Il paradosso di Zeno
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Anteprima del libro
Il paradosso di Zeno - Chiara Saccavini
Indice
Cover
Introduzione
Chiara Saccavini
Il paradosso di Zeno
Youcanprint Selfpublishing
Titolo | Il paradosso di Zeno
Autore | Chiara Saccavini
ISBN | 9791221446265
© 2022 - Tutti i diritti riservati all'Autore
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Introduzione
Zeno, un uomo di mezza età scaraventato
nel suo nuovo spazio abitativo da due anni, è l’ultima creazione e voce narrante del romanzo filosofico con cui Chiara Saccavini conduce questa affascinante trama attraverso i sentieri tematici dello stoicismo¹, ottimamente mimetizzato dalle parole e dai gesti dei personaggi² che pian piano emergono dal quasi continuo flash back di Zeno. Un dato certamente singolare e inaspettato per il lettore risulta essere l’introduzione ai singoli capitoli con le affermazioni lapidarie ed incisive dei testi di Jim Morrison³ che fanno da spunto per il nucleo portante di ognuno.
I testi del front-man dei Doors offrono a Giacomo, attore e vicino di casa (e di giardino) di Zeno, lo spunto per dialogare (in modo ironico e dissacrante) con lui, facendogli conoscere le canzoni del gruppo, anche perché le canta ad alta voce, a commento e supporto delle proprie considerazioni, al punto che i vicini ed amici finiscono per chiamarlo Jim!
I pensieri di Zeno si srotolano mentre cerca di partire da casa per un viaggio, meglio, per il viaggio che finalmente si è deciso ad intraprendere: è impossibile non riconoscersi nelle sue ansie causate dall’esigenza di controllare tutto, a cominciare dal suo viso, riflesso nello specchio dell’entrata⁴. Poi però dal viso si entra nel flusso mentale del nostro viaggiatore e lì troviamo il suo rapporto con i sogni non realizzati di una vita, che risulta così, ironica e capace di smontare le aspettative, incapace di gratitudine⁵: se Jim canta i Doors, Zeno potrebbe essere un fedele esecutore di un testo di Ligabue, noto e magnifico per le sue riflessioni drastiche: Niente paura, niente paura/ Niente paura, ci pensa la vita, mi han detto così/…. A parte che i sogni passano se uno li fa passare /Alcuni li hai sempre difesi, altri hai dovuto vederli finire
⁶!
Nel momento più difficile quando la membrana
⁷ di casa si è aperta e stiamo per iniziare il viaggio assieme a Zeno, ecco comparire Ella, dolce e solida figura femminile che dialoga con lui e lo fa pensare ad una nuova pianta da scoprire alla quale poter assegnare il nome dell’amica.
Il disorientamento quando qualcosa di strano o di inaspettato arriva a turbare l’animo umano, sempre abituato a metodici rapporti con lo spazio/tempo in cui vive, continua a far emergere dalla mente di Zeno gli altri personaggi con i quali condivide questo luogo abitativo dove il giardino, anzi i giardini portano il marchio del carattere dei proprietari. Dai loro horti emergono inoltre la capacità o la voglia di rapportarsi agli altri⁸ e la forza comunicativa di ciascuno; sempre gli horti, come in un simposio di platonica memoria, fanno da sfondo alle loro discussioni ricche di conoscenze musicali, pittoriche, filosofiche, botaniche che ci consegnano l’arcano e il bello dell’intreccio esistenziale insito in ogni essere umano.
Ecco allora Giovanni, saggio e pacato
che pare essere l’unico capace di lavorare in giardino e di creare un dialogo sinergico con Zeno per rendere i minuscoli spazi verdi davanti a queste case ordinati e organizzati con i colori e i profumi della natura. Da questo incontro nasce l’idea di mettere a posto anche i giardini trascurati dagli inquilini delle altre casette, in modo che dalla strada esterna si possano vedere cromatismi floreali, organizzazione umana e cura estetica.
L’esigenza di ordine e di controllo organizzativo che Zeno dimostra nella sistemazione in questa nuova casa (riordina libri, dischi, piante che colleziona) si ripercuote anche nel suo habitat verde, dove gli spazi troppo piccoli per poter piantare un albero gli fanno venire l’idea di creare un albero orizzontale: leggere a pagina 68 per credere!!
Io cercavo un giardino geometrico, sintetico, razionale. Essenziale.
⁹: così il nostro protagonista definisce il suo bisogno di hortus conclusus e cerca di crearlo, escogitando soluzioni interessanti con materiali diversi, come l’ardesia. Le scelte cromatiche di Picasso, Mondrian, e Kandinsky stanno alla base delle sue convinzioni sull’uso dei colori e sul loro assemblaggio nel mondo della natura: bisogna scegliere i fiori con le nuances più adatte per avere gli effetti desiderati. Per colui che è appassionato di giardinaggio l’ascolto della mente di Zeno fa nascere un’empatia immediata tanto che, alla fine della lettura, sembra di avere un amico in più con cui potersi confrontare per soluzioni logistico-pratiche riguardo alla cura del verde intorno a noi. Chiara Saccavini, ancora una volta, dimostra di saper intrecciare ottimamente conoscenze e competenze che riguardano il giardino in senso lato e con la sua ormai corposa narrativa ci intrattiene, insegnandoci in profondità i tratti della connessione inderogabile fra uomo e mondo vegetale, sottolineandone inoltre il valore di crescita liberatoria per ciascuno. L’autrice utilizza con scioltezza uno stile epistolare-intimista che facilita il dialogo fra i protagonisti e, nel contempo, anche con il lettore: in questo romanzo diaristico
si possono cogliere a pieno le sue abilità di scrittrice di anime filosofiche alla ricerca di un rispetto esistenziale per se stessi e per gli altri, come esplicita attraverso l’epigrafe iniziale di MacLaren¹⁰.
Bisogna guardarsi allo specchio come fa Zeno prima di partire per capire se la fatica del cambiamento valga la pena: perché cambiare viaggiando? Animum debes mutare, non caelum
: lo stoico Seneca e prima di lui Orazio l’epicureo ci avevano già sottolineato l’inutilità del trasferimento fisico per risolvere le nostre crisi interiori e i nostri dubbi esistenziali¹¹.
Gli interrogativi classici di ogni partenza per un viaggio, corto o lungo che sia, con una meta lontana o vicina (Avrò chiuso tutto? Non ho dimenticato nulla? Sono in ritardo? Il biglietto dov’è?
) vengono espressi da Zeno mediante lo stratagemma narrativo di un articolato flash back, con l’aiuto del quale ci presenta anche se stesso, la sua vita, le sue aspettative più profonde, le domande esistenziali più forti; il suo flusso di memoria corre lungo la strada verso l’aeroporto, riportando a galla le discussioni e i momenti significativi vissuti nella sua casa nuova in compagnia dei suoi vicini che ha imparato a conoscere. Come sempre la memoria e i nostri ricordi ci fanno rivivere le esperienze e i rapporti umani, ricollocandone nel profondo il significato che intendiamo dare e quindi anche per Zeno scaturiscono come scolpite verità incrollabili che colpiscono il lettore come fulmini: La vita è una faccenda segreta, penso, un bozzolo che costruiamo giorno dopo giorno attorno a noi, per proteggerci e continuare a vivere in una parvenza di serenità.
¹²
Non si può non pensare all’esperienza del recente lockdown dovuto alla pandemia, quando, riguardo ai contatti umani, Giovanni stringe la mano esitante di Zeno, dicendogli: Scusami. Avevo bisogno di sentire che eri vero.
¹³
Olga Maieron
___________________
¹ Il personaggio fa tornare alla mente il noto quesito formulato dal filosofo stoico Epitteto (vissuto in età neroniana) riguardo al rapporto dell’uomo con il cosmo: Perché dici che sei ateniese e non provieni invece da quell’angolo di terra soltanto verso il quale fu scaraventato il tuo piccolo corpo dalla nascita?
Partendo dall’opinione socratica secondo la quale tutti siamo cittadini del mondo, Epitteto ragiona (come Zeno) sul compito che ciascuno di noi, consanguineo del dio stoico, ha il dovere di svolgere: la Vita. Cfr. EPITTETO, Diatribe I 9, 1-6.
² I personaggi sono sei, come i noti Sei personaggi in cerca d’autore
di Pirandello: anche in questo romanzo la scrittrice gioca
elegantemente con il lettore, utilizzando con gusto ellenistico riferimenti narrativo-strutturali di varia natura.
³ La scelta di lasciare le citazioni incipitarie in inglese, accompagnandole comunque con la traduzione in nota, serve in modo eccellente al lettore come un canto interiore sintetico che faccia da sfondo alla comprensione del pensiero di Zeno.
⁴ Cfr. oltre a pag. 17.
⁵ Cfr. oltre a pag. 17-18.
⁶ LUCIANO LIGABUE, Niente paura, dall’album Primo Tempo, 2007.
⁷ Cfr. oltre a pag. 17.
⁸ Cfr. oltre a pag. 132: Jim falcia l’erba del suo prato delineando una J
e una M
, inziali evidenti di Jim Morrison, suo idolo!
⁹ Cfr. oltre a pag. 67.
¹⁰ Cfr. oltre a pag.13.
¹¹ Cfr. SENECA, Epistole a Lucilio, XXVIII, 1: La tua disposizione interiore devi cambiare, non il cielo (sotto cui vivi)
. Anche Orazio nell’epistola a Bullazio (cfr. ORAZIO, Epistole, I,11,27) afferma: Caelum, non animum mutant qui trans mare currunt
(Il cielo, non la disposizione d’animo mutano quelli che corrono oltre il mare).
¹² Cfr. oltre a pag. 138.
¹³ Cfr. oltre a pag. 59.
Be pitiful,
for every man
is fighting a hard battle.
Ian MacLaren¹⁴
___________________
¹⁴ Ian MacLaren: Sii gentile, ogni persona (che incontri) sta combattendo una dura battaglia (di cui tu non sai niente)
. The British Weekly, 1897.
Riders on the storm,
into this house we are born
into this world we’ re thrown
like a dog without a bone
an actor out alone
Riders on the storm…
The Doors¹⁵
Ore 5,30. Dalla camera da letto arriva il ronzio insolente della sveglia. Ma io sono già in piedi da tempo. Funziona così: quando ho qualche impegno, la mia mente attiva un suo orologio interiore, del tutto personale ed assolutamente efficiente. Non mi ha mai tradito. E così anche oggi eccomi qui, già perfettamente vestito e pronto per la partenza, prima che la sveglia suonasse. Del resto, aspetto questa giornata da tempo!
Da giorni ho iniziato i miei preparativi per la partenza: sono un tipo molto metodico, diciamo così, e agisco in modo che tutto sia estremamente organizzato e preciso. Non amo l’improvvisazione: è una sensazione che mi turba e, anzi, alcune volte mi sgomenta proprio. Pertanto, ho scritto diverse liste delle cose che volevo portare con me. Dovevo decidere quali abiti, scarpe, piccoli oggetti sarebbero stati indispensabili o necessari durante il mio viaggio. E poi i miei dispositivi elettronici, l’iPad, la macchina fotografica digitale: lì sopra ho caricato parti di libri e foto di quello che sto andando finalmente a vedere dal vivo, in modo da confrontare e classificare le piante che cerco e che amo.
Ho ricontrollato le liste per giorni, immaginando nella mia mente ogni possibile problema, ogni incidente che potrebbe capitare lontano da casa. Mi sento abbastanza sicuro delle mie scelte, ora; dovrei avere con me tutto quello che potrebbe servirmi. La tensione del momento, tuttavia, mi chiude lo stomaco. Una vaga sensazione di aver dimenticato qualcosa di fondamentale occupa i miei pensieri.
Ora è necessario controllare che, anche nella casa che lascerò vuota per qualche giorno, tutto sia a posto, sistemato con metodo. Prendo la lista che ho preparato anche per questo aspetto e comincio a controllare seguendo l’ordine così come l’ho scritto: verifico che sia tutto chiuso: porte, finestre, gas, elettrodomestici; stacco tutte le prese, gli impianti e le utenze. Quando ho finito, prendo un’altra lista: ho elencato le stesse cose da fare, ma esposte secondo un ordine differente, perché può capitare che la mia mente, sapendo già quello che segue, mi menta, facendo sì che il controllo sia in qualche modo inefficace.
Ieri ho già sperimentato questa tecnica seguendo quattro liste differenti con lo stesso elenco degli indumenti che dovevo mettere nella valigia; in ognuna seguivo un ordine delle cose differente, invertito o spostato. E per un po’ devo dire che ha funzionato e ora mi sento moderatamente tranquillo. Naturalmente, durante la notte mi sono svegliato spesso ed ho ripercorso, mentalmente, ancora una volta la lista, verificando al contempo la posizione di ogni singolo oggetto nella valigia immaginaria che mi sono raffigurato nella mia testa, fedele a quella reale in ogni suo particolare.
Alla fine, credo di essere riuscito ad addormentarmi per un po’ di tempo. Quel poco sonno mi ha comunque ristorato, ed ora eccomi, pronto a partire. Indosso la giacchetta sportiva, prendo la borsa a mano e il trolley degli abiti. Mi fermo dinanzi al portoncino d’ingresso. È la membrana che separa me dal mondo esterno. Appeso, c’è uno specchio che inquadra la mia persona a figura intera.
Mi osservo. Sono un uomo comune, dall’aspetto anonimo. Mi vesto senza particolari vezzi o colori sgargianti, cerco comodità ed un surrogato di libertà in un maglione largo o in un paio di pantaloni sportivi. Per tutta la vita ho sognato di fare l’esploratore, come uno che è rimasto bambino dentro. Ho indossato pantaloni con mille tasche, sognando che potessero servirmi a portare con me cose che mi avrebbero aiutato a togliermi da tante differenti situazioni. Ora sarà la mia occasione, per vedere un frammento di mondo.
Mi avvicino allo specchio. Guardo il mio viso. Niente di che. O, forse, ha anche lui avuto tempi migliori, quando era ancora facile sognare di vivere una vita spensierata.
Due rughe corrono parallele lungo tutta la mia fronte. Non eccessivamente profonde, ma ben visibili. Altre due verticali, separano tra loro le mie sopracciglia. Le sfioro con la punta delle dita. Un’idea di borse sotto gli occhi si è andata lentamente formando e sfuma, ora, pian piano fino a confondersi con le corte rughe agli angoli esterni degli occhi, che sottolineano il mio sguardo. Altre, divergenti, dividono le guance dal naso. Il mento pian piano ha ceduto. Non ha più un angolo ben definito; si appoggia, un po’ indeciso, ad un collo che, anche lui, mostra i segni dell’età che avanza. I miei capelli biondo scuro si sono ulteriormente imbruniti per un periodo di tempo che sembrava infinito. Ed ora permettono ai fili grigi che, inesorabilmente, spuntano ogni giorno più numerosi, di essere più visibili nell’insieme. Andavo fiero del mio sguardo: era gelido ed insieme profondo, o almeno così mi pareva tempo fa. Occhi diritti, ben incassati in una struttura ossea netta e precisa. Eppure, col tempo anche i miei occhi grigio verdi si sono addolciti. O forse solo smarriti. Smarriti di fronte al tempo che avanza inesorabile. Di fronte a tutte le domande eluse per troppi anni. Di fronte alle incertezze, ai dubbi, ai paradossi che sono capitati lungo la strada. Alla fine, è così: tu ti crei dei sogni, immagini di poter realizzare tante cose nel tempo che ti è concesso. Pensi di poter conoscere persone, vivere in luoghi che ti sei immaginato mille volte nella tua mente. E invece la vita non ci sta. Con quel suo sorrisetto ironico, ti sussurra che non vuole giocare a questo tuo gioco e in un attimo, smonta tutto: sogni, pensieri, immaginazione. E tu resti lì, con lo sguardo che si fa ogni giorno un po’ più annebbiato. Le rughe un po’ più evidenti ad ogni passaggio a vuoto. Non ama la gratitudine, la vita.
Mi do un leggero schiaffo sulle guance per darmi la forza di ripartire. Mi torna in mente il refrain di una canzone dei Doors, che recentemente ho imparato a conoscere, grazie ad un amico. Siamo cavalieri nella tempesta, nati in questa casa e gettati in questo mondo. Siamo come un cane senza più nemmeno un osso da rosicchiare; siamo come un attore – Shakespeare avrebbe detto un guitto, un attoruncolo da strapazzo -, rimasto da solo sul palcoscenico, ormai vuoto. Atmosfera cupa, testo amaro, suspence: il ricordo di un poema di Hart Crane, Praise for an Urn
, nel quale a loro volta echeggiano T.S. Eliot, Platone, Shelley e tutti i simbolisti francesi. Amore e morte: il destino inesorabile che attende tutti i Delicate riders of the storm
del poema prima, e poi della canzone. Versi che rappresentano bene la vita, almeno per come la percepisco io: qualcosa che è insieme tormentata e inquietante, priva di luce, eppure intensa, profonda e insaziabile.
Mi guardo fisso negli occhi, attraverso lo specchio. Mi dico che è ora di andare. Cerco di convincermi. Ho già perso troppo tempo. E non mi riferisco solo a questa mattina!
Quando apro la porta per uscire, con sorpresa vedo davanti a me la mia vicina. Sorride allegra e col suo sguardo emana energia e brio.
«Buongiorno!»
«Che ci fai già in piedi a quest’ora?» le dico, sorpreso.
«Indovina! È una giornata particolare e importante per te, no? Non volevo perdere l’occasione per un breve saluto… non si sa mai che tu veda che il mondo è bello e che tu decida di non tornare… almeno per un po’ di tempo!»
«Eh, certo! Come no?»
«Beh, non saresti né il