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Terra Vorace - Libro degli elementi secondo
Terra Vorace - Libro degli elementi secondo
Terra Vorace - Libro degli elementi secondo
E-book329 pagine4 ore

Terra Vorace - Libro degli elementi secondo

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Info su questo ebook

Devon Sanders, un investigatore privato noto per la sua efficienza e discrezione, è determinato a diventare un bravo mago. Torna all'università per paranormali, pronto a imparare la magia e a scoprire la storia del castello. Sfortunatamente la vita a Quintessenza non è mai semplice.

Quando uno studente muore senza alcuna causa apparente, la ricerca di un testimone porta Devon a scoprire che Quintessenza nasconde più segreti di quanto potesse mai immaginare. Per salvare il mondo paranormale di cui adesso fa parte, dovrà affrontare un nemico che può usare il suo potere contro di lui. Devon dovrà far affidamento su qualcosa in più che il suo eccezionale istinto per risolvere questo caso.

La magia sta negli elementi.

LinguaItaliano
EditoreBadPress
Data di uscita22 ott 2016
ISBN9781507160022
Terra Vorace - Libro degli elementi secondo

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    Anteprima del libro

    Terra Vorace - Libro degli elementi secondo - Rain Oxford

    Capitolo 1

    Era buio pesto e sentivo una presenza malevola tutto intorno a me. Non era un nemico in carne e ossa che si poteva uccidere. Sentivo la forma rassicurante di una torcia nella mia mano, quindi attinsi al potere dentro di me, mi concentrai sul calore della fiamma e lo inviai in cima alla torcia. Quando il fuoco inghiottì la cima della torcia, le ombre furono scacciate via. C'era qualcosa d'innaturale, come se le ombre si stessero spostando invece di essere penetrate dalla luce.

    Il mio istinto non sbagliava mai: qualcuno mi stava osservando, anzi mi stava dando la caccia.

    Ero in una caverna asciutta e il terreno saliva verso l'alto con parecchia pendenza. Dietro di me c'era un muro, quindi c'era solo una direzione in cui andare. Attraversai cunicoli ampi come treni e strettoie attraverso le quali passavo a malapena con molta prudenza: più procedevo in avanti, più l'aria diventava secca.

    Finalmente, dopo quelle che mi erano sembrate ore, arrivai in un'enorme caverna con una torre di pietra al centro. Era larga circa quattro metri e alta circa dodici. Sparse tutto intorno c'erano porte di legno massiccio, su ognuna delle quali c'erano incisi strani simboli e disegni. Nessuna di quelle porte sembrava avere un meccanismo di apertura, né una maniglia. Ne spinsi una ma non si spostò nemmeno di un millimetro, per quanti sforzi facessi.

    Studiai i simboli sulle porte con più attenzione. Quando arrivai all'ultima porta, il palmo della mano cominciò a pizzicarmi, perciò tesi la mano verso la luce per osservarla. Non c'era nulla sulla mia pelle, ma avevo la sensazione che avessi ricevuto una bruciatura. Mi ci volle solo un attimo per capire che le righe che sentivo bruciare sulla mia mano erano le stesse che c'erano sulla quarta porta.

    Ero un uomo prudente per natura, quindi mi stupì vedere che avevo rivolto il palmo nuovamente verso la porta.

    Una mano mi fece abbassare il braccio e un'altra mi chiuse la bocca per impedirmi di urlare. «Io non lo farei se fossi in te: nel momento in cui darai loro quello che vogliono, non avranno più bisogno di te».

    Anche se conoscevo quella voce, l'accento inglese mi era sconosciuto e m'impedì di identificare quell'uomo. Come se fosse stata sopraffatta dall'oscurità, la fiamma della mia torcia si spense con un guizzo violento e improvviso.

    *      *      *

    Qualcosa mi dava leggere pacche sulla bocca. Era una sensazione strana, ma era leggero e non minaccioso, quindi lo ignorai. Mi diede uno scossone più deciso sulla guancia. Peloso…?

    Poi sentii un sibilo stridulo solo un secondo prima che dei denti aguzzi azzannassero il mio orecchio. Imprecai e cacciai il gatto demone, ma lui riuscì a evitare le mie braccia mezzo addormentate che si dibattevano. «Dannazione, Fantasma! Ti avevo detto di non farlo!»

    Per tutta risposta, ringhiò irritato.

    «Non mi alzerò prima che la sveglia…» Fui interrotto dallo squittio della mia sveglia. Con un sospiro, la cercai a tentoni e invece di spegnere la sveglia, colpii il gatto.

    Mi diede un morso.

    Lo colpii più forte.

    Balzò sul mio petto, strappandomi un gemito di dolore. Il gatto demoniaco era pesante e aveva gli artigli sfoderati: era una bestia dispettosa e orribile, ma tecnicamente mi aveva salvato la vita… dandomi un gesso.

    Finalmente aprii gli occhi appena in tempo per vederlo sparire. Al suo posto c'era una lettera, che sapevo di dover leggere immediatamente: le uniche lettere che Fantasma mi portava erano del suo padrone, mio zio Vincent. La lettera era prolissa, come sempre, e con una scrittura angolosa in inchiostro verde scuro.

    Caro Devon,

    è arrivato il momento che tu cominci il secondo cerchio a Quintessenza. Spero che tu ti sia preparato adeguatamente per lavorare accanto ai compagni di classe vampiri. Come sai, diversi studenti di Quintessenza, soprattutto fate, hanno deciso di andarsene piuttosto che proseguire la propria istruzione in mezzo ai vampiri. Poiché questo è il tipo d'intolleranza che vorremmo far sparire dalla comunità magica, Logan ed io speriamo che vorrai fare da tramite.

    Mi dispiace doverti informare che il consiglio dei maghi ha deciso di onorare Quintessenza della sua presenza. Pensano che il loro coinvolgimento sia vitale per il successo dell'integrazione dei vampiri con il resto della comunità paranormale. Sospetto che abbiano altri motivi per farlo e vorrei che tu investigassi.

    In questo momento non posso occuparmi del consiglio io stesso ma Fantasma può aiutarti. Anche se capisco perché tu abbia dei conflitti con i vampiri, credo che tu sia la persona migliore per questo lavoro e non lo chiederei a nessun altro.

    Come sai, il tuo secondo semestre comincerà il ventisei Gennaio. Tuttavia, in base ai recenti avvenimenti, Logan ed io abbiamo deciso di prendere alcune precauzioni. Per questo motivo Logan ti raggiungerà al residence e non dovrai lasciare il tuo appartamento fino al suo arrivo.

    Con affetto,

    Tuo zio

    Sospirai. Conflitti personali… Era un eufemismo. Avevo imparato la strada dall'acqua, secondo Remy. Potevo fidarmi delle persone… ma non potevo fidarmi dei vampiri. Per quanto desiderassi farlo, non riuscivo a perdonare Astrid per quello che mi aveva fatto. Ogni volta che accarezzavo soltanto l'idea di fidarmi di un vampiro, vedevo mia madre che sanguinava sul pavimento.

    Un miao irascibile mi fece capire che Fantasma era tornato. Con aria distratta, accarezzai la testa del gatto quando si avvicinò a me sul letto. Fece le fusa e scese dal letto. Ritirai la mano giusto in tempo per evitare i suoi artigli affilati. «Ti odio, gatto» dissi.

    Mi guardò e fece le fusa ancora più forte.

    «Dannato pazzoide lunatico. Dì a Vincent che sarò diplomatico con i vampiri fin quando terranno le zanne a posto».

    Svanì… e si lasciò dietro una seconda lettera.

    Caro Devon,

    Quasi dimenticavo, Fantasma mi ha detto che stai per ricevere una visita. Faresti meglio a nasconderti.

    Con affetto,

    Tuo Zio

    «Una visita?» Guardai la lettera fin quando cominciò ad accartocciarsi tra le mie dita. «Intende una visita paranormale o che altro?»

    Il mio cellulare squillò, facendomi sobbalzare. Tesi una mano per prenderlo ma poi mi trattenni: dovevo essere prudente. I miei clienti pensavano che rifiutassi le chiamate di proposito, invece uno degli sfortunati effetti collaterali del mio nuovo potere era che a volte l'energia si sprigionava da me come se fosse elettricità. Come dei piccoli sbalzi di tensione elettrica, mandava in tilt i congegni elettronici sia piccoli, sia complicati, incluso il mio telefono.

    Quelle scintille avevano anche fuso il computer del mio ufficio, che non mi ero premurato di sostituire perché anche quello sarebbe andato in tilt.

    Aspettai un momento e poi presi il cellulare con cautela dal mio comodino. Il mio Motorola era poco più che uno scarto. Controllai chi mi stava chiamando e non mi sorprese vedere che era una chiamata anonima. Premetti lo schermo per rispondere. «Pronto?»

    «Ehi, amico, pensavo che te ne fossi già andato».

    Sospirai. «Allora perché mi stai chiamando?»

    «Beh, mi hai detto di prendermi cura di tua madre mentre tu non c'eri.  Pensavo che avresti dovuto sapere che Regina l'ha fatta andare su tutte le furie l'altro giorno. L'infermiera ha detto che Regina parlava di bambini e di come voi due stavate cercando di sistemare le cose tra voi. Forse non è il momento migliore per partire».

    Merda.

    «Sai, se ti trasferissi a Chicago, Regina ti seguirebbe… Immagino che le ci vorrebbe poco per inimicarsi anche la mafia… sì, insomma… era solo un suggerimento».

    «Non mi trasferirò a Chicago. Adesso metto giù. Ricorda all'infermiera di mia madre che Regina non deve avvicinarsi a mia madre. Dille che la licenzierò se Regina sarà a meno di quindici metri da mia madre».

    Riagganciai: non ero stato maleducato, avevamo stabilito la regola dei tre minuti. Marcus ed io non parlavamo mai al telefono per più di tre minuti e facevamo estrema attenzione a non pronunciare mai il suo vero nome. Anche se di recente avevo ucciso mio padre ed ero stato quasi premiato per questo, Marcus aveva visto suo padre uccidere sua madre ed era quasi stato ucciso per aver chiamato la polizia.

    Qualcuno bussò alla porta e il mio istinto urlò per il pericolo: fuori dalla porta c'era una qualche creatura maligna. Quindi, naturalmente, aprii la porta.

    «Che diavolo ci fai tu qui?» chiesi alla rovina della mia vita.

    Regina alzò gli occhi al cielo e mi passò oltre per entrare nel mio appartamento. «È forse questo il modo di parlare a tua moglie? Per quanto tempo hai intenzione di portare avanti questa stupida farsa? Ti stai comportando in modo ridicolo». Arricciò il naso per il disgusto mentre studiava il mio appartamento.

    Regina aveva trentacinque anni, era magra e aveva i capelli biondi, quasi bianchi, e morbidi e gli occhi color nocciola. Era eccezionalmente bella all'esterno. Indossava una maglietta leggera grigia e molto scollata che le arrivava fin quasi alle ginocchia e pantaloncini neri che sporgevano solo leggermente al di sotto. La maglietta era talmente leggera che riuscivo a vedere il reggiseno di raso nero. Conoscendo Regina, avrei scommesso che la sola maglietta costava più di un mese di affitto.

    Guardando il suo aspetto e il suo sorriso innocente, un uomo avrebbe pensato di aver trovato la donna della sua vita. A me era successo.

    Sfortunatamente Regina era un serpente per molti aspetti: era un genio nella manipolazione e nel sembrare ingenua e altruista, quando in realtà era amichevole e altruista quanto un serpente. Ascoltava solo quello che le faceva comodo, per questo credeva che il nostro divorzio fosse solo una fase che stavo attraversando.

    «Non riesco a capire perché devi lavorare sui tuoi problemi in una discarica del genere. Dico sul serio, i nostri vicini cominciano a parlare».

    Lei ne sapeva qualcosa: passava il novanta per cento del suo tempo a casa a spiare i vicini. Ovviamente per la maggior parte del tempo era fuori a giocare a bingo, a piazzare scommesse o a fare spese. «Che cosa ci fai qui?»

    «Non parlarmi con quel tono, Devon Sanders. Non m'importa che cosa stai facendo qui» disse indicando il mio appartamento con un cenno della mano. «Ci sono dei conti da pagare a casa. Ho parlato con tua madre e lei mi ha dato ragione. Abbiamo deciso che dovresti andare da un terapeuta. Sì, insomma, so che sarà costoso ma ne vale la pena. Ovviamente tutto questo ti è successo perché hai lavorato troppo, perciò ho trovato un ottimo terapeuta per aiutarti a superare questa cosa».

    «Regina, ti ho lasciato perché mi tradivi, non perché lavoravo troppo per pagare i tuoi debiti di gioco». Andai in cucina nella speranza di poter mettere una porta tra di noi. Poiché era un appartamento open space, presi una bibita dal frigorifero e sbattei lo sportello più forte del dovuto invece. Mi venne in mente un'immagine divertente: avrei potuto metterla in uno di quei grossi congelatori. Sfortunatamente non ne avevo uno.

    Il suo viso divenne improvvisamente l'essenza del dolore. «Come hai potuto dire una cosa del genere? Sai che ti ho perdonato perché non eri mai a casa e sai che è stata colpa tua per non avermi dato l'attenzione che meritavo. Non ti ho tradito, ho soltanto trovato qualcun altro che mi ha dato quello di cui avevo bisogno».

    Fece una pausa e aspettò che le dessi ragione.

    Quando non dissi nulla, strizzò gli occhi per la rabbia. «Sono stufa del tuo egoismo. So che hai in mente qualcosa perché sono sei mesi che non vai a trovare tua madre. Tornerai a casa stasera. Il tuo appuntamento con il terapeuta è domani mattina alle nove. Ho detto ai nostri vicini che stiamo andando a lezione di yoga, questo spiegherà perché esci ogni mattina».

    Versai metà della mia bibita nello scarico e poggiai i gomiti sul bordo di metallo. Era il momento in cui le cose cominciavano ad andare male, sentivo il calore crescere nel mio petto. Cercai di pensare di trovarmi seduto in riva al lago a dar da mangiare al kappa oppure seduto al mio tavolo con una tazza di caffè in mano la mattina… ma Regina non chiuse il becco. Ogni singolo pensiero felice fu risucchiato dal suo incessante lamentarsi, criticare e chiedere.

    Cercai di ripensare ai momenti felici con lei… un momento felice qualsiasi… ma non mi venne in mente nulla. Ci dovevano essere stati dei momenti felici, giusto? Il nostro primo appuntamento oppure quando c'eravamo conosciuti… Mi ricordai il locale in cui faceva la cameriera. Ero seduto da solo, concentrato sul caso sul quale stavo lavorando e non avevo guardato due volte la cameriera, fin quando lei non mi aveva portato il conto.

    Era meravigliosa e aveva un sorriso dolcissimo. Parlava con voce morbida e rispettosa, quasi timida. Mi lasciò il suo numero sulla ricevuta e pensai che la pelle d'oca che mi era venuta fosse dovuta al caso sul quale stavo lavorando.

    «…Ovviamente pensano che tu sia stato via per lavoro. Sì, insomma, non possono certo sapere che sei stato a spassartela in preda a una crisi di mezz'età. Oh, a proposito, il modello più recente di quell'auto lo fanno anche blu metallico, perciò l'ho ordinata, ma ci sono stati dei problemi con la tua carta di credito. Ero così imbarazzata, non puoi neanche immaginarlo. Ho dovuto chiamarli e spiegare loro che sono tua moglie e che…»

    «Regina!» Persi il controllo, il mio potere fu rilasciato e le luci tremolarono violentemente. «Fuori di qui!» La guardai giusto in tempo per vedere la sua espressione sconvolta prima che si voltasse e andasse verso la porta. Mi sentii in colpa per aver usato i miei poteri su di lei. «Aspetta! Ferma». Merda, pensai quando si fermò. Non volevo che si fermasse sul serio.

    Prima che la mia mente potesse cominciare a leggere i suoi pensieri e i suoi ricordi, mi costrinsi a lasciar stare. Era più facile quando non parlava. Barcollò e dovette recuperare l'equilibrio afferrando il tavolino.

    «Mi dispiace» dissi. «Non volevo».

    Si sedette sul tavolo, chiaramente scossa, e non mi guardò. «Non mi hai mai gridato dietro prima di ora. Non mi ami più sul serio?»

    Volevo dirle che non l'avevo mai amata, ma mi fermai. Anche se aveva bisogno di voltare pagina, non volevo che ne restasse emotivamente ferita. «No, non ti amo».

    «Hai conosciuto un'altra, vero?» I suoi occhi si riempirono di perfette lacrime di coccodrillo.

    «C'è qualche problema?»

    Ci voltammo entrambi e trovammo Clara Yocum sulla soglia della mia porta, che pensavo di aver chiuso. Clara era tra le dieci donne più belle che avessi mai visto in vita mia, ma era anche tra le cinque persone in assoluto che non avrei più voluto vedere.

    La sua carnagione chiara era impeccabile, i suoi lineamenti erano perfetti in proporzioni e forma e i suoi occhi bordeaux sembravano più esotici che innaturali. Aveva i capelli lunghi e viola scuro l'ultima volta che l'avevo vista, ma adesso erano blu scuro. Indossava una maglietta rosso sangue, pantaloni di pelle nera e una giacca di pelle nera in coordinato.

    Se Regina era un serpente, Clara invece era una bomba atomica: quella donna non era soltanto un vampiro ma era anche regale. Avrebbe potuto massacrare una città e nessuno avrebbe potuto fermarla. E si occupava della divisione di vampiri a Quintessenza.

    «Non m'inviti a entrare? Oppure devo bussare prima?»

    Sapeva di Astrid. «Preferirei invitare John Cross nel mio appartamento piuttosto» ringhiai.

    «Oh, che parole dolci». Abbassò il tono di voce per sembrare seducente. «Su, Devon, sai che lo vuoi». Mi guardò negli occhi, assolutamente incurante dei miei poteri.

    «Lascialo in pace, Clara» disse Remington facendo spostare il vampiro. Remy entrò nel mio appartamento e guardò Regina come un gatto avrebbe guardato una pulce. «Questa chi è?» mi chiese, ovviamente non impressionata dalla mia ospite.

    Avrei voluto fare un commento cattivo, ma me lo rimangiai. «Regina».

    Sogghignò. «La tua ex moglie? Davvero?»

    Regina si alzò con il viso rosso per la rabbia. «Devon, non starò qui a farmi insultare da quelle sgualdrinelle delle tue amiche. Spiegherai loro che sono ancora tua moglie e poi ce ne torneremo a casa e ci metteremo tutta questa stupida storia alle spalle».

    «Quale parte del nostro divorzio non hai capito? Non sono più tuo marito e tu non sarai mai più mia moglie in nessun modo o forma».

    «Come puoi parlarmi così davanti a queste persone?!» strillò Regina.

    «Devon, non m'inviti davvero a entrare?»

    «Perché diavolo sei venuta qui?» chiesi.

    Sospirò. «Non vorrei far scoppiare la tua bolla di felicità». Fece un passo avanti, si fermò e poi andò verso Remy. «Non abbiamo bisogno di un invito, è solo una leggenda» spiegò con una smorfia compiaciuta.

    Controllai il corridoio: se Clara mi avesse attaccato, non sarei riuscito a raggiungere la mia pistola, sapevo quanto potesse essere veloce un vampiro. «Dov'è Hunt?» chiesi.

    «Mio padre si è trattenuto a parlare con il tuo padrone di casa» disse Remy. «Clara ed io abbiamo saputo che avevi un ospite e abbiamo pensato che forse avessi bisogno di una mano. Rosin deve occuparsi della scuola perché Rebecca se n'è andata e April si sta nascondendo dal consiglio, quindi Clara è dovuta venire con noi».

    Non conoscevo Clara abbastanza da immaginare come si sarebbe comportata. Sapevo che non era probabile che attaccasse me o la mia ex moglie in presenza di Remy. Tuttavia non avrei mai potuto immaginare quello che in realtà fece: Clara afferrò la scollatura della maglietta di Regina, la tirò a sé e la baciò.

    Regina gemette e afferrò la giacca di Clara senza forze, senza avvicinarla a sé ma nemmeno respingendola. Probabilmente guardare era da maleducati, ma non succedeva spesso che due donne bellissime e malvagie si baciassero davanti a me.

    Remy si schiarì la voce. Clara si tirò indietro di qualche centimetro e la mia ex aprì gli occhi. Clara sorrise. «Adesso andrai a casa e non disturberai mai più Devon e sua madre».

    Regina batté le palpebre con aria vacua e se ne andò senza dire una parola.

    «Non attecchirà mai» dissi.

    «Una persona testarda a volte può non essere ammaliata da un vampiro, ma nessuno può resistermi quando lo bacio».

    «Perché l'ammaliare dei vampiri non è una leggenda, mentre l'aver bisogno di un invito lo è? Non sembra giusto nei confronti degli umani».

    «Non è tanto diverso dal potere che hai tu» disse.

    Rabbrividii al pensiero che tutti i vampiri avessero gli stessi poteri di John Cross. Astrid ha forse usato il suo potere su di me? «La persona in questione se ne ricorda?»

    «No, se noi non vogliamo che succeda».

    Hunt apparve alla mia porta. «Se avete finito di giocare, suggerisco di andare» disse.

    Le mie valigie erano già pronte. Non riuscii a trovare il libro di Vincent, ma non me ne preoccupai perché ogni tanto spariva. Dieci minuti dopo salimmo a bordo di un SUV. Stranamente non mi preoccupai quando Clara si sedette alla guida. Sicuramente i suoi riflessi da vampiro la rendevano un pilota impeccabile e sicuro. Dopo aver affrontato la guida di April Nightshade, pensavo che nessuno avrebbe potuto spaventarmi quanto lei. Quando Clara s'immise in strada con attenzione, si fermò troppo a lungo ai segnali di stop e si tenne cinque miglia al di sotto del limite di velocità, mi rilassai al pensiero che sarebbe stato un tragitto tranquillo.

    Poi entrò in autostrada.

    A quel punto accelerò fino a sessanta miglia oltre il limite.

    *      *      *

    Quando arrivammo all'università paranormale, mi sentii come se fossi stato sulle montagne russe per ore. Poiché Clara aveva affrontato le seicento miglia di viaggio in cinque ore, mi sentivo leggermente scosso.

    «Tuo padre sa quanto corri in auto?» chiese Hunt quando Clara spense il motore.

    Fece una smorfia. «Sì, scusate. So che è stato un viaggio tremendo ma papà ha cercato di farmi ragionare supplicandomi di rallentare. Di solito vado al doppio della velocità. In questo momento ha molti altri pensieri, perciò cerco di darmi una regolata».

    Hunt tese una mano e le chiavi volarono su di essa come attratte da una calamita. Cercò di passarle a Remy, che era seduta accanto a me sul sedile posteriore, ma lei le guardò come se avesse a che fare con un serpente. «Adesso guidi tu» disse a sua figlia.

    «Non so guidare».

    Sospirai e presi le chiavi a Hunt. «Io so guidare. Qualcuno di voi ha la patente?»

    «Perché dovremmo avere la patente?» chiese Clara con aria innocente.

    Misi le chiavi in tasca, presi le valigie e uscii dall'auto.

    «Riceverai gli orari delle lezioni in mattinata dal tuo nuovo insegnante di elementi. Ricorda che ti servono diciotto crediti per passare da quest'anno in poi» disse Hunt. «La tua stanza è sempre la stessa».

    «E Henry e Darwin?»

    «Sono sempre i tuoi compagni di stanza. Se preferisci cambiare…»

    «No, va benissimo. È solo che mi preoccupavo di avere in stanza qualcuno come Jackson o un vampiro».

    «A dire il vero, i vampiri dormiranno in un'area particolare sotto terra» spiegò Hunt. «Per la loro sicurezza, abbiamo deciso che non devono dormire accanto agli altri studenti».

    «E il consiglio dei maghi che cosa ne pensa?»

    «Il consiglio dei maghi non deve per forza sapere tutto».

    Sospirai e mi girai verso il castello. «Ehi, non c'era una torre laggiù?» chiesi indicando una parte del tetto.

    «Davvero?»

    Erano le due del pomeriggio, quindi il castello non sembrava buio e minaccioso come sempre. A dire il vero, i cumuli di neve sul tetto e nel cortile lo rendevano quasi pittoresco. Quasi. Se la struttura eccentrica del castello non bastava a far capire che non si trattava di una scuola normale, c'era anche un leone adulto addormentato sull'erba tra il castello e i dormitori.

    «Vado a sistemare la mia roba». Andai verso i dormitori di corsa per allontanarmi dal vampiro. Aprii la porta d'ingresso e mi fermai appena in tempo per evitare di essere travolto da due tigri: Zhang Wei stava rincorrendo Li Na, ma sapevo che stavano solo giocando.

    Quando arrivai nella mia stanza, vidi la collezione di libri di Henry già sistemata accuratamente sugli scaffali. Il mutaforma giaguaro soffriva di un leggero disturbo ossessivo compulsivo per quanto riguardava l'organizzazione. A volte Darwin spostava uno dei suoi libri o una delle sue matite di un centimetro o due e quando Henry tornava lo sistemava prima di fare qualunque altra cosa.

    Svuotai le valigie e andai verso la sala da pranzo, dove vidi i tavoli messi da parte e una dozzina di studenti in cerchio. Pensando che stessero per litigare, cosa che succedeva spesso a Quintessenza, stavo per tornare nella mia stanza. Tuttavia ero curioso. Andai verso il gruppo e restai perplesso riguardo quello che vidi: un serpente nero che si contorceva tra le fiamme. C'era un liquido chiaro sul pavimento che era in fiamme, mentre il serpente lungo un metro si dimenava all'interno.

    «Che diavolo sta succedendo?» chiesi.

    «Non è ferito» disse Becky. Non mi ero accorto di trovarmi accanto a lei fin quando non aveva parlato. «Non è fuoco vero, è solo un'illusione». In quel momento il fuoco si spense e il serpente si mutò in un ragazzino dai capelli neri. La maggior parte degli studenti del gruppo cominciò ad applaudire.

    Andai a prendere un vassoio e mi sedetti al solito posto, anche se era stato spostato di qualche metro più vicino al muro. Con mia sorpresa, Becky si sedette accanto a me ma si sistemò gli occhiali e concentrò la sua attenzione sul cibo, che era solo un paio di fragole e un po’ di broccoli.

    «Non hai molta fame?» chiesi.

    Fece spallucce. «Mio padre si preoccupa per i vampiri, ma poiché è convinto che non bevono il sangue dei vegetariani, mi ha permesso di continuare la mia istruzione se non mangerò carne».

    La studiai per un attimo: anche se i suoi occhiali grandi e spessi coprivano gran parte del suo volto, pensai che dovesse avere almeno diciannove o vent'anni. «Paga lui i tuoi studi?»

    «No, ma poiché mio padre è Grayson Adams, membro importante del consiglio dei maghi, non ho diritto a dire la mia».

    «Pensavo che il consiglio stesse cercando di riappacificarsi con i vampiri».

    «È così, ma questo non vuol dire che si fidino dei vampiri. Mi hanno detto che tu dovresti fare da mediatore tra gli altri studenti e i vampiri».

    «Avevo come l'impressione che fosse un'informazione confidenziale».

    «Niente è confidenziale in questa scuola».

    Henry si sedette di fronte

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