Mezzanotte e dintorni: Racconti dell' Immaginario
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Anteprima del libro
Mezzanotte e dintorni - DOMENICO DIMASE
Domenico Dimase
MEZZANOTTE
E DINTORNI
( Racconti dell’Immaginario )
Alle persone piu’care
vive e non
spunti per il mio cammino
Cio’ che desideriamo
dagli altri e’ che ci somiglino
un po’ ma non ci superino in
abilità e ricchezze.
Gli uomini saggi in genere
non sono quasi mai totalmente
felici poiché ciò impedirebbe loro
di migliorarsi sempre.
Domenico Dimase
Come raggiungere un traguardo ?
Senza fretta ma senza sosta .
Non basta sapere, si deve anche
applicare; non è abbastanza volere
si deve anche fare
J. W. Goethe
MEZZANOTTE E DINTORNI
( Racconti dell’ Immaginario )
TITOLI DEI RACCONTI
Il mondo visto dall’alto – Uno strano amore venuto dal Mare - La strana scomparsa di un emigrante illustre - La città dell’amore - Uno chiamato Tappo – Le sorelle Minca,Monca e Manca (Mutuo soccorso) - Grandi Magazzini - I cantori di Natale - L’uomo virile - Il motel maledetto - Uno strano sciopero - La biennale d’arte -
SINOSSI
In Mezzanotte e dintorni
si condensano vari generi di racconto, quasi a voler racchiudere con storie diverse le esperienze più significative di questo genere letterario. Una specie di paniere con frutti (storie) diversi, un viaggio in cui si scandagliano vicende ora più reali , fantasy umoristiche e vicino all’esperienza umana, in cui si alternano figure e storie parodistiche e l’umorismo si sposa con l’analisi impietosa di vizi , difetti e contraddizioni della società come nel Mondo visto dall’alto
( Un uomo di successo ritrova il senso dell’umiltà e del reale stato delle cose grazie ad una strana e casuale circostanza); Grandi Magazzini
( Parodia sulla condizione alienante dell’uomo moderno ); L’uomo virile
( Status sociale e l’avidità per l’altro sesso portano a volte all’autodistruzione) La biennale d’arte
( Manifestazioni e forme di cultura tradotte all’estremo spiazzano gli uomini comuni)
Passaggi narrativi che mi ricordano, per alcuni versi, spunti importanti trattati dal fantasmagorico Italo Calvino. Passando per storie che hanno il sapore della fiaba con soggetti e situazioni fantastici, grotteschi che si intrecciano con temi sentimentali e che hanno il sapore dell’affabulazione: come nella Città dell’amore
, dove in un mondo del tutto immaginario, appunto fiabesco, esseri orribili, sovrani e ideatori del regno di ogni male vengono sconfitti e sottomessi dal senso del bene che trionfa in un’ipotetica città dell’amore, in cui scorre un’acqua miracolosa e a cui attingono tutti i suoi abitanti. Uno strano amore venuto dal mare
dove, come in una specie di leggenda, un pescatore si innamora di una femmina di delfino, Uno chiamato tappo
con le prodezze di un nano di sangue blu; Le sorelle Minca,Monca e Manca
in cui l’handicap fisico diviene addirittura l’occasione per esaltare lo spirito di cooperazione; nel racconto I cantori di Natale
invece, la fede trionfa anche in momenti di difficoltà spremendo la fantasia. Volendo fare una sorta di accostamento mi ricordano anche alcune storie rocambolesche ideate da autori come Stefano Benni.
Continuando con racconti di fantapolitica, sempre nell’alveo del Fantasy, con Uno strano sciopero
, in cui i protagonisti sono delle mucche e altri animali che lottano per i loro diritti, un po’ come accade nella Fattoria degli animali
di Orwell. E poi, penso di aver toccato (affrontato) il genere fantasy horror o dark fantasy con i racconti: La strana scomparsa di un emigrante illustre
, dove personaggi strani finiscono per scomparire nel nulla, essere inghiottiti dalla terra sprofondando nelle sue viscere come esseri lunari o alieni trascinando con sé comuni mortali. Nel Motel maledetto
, infine, aleggiano energie e presenze misteriose che pervadono un ambiente già di per sé fisicamente molto arido, brullo e avvolto da scure atmosfere che si abbattono su personaggi rei di aver violato la buona fede di un uomo dall’animo nobile che come un fantasma sembra incombere su quel posto e sui suoi frequentatori trascinandoli in una sorta di maledizione e oscura fine. Per raccontare storie in cui aleggia il mistero in tutte le sue sfaccettature come filo conduttore basta cercarle nelle paure e nelle ossessioni che serpeggiano e turbano gli uomini sin dall’infanzia.
NOTE DI PRESENTAZIONE DEI RACCONTI
Mezzanotte e dintorni
( Racconti dell’immaginario )
Il nome di questa Raccolta di Racconti, Mezzanotte e dintorni
costituita per adesso dai dodici titoli di cui sopra, potenzialmente ampliabile con altri racconti e contenuti, si associa in modo significativo alla funzione e alla tradizione affermatasi nel tempo di questo genere letterario: narrare in sintesi delle storie che affondino le radici negli angoli più disparati dello spirito umano, le sue infinite, diremmo, sfaccettature, espressioni della stessa vita degli uomini, della loro esperienza e dell’immaginario che riguarda tutti gli stati d’animo: il disagio, paradosso, angoscia, la lotta per la sopravvivenza e per affermare il proprio io e i pericoli che incombono sull’umanità e il terrore all’idea di scomparire da questo mondo, l’incognito dell’Universo ed essere inghiottiti in chissà quali altri mondi o nella dimensione indecifrabile del nulla
. Quindi la mezzanotte
evoca l’idea del passaggio, della metamorfosi, del salto da una dimensione ad un’altra, tradotto nel concetto di tempo, il suo scorrere ( nel quotidiano: il passaggio da un giorno al successivo), il confine che separa ogni svolta, una sorta di guado attraverso cui tutto diventa incerto, in bilico e il proiettarsi in chissà quali dimensioni, spazi , appunto, dintorni
, partendo dai fatti consumati nel passato, nel dì appena trascorso, addentrandosi nell’esperienza che un nuovo giorno potrà offrire ad ogni individuo. A ciò si associa la velleità che accompagna l’uomo in ogni suo passo esistenziale e la parodia, il senso del grottesco che colorano molto spesso il quotidiano e le azioni impiegate nella vita sociale. L’esigenza di narrare fatti e stati d’animo nel più breve tempo e spazio possibili ha determinato la fortuna del Racconto
come genere letterario. Dalle novelle medievali boccaccesche passando per la raccolta orientale Mille e una notte
sino al settecento barocco e soprattutto alla fortuna che i racconti brevi hanno acquisito nell’ottocento ( in cui sì è affermato definitivamente ) , dai grandi maestri russi ( Gogol, Tolstoj, Dostoevskij) alle nostrane novelle del Verga e Pirandello e continuando sino ai contemporanei citandone alcuni:
Edgar Alan Poe, Flannery O'Connor, Ernest Hemingway, Raymond Carver, Alice Munro, John Cheever, Anton Čechov, Joyce Carol Oates e per restare in Italia: Goffredo Parise, Tommaso Landolfi, Grazia Deledda, Gabriele d'Annunzio, Primo Levi, Alberto Moravia, Giorgio Bassani, Carlo Cassola, Piero Chiara, Dino Buzzati, Italo Calvino, Antonio Tabucchi, Stefano Benni.
L’elenco è significativo per rimarcare la valenza del racconto come esercizio nella scrittura e strumento per trasmettere con immediatezza l’abisso delle idee che trasfuga dallo scrittore ai lettori. Anche a me appare uno dei modi più spontanei e fondamentali dell’espressione umana. Dopotutto uno comincia ad ascoltare e a raccontare storie sin da piccolo quasi con naturalezza senza grandi difficoltà, è per questo che i racconti brevi attraggono i lettori in un clic se non in poche righe. Infatti, molti di essi rimangono nel cuore dei lettori per sempre mentre molti romanzi a volte sbiadiscono nel nulla, forse, perché nei primi l’abilità sta nel vedere relazioni là dove non ne esistono ancora.
Domenico Dimase
Il mondo visto dall’alto
Walter Pampili era un uomo di successo, aveva raggiunto ogni tipo di traguardo e gli mancava poco o quasi nulla che non avesse conquistato nella vita. Poteva piantare in asso chiunque e qualsiasi cosa e vivere perennemente di rendita per il resto dei suoi anni, e così i suoi parenti per molte generazioni. Sembrava che la dea bendata, invocata e misteriosa, fautrice delle fortune degli uomini, si fosse affiancata a lui come un’amabile fidanzata. Tutti i cittadini di Mirabilia, il Comune di cui lui era il primo cittadino, amavano paragonare le sue fortune alla manna che il Signore aveva calato dal cielo per nutrire il popolo ebraico. L’eco della sua vita dorata giungeva anche nelle città e nei territori circostanti. Correva voce che nel giorno della sua nascita una grande cicogna, mai avvistata sino ad allora, per deporre le sue uova, avesse scelto il comignolo più grande dell’ospedale dove lui era venuto alla luce. Sua moglie, la contessa Dora Bolchi De Santi apparteneva a un’antica e nobile famiglia, con antenati illustri, fautori, persino, della nascita della Patria. Dall’alto del suo rango sociale e per il possesso smodato di ricchezze, la stessa era anche nota per la sua superbia nei riguardi della società e molto avida nell’accumulare e difendere il suo ingente patrimonio. Walter Pampili era stato alla lunga plagiato da lei, facendo ricadere le sue sfrenate ambizioni e aspettative di successo sul marito, per ampliare la loro invidiabile fortuna. Tentava in tutti i modi di influenzarne le scelte e ogni passo nelle relazioni sociali. Lei lo considerava un po’ il suo alter ego al maschile, per guidare come un timone i suoi affari. Pampili era medico pediatra, e si sforzava di esercitare la professione nel modo migliore, prendendo a cuore il mondo dell’infanzia, a cui rivolgeva molte delle sue attenzioni, anche con iniziative sociali, rivolte ai cittadini più bisognosi, dispiegando molte energie e dedicando parte del suo tempo ad azioni filantropiche, chissà, forse per farsi perdonare, agli occhi degli altri, la sua sfacciata fortuna, compreso quella della consorte, manifestando segni di un animo sensibile. Per questo riusciva a farsi apprezzare da molti dei suoi concittadini, che in qualche modo traevano benefici dalle sue innumerevoli iniziative caritatevoli, sostenute anche dalla consorte, convinta che fossero dei segnali importanti per acquisire consenso e rispetto nella propria città. Era uno dei motivi per cui era stato eletto sindaco di Mirabilia. Ogni anno, Dora Bolchi De Santi organizzava una mega festa, per certi versi una sorta di grande party. La società che contava, il jet set della città e dintorni vi partecipava con fremito. Anche quell’anno, nella sontuosa villa dei Pampili - De Santi, e nel suo mega parco di faggi, lecci e alberi da frutto di ogni specie, ornato da meravigliosi giardini all’inglese, il tutto oggetto di reportage e servizi fotografici di riviste importanti del settore, si tenne l’evento. Una dimora del settecento, interamente ristrutturata e a più piani, era circondata da un enorme prato sempre verde, tosato alla perfezione. Tutto il complesso dell’edificio e dintorni sembrava una tavolozza dipinta con colori spalmati da un pittore. Un esercito di addetti, giardinieri e operai, era preposto a mantenere in ordine tutto ciò che si vedeva intorno. Vista da ogni prospettiva quella specie di reggia sembrava una piccola Versailles. Venti fontane disegnate e scolpite con pregiato marmo di Carrara disegnavano, con i loro alterni e spettacolari zampilli, fantasiosi giochi d’acqua, quasi in perfetta sincronia con le note mozartiane, che un apposito circuito hi fi provvedeva a diffondere nell’aria. Una famiglia di caprioli si aggirava , invece, più in là, in fondo al parco, tutti straordinariamente dotati di azzurrissimi occhi, timidamente attenti ad ogni movimento di persone o spostamenti attivi nel parco, mentre uno stuolo di levrieri afgani, bianchi e maculati, si muovevano nei pressi della villa, con il loro andamento felpato, indifferenti verso chi vi gravitava intorno. In quell’occasione, il cielo iniziò ad affollarsi di un discreto numero di nuvole, sospinte da un leggero ponente che sembrava gonfiarsi col passare delle ore, anche se l’azzurro, con le sue striature biancastre, predominava ancora in alto. Nel pomeriggio, iniziò il cerimoniale della festa. La Dora Bolchi De Santi era la madrina della manifestazione, presa nel seguire direttamente le fasi dell’evento. In quell’occasione volle dedicare il tutto al tema del disagio minorile. La festa iniziò ad animarsi con l’arrivo dei primi invitati, una carrellata di nomi eccellenti: autorità pubbliche, alte cariche istituzionali, chirurghi di fama internazionale, persino il presidente degli imprenditori, un certo cavalier Alfio Bislacchi, industriale del gelato, il commendatore Silvio Montedori, delle omonime e blasonate cantine vinicole, a cui proprio quell’anno avevano assegnato i tre ambiti bicchieri del Gambero Rosso, e poi volti noti dello spettacolo, come la soubrette della televisione Wanda Marchini, per non parlare del sottosegretario al dicastero del Sociale, onorevole Pio Salvati, per finire all’eminentissimo cardinale Amorino Raspetti. Una parata, insomma, di personaggi illustri, e al loro seguito un codazzo di consorti, baby sitter, incollate a mocciosi, vestiti come bomboniere, distinti prelati, con abiti stiratissimi e dai movimenti atletici, addetti stampa, allettati dalla presenza di molti vip, body guards, grossi quanto armadi e con lo sguardo da pescecani, e poi numerose segretarie, con pettinature cotonate e addobbate con gioielli da urlo e scintillanti, vestite con abiti firmati, esuberanti come se sfilassero su passerelle per mostrare le ultime collezioni del fashion dell’alta moda. Per il valore di ciò che indossavano e per i loro sguardi ammiccanti facevano immaginare che in realtà fossero delle scaltre e indomabili amanti di alcuni dei personaggi che arricchivano il glamour della festa. Dopo un po’, un plotone di camerieri, giovani e col viso tirato, iniziarono a servire aperitivi e primi assaggi del ricchissimo buffet, nel contempo riverivano la folta schiera degli invitati, eleganti come pinguini, da cui si smarcavano per riprendere a girare e far la spola tra i tavoli imbanditi per l’occasione, addobbati con finissime tovaglie delle Fiandre, apparecchiate con vasellame di Sevres e Wedgwood, verres de Boheme, e con massicce posate di prezioso argento anglaise, così come le grosse cornucopie e i candelabri, perfettamente distanziati tra loro, a rendere ancora più elegante il clima della festa. Tra i passi eleganti e i movimenti compassati dei presenti, amalgamati con i loro sguardi compiaciuti e i loro sorrisi di riserva, sufficienti a mala pena a velare la loro spocchia, si fece avanti Walter Pampili accompagnato dalla consorte. Il super Sindaco e la grande dama, prima del consueto discorso agli invitati, dedicarono una buona parte del tempo a salutare i convenuti, con calorose strette di mano, espressioni di gratitudine, e convenevoli di vario tipo, collaudati in quella sfera di mondanità. Anche quella volta, i presenti furono contaminati dallo spirito di benevolenza dei padroni di casa e dal loro innegabile charme. Poi, ad un certo punto della serata, gli artefici della festa si staccarono da loro per raggiungere il piccolo palco, disposto non lontano, in una zona del parco, allestito per il consueto discorso di benvenuto e per tracciare un breve bilancio dell’attività dell’Associazione L’Amore per la vita
. Così, Walter Pampili prese il microfono e, dopo alcune frasi di rito, iniziò a leggere su un foglio il suo discorso, scritto con cura, come ogni anno, da sua moglie. Il messaggio elencava i punti salienti dell’azione dell’Associazione riferiti all’anno precedente, e caricava il futuro dei soliti buoni propositi che lui si proponeva di attuare a beneficio dell’intera comunità di Mirabilia, in qualità di Sindaco della città, con particolare attenzione alle politiche sociali e di intervento a favore dei minori e delle famiglie più disagiate. Le sue parole erano oro colato, perciò il breve discorso fu salutato con un lungo applauso che caricò d’orgoglio lui e la sua compagna, la quale prese la parola per completare