Il volo tratteggiato delle lucciole
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Spenta.
Accesa.
È l’intermittenza della vita, della passione, della felicità.
Dell’amore.
Il signor T sa bene che l’uomo non può far altro che affrontare luce e tenebra in una danza senza fine. Abbandonandosi alla passione, al desiderio, conquistando con l’arte abbacinante della parola la stima degli altri, il loro tempo, la loro fervente attesa mai paga di bellezza.
Dialoghi serrati e intensi delineano il profilo di una personalità complessa e profonda, un personaggio romantico che affascina per la sua capacità di scoprire l’essenza di anime pure, bisognose di ascolto e comprensione.
Il volo tratteggiato delle lucciole è un romanzo assolutamente fuori dall’ordinarietà e, al contempo, straordinariamente in linea con il movimento effimero della Jazz Age americana, nella sua forza malinconica e dirompente.
Marco Spinetti vive ad Appiano Gentile, dove lavora nel campo delle costruzioni. Ama lo sport, le immersioni, i viaggi, la buona cucina e Vasco.
Nel settembre 2020 Porto Seguro Editore ha pubblicato il suo primo romanzo, Da piccola vorrei essere felice.
Il volo tratteggiato delle lucciole è la sua seconda pubblicazione.
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Anteprima del libro
Il volo tratteggiato delle lucciole - Marco Spinetti
Marco Spinetti
Il volo tratteggiato delle lucciole
© 2022 Gruppo Albatros Il Filo S.r.l., Roma
www.gruppoalbatros.com - info@gruppoalbatros.com
ISBN 978-88-306-6933-8
I edizione novembre 2022
Finito di stampare nel mese di novembre 2022
presso Rotomail Italia S.p.A. - Vignate (MI)
Distribuzione per le librerie Messaggerie Libri Spa
Il volo tratteggiato delle lucciole
Questo libro è un'opera di fantasia. Nomi, personaggi, luoghi e avvenimenti sono frutto dell'inventiva dell'autore e vengono usati in modo fittizio. Qualsiasi somiglianza con persone reali, vive o defunte, fatti o luoghi è assolutamente casuale.
Così come appare... scompare, sempre, tutto…
Nuove Voci
Prefazione di Barbara Alberti
Il prof. Robin Ian Dunbar, antropologo inglese, si è scomodato a fare una ricerca su quanti amici possa davvero contare un essere umano. Il numero è risultato molto molto limitato. Ma il professore ha dimenticato i libri, limitati solo dalla durata della vita umana.
È lui l’unico amante, il libro. L’unico confidente che non tradisce, né abbandona. Mi disse un amico, lettore instancabile: Avrò tutte le vite che riuscirò a leggere. Sarò tutti i personaggi che vorrò essere.
Il libro offre due beni contrastanti, che in esso si fondono: ci trovi te stesso e insieme una tregua dall’identità. Meglio di tutti l’ha detto Emily Dickinson nei suoi versi più famosi
Non esiste un vascello come un libro
per portarci in terre lontane
né corsieri come una pagina
di poesia che s’impenna.
Questa traversata la può fare anche un povero,
tanto è frugale il carro dell’anima
(Trad. Ginevra Bompiani).
A volte, in preda a sentimenti non condivisi ti chiedi se sei pazzo, trovi futili e colpevoli le tue visioni che non assurgono alla dignità di fatto, e non osi confessarle a nessuno, tanto ti sembrano assurde.
Ma un giorno puoi ritrovarle in un romanzo. Qualcun altro si è confessato per te, magari in un tempo lontano. Solo, a tu per tu con la pagina, hai il diritto di essere totale. Il libro è il più soave grimaldello per entrare nella realtà. È la traduzione di un sogno.
Ai miei tempi, da adolescenti eravamo costretti a leggere di nascosto, per la maggior parte i libri di casa erano severamente vietati ai ragazzi. Shakespeare per primo, perfino Fogazzaro era sospetto, Ovidio poi da punizione corporale. Erano permessi solo Collodi, Lo Struwwelpeter, il London canino e le vite dei santi.
Una vigilia di Natale mio cugino fu beccato in soffitta, rintanato a leggere in segreto il più proibito fra i proibiti, L’amante di lady Chatterley. Con ignominia fu escluso dai regali e dal cenone. Lo incontrai in corridoio per nulla mortificato, anzi tutto spavaldo, e un po’ più grosso del solito. Aprì la giacca, dentro aveva nascosto i 4 volumi di Guerra e pace, e mi disse: Che me ne frega, a me del cenone. Io, quest’anno, faccio il Natale dai Rostov
.
Sono amici pazienti, i libri, ci aspettano in piedi, di schiena negli scaffali tutta la vita, sono capaci di aspettare all’infinito che tu li prenda in mano. Ognuno di noi ama i suoi scrittori come parenti, ma anche alcuni traduttori, o autori di prefazioni che ci iniziano al mistero di un’altra lingua, di un altro mondo.
Certe voci ci definiscono quanto quelle con cui parliamo ogni giorno, se non di più. E non ci bastano mai. Quando se ne aggiungono altre è un dono inatteso da non lasciarsi sfuggire.
Questo è l’animo col quale Albatros ci offre la sua collana Nuove voci, una selezione di nuovi autori italiani, punto di riferimento per il lettore navigante, un braccio legato all’albero maestro per via delle sirene, l’altro sopra gli occhi a godersi la vastità dell’orizzonte. L’editore, che è l’artefice del viaggio, vi propone la collana di scrittori emergenti più premiata dell’editoria italiana. E se non credete ai premi potete credere ai lettori, grazie ai quali la collana è fra le più vendute. Nel mare delle parole scritte per esser lette, ci incontreremo di nuovo con altri ricordi, altre rotte. Altre voci, altre stanze.
SPENTA
Nonostante il signor T avesse ormai da qualche anno superato la soglia dei quaranta, fu solo in quell’estate che poté ritenersi sicuro di aver raggiunto l’età adulta.
O, quantomeno, di averla conosciuta.
Egli aveva un concetto di adulto
piuttosto singolare che andava al di là dei soli giorni passati
.
Suo padre, maestro elementare, se l’era portato via una broncopolmonite in una fredda giornata di pioggia di fine gennaio. Sua madre seguì suo padre tre anni dopo. Era febbraio ed anche quel giorno pioveva.
Lui, allora, aveva poco più di quindici anni.
Fu cresciuto dalla zia e si laureò in Lettere.
Quando anche lei, non molto tempo dopo, se ne andò, il signor T tornò a vivere da solo nella casa che fu dei suoi genitori. In fondo al paese, fra boschi di roveri, castagni, betulle, pini e robinie, una costruzione a due piani nel mezzo di un grande prato verde. Le pareti ocra, il tetto rosso e le finestre di legno marrone.
Accanto, vi sorgeva quello che in origine doveva esser stato il fienile ma che ora faceva anch’esso parte dell’abitazione. Verso il cancello d’ingresso, un piccolo stagno e un’enorme quercia.
Il signor T si guadagnava da vivere scrivendo e ci riusciva anche piuttosto bene.
Era, però, uno scrivere particolare.
Questa storia dei soli giorni passati
era scaturita da un acceso confronto tenutosi un venerdì sera di molti anni prima al Bar dello Sport del piccolo paese in cui viveva.
Il signor T, allora, appariva poco più di un giovane uomo.
La discussione avvenne dopo il consueto battibecco che immancabilmente seguiva la fine della partita a scopone scientifico cui solitamente partecipava assieme al Galeazzo Albini, al Bionda ed al Fallini. Appena terminata la contesa, infatti, i vincitori si godevano lo scambio di vedute dei vinti.
«Non doveva giocare il sette!».
«E lei non doveva fare scopa di quattro!».
«Albini, ha sbagliato a prendere il due!».
«Lasci perdere Bionda, con lei non vinco mai!».
«Stavo per dire esattamente la stessa cosa: con lei, caro Professore, perdo sempre!».
Il signor T non era solito alla vittoria, ma quella sera, invece, andò diversamente.
La sorte gli riservò come compagno l’esperto avvocato Fallini, considerato da tutti il giocatore migliore del bar e, dai più maligni che se ne stavano nelle retrovie ad osservare sghignazzando le partite,