Le storie di Chiara
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I contenuti sono, salvo dei piccoli ritocchi, gli stessi di libri già pubblicati, che si occupano, ognuno, di un singolo momento della vicenda di Chiara e ai quali si rimanda nelle note.
L' idea che sostiene l'assemblage è quella di dare una continuità alle storie, in modo che il lettore abbia una visione unica, più efficace, del personaggio e delle sue sfaccettature, nonché degli ambienti in cui si muove.
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Anteprima del libro
Le storie di Chiara - Annamaria Mei
Annamaria Mei
Le storie di Chiara
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Indice dei contenuti
Adina e Stella
Un legame che continua
La morte di Stella
Adina rimasta sola
Gli anni felici
Un grave lutto
Un evento imprevisto
Grandi cambiamenti
Durante e dopo la guerra
Un legame per sempre
In un paese dell'Adriatico
Scorcio d'infanzia
Quando si apre uno spiraglio
Cinque anni in collina
Dall'asilo alle elementari
Le sue protettrici
La casa
La stufa argentata
Una bella nevicata
Da Natale alla Befana
Un'amica
A primavera
Storie sentimentali di paese
Piccole esperienze
Preoccupazioni in vista
Vacanza al mare
Dopo l'acqua, il fuoco
Visita al cimitero
Una gita in campagna
Un po' di movimento
Un comportamento sconsiderato
Chiara e Stefania
In colonia per quindici giorni
Breve vacanza al mare
Voglia di teatro
Nello scorrere del tempo
Adina
Spettacolo di fine anno
Malattia di Adina
Una visita di Gino
Dispiaceri e altre cose
A Carnevale
Nella nuova casa
Ritiro spirituale e fine di un'amicizia
Il giorno tanto atteso
Tra la gioia e il dolore
Rientro in famiglia
Un'importante novità
La speranza di Linda
Una storia passata
Le virtù del dott.Aletti
Dopo la scoperta
Chi era veramente il dottore
Un inspiegabile sentimento
Chiara in collegio
Ingresso nel convitto
Vita da collegiale
Vacanze
Primavera del '57
La seconda media
Ultimo anno della scuola media
Un clima nuovo
Il Cordone sanitario
Noi della V B
Esami
Un trasferimento imprevisto
L'incontro con Fabrizio
Il suo primo e grande amore
Sinossi
Biografia dell'Autrice
Testi pubblicati
Note
Adina e Stella
Un legame che continua
Quando d'estate Chiara andava a trovare Stella e Adina a ***, era contenta di stare un po' con loro, di riprendere le abitudini dell'infanzia, ora che era un'adolescente di scuola media. Stella la mattina si alzava sempre presto, non lavorava più dal dottor Fresco, ma da un figlio sposato del daziere e vi si trovava bene: si era affezionata al piccolo Daniele, molto grazioso e attaccato a lei. Chiara si svegliava appena, mentre Stella si vestiva piano, e si riaddormentava nel lettone assieme ad Adina. Era l'ultima ad aprire gli occhi e a poltrire a letto, dove faceva colazione con un caffè e un panino, al prosciutto o al tonno, a seconda dei giorni, che Stella non le faceva mai mancare. Mentre Adina già era sistemata seduta su una sedia accanto alla finestra con i piedi sopra il vecchio banchetto grigio, tutta curata, con i capelli raccolti in uno chignon, il volto appena truccato, le labbra dipinte di rosa e le unghie smaltate dello stesso colore. Nel grembo, sopra un panno bianco, aveva il suo prezioso lavoro: una federa o un lenzuolo su cui ricamava con le sue abili mani bianche, armata di ditale e salvadito, fiori e rami di vario tipo, sbizzarrendosi o col punto rodi o pieno o con altri, facendo sempre attenzione a mantenere immacolato il filo bianco che usava per l'intera sua opera. Chiara, alzandosi, aveva lo spazio di un comodino e poco più, per non toccarla, e, per fare toeletta, si portava oltre la sponda del letto, dove c'era tutto l'occorrente per lavarsi sul lavabo di marmo e ferro battuto, corredato di brocca, catino di porcellana e specchio.
A quel tempo, all'inizio almeno, non c'era l'acqua in casa e Stella provvedeva come in passato a rifornirsene con la brocca della cucina: di fronte alla casa, oltre la strada, c'era una scalinata in muratura piuttosto ampia con gradini appena accennati, alla sommità della quale un discreto spazio rettangolare ospitava al centro una bella fontana pubblica. Per Stella doveva essere una fatica piuttosto gravosa.
Dopo aver conversato con Adina - le loro chiacchierate erano quasi continue, piene di informazioni e ricordi- prendeva un abito dall'armadio marrone e usciva a passeggiare, avendo come meta i giardini del paese, per la loro posizione panoramica e i pini marittimi, così balsamici. Incontrava pochi conoscenti e delle sue amiche non c'era traccia: o erano fuori o in vacanza al mare. Era andata a cercar di persona solo Silvana, e la madre le disse che era dai parenti. Cosicché faceva tutto in solitudine: ma in fondo non le dispiaceva rivedere con calma i luoghi a lei tanto familiari, respirare l'aria pura sotto i pini e essere accarezzata dalla lieve brezza proveniente dal mare in lontananza, che vedeva, oltre una siepe, laggiù all'orizzonte, come una striscia, fino alla montagna più scura del Conero, che le nascondeva la città dorica, dove l'aspettavano la madre e i fratelli.
Un'estate incontrò proprio lì un ragazzino della sua età, che era in visita presso certi suoi zii, che abitavano oltre la piazza, e veniva da Macerata.
Le ricordava un po' Gino, un suo innamorato di diversi anni prima, ma solo per i capelli bruni: era timido e parlava poco. Frequentava la Scuola di Avviamento Professionale, aveva una sorella più grande e i genitori gestivano un piccolo ristorante in città.
Giocarono a tris su una panchina di marmo, e si scambiarono gli indirizzi per inviarsi i saluti. Probabilmente aveva una simpatia per lei, visto che una mattina si trattenne poco, perché doveva ripartire, e la guardava intensamente; si voltò più volte andandosene, muovendo una mano. Ricevette una sua cartolina, con una scrittura minuta, che sembrava voler scomparire, alla quale si dimenticò di rispondere.
Nel '59 Chiara trascorse con Stella e Adina una quindicina di giorni di settembre, approfittando che la madre accompagnava la sorella in Calabria a Taurianova dal fidanzato. Durante il soggiorno, il 5 settembre, ci fu ad Ancona un grosso nubifragio che sconvolse la città con morti e feriti e la notizia si diffuse anche a***; se ne faceva un gran parlare: per fortuna la madre, la sorella e lei erano lontane, ma erano rimasti i fratelli, che, al momento del vero disastro, erano al sicuro a casa, situata nella parte alta della città, verso l'ospedale, e non si accorsero lì per lì di nulla. Ma nella parte bassa le vie erano fiumi d'acqua che trascinavano auto, tronchi e persone: le zone del Piano, della stazione e della ferrovia furono le più colpite.
La morte di Stella
Col passare degli anni, Chiara non trascorse più dei periodi da loro, ma fece delle visite in macchina, specialmente a partire dal momento in cui la madre prese la patente: e lei era ormai all'università a Roma, fidanzata con un ragazzo di Fano. Così, anche se non si stava insieme per giorni, si vedevano e si tenevano informati sullo scorrere delle loro vite.
Quando si sposò, dopo che avevano ottenuto una cattedra d'insegnamento in Piemonte, non potendo andare Adina al matrimonio a Fano, a causa dei suoi problemi alle gambe e non volendo Stella ovviamente lasciarla a casa da sola, si recarono da loro lei e il marito, con gli abiti della cerimonia, a farsi guardare e a portare i confetti, accompagnati in auto dal fratello e dalla moglie, per fare anche lassù un po' di festa con il dolce e lo spumante.
In seguito si videro raramente, prima durante la permanenza di sette anni a Biella, con sporadici incontri durante l'estate, poi negli anni ottanta per problemi coniugali. Proprio in uno di quegli anni Stella morì: una sera stavano andando a letto, quando lei fu colpita da un ictus e rimase distesa e come in coma; Adina, che non si poteva muovere, prima la chiamò tra le lacrime, poi cominciò a gridare aiuto
, ma nessuno la sentiva; il piano di sopra era disabitato. Adina visse una notte da incubo e solo all'alba una vicina intercettò le sue urla, indebolite dallo sforzo prolungato e disperato. Così poté arrivare l'ambulanza da Macerata e Stella fu ricoverata in rianimazione e si spense dopo qualche giorno; Adina rimase a casa, sostenuta dai vicini e da quel Daniele, ormai un ragazzo, presso la cui famiglia la sorella aveva lavorato prima di andare in pensione. Chiara non poté partecipare al funerale, poiché stava male, e vi andò la madre, che poi le fece un resoconto minuzioso, mentre lei la ascoltava addolorata. Nei giorni a seguire discussero riguardo alla situazione di Adina, rimasta sola, e pensarono di farla trasferire in casa della madre, in modo che non le mancasse il loro affetto, anche se la sua condizione suscitava qualche preoccupazione sulle possibilità di tenerla al meglio. Ma proprio in quei momenti ricevettero una telefonata, sempre di Daniele, che le informò degli ultimi sviluppi. Adina era stata accolta nell'Istituto di riabilitazione di Santo Stefano a Porto Potenza, dove poteva essere curata e disporre delle ottime attrezzature esistenti in quel luogo.
Adina rimasta sola
Chiara non andò subito a trovarla e per il daffare che aveva, tra la scuola e le incombenze in famiglia, dopo la nascita di suo figlio, ma anche per l'emozione troppo forte di rivederla in un posto che temeva non piacesse ad Adina, abituata a stare una vita con Stella, sempre in casa.
Passarono alcuni anni, durante i quali fu Adina che una volta, in occasione di una delle gite organizzate dall'Istituto per gli ospiti con il pullmino, andò a cercarla: l'autista era andato a suonare al campanello dell'abitazione della madre e lei era corsa di sotto ad abbracciarla con il piccolo di quattro anni, dicendole che Chiara era a scuola: fu però molto contenta di vedere il bambino, al quale donò 5000 lire. Aggiunse anche che in una precedente uscita le era parso di vederle a S. Benedetto del Tronto: era possibile? Certamente, capita che ci andiamo
le confermò la mamma di Chiara.
L'estate successiva una domenica pomeriggio, ritornata a casa dal santuario di Loreto, visitato la mattina con la madre - nella basilica le era venuto in mente di andare da Adina, essendo l'Istituto poco più a sud e il ricordo di lei le aveva procurato un nodo alla gola -, salutata la madre, perché voleva stare ancora un po' in giro, prese la propria Cinquecento e partì per Porto Potenza, parcheggiò nel garage esterno ed entrò sicura, dirigendosi nel reparto dove si trovava la stanza di Adina, come se facesse un percorso conosciuto, anzi consueto. Adina riposava nel suo letto con un camicia bianca ricamata: era tutto lindo. La camera era ampia, con due alte finestre, del tipo di quelle della vecchia casa di ***, quella spaziosa e signorile, che avevano dovuto lasciare per andare ad abitare sulle mura.
Le persiane erano socchiuse. Si abbracciarono con grande emozione. Erano felici di rivedersi e non vollero pensare che era passato troppo tempo prima di avere quell'incontro. Adina, infervorata, le raccontò come si svolgeva la sua vita e sembrava soddisfatta del trattamento e delle persone che l'accudivano. Quando ebbero parlato abbastanza, le chiese di portarla a fare una passeggiatina sulla terrazza: chiamò un'infermiera, che le fece indossare una vestaglia e le mise delle graziose pantofole; quindi la sistemò su una sedia a rotelle. Lei fu pronta a spingere la carrozzina per un tratto di corridoio e attraverso una grande porta- finestra uscirono sulla grande e lunga terrazza, dove c'erano poche altre carrozzine e persone. Adina era visibilmente contenta di essere accompagnata da Chiara, e pareva orgogliosa di mostrarla a chi incontrava, mentre salutava. Ad un tratto, volle dirle qualcosa all'orecchio: le chiedeva di salutare per carità la persona che stava sopraggiungendo: era una capo... - non sentì bene che cosa- ed era meglio tenersela buona lì dentro, perché aveva molto potere. Era una donna assai piccola di altezza, magra e somigliava tantissimo all'attrice americana Linda Hunt, nei