Cronaca di tre
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Info su questo ebook
La soluzione c’è: desideriamo meno e amiamo di più.
Non dimenticare di vivere.
Nicoletta Liguori nasce in provincia di Salerno nel 1950 e risiede a Napoli da oltre cinquant’anni. Ha compiuto studi classici e approfondito le medicine e le filosofie orientali. Ha vissuto in provincia di Avellino sperimentando l’agricoltura biodinamica di Rudolf Steiner e ha avuto il privilegio di seguire l’insegnamento del Maestro tibetano Namkai Norbu, per oltre cinquant’anni. È autrice e regista di documentari antropologici realizzati in India, Australia e Siberia sulla condizione delle popolazioni indigene, delle quali è fiera sostenitrice. È esperta di alimentazione fondamentale ed ecologista di lungo corso. È inoltre autrice di libri di vario genere tra cui La via del cibo (Gruppo Gedi Edizioni, 2008 e Booksprint, 2018), Margherita era primavera (Booksprint, 2020), Ayurveda, intelligenza del mondo (Gruppo Gedi Edizioni, 2022).
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Anteprima del libro
Cronaca di tre - Nicoletta Liguori
Nicoletta Liguori
Cronaca di tre
© 2022 Vertigo Edizioni s.r.l., Roma
www.vertigoedizioni.it
info@vertigoedizioni.it
ISBN 978-88-6206-973-1
I edizione ottobre 2022
Finito di stampare nel mese di settembre 2022
presso Rotomail Italia S.p.A. - Vignate (MI)
Distribuzione per le librerie Messaggerie Libri S.p.A.
Cronaca di tre
A tutti i miei amici, vittime innocenti o consapevoli delle sostanze allucinogene. Tanti, troppi, hanno creduto di poter affrontare la vita con minore sofferenza, ma abusando di queste tossine, hanno trovato una fine ingloriosa prima del tempo.
"… molte anzitempo all’orco
generose travolse alme d’eroi..."
(Omero, Iliade)
Capitolo 1
Cronaca di una notte insonne
Ormai il sonno mi è passato del tutto non la stanchezza. Prima in camera con Ares, poi Luisa che si impone di rimanere nel letto con me. Dopo vari tentativi amorosi di adattare il piccolo corpo alle mie necessità di spazio, vi rinuncio finalmente. Quando avverto che il sonno ha oramai conquistato il piccolo leone irrequieto, mi sottraggo all’abbraccio e al dominio delle gambette. Nel buio scendo dal letto consapevole e attenta, se possibile, a non calpestare Daniele, il cane accucciato sempre ai piedi del letto dove io dormo. Mi dirigo in camera di mio padre, mi infilo nel lettino vuoto che rimane accanto al suo. Ho preso da qualche mese l’abitudine di dormire qui tutte le volte che sono a casa dei miei. Il sonno del genitore è greve, borbottante, si sentono di tanto in tanto orinali che si sollevano per accogliere scarsa e dolorosa urina. Fingo di dormire, tento di rilassarmi ma avverto la tensione tra le sopracciglia dove più di una ruga verticale non riesce a distendersi. Come potrei altresì rinnegare la mia natura sensibile al dolore umano? Il vecchio a tratti tramesta le coperte riattivando la mia attenzione alquanto offuscata dal cumulo dei pensieri. Il lamento per le gambe che non gli funzionano mi colpisce profondamente, strizzo gli occhi già chiusi, come a parare colpi invisibili che sembrano arrivare da ogni dove. Il tempo trascorre tra pausa e ripresa, i suoni della stanza riempiono anche gli angoli più nascosti. Prigioniera della mente, penso di prendere su di me l’intera sofferenza del mondo ma questo pensiero mi stanca a tal punto da farmi assopire senza la presenza. Il sonno è breve, non appagante. Mi sveglio in preda all’angoscia, sento la mia prossima sofferenza come inevitabile, la associo a quella del padre e mi sembra, soltanto adesso, troppo pesante da sopportare. In un sol giorno il mio viso è invecchiato, il corpo indolenzito, il cibo non mi è più congeniale. Dai miei dolci figli non riesco a prendere quella gioia pulita, semplice, che mi ristora l’anima e qualcosa d’altro. Tanto mi è mancato oggi. Inquieta tutto il giorno, ho vagato nella mente non rassegnata al dolore attuale e imminente, sofferenza aggiunta alla sofferenza. Ora a letto, accanto alla malattia, mi appare così dolce il samsara, così amaro il dolore, così inevitabile la vita senza consapevolezza. Il padre si lamenta e il cuore mi si stringe in una morsa d’acciaio. Nelle pause sembra quasi mi addormenti, ma poi tutto è così com’era, anzi, tutto non è più com’era, via via si fa più disperata la notte. Il gallo ha cominciato a chiamare il sole a gran voce, i ricordi del passato mi suggeriscono che presto il sole accoglierà l’invito dell’alfiere sollecito. L’orologio della torre scandisce qualche ora indefinita, forse le quattro, gli risponde il pendolo fragoroso del soggiorno. Strizzo gli occhi con rabbia, il rumoraccio ha svegliato il mio genitore e