunta sulla terrazza con due bicchieri di vino e si era seduto sul bordo di una sedia. Bianca rimase appoggiata al parapetto, ma si girò prendendo il bicchiere. Era un libanese dai modi calmi e gentili, piuttosto alto, sulla cinquantina, capelli brizzolati, occhi neri e profondi. Aveva lineamenti regolari sotto una barba incolta.

    «Bene, grazie. È stato solo un momento, appena risalite a bordo le è passato.»

    «Mi hai detto che anche tu vivi a Roma… cosa fai?»

    «Disegno. Sono illustratrice di storie per bambini. Noi ci spostiamo spesso. Mio marito lavora all’ambasciata americana. Tu?»

    «Ho un laboratorio di riparazioni orologi. Ci lavoro da una vita.»

    Non chiese nulla della madre di Anita poiché aveva già avuto modo di sapere dalla bambina che era andata via quando era piccola. Lui le raccontò come era proseguito il giro a Luxor nel pomeriggio e di come alcuni passeggeri scattavano fotografie a qualsiasi cosa. L’aria della sera era ancora calda, dall’interno provenivano risate e canti dei passeggeri. Bianca scorse l’adolescente Nadia che girava l’angolo con un tizio vestito di bianco, probabilmente uno dei camerieri. Aveva uno splendido vestito azzurro e stringeva a sé il suo romanzo giallo da cui non si separava mai.

    «Anita mi ha detto che domani al Cairo incontrerete lo zio. È tuo fratello?»

    «Sì, lui viaggia spesso, fa il fotografo per una rivista di viaggi. Con Anita si vedono raramente, a volte quando io devo stare fuori per lavoro, la lascio con lui.»

    Rimasero a parlare per lungo tempo, finché le voci e le risa si affievolirono e la musica s’interruppe. La temperatura era scesa e Bianca portò le mani sulle braccia con l’illusione di scaldarsi. Lui sorrise e si alzò. Aveva un portamento elegante ed eleganti erano pure le sue mani. Se lo immaginava a riparare con minuzia un orologio.

    «Domani dovremo alzarci presto. Buonanotte.»

    Era caldissimo quando arrivarono all’altopiano di Giza. Era spettacolare la piana, dove si ergevano le piramidi e Bianca lasciò andare lo sguardo sulla distesa di sabbia dorata.

    «La Piramide di Cheope è una delle Sette Meraviglie del mondo antico e l’unica ancora esistente» stava raccontando solennemente il professore alle bambine che, curiosamente, si guardavano intorno. Quasi tutto il gruppo entrò nella Piramide, compreso David che, come al solito, non si staccava dalla guida. Amanda fece una faccia inorridita quando Bianca glielo propose, quindi andarono direttamente alla Sfinge. Non amava gli spazi chiusi e anche a casa le porte delle stanze dovevano rimanere sempre aperte.

    Bianca era rapita da quel monumento, tanto che non fece caso all’uomo che si sedette accanto a lei. Riconobbe Georges solo quando iniziò a parlare. Gli occhi sembravano stanchi e il volto tirato, ma la bocca era ugualmente curva in un sorriso.

    «Vorrei darti l’indirizzo di una persona a Roma che puoi chiamare nel caso in cui ti occorresse qualcosa o avessi qualche difficoltà.» Tirò fuori dalla tasca un pezzetto di carta, strappato da un quaderno a quadretti. Bianca lo prese. C’era scritto a matita un nome e un indirizzo. Lo guardò negli occhi con l’aria evidentemente interrogativa. Ma Georges si limitò a sorridere. Bianca però non scorse nessuna traccia di allegria in quel sorriso e lo vide allontanarsi, mentre si domandava di quale aiuto potesse aver bisogno, a Roma, da uno sconosciuto.

    Bianca continuava a camminare stancamente per le caotiche vie del Cairo. Georges era con il professore davanti a lei, mentre i bambini erano rimasti indietro con il resto del gruppo. Georges camminava a passo lento ma distinto in mezzo al disordine della strada, con la sua imperturbabile eleganza. Sembrava essere indifferente al chiasso, agli odori penetranti, alla calura, al turbinio dei mendicanti e degli ambulanti, alla polvere. Il professore camminava con la sua buffa andatura, poi si fermò davanti a un banchetto di spezie. Georges lo vide fermarsi ma proseguì. All’improvviso, da un vicolo sbucarono due uomini vestiti con un caftano nero, una sciarpa che copriva la metà inferiore del volto, mentre la parte superiore era protetta da occhiali da sole neri. Si fermarono davanti a Georges e rapidamente gli infilarono un cappuccio in testa e lo spinsero nel vicolo da dove erano venuti. Bianca istintivamente corse verso il vicolo ma, affacciandosi, non vide nessuno. Notò un uomo dalla parte opposta della strada. Era un arabo, vestito con jeans e maglietta, un berretto in testa e occhiali da sole. Anche lui guardava il vicolo da dove era sparito Georges, ma sembrava appena arrivato, poi velocemente corse avanti e imboccò il vicolo dopo. Nel frattempo, il professore si era messo a urlare e aveva richiamato l’attenzione della guida. Bianca tornò indietro, prese le bambine per mano e si allontanò di corsa. Non voleva che Anita sapesse che il padre era stato rapito, almeno per il momento.

    La sera, il fratello di Georges si presentò in albergo. Disse che aveva trascorso il pomeriggio tra polizia e ambasciata. Michel aveva l’aspetto di un moderno Indiana Jones, capelli spettinati, jeans e camicia sbottonata e sgualcita, barba di qualche giorno, cappello in testa e uno zaino. Aveva avuto un atteggiamento tranquillo e rassicurante. Con un tono di voce cantilenante disse alla bambina che suo padre era dovuto partire con delle persone e non sapeva quando sarebbe tornato. L’indomani sarebbero rientrati a Roma con il primo volo e poi chiese a Bianca se avesse potuto ospitare la bambina per qualche giorno. Lui sarebbe andato al Cairo a fare qualche domanda in giro.

    Fortunatamente Anita era una bambina dal carattere solare. Arrivò a casa di prima mattina accompagnata dallo zio con la sua piccola valigia blu, i suoi vestiti colorati e qualche gioco. Si guardava attorno con curiosità. Era ben educata e vivace, ma di tanto in tanto un’ombra di tristezza le velava gli occhi. Amanda la prese per mano e le raccontò la storia di ogni stanza della casa.

    Will, suo marito, era contento della nuova presenza. Le creò uno spazio in camera di Amanda, spostando mobili per aggiungere un letto e una cassettiera. Ascoltò con noncuranza il racconto del rapimento e sentenziò che Michel fosse un poco di buono, che i rapitori fossero tra le sue conoscenze e che avrebbe risolto la questione presto. Per questo era andato al Cairo. Bianca non ne era per nulla convinta. Non disse nulla del nome lasciatole da Georges. Inoltre, aveva la sensazione che Michel non sarebbe tornato tanto presto.

    Will era gentile, ma con uno spiccato senso critico. Il più delle volte sentenziava giudizi a occhi chiusi. Ciò che lui pensava o faceva, era verità assoluta. Spesso lei non lo informava delle decisioni pratiche che prendeva riguardo la casa o i bambini. Se non coinvolto nelle faccende, non sembrava preoccuparsene. E per Bianca, spesso, era meglio così.

    2

    Il sole basso all’orizzonte colorava di arancione i vicoli che stava attraversando. Il piccolo edificio, all’indirizzo scritto sul pezzo di carta, era di un giallo ocra e l’ingresso aveva due gradoni rotti e invasi dall’erba con un grande portone di legno con la vernice scrostata qua e là. Sebbene avesse l’aria di un edificio in rovina manteneva quell’elegante sobrietà che metteva a disagio chi aveva il proposito di entrare. Bianca fece un gran respiro.

    Entrò attraverso il portone socchiuso. Il sole filtrava da una finestrella in cima alle scale e faceva risplendere i granelli di polvere nell’aria. La sagoma di una vecchia che stava spazzando le scale si stagliava in contrasto con la luce. Vedendola, si fermò e mise la scopa di lato poggiandoci il peso del corpo. Bianca si avvicinò di qualche passo. Una figura tonda e armoniosa, fasciata in un vestito a pois bianco e nero con il viso solcato da rughe profonde e piccoli occhi celesti.

    «Sto cercando Tarek» disse.

    La vecchia non si mosse.

    «Mi chiamo Bianca» aggiunse.

    La donna continuò a fissarla, con uno sguardo gentile, ma imperturbabile. Bianca non si scoraggiò e le porse il biglietto scritto da Georges. La donna lo guardò a lungo, poi le indicò una porta in cima alle scale.

    Bianca rispose con un cenno del capo e sorrise. Salì le scale passando accanto alla vecchia ancora appoggiata alla sua scopa come se fosse un bastone. Oltrepassandola, si girò incontrando nuovamente il suo sguardo in cui vi si perse per qualche secondo. Non avrebbe mai immaginato che quel suo indugiare una manciata di secondi in più avrebbe cambiato la sua vita.

    Appena l’uomo le aprì la porta, Bianca gli porse il biglietto.

    «Mi manda Georges.»

    Questa sua rude presentazione le sembrava assurda ma, in fin dei conti, era quel pezzetto di carta che l’aveva portata lì. Bianca sperava solo che si riconoscesse ancora la minuta grafia di Georges, visto quanto lei lo aveva stropicciato tra le mani tormentate dall’incertezza fin quasi a lacerarlo. Tarek la squadrò da capo a piedi.

    «Eravamo nello stesso gruppo sul Nilo» aggiunse lei. Tarek la fece entrare, le prese il biglietto e lo guardò rigirandolo più volte.

    «È stato rapito…»

    «Sì, ho saputo» la interruppe Tarek.

    Entrò in un piccolo soggiorno con una grande vetrata che dava su un cortile alberato. La fece accomodare sul divano che si trovava sul lato destro della stanza, dipinta di bianco con pochi mobili e qualche quadro appeso alle pareti. Bianca si guardò attorno odorando un piacevole profumo di tiglio. Un tavolino con sopra dei giornali era vicino il divano, una grande libreria copriva la parete opposta alla grande finestra. La casa aveva i soffitti alti e il fascino delle case del centro storico romano.

    «Tu sei un suo amico?»

    Tarek non rispose subito.

    «Sì. Quando ti ha dato il mio indirizzo?»

    «Qualche ora prima di…» Bianca terminò la frase con un cenno della mano.

    Bianca incrociò il suo sguardo. Occhi scuri, belli ma stanchi, cerchiati di nero, di quelli che hanno passato le ultime notti a fissare il soffitto.

    «Non credo che lo rivedremo presto.»

    «Hai idea di cosa gli sia successo? E perché?»

    «Non lo so di preciso» rispose gravemente «Anita è con lo zio?»

    «No, l’ha lasciata con me per qualche giorno, non ho problemi a ospitarla. Lui è tornato in Egitto… ha detto che avrebbe chiesto in giro. Che voleva dire?»

    «Non credo che Georges sia ancora in Egitto, credo che oramai lo abbiano portato lontano.»

    Bianca continuava a fissarlo sperando che le desse informazioni in più, che le spiegasse meglio ciò che voleva dire.

    «Sai qualcosa sulla madre di Anita?»

    Tarek alzò le spalle e disse con noncuranza «Non c’è, non c’è mai stata. Non ci contare.» Poi si alzò e, senza chiederle nulla, le portò un caffè.

    «Puoi parlarmi dei passeggeri della motonave? Hai notato se ha parlato con qualcuno?»

    Bianca gli descrisse i componenti della compagnia, dal primo all’ultimo. No, non aveva avuto contatti con persone del luogo a quanto aveva visto lei, anche se l’ultimo pomeriggio lei non era stata in giro con gli altri. Gli riferì dell’uomo che aveva visto appena dopo il rapimento. Tarek annuì pensieroso. Aveva un taccuino verde bottiglia su cui annotava di tanto

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