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Quel magico mondo lontano: Romanzo
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Quel magico mondo lontano: Romanzo
E-book187 pagine2 ore

Quel magico mondo lontano: Romanzo

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Info su questo ebook

C’è una donna anziana, in una stanza buia, che attende la fine.
C’è il ricordo di lei bambina, della sua infanzia felice, della famiglia, della danza, degli amici, della scuola, della scoperta di un mondo, che è il suo.
Una doppia chiave di lettura che accompagna il romanzo, passando con rapidi movimenti del pensiero dal futuro del 2039 al passato e viceversa.
Michelina cresce, conosce l’amore, conosce la sofferenza.
Si esprime in poesie che focalizzano in poche parti della narrazione stimoli emotivi.
La narrazione è come una folata di pensieri senza tempo che vanno dal futuro al passato e si snodano nell’aria immobile del ricordo.
Alla fine dispiace di abbandonare la piccola che ci ha accompagnato in viaggio nella sua vita, tuttavia la donna adulta regala una speranza per un futuro al di là.

Stampato su cartaceo nel 1989, riscritto con poche varianti nel 2012 per la pubblicazione in ebook, riveduto e corretto per una nuova pubblicazione cartacea nell'anno 2016.
LinguaItaliano
Data di uscita2 nov 2014
ISBN9786050331233
Quel magico mondo lontano: Romanzo

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    Anteprima del libro

    Quel magico mondo lontano - Bianca Fasano

    ragazzi.

    Quel magico mondo lontano

    Romanzo

    Presentazione di Roberto Maria Ferrari

    Bianca Fasano, napoletana di nascita, ha vissuto a lungo nello splendido Cilento che ama come una seconda patria. Ha esordito come romanziera, molti, molti anni addietro, con un libro (il quarto in ordine di tempo), di narrativa a tutto tondo: NOSTRA RECITA QUOTIDIANA. Galzerano editore, sulla cui copertina un’esile ed elegante Colombina, a firma dell’autrice, apriva il sipario a un mondo di bugie tanto ben raccontate da sembrare vere e di verità nascoste dietro di esse. Quel libro non fu motivo di sorpresa per nessuno, perché l'autrice ere ben nota quale attenta giornalista, narratrice, poetessa, critico letterario e d’arte, dignitosa seria e autorevole anche. Vedere dunque nelle vetrine librarie, come abbiamo poi visto opere di saggistica, opere di ricerca storica o, come in questo caso, un romanzo finemente psicologico, non può essere una cosa inaspettata.

    Nessun motivo dunque per stupirci se Bianca Fasano approda a questo romanzo che per struttura, per analisi psicologica dei personaggi, per chiarezza di linguaggio, per la descrizione anche minuta di un mondo, vivo, palpitante d'ingenua gaiezza, d'innocenza, appare tutto oggettivato nel contesto di un racconto dosato, misurato nella sua estensione, curato compiutamente sia nello stile sia nella forma, trascinato dall’inizio alla fine e sapientemente sorretto da una ricordanza lontana e pur sempre vicina, rivestita dalle immagini di una vita vissuta quando l’anima e la mente sono ancora vergini, perché ogni memoria si incastri, si incida e resti per sempre a conservare la stessa purezza con cui la si è recepita, che non muta per il passare del tempo, come nel sorriso di bimba dipinto dall’autrice stessa in copertina e raffigurante la figlia più piccola. E’ Il magico mondo lontano entro il quale anche noi avremmo voluto calarci per respirare l'atmosfera, calda vestita di sorrisi e di luci. Le generazioni si succedono a ritmo rapido e si rinnovano nella propria immagine. Il mondo lontano di Bianca Fasano non vive avventure, non lo guasta il tempo che pur tutto tramuta. Quel mondo non si sfalda, resta compatto: il dolore, il senso della vita e della morte trovano una risposta nell’attesa adombrata non di malinconia ma di consapevolezza di dovere ubbidire alla ineluttabile e giusta conclusione di un viaggio, che, intrapreso all’alba si chiude a sera. E’ l'epilogo di una donna - protagonista del racconto, che nasce alla vita con nel cuore la speranza di un avvenire ricco di lusinghe e che muore con sulle labbra un pallido sorriso, segno di rassegnata sconfitta, di vittoria del e sul destino.

    Lo scrivere é di tanti; lo scrivere bene e però di pochi. E pochissimi sono quelli che, al pari di Bianca Fasano, oggi sanno indagare nelle pieghe dell'animo umano e costruire - per così dire - personaggi e farli parlare della loro vita, dei loro sogni, delle loro gioie, dei loro dolori, appalesare le proprie attese, lasciar trasparire i segreti più intimi, le gioie più teneramente vissute, le delusioni più amaramente provate. Diciamo che questo é il vero contenuto del romanzo di cui abbiamo parlato: un libro fatto di sogni e di realtà, le cui favole Bianca Fasano ha vissuto e candidamente confessa e noi e a noi le offre come forza e mezzo de opporre alla tempesta morale che ci minaccia e tenta di travolgerci e di annientarci.

    Introduzione dell’autrice

    Introduzione dell’autrice

    Quando si legge una storia, raccontata dal creatore come se fosse la propria, anche se scritta in terza persona, per cui la voce dello scrivente non si ode, si è sempre portati a credere che quello che si legge, ossia ricordi, sequenze di fatti, persone, siano appartenuti all’autore.

    In alcuni casi è certamente (o parzialmente) così: poniamo nelle autobiografie o laddove lo scrittore racconta se stesso. Ma negli altri scritti il discorso è più misterioso e complesso.

    Gli antichi dicevano che gli artisti sono ispirati dagli dei. In qualche caso, quando si scrive, specialmente sotto la spinta di un’emozione vera, le parole sembrano farsi tutt’uno con realtà vissute o da vivere, con ciò che comunemente si accomuna alle storie realmente accadute.

    Io stessa, in alcune occasioni laddove ho scritto di amici nati dalla mia mente, li ho sentiti così vivi da chiedermi se a raccontare quelle vicende non fossero proprio loro, i diretti interessati, per mio tramite. Una domanda che forse si è posta prima di me il grande Pirandello.

    In questo lavoro, quando riguardo alla parte dedicata al mondo dell’infanzia, certamente mi ritrovo, tuttavia appare evidente, non posso ancora ritrovarmi nel personaggio che ricorda se stesso. Non sono io.

    Così come non sono io il personaggio adulto, di cui, certamente, qualche emozione mi appartiene, ma non la storia di vita che si percepisce.

    Mi diverte ricordare di una mia cognata, tutta intenta nella lettura del mio romanzo appena pubblicato (l'attuale è una ristampa), quando, all’improvviso, alzando gli occhi verso di me chiese:

    -Ma questo quando ti è accaduto?-

    Pur conoscendomi da anni, era meravigliata di essersi persa una parte così importante della mia esistenza.

    Ho memoria di un episodio riguardante un altro mio lavoro: la storia raccontata da me in Nostra recita quotidiana, che fu creduta tanto vera da fare sì che un probabile editore mi chiedesse di presentarla come fosse la storia della mia vita e soltanto a quel patto, si dicesse disponibile a pubblicarlo. Ovviamente fui costretta a negare la mia accettazione laddove la storia non mi riguardava affatto. Miei, forse, molti pensieri, mie alcune forti sensazioni vissute in giro per il mondo, davanti ad un ponte di Firenze, oppure, come giornalista, presente al terremoto dell’ottanta. Ma assolutamente non mia la vita raccontata del personaggio femminile, né per il lavoro svolto da lei, né per gli amori, né per una figlia nata da un sentimento autentico, fuori del matrimonio.

    Ovviamente, pur nascondendo al pubblico la mia vita reale, questa sarebbe inevitabilmente venuta fuori, mostrandola per essere altra dal racconto.

    In ultima analisi, seppure si cercherà di me nella storia che leggerete, vi concederò di farlo, perché è piacevole cercare di trovare l’autrice nelle pieghe del romanzo, ma non potrete mai sapere in quale punto del racconto ed in quale modo la vita vera scompaia, sopraffatta da una vita che pure vera può dirsi, ma è altra dalla mia".

    Buona lettura. Bianca Fasano.

    Cade in un abisso di ieri.

    Poesia.

    Cade in un abisso di ieri

    il mio ricordo umano,

    fragile cordone ombelicale

    del passato.

    Da quell’immenso patrimonio

    di sentimenti

    trasse vita la vita

    e mi consegnò all’oggi.

    Dal buio alla luce

    in un rimpianto di pace,

    nacqui.

    Dall’alba al tramonto

    in un perpetuarsi

    di ineluttabili giorni, vissi.

    Oggi,

    che l’ombra si schiude

    per mostrarmi una silenziosa

    via lattea

    riconsegnandomi al perfetto

    da cui un amplesso mi strappò,

    posso abbandonare la fragile forma

    imperfetta,

    sciogliere i nodi d’Amore

    e spezzare le catene di amarezza.

    Spes,

    ultima dea,

    immensa mi abbraccia.

    Ed è Luce.

    QUEL MAGICO MONDO LONTANO

    ROMANZO DI BIANCA FASANO

    Le capitava ancor oggi di sognare il ritorno in quella casa che l’aveva vista piccina. Naturalmente gli eventi assumevano contorni bizzarri ed inesatti: ritornava, percorrendo l’ingresso a vetri che conduceva al cortile del condominio, ma nella grande cassetta per le lettere divisa in spazi uguali e posta in alto, nella guardiola del portiere, mancava sempre la casella con il numero tredici, che aveva contraddistinto per anni la sua famiglia.

    Altre volte, invece, si ritrovava senza le chiavi per aprire l’uscio di casa e quasi sempre, magicamente, riusciva ad entrare malgrado ciò tra le pareti delle stanze che aveva abbandonato fanciulla. Ma non erano più le stesse.

    In un sogno recente, si era ritrovata nel salone principale, a danzare un valzer seguendo le note di un pianoforte, mentre il fratello Roberto l’osservava divertito.

    Tornando indietro, indietro negli anni, precipitando negli abissi del ricordo fin dove la memoria non le rimandava che immagini vaghe e sensazioni sfumate, si ritrovava piccina piccina a guardare giù dal balcone della sua casa al sesto piano, in quella prima sera di tanti anni addietro, quando l’intera sua famiglia vi aveva preso dimora.

    Lei piccina, coi riccioli, con lo sguardo leggermente spaurito a causa dell’altezza da terra di quell’immenso balcone dalle ringhiere altissime. Lei, con le manine di bimba attaccate all’inferriata nera, a guardare giù in quel cortile che avrebbe visto le sue corse di ragazzina. Lei, a osservare quella gente così lontana, divenuta piccolissima, che sembrava proprio un piccolo esercito di formiche nere in attività. Le vedeva camminare, fermarsi, ritornare sui propri passi e non le riusciva più di considerarle come esseri umani.

    Alle sue spalle, nel ricordo, c’era il rettangolo luminoso e rassicurante del balcone e dietro di questo la cucina, dove la sua mamma era affaccendata sui fornelli.

    Nessuno venne fuori ad afferrarla per mano, costringendola a rientrare. Le ringhiere della balconata erano a strisce verticali, senza appigli, dunque non si poteva temere che lei vi si arrampicasse. E lei, difatti non lo tentò neanche.

    L’immagine viva, benché sfocata nel ricordo, di quella bimba dai lunghi boccoli ondeggianti, con il nasino un tantino all’insù e gli occhi nocciola pieni di curiosità, restò per lei come l’emblema di un’infanzia che comincia a galleggiare dall’inconscio al conscio, dalla fase di imprinting a quella di azioni osservate o commesse con la coscienza della propria personalità individuale. Più indietro di quel ricordo non le riesce di andare, anche se qualcosa ha dovuto pur esserci ed essere vissuto perché altre immagini sono state fermate dall’obiettivo di una vecchia macchina fotografica: lei, bambina piccolissima e cicciottella, lei, sgambettante su di un balconcino in penombra, lei, che gioca con un cane da pastore tedesco, lei che stringe in mano una racchetta da tennis.

    Immagini di quel magico mondo dell’infanzia, alla scoperta del quale, con il coraggio dell’incoscienza, lei si avviò, giorno per giorno, vivendo in un mondo pieno di adulti i suoi grandi problemi, le sue angosce, le sue domande inespresse e i suoi stupori al cospetto dei misteri dell’universo.

    Un universo piccolo, ma davvero sconcertante, fatto di parole udite senza comprenderle, di vita in famiglia, di coccole e di sgridate, di coinvolgimenti parziali nelle cose dei grandi e coinvolgimenti totali in quelle dei piccoli.

    Piccoli. Il primo piccolo della sua infanzia si chiamava Lucietto. L’amico del cuore. Il vero amico senza nessun altro tipo di implicazioni affettive. Lucietto, coi pantaloncini gonfi, stretti sopra al ginocchio, le magliettine a righe orizzontali, le gambette grassottelle, gli occhi buoni, i corti riccioli neri, le piccole cattiverie di bimbo, i suoi segreti e l’amicizia assoluta che le donava: da cucciolo. Ma totale, gelosa: da adulto.

    In quel puntino luminoso comparso come una breccia nel passato appare lui, afferrato alle ringhiere di ferro nero, su quel sesto piano del suo palazzo del Vomero. E’ appeso fuori. Ha scavalcato la balconata e si regge sulle sue manine forti al di fuori del balcone. E’ davvero un ricordo bizzarro, quasi assurdo. Michela non sa se prenderlo sul serio o crederlo piuttosto una illusione dovuta al timore che quella balconata e quella enorme altezza dal suolo hanno sempre procurato al suo animo di bimba.

    Non c’è il fotogramma successivo con l’arrivo di qualche adulto che giunga a prendere per i polsi lo sconsiderato ragazzo con lo scopo di ricondurlo all’interno del balcone, al sicuro. Ma resta invece quel fotogramma isolato, sospeso, quel suo terrore, quel suo silenzioso pregare l’amico di rientrare, con lo sguardo angosciato, per interminabili secondi.

    A quell’immagine si riallaccia, sì, la caduta da un suo balcone di un essere che amava, ma si trattava di un gatto. Un cucciolo di cui non ricordava neanche il colore, che lei inseguì fuori la balconata e cadde giù per interminabili metri, fino a divenire un punto sul selciato sottostante. Tuttavia Lucietto non cadde. Non c’è ricordo di disgrazie nella sua infanzia, non vissute da vicino e con terrore.

    Lucietto con l’aria furba e coi suoi dispetti: schiacciava le mosche sui vetri per farla irritare. Lucietto che acchiappava le mosche correndo dietro di loro per tutta la stanza: accostava il suo piccolo palmo semichiuso accanto a loro e poi gridava:

    -Presa!-

    -Fai vedere!-

    -"Senti come

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