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Nellina. Una donna contro
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E-book306 pagine3 ore

Nellina. Una donna contro

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Info su questo ebook

Questa è la storia di due anime luminose - Nellina e Antonio - che in gioventù si promettono una vita di luce e di amore per scontrarsi poi, nell’età adulta, con la feroce bestialità che spesso si annida nei sottosuoli di questo nostro mondo disastrato, eppur luccicante.

Lei è una donna forte, dotata di grande intuito; lui, un mezzo genio dall’anima candida. Entrambi sono siciliani trapiantati a Milano. Né l’una né l’altro rifulgono per bellezze esteriori, ma sono persone oneste, vivaci, desiderose soltanto di vivere il loro amore e affermare le loro qualità.

Attorno a loro si muovono altri personaggi, si delineano altre storie, si aprono altri scenari.
LinguaItaliano
Data di uscita10 ott 2013
ISBN9788891122742
Nellina. Una donna contro

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    Anteprima del libro

    Nellina. Una donna contro - Carmelo Ambra

    Ariosto

    PARTE PRIMA

    Capitolo primo

    Era un caldo pomeriggio d’inizio estate quando Nellina venne condotta in infermeria.

    - Dove stiamo andando?

    - Devi incontrare la dottoressa Lisi.

    - E chi sarebbe?

    - È una brava donna, stai tranquilla.

    - Che vuole da me?

    - Deve vedere come stai.

    - Come sto… sto bene.

    - Non devi essere tu a dirlo. È nel tuo interesse; cerca di collaborare…

    La dottoressa era piccolina come lei, un po’ avanti negli anni come lei, probabilmente stanca come lei. L’accompagnava un ragazzo, un tirocinante.

    - Buon giorno. Sono la dottoressa…

    - … Lisi.

    - Questo giovanotto è il dottor Petralia.

    - Piacere, Signora.

    Nellina gli rispose con una carezza degli occhi. Era un bel giovane e doveva avere l’età del suo Salvo.

    - Si metta comoda, prego. Salvo, mi dai il fascicolo, per favore?

    - Salvo…

    Mentre la dottoressa maneggiava le sue carte, il ragazzo la osservava in silenzio. Il suo sguardo era buono, mansueto. Un foglio stava per scivolare dal tavolo. Lei allungò la mano e lo bloccò. Grazie, Signora.

    La dottoressa alzò gli occhi e la fissò intensamente.

    - Lei l’ha combinata proprio grossa, sa?

    - Mah…

    - Mi racconta com’è andata?

    - C’è tutto in quelle carte...

    - Signora mia bella, le sue dichiarazioni non convincono nessuno! Non si spara a una persona che non si conosce! A parte che è difficile non conoscere un uomo come il professor De Pasquale.

    - Dottoressa, di uno qualunque ci si dimentica presto. "Squilibrata spara nel mucchio e uccide un impiegato delle Poste", o del Comune, che so io: qualche colonna in cronaca per due o tre giorni e poi tutto rientra, non se ne parla più. Con questo professorone, invece, sono dieci giorni che si fa casino! Tutti a chiedere, a fare ipotesi, ad ammiccare, come a dire: "Noi s’è capito come stanno le cose! Se l’hai ammazzato, chissà cosa ti avrà fatto quel porco!" Io non ce la faccio più!

    - Ah, ecco, non ce la fa più... Vedi, Salvo?, dovremmo chiederle scusa...

    - Ma lei si metta nei miei panni, benedetta donna! Ho ucciso un uomo… Ok, l’ho mai negato? E allora? Il caso è chiuso, no? Che si vuole di più! Processatemi, condannatemi, ma fatela finita; io ho bisogno di pace! Un po’ di comprensione, via…

    - Cara Signora, il punto è proprio questo: la Giustizia vuole ca-pi-re le motivazioni del suo gesto prima di stabilire una pena. Anzi, per quanto se ne sa fino ad oggi, lei potrebbe anche non essere passibile di alcuna pena.

    - Addirittura!

    - Certo! Se risultasse incapace d’intendere, il giudice potrebbe anche dichiararla non giudicabile.

    - E mandarmi a casa come non fosse successo nulla?

    - Beh, a casa proprio no… La manderebbe a farsi curare.

    - In ospedale?

    - Una specie.

    - In manicomio?

    - Una specie.

    Intervenne Petralia.

    - Dottoressa, la signora sembra prostrata. Chissà se, dandole un po’ di tempo, la prossima volta non decida di dirci qualcosa.

    - Hai ragione, Salvo; possiamo fare così.

    Nellina si alzò, si avvicinò al giovane e, con un luccichio negli occhi, gli sussurrò:

    - Grazie, Salvo. Posso chiamarla Salvo? Potrebbe essere mio figlio, sa?

    Egli arrossì e le porse la mano.

    - Certo, se le fa piacere.

    Figlia di un magistrato nisseno, la dottoressa Lisi si era laureata giovanissima in medicina e subito si era specializzata in psicologia criminale.

    - Guidi tu, Salvo?

    - Come vuole, Dottoressa.

    - Che fai stasera?

    - Stacco il telefono e mi guardo Italia - Australia.

    - Abbiamo qualche possibilità?

    - Con l’Australia? Non sanno neanche cos’è il pallone…

    - Nonostante Moggi e compagni, quando si tratta di mondiali mi appassiono anche io, ci credi?

    - Ci credo sì! Vorrei vedere…

    - Che pensi di questa donna?

    - Non mi pare cattiva.

    - Un po’ pazza?

    - Forse, ma non ne sarei tanto sicuro.

    - Come ti guardava! Le ricordi il figlio, sai? L’ha perso l’anno scorso.

    - Com’è andata?

    - Un banale incidente a soli ventisei anni; circa la tua età.

    - Poveretta!

    - Comunque, dobbiamo sapere tutto di lei; vita, morte e miracoli. Te ne vuoi occupare tu? Mondiali permettendo, naturalmente.

    - Lo farò con molto interesse. Quella donna soffre più di quanto vuole fare apparire.

    Il dottor Salvatore Petralia, da Sant’Agata di Militello, Messina, non aveva ancora nove anni quando, a seguito di una brutta storia di sangue, era rimasto orfano di entrambi i genitori. Per fortuna, a occuparsi di lui c’era stato un fratello della madre, certo Don Filippo Contarino, parroco in un piccolo centro del Peloritano, molto apprezzato in diocesi e forte di un discreto patrimonio. Dopo averlo portato alla laurea in legge, lo zio l’aveva raccomandato a un aiuto procuratore del Tribunale di Catania, affinché lo instradasse nella carriera di criminologo.

    Capitolo secondo

    1

    Nellina conobbe Antonio quando lei, dodici anni, e lui, quattordici, frequentavano la scuola media Lorenzo Vellini di Catania. Un giorno, durante una gita scolastica, lui le si era seduto accanto sull’autobus.

    - È la prima volta che vai a Siracusa?

    - Sì e tu?

    - Io ci sono stato due anni fa con mio padre.

    - È bella?

    - Non quanto te.

    - Io non sono bella.

    - Se tu non sei bella, allora io sono un rospo.

    - Ma che dici!

    - Certo, guarda che faccia!

    - Tu guarda le mie orecchie, non sembro un elefante?

    - Una bella elefantina…

    - Un bel rospino…

    Fantina e Spino esplorarono mano nella mano le meraviglie del mondo e mano nella mano conobbero i turbamenti d’amore. Dell’amore di quei tempi, quando i ragazzi erano meno liberi, meno fruitori dei loro corpi. Insieme, trovarono tutte le risposte alle tante domande dell’adolescenza e insieme, anno dopo anno, entrarono nell’età adulta. Dopo tanta splendida leggerezza e gratuità di vita, cominciarono le responsabilità. Antonio si iscrisse a Ingegneria e Nellina si diplomò Maestra. Passati due anni, lui poi dovette trasferirsi al nord per completare il corso di laurea, mentre lei dovette restarsene a Catania, a condividere la mestizia della madre vedova.

    Mio adorato Spino,

    ho ancora negli occhi la tua espressione allorché il treno cominciò a muoversi. Che pena vederti così abbattuto! Ma hai torto! Ricordi come siamo stati felici?Lo saremo di più al termine di questa separazione! Di più… Possibile? Io non credo. O, sì?

    In quanto ai tuoi timori, stai tranquillo, perché se anche mi si presentasse il Principe Azzurro in persona, io non me ne accorgerei, poiché i miei occhi sono tutti pieni della tua immagine, le mie orecchie tutte piene delle tue parole, il mio cuore tutto pieno del tuo amore, la mia mente tutta piena dei tuoi pensieri. I miei e i tuoi pensieri li sento tanto mischiati che spesso non so se sono io a concepirli o tu, dentro di me. Mi sento una sola persona con te e vivo soltanto per assaporare ogni istante di questa cosa meravigliosa che ci unisce.

    Negli ultimi tempi non mi pare che ci siamo massacrati sui libri… E come potevamo! Sospetto che tu sia stato più produttivo di me. Perché sei più forte, più volitivo, più intelligente? Macché: semplicemente perché io ti amo di più. Se tu mi amassi quanto ti amo io probabilmente non saresti riuscito a portare a termine il biennio.

    Ieri, quando sono tornata a casa, ho avuto una lunga conversazione con mamma. Sai che lei parla poco di sé, ma ieri abbiamo avuto uno di quei momenti in cui come per incanto cadono tutte le barriere. Le ho detto dei nostri progetti. Sulla sicurezza del nostro rapporto penso di averla rassicurata. Che vuoi farci, è sola e questo la rende paurosa e ansiosa. Non sa che, dopo la morte, una sola cosa è sicura in questo mondo: il nostro legame.

    Aspetto di conoscere ogni dettaglio della tua sistemazione nella freddissima Milano. Se i pensieri potessero scaldare, nessun milanese starebbe al calduccio quanto te.

    Ti amo, ti amo, ti amo.

    Sempre tua Fantina

    E lui:

    Mia dolcissima Fantina,

    ho aspettato che arrivasse la tua prima lettera perché ho avuto tanto da fare con la mia sistemazione in pensione e i contatti con l’università.

    Prime impressioni? Molte cose da noi non vanno, ma in compenso ne abbiamo altre che si accordano perfettamente con i bisogni primari dell’uomo: clima e natura, ad esempio, che qui lasciano parecchio a desiderare.

    Mi parli del mio sconforto… Ma se ti ho lasciata che sembravi un cencio!

    Comunque, potevamo scoppiare di felicità separandoci?

    Ci pensi quando vivremo insieme e i nostri figli ci chiameranno mamma e papà?

    A mente fredda devo ammettere che hai avuto ragione a opporti… a ciò che sai. Invece, sarà così bello la prima volta!

    Sì, sì, io sono tranquillo per te e vorrei che anche tu lo fossi per me. Come potrei tradirti e continuare a guardarti negli occhi? Lo capiresti e ti perderei; ma al di là di questo, credo proprio che non ne sarei capace. Stai serena!

    Anche io a volte mi sorprendo a ragionare con la tua mente. Ormai ci siamo tanto compenetrati l’uno nell’altra che è difficile distinguere dove finisce Antonio e comincia Nellina e viceversa.

    Ho tanta nostalgia dei tuoi baci, delle tue mani, del tuo odore.

    Non per niente tua madre è tua madre! Io le voglio bene come se fosse anche mia. Se poi vorrà stare con noi, ne sarò felice.

    Sì, mi dicono che in pieno inverno qui il freddo sarà pungente. Mi raccomando, dato che sono caloriferi, non farmi mai mancare i tuoi pensieri.

    Sono sicuro che presto avrai le prime supplenze.

    La prossima volta ti darò ogni dettaglio sulla mia sistemazione. Ti amo, ti amo, ti amo.

    Sempre tuo

    Spino

    2

    I genitori di Antonio, papà Turiddu e mamma Vera, erano approdati a quell’età che prelude alla vecchiaia. Subito dopo, gli anni cominciano ad ammucchiarsi uno sopra l’altro e chi si trova in questa china viene assalito dall’ansia dei bilanci, si volta indietro, cerca conclusioni, si dibatte in mille interrogativi, finché, preso dallo stupore, spesso esclama: "Tutto qui? E io che credevo…", e simili piacevolezze.

    Era uno splendido giorno di primavera quando l’ingegnere Costanzo, mentre discuteva animatamente in cantiere col suo geometra, improvvisamente si stracanciò in faccia e si accasciò al suolo.

    - ‘Nngigneri! Madonna mia, ‘Ngigneri, chi fu, chi si senti!

    - Prestu, Tinu chiama aiutu… - riuscì egli a farfugliare prima di perdere i sensi.

    Riprese coscienza in una stanza tutta bianca. Di fronte a lui, sfatta e cerea, la moglie, tremante, lo fissava con gli occhi sgranati.

    - Vera… Veruccia, come hai fatto a venire così presto? È stato Tino a chiamarti? Il solito tragediatore! Ho avuto solo un piccolo malessere, stai tranquilla…

    - Gioia, l’abbiamo passata brutta, sai? Sono stati due giorni d’inferno, ma il Professore adesso pare più ottimista. Tino dice che sei caduto a terra proprio quando stavi per salire sul ponteggio. Bastava un attimo e sarebbe successo lassù, ci pensi?

    - Ma che dici, due giorni… Ed Erminia? Chissà che paura si sarà presa… E Antonio? Non gli dire niente, non lo fare spaventare; da lontano tutto sembra più nero…

    - Sono dietro la porta, sul corridoio, tutti e due.

    - Antoniucciu è ca?

    - Turiddu, come potevo non avvertirlo…

    - Un batter di ciglia e ogni cosa svanisce; così… semplicemente. Veruccia, falli entrare, li voglio vedere.

    - No, il Professore non vuole, ha fatto un’ eccezione solo per me.

    - Sti carusi ancora da sistemare...

    - Li sistemerai, non temere; il Padreterno ha voluto solo avvertirci…

    Nellina capì che non era solo la vita dell’ingegnere in pericolo. Amore mio, pensa solo a tuo padre, non pensare a me; io capisco, stai tranquillo..., aveva detto al suo Spino. Non penso a te? E come faccio a non pensare a te?, le aveva risposto lui, abbracciandola e baciandola come mai prima.

    3

    Ad Assoro, nell’Ennese, dove si trovava per una supplenza, un giorno, al rientro dalla scuola, Nellina ricevette dall’affittacamere una lettera, che a prima vista le sembrò diversa dalle solite provenienti da Milano: era di Erminia.

    Cara Nellina,

    ti scrivo per dirti lealmente il mio pensiero: in seguito alle condizioni di salute del mio adorato papà, la situazione della nostra famiglia è diventata molto seria e problematica.

    A scanso di equivoci, ti dico sinceramente che provavo e provo per te grande simpatia, la quale tuttavia non sarebbe importante se ad essa non si aggiungesse la più viva ammirazione per le virtù di cui ti so adorna. Quindi, se il destino lo avesse voluto, ti avrei accolta con grande gioia come una sorella.

    Purtroppo, Nellina cara, non sempre la vita ci consente di tradurre in realtà i sogni più belli.

    Io so bene quanto profondi e seri siano i sentimenti del mio troppo giovane ed impulsivo fratello nei tuoi riguardi ed è, quindi, con dolore che mi decido di compiere il passo increscioso di troncare le vostre illusioni.

    Papà mio quando verrà fuori dall’attuale condizione non sarà più in grado di lavorare come prima, dovrà riguardarsi, non potrà avere emozioni e dispiaceri, la sua vita insomma sarà sospesa ad un tenue filo perché il suo povero cuore potrebbe tornare a spezzarsi sotto il primo lieve urto. Inoltre, la broncopolmonite con complicazioni pleuriche, che lo assedia ormai da tre settimane, fa sì che la sua ferita al cuore si rimargini molto più lentamente.

    Antonio, se Dio vorrà, dovrà conseguire un lungo tirocinio che dopo la laurea lo impegnerà per altri anni ancora. Sarà quel che sarà; io non ho ancora definito il mio avvenire.

    Così stando le cose e nella speranza che Iddio conceda a mio padre la gioia e la soddisfazione di vedere arrivare mio fratello al traguardo, credi che sarebbe onesto da parte di quest’ultimo abbandonarci quando più pressante sarà il nostro bisogno? Ti so troppo diritta per dubitare della tua risposta.

    Tutto questo, tradotto in termini di cruda realtà, significa che se Antonio vuol compiere almeno in parte i suoi doveri, dovrà attendere, prima di sposare, da otto a dieci anni. Non solo, ma si troverà anche nella necessità, se vorrà ottenere un qualche successo nella sua carriera, e una non effimera felicità nella sua vita, di sposare a suo tempo una ragazza che ti rassomigli nelle virtù, ma che sia giovane e molto ricca. E bada - te lo ripeto perché è la pura verità - che non si tratta affatto di basso calcolo ma di una necessità reale e ineluttabile, anche se mio fratello, nella giovanile concezione della vita e negli impulsi del suo cuore, a tutto questo non ha mai pensato.

    Ora, poiché ti sono molto vicina per una somma di affinità che ci accomunano, penso sarebbe una grave colpa da parte mia se non aprissi i tuoi occhi e se, ingannandoti, ti lasciassi sul filo di un destino che il troppo lungo corso degli anni potrebbe non far mai maturare. Perché in queste condizioni di incertezza dovresti sfiorire nell’attesa e perdere probabilmente altre buone occasioni che certamente non potranno mancarti e che darebbero alla tua vita una sistemazione forse meno romantica, ma certamente più sicura e tranquilla?

    Perdonami, cara Nellina, se con la presente ti arreco un dolore crudele, ma ho ritenuto di non dovere tacere la verità per malintesa debolezza verso due persone che mi sono care e per le quali una prolungata illusione potrebbe comportare fatali conseguenze.

    Con tutta la mia stima.

    Ti abbraccio con affetto.

    Erminia

    Terminata la lettura, Nellina si comportò come niente fosse stato: quelle parole avrebbero provocato uno sconquasso nel suo animo anche senza la sua partecipazione attiva, quindi tanto valeva lasciarle fare per un po’. Diamo loro tempo; poi vedremo cosa avranno combinato…, si era detta, mettendo la lettera in borsetta.

    - Signorina, buone notizie? - le chiese donna Carmela, che per tutto il tempo aveva scrutato ogni suo batter di ciglia.

    - Beh, proprio buone non direi. È una mia amica che mi parla dei suoi problemi; ma chi non ne ha di problemi…

    - Volevo chiederle di Interlandi Domenico. È figlio di mio fratello, sa?

    - Ah, è suo nipote? È un ragazzino sveglio. Sì, sì, penso che andrà bene, ma potrò essere più precisa fra qualche giorno. Se me ne daranno il tempo, beninteso.

    - Perché, non resta tutto l’anno?

    - Sarebbe bello, cara Signora; io ci sto benissimo qui da lei, ma purtroppo il mio incarico durerà fino al rientro della titolare.

    - Oh, mi dispiace; mi stavo abituando alla sua compagnia. Cosa vuole che le preparo da mangiare?

    - A me piace tutto, signora, non stia a preoccuparsi.

    Nellina fece passare due giorni col problema sospeso sulla testa, finché non ripescò dalla borsetta la letterina e la ripercorse parola per parola, virgola per virgola.

    Chissà quante notti avrà impiegato Erminiuccia mia per scrivere tutte queste stronzate! Devo ammettere, però, che è riuscita a farne un capolavoro… Dovrei farle i complimenti... Ma è lei che scrive, o è tutta la famiglia a farlo per mano sua? Sapendola saputella, potrebbero averle assegnato questo compitino…

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