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La rivolta del ferroviere Mazzei (matricola 424733)
La rivolta del ferroviere Mazzei (matricola 424733)
La rivolta del ferroviere Mazzei (matricola 424733)
E-book106 pagine1 ora

La rivolta del ferroviere Mazzei (matricola 424733)

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Info su questo ebook

Questo volume di racconti è ispirato a fatti e personaggi della ventennale esperienza ferroviaria dell'autore.

Indice
La patente di matto
La podofillina
La vernaccia di San Gimignano
Fino al collo, accanto al cinema “Lux”
La meritata malattia del Primo Manovratore Mazzei    
L’orto abusivo del Primo Manovratore Mazzei    
Le due birre
Frattura capitello radiale gomito sinistro
Gli gnocchi freddi
Le amanti
Linea a semplice binario
LinguaItaliano
Data di uscita23 dic 2022
ISBN9791222038742
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    Anteprima del libro

    La rivolta del ferroviere Mazzei (matricola 424733) - Goffredo Gorini

    cover_web_la_rivolta_del_ferroviere_mazzei.jpg
    Goffredo Gorini

    La rivolta del ferroviere Mazzei

    (matricola 424733)

    © 1998 Goffredo Gorini

    © 2022 Nives Edizioni, Pistoia

    Quarta edizione

    nivesedizioni.it

    Dedicato alla silenziosa eroica

    resistenza di quei ferrovieri

    che quotidianamente si ribellano

    ai barbari tentativi di demolire

    il loro civilissimo mondo.

    Indice

    La patente di matto 7

    La podofillina 15

    La vernaccia di San Gimignano 23

    Fino al collo, accanto al cinema Lux 31

    La meritata malattia del primo manovratore Mazzei 39

    L’orto abusivo del primo manovratore Mazzei 45

    Le due birre 51

    Frattura capitello radiale gomito sinistro 59

    Gli gnocchi freddi 65

    Le amanti 73

    Linea a semplice binario 81

    La patente di matto

    Il Mazzei scese dal tram senza il nevrotico balzetto degli affrettati, quello tipico dei pendolari in ritardo e delle casalinghe che rientrano dalla spesa all’una e mezzo.

    Si fece da parte con calma e lasciò sfilare gli altri passeggeri.

    Poi accese lentamente la sigaretta e osservò la scena di sottecchi.

    Finalmente libera da eventuali sguardi di disapprovazione e biasimo, la donna grassa rifilò un liberatorio ceffone alla bambina, anche lei grassoccia. E la minacciò sicuramente di qualche punizione drastica, perché quella smise di piangere, di colpo. In tram piagnucolava da almeno venti minuti, incurante delle moine materne e delle occhiate dolci delle altre donne.

    Il Mazzei non poté fare a meno di registrare. Alzò le ciglia con una sua particolare approvazione. Questo era davvero un sintomo stupendo.

    Dottore, sono arrivato al punto di prendere a schiaffi mio figlio, quello piccolo. Non l’avevo mai fatto. Cazzo, che bel sintomo davvero. Da utilizzare assolutamente, oggi.

    Si fermò pensoso, il Mazzei, prima di attraversare.

    Ma forse no, forse non va bene. Dottoressa, sono arrivato al punto di.... Ecco, così va meglio. Il sintomo della violenza in famiglia di certo è più efficace con uno psichiatra donna.

    Magari poi oggi mi trovo davanti proprio uno psichiatra frustrato in casa, uno che vorrebbe pigliare a calci in culo l’insaziabile figlio viziato e frustare a sangue la moglie sciatta che magari l’incorna col primario. Ex-infermiera o caposala, naturalmente.

    E poi va a finire che quello mi guarda negli occhi solidale e comprensivo. Beato te. Eh no, cazzo, rovino tutto. Il Mazzei si specchiò nella vetrata. Ebbe un ghigno di approvazione per la sua faccia tirata, per le sue occhiaie profonde, tipiche degli insonni.

    Fino alle tre era rimasto alzato, a leggere. Fumando come un turco e bevendo vino bianco e birra, assortiti. Come a Monaco e a S. Francisco, si dice.

    Lei l’aveva chiamato parecchie volte: Insomma, vieni a letto. Domani devi andare dal dottore.

    Appunto, no? Dopo glielo avrebbe spiegato, anche a lei, che per forza uno con un catastrofico esaurimento nervoso deve averli tutti i sintomi giusti, proprio tutti. Una bella faccia gonfia da insonne, delle occhiaie tragiche e, se possibile, anche un lieve tremito alle mani.

    Esitò davanti al bar, il Mazzei.

    Ma poi entrò e ordinò un marsala. Era il secondo, a digiuno. Ideale per un lieve tremito alle mani. Indicato per pupille lievemente dilatate. La grappa non andava bene, no. Troppo forte e troppo puzzolente. Di sicuro poi gli ubriaconi non piacciono agli psichiatri, specie se donne. Così puzzolente e disperato, già tossico di un’altra droga, da ubriacone gli rovini la professionale pedagogica missione del tuo recupero sociale.

    Bevve il marsala in due sorsi, il Mazzei. E decise che era davvero un grave handicap per lui il non sapere se questo dottor Righetti, aiuto psichiatra del Centro Psico-sociale di Zona, fosse un uomo o una donna.

    Alzò le spalle. Si vedrà, dai. Avanti dunque, senza paura e senza vergogna. Vergogna è solo andare a rubare e tornare a vuoto, come diceva il nonno. E basta.

    E poi te se imbrogli non freghi nessuno, scemo. Questa è la legittima difesa dì chi non ha padrini e non ne vuole.

    Contare sulle proprie forze, come diceva il compagno Mao.

    E il Mazzei si assolse e buttò via la sigaretta, col gesto deciso e la disperata coraggiosa lucidità di un soldato designato per una missione suicida. Che c’è da perdere, in fondo?

    Però non poté fare a meno di specchiarsi nella vetrata un’ultima volta, per riflettersi addosso in qualche magico modo un po’ di coraggio, per fissare sull’immagine della sua faccia stanca perentori ordini di determinazione.

    Ma anche un determinato Mazzei furbacchione non la poteva ignorare, sopra la vetrata, la vecchia targa di ottone sporco e ossidato, cimelio storico ante riforma basagliana.

    Centro comunale assistenza subnormali. Capito?

    Scosse le spalle, il Mazzei. Avanti, dunque.

    Non era il primo, nella sala d’attesa. Grigia e asettica come tutte le sale d’attesa di tutti gli ambulatori pubblici del mondo. Una donna di mezza età, troppo truccata, accompagnava una ragazza, forse sua figlia.

    E un uomo anziano, con velleità di distinzione, che sfogliava nervoso il Giornale.

    Il Mazzei decise che era necessario, almeno per quella mattina, rinunciare al suo maledetto viziaccio di osservare e catalogare la gente dalle apparenze, dai dettagli esteriori.

    No. Un matto NON PUÒ giudicare stupido e reazionario chi legge un certo tipo di quotidiano. E tantomeno osserva e ascolta le brevi frasi autoritarie di una madre in pelliccia e le assegna il ruolo di stronza verso la figlia che accompagna dallo psichiatra.

    No, no. Un matto serio invece sta seduto immobile, con lo sguardo un po’ allucinato, in un mondo tutto suo. Oppure continua ad andare su e giù nervosamente nel corridoio. Chiaro? E il Mazzei preferì cadenzare la sua ansia da studente prima dell’esame sulle mattonelle lise del corridoio, misurando i passi, fino al suo turno. Anche questo era un bel sintomo, no?

    Era un uomo, il dottor Righetti, aiuto psichiatra del Centro Psico-sociale di Zona.

    Uscì in fretta il vecchio, con un sorriso cerimonioso e servile, quello dei mezzadri davanti al fattore e al prete del paese. Davanti all’autorità di fatto.

    Un misto di arrivederci reverendo e grazie per ora, un complice battito di ciglia con allusione ai nostri segreti, signor fattore, ai sacchi di olive che abbiamo fatto sparire insieme, che non lo deve sapere nessuno.

    Lo sappiamo solo noi, signor fattore.

    Disse arrivederci dottore, il vecchio, senza porgere la mano allo sciamano.

    Era giovane, il dottor Righetti, aiuto psichiatra del Centro Psico-sociale di

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