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Giovani betulle
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E-book222 pagine3 ore

Giovani betulle

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Info su questo ebook

Per continuare a vivere con dignità sulla tua terra, saresti disposto ad includere una cultura diversa per difendere la tua libertà?All'inizio del 1700 tra Cape Cod e Boston, wampanoag e coloni provano a scrivere una nuova pagina di storia integrando le loro civiltà nonostante gli inglesi tendano a sopprimere ogni iniziativa di convivenza, di autonomia e di libertà.Quando si è vissuti senza ricorrere a violenza e vendetta, è pensabile ritrovarsi a doverne farne uso?
LinguaItaliano
Data di uscita20 ott 2022
ISBN9791221431735
Giovani betulle

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    Anteprima del libro

    Giovani betulle - Maurizio Guidali

    Tom

    Primo Capitolo

    La notte limpida primaverile e la mezzaluna che ancora si intravedeva in cielo gettavano un tenue chiarore sulla radura ai limiti del bosco di betulle dove il villaggio wampanoag dormiva profondamente dopo una lunga giornata di lavoro.

    Ogni giorno il popolo dell’alba era tra i primi a vedere il sorgere del sole sui territori del nord est dove risiedeva da tempi remoti in armonia con la natura, acquisendo il diritto di vivere sulla propria terra con dignità, rispetto e fatica.

    Tutt’attorno era un totale silenzio mentre l’aria odorava ancora per il profumo di mais abbrustolito sul fuoco e per gli aromi del tabacco fumato prima di coricarsi.

    Sfruttando la semioscurità, un nugolo di individui armati di sciabole, pistole e fucili, provava ad avvicinarsi al villaggio di nascosto, muovendosi a semicerchio e senza fare alcun rumore, strisciando tra le felci della radura dopo aver lasciato i cavalli legati nel bosco molto più indietro.

    Quando la moltitudine ritenne di aver guadagnato una posizione ideale attorno al villaggio si arrestò, rimanendo immobile e muta per alcuni minuti, in attesa che nulla della loro presenza fosse stato percepito e che venisse dato il segnale per poter iniziare l’attacco.

    All’improvviso, nelle mani dei più comparvero lunghe torce e le fiamme subito crepitanti che si svilupparono illuminarono a giorno il villaggio mentre un grido acuto, lanciato da chi sembrava essere il capo del branco, penetrò le tenebre.

    A quel segnale, l’orda di armati si scatenò contro il villaggio cominciando ad incendiare i wigwam che trovava davanti a sé e ad ammazzare ogni malcapitato che, ancora mezzo assonnato ed inconscio di quanto stesse accadendo, cercasse di sfuggire scappando terrorizzato dalla propria tenda.

    In un attimo il panico la fece da padrone mentre le grida acute degli adulti, unite alle urla strazianti delle donne, si mischiarono al crepitio degli enormi roghi che ovunque pervasero l’oscurità della notte.

    Una parte degli indiani, disorientata da quanto stava accadendo, cercava scampo all’interno del villaggio provando a reagire all’assalto con lance e pugnali mentre l’altra correva invece verso il bosco alla disperata ricerca di un nascondiglio.

    Tutto era successo così rapidamente e, tra le braccia di sua madre, il piccolo wampanoag era riuscito a sfuggire a quel massacro mentre suo padre, il sachem del villaggio, era stato invece tra i primi ad essere trucidato insieme alla maggior parte della tribù.

    Il piccolo e la madre erano riusciti a scappare precipitosamente dileguandosi nel bosco in preda ad un terrore incontrollabile e, dopo una corsa affannosa durata una eternità, si erano nascosti nella parte più fitta della vegetazione sotto un groviglio di enormi frasche.

    Sebbene il piccolo fosse rimasto in silenzio, stretto al petto di sua madre ed avvolto insieme a lei in una pelle di cervo, erano stati infine scovati da un gruppo di armati che, terminato l’eccidio nel villaggio, si erano sguinzagliati nel bosco a cercare chi, più lesto e fortunato degli altri, aveva provato a mettersi in salvo.

    Entrambe erano stati condotti all’esterno del villaggio, ormai completamente devastato dalle fiamme, insieme ad altri wampanoag che come loro si erano dati alla fuga ed ora, anch’essi catturati, erano stati legati gli uni agli altri con robuste funi ed obbligati ad intraprendere subito una lunga marcia forzata scortati dai loro assalitori.

    Sentiva il cuore di sua madre pulsare all’impazzata come non mai e le sue braccia che lo tenevano saldamente strette attorno al suo petto per scongiurare che potesse cadere a terra e restare indietro o peggio venir calpestato nonostante fosse ormai in grado di reggersi da solo e camminare al suo fianco.

    La pelle di cervo in cui era avvolto a mo’ di coperta insieme a sua madre, gli lasciava scoperti solo gli occhi da cui poteva intravedere a fatica quello che c’era attorno.

    Riusciva però a guardare solo verso l’alto, scorgeva a malapena il cielo ancora buio e le cime degli alberi oltre il suo sguardo e tutti i tentativi che aveva fatto per abbassare il bordo di quella coperta sotto il naso per osservare l’orizzonte e magari anche il terreno, erano sempre stati immediatamente neutralizzati dalla mano attenta di sua madre che l’aveva riportata sempre in su fin quasi alla sua fronte.

    Chi avesse osservato la donna in quel frangente non avrebbe certo capito che sotto quel mantello di cervo ci fosse anche un’altra creatura.

    Avevano dovuto camminare in maniera sostenuta per tutta la notte seguendo il bagliore delle torce che i coloni a cavallo reggevano tra le mani e, alle prime luci dell’alba, avevano finalmente raggiunto Boston.

    La città, che nel 1672 contava già alcune migliaia di abitanti, stava rapidamente crescendo attorno al suo porto dove il commercio da e verso l’Atlantico costituiva una delle sue principali fonti di ricchezza.

    Con altri ventidue wampanoag, quasi tutti giovani che erano stati lesti a nascondersi e sfuggire al massacro ma non a sottrarsi alla successiva cattura, erano stati condotti legati sulla banchina principale del porto e fatti sedere allineati per terra in attesa di poter essere venduti come schiavi.

    Avrebbero dovuto attendere che fosse mattino pieno prima che i coloni bianchi, commercianti e fattori su tutti, si facessero avanti per osservarli, valutarli e decidere se comprarli o meno.

    Nel volgere di poche ore, nel passaggio dalla notte al giorno, la loro condizione sarebbe passata dalla libertà alla prigionia, dalla luce della vita al buio della schiavitù, dalla dignità alle angherie ed alla vergogna.

    Tom Tender, un uomo corpulento, nel vigore degli anni e ben conosciuto alla maggior parte dei coloni di Boston, si fece largo fra i presenti e, con voce potente, indirizzò la sua richiesta a quello che doveva essere stato il responsabile della strage nel villaggio wampanoag e che ora, a mo’ di capo, si apprestava a raccoglier moneta, se non proprio onori, per la merce che aveva da vendere.

    Quella donna, quella avvolta nella pelle di cervo, quella la compro io

    Cosa te ne fai di un’altra donna Tom? Non ha certo la forza di un uomo per i lavori di fatica

    Nella mia taverna andrà più che bene per lavare, servire e pulire attorno

    Poi, puntando il dito della sua mano sinistra verso la donna, le fece cenno di alzarsi in piedi, girare su sé stessa e, con entrambe le mani la invitò a togliersi la pelle di cervo dalle spalle e mostrare che non avesse difetti del corpo da nascondere.

    La donna, intimorita, assecondò le prime due richieste e, in posizione eretta, si fece lentamente osservare anche di lato e di tergo ma non diede segno di volersi scoprire.

    Tom allora ripeté il gesto con entrambe le sue mani per farle capire, visto che non potevano intendersi in alcuna lingua, di lasciar cadere a terra il mantello e scoprire così la sua figura.

    La donna fece un cenno di diniego con la testa e cominciò a tremare come se violenti brividi la stessero attraversando tutta.

    A quel punto Tom le si avvicinò deciso e, con un rapido gesto di entrambe le mani, la scoprì completamente dal mantello di cervo che la avvolgeva.

    E questo che stringi al petto cos’è? Un piccolo wampanoag?

    La donna era ammutolita ed impaurita ma l’uomo, a voce alta, riprese:

    Compro la donna soltanto!

    Non è possibile Tom, li vendo insieme, come farei poi a piazzare un bambino da solo ancora così piccolo?

    Non è un mio problema, io compro solo la donna altrimenti non se ne fa nulla

    Non puoi farmi questo, non puoi costringermi a sopprimerlo, ieri ho già ucciso molti indiani durante la spedizione al loro villaggio, ora non posso anche ammazzare un bambino così a sangue freddo

    Ripeto che non è un mio problema, trova un’altra soluzione

    La soluzione è che li vendo insieme, prendere o lasciare: però visto che ti interessa sicuramente la donna, ti faccio un buon prezzo per entrambe, diciamo un terzo in meno di quanto avresti dovuto pagarmi la sola donna senza il suo piccolo

    Il padrone della taverna rimase spiazzato dalla proposta e si soffermò un momento a pensare mentre si passava nervosamente una mano sul capo, come se quel gesto potesse aiutarlo a fargli prendere la decisione migliore.

    Tom, dammi due terzi di quanto me la dovresti pagare e ti porti via insieme anche il piccolo wampanoag che, tra pochi anni, ti potrà essere di grande aiuto nella taverna

    Perché sei disposto a farmi questo prezzo? comincia a rimorderti la coscienza per la strage che hai fatto?

    Non ho alcun rimorso, è solo che non voglio uccidere un bambino a sangue freddo e voglio chiudere quanto prima tutta la vendita di questi indiani per venire a dissetarmi nella tua taverna

    Tom guardò fisso la donna che, continuando a stringere suo figlio al petto, lo supplicava con gli occhi di non andare oltre, di accettare quanto sembrava essere stata una conversazione giunta al capolinea perché, pur non avendo potuto comprendere il significato delle parole che erano state scambiate, percepiva che l’oggetto del contendere fossero lei e suo figlio.

    Il piccolo, che probabilmente aveva percepito la paura ed un certo disagio nella madre, si era stretto attorno a lei e con una manina le aveva stretto fra le sue dita la collana di pietre e legnetti che la madre portava legata attorno al collo.

    Tom aveva potuto osservare il piccolo mentre stringeva la collana come ulteriore segno di voler restare attaccato a sua madre e quell’immagine lo spinse a pronunciare:

    Dammi la donna con il bambino e ti darò i soldi che mi chiedi però sappi fin d’ora che non ti farò alcuno sconto su quello che tu ed i tuoi uomini verrete a bere nella mia taverna

    Tom, non essere così adirato per la sorpresa della donna con il bambino! Sforzati almeno di non essere così duro ed irriconoscente nei nostri confronti: in fondo noi abbiamo dovuto fare il lavoro sporco in modo da lasciare voi tutti con le mani pulite e poterne trarre i benefici

    Erano state parole gonfie di verità: sotto la spinta delle richieste che il governo britannico andava aumentando di anno in anno nei confronti delle colonie inglesi insediate sulla costa orientale dell’Atlantico, per poter assicurare il pegno dovuto a Sua Maestà in granaglie, pelli e carni, era necessario che i coloni potessero disporre non solo di attrezzi, di manufatti, di tessuti, di alcoolici e di armi ma anche di tanta manodopera.

    C’era una enorme richiesta e le razzie fatte nei villaggi indiani dell’entroterra non erano comunque sufficienti a colmarne il bisogno.

    Per questo quasi sempre i vascelli inglesi, una volta lasciata l’Inghilterra e prima di attraversare l’Atlantico per giungere sulla costa americana, facevano tappa sulle sponde occidentali dell’Africa per imbarcare spezie ma anche per ridurre in catene centinaia di uomini che avrebbero poi venduto nei porti della costa americana, unitamente agli attrezzi che servivano ai coloni per coltivare le terre ed allevare il bestiame.

    Una volta sbarcate le merci e venduti gli uomini come schiavi, i vascelli restavano all’ancora in porto per alcune settimane prima di far nuovamente ritorno in Inghilterra carichi stavolta soprattutto di mais, fagioli, pelli e carni che costituivano il tributo in tasse dovute a Sua Maestà britannica da parte dei coloni.

    In città dinamiche come Boston, il porto rappresentava il centro nevralgico della vita quotidiana ed il ritmo dei vascelli che attraccavano, scaricavano e poi erano pronti ad attraversare nuovamente l’oceano Atlantico nella direzione opposta, carichi all’inverosimile di merci, era in continuo aumento.

    Marinai, scaricatori, soldati inglesi, fattori, agricoltori e commercianti dei generi più svariati, frequentavano quotidianamente il porto e la taverna del Black Lobster di Tom Tender, antistante lo spiazzo della banchina principale, che offriva a tutti quanti un posto dove discutere, contrattare, bere, mangiare e fumare seduti ed al riparo da sole e pioggia.

    Dopo aver pagato la cifra pattuita per la donna con il bambino, Tom se la vide consegnare con una robusta corda legata attorno ai piedi che le permetteva solo di muoversi a fatica.

    Tom allora si inginocchiò davanti alla donna e, senza pronunciare parola alcuna, estrasse dal fodero il suo coltello lungo ed affilato e recise la corda che le teneva legati i piedi. Il gesto venne interpretato dai presenti non solo come un segno di sicurezza e di libertà delle proprie azioni ma anche di rispetto per la donna stessa.

    D’ora in poi la donna e suo figlio staranno con me senza bisogno di essere legati, sono certo che questo gesto possa significare molto più delle parole che ancora non siamo in grado di scambiarci

    La donna, con un visibile moto del capo, lo abbassò più volte verso i propri piedi come se volesse esprimere gratitudine e ringraziamento più che sottomissione.

    Quindi, dopo averle rimesso sulle spalle il mantello di cervo, le fece cenno di seguire i suoi passi e si indirizzò verso la sua taverna.

    Tom era fatto così, pur vivendo in mezzo ai coloni che facevano ampio uso di schiavi, non accettava che venissero considerati come fossero oggetti e non essere umani al pari suo.

    Un conto era farsi aiutare nei lavori quotidiani come se facessero parte anche loro della cerchia familiare ed un altro era invece toglierli ogni dignità e considerarli beni di proprietà su cui si poteva fare e pretendere di tutto.

    Quando mancavano pochi passi alla meta, madre e figlio, che ora camminava al suo fianco tenendola stretta per la mano, restarono letteralmente a bocca aperta nel trovarsi di fronte all’imponenza del Black Lobster.

    Per chi aveva da sempre vissuto in una capanna a cupola costruita con resistenti rami di legno e tutta ricoperta con strisce di corteccia di betulla cucite insieme tra loro, la struttura della taverna edificata su grosse pietre, robusti tronchi di cedro e con finestre su più lati, aveva subito dato loro l’impressione di trovarsi di fronte ad un enorme wigwam, molto più solido e stabile di dove avevano vissuto fino ad allora, ma anch’esso costruito per dare un sicuro rifugio nella notte e durante le intemperie della natura.

    Varcato l’ingresso della taverna, Tom condusse subito la donna in cucina e spiegò a sua moglie che l’aveva comperata, insieme al suo piccolo, con l’intento che potesse darle una mano in tutti i lavori all’interno della taverna.

    Mentre ascoltava le parole di Tom, la moglie osservava attentamente la donna indiana ed il bambino che sembravano sì disorientati ma non più così impauriti come lo erano stati nelle ore precedenti.

    Aveva osservato la tunica con i disegni colorati che l’indiana indossava, la collana di pietre e legnetti che le cingeva il collo ed i capelli scuri raccolti dietro la nuca: pur non sapendo quasi nulla della sua provenienza e tantomeno a quale tribù appartenesse, aveva intuito che potesse trattarsi di una donna di un certo rango.

    Quindi, cercando di mostrare il volto sereno, come se volesse accennare ad un sorriso, mentre indicava il proprio petto con la sua mano destra pronunciò in modo lento e chiaro:

    Io sono Carol

    Attese un breve istante e poi sorridendo alla donna ripeté il gesto ed il suo nome altre due volte aggiungendo ed indicando poi anche suo marito:

    Lui è Tom

    Io Carol, indicando sé stessa, lui Tom, indicando il marito.

    Con enorme sorpresa Tom e Carol videro la mano della donna indiana che, sebbene un poco titubante, indicando il proprio petto pronunciò:

    Nuttah e poi, mettendo il suo palmo aperto sul capo del figlio, aggiunse Achak

    Quindi, a dimostrare di sentirsi un poco più confortata dalle parole udite e dando modo di aver ben compreso, ripeté indicando con l’indice della propria mano prima i due coloni e poi sé stessa ed il figlio:

    Tom, Carol, Nuttah, Achak

    Carol riuscì abilmente a mascherare l’emozione con un sorriso aperto e, avvicinandosi al bancone della cucina, versò dell’acqua fresca in una ciotola che porse ad Achak, quindi, prendendo una focaccia di mais, la mise nelle mani di Nuttah.

    Achak e Nuttah restarono spiazzati da un tale comportamento che dimostrava un vero segno di ospitalità proprio come si usava nella loro cultura e, non sapendo in che modo ringraziare, si limitarono a consumare voracemente quel cibo che era stato offerto loro senza mai distogliere i loro sguardi da Carol e Tom.

    L’animo puro di Nuttah e l’educazione ricevuta dalla sua tribù le aveva fatto percepire che il comportamento di Tom e di Carol nei loro confronti fosse sincero ed onesto e che, pur trovandosi ora privati della loro libertà, avrebbe potuto sperare di avere la possibilità di offrire a suo figlio

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